Matteo SIMONE
Approfondendo il mondo degli ultramaratoneti ho scoperto che la motivazione è il motore principale per percorrere tantissimi chilometri e quindi c’è differenza di preferenze tra gli atleti.
Ci sono quelli che preferiscono il trail immersi
nella natura e non farebbero mai gare su strada, altri che è indifferente
correre su sentieri o su strada ma che non farebbero mai circuiti brevi da
ripetere enne volte come una pista di atletica.
Vito
Rubino per esempio è un atleta ultra, ultra, ultra ma gli puoi chiedere di
correre sott’acqua, nel deserto, in cresta di montagna, in bici, ma se gli dici
che c’è da ripetere un giro per enne tantissime volte non parte nemmeno perché
la motivazione è inesistente e quindi il motore di avviamento nemmeno si mette
in moto.
Al
contrario spazi immensi naturali ma anche strade semplici o impervie, mari,
acque e bici lo allettano e gli fanno sperimentare il piacere di sentire, il
corpo, la fatica, il riuscire nelle sue imprese.
Una gara estrema che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine? “Tutte le gare ultra che consistono nel fare dei giri di uno stesso
percorso prefissato, per esempio in una pista di atletica etc. Semplicemente
per me non c’è motivazione.”
Che significa per te partecipare a una gara estrema? “La possibilità di
allontanarmi dalla ‘gabbia’ della quotidianità urbana e dal comfort. Significa
mettermi in una situazione di stress dove è necessario concentrarmi e sforzarmi
per andare avanti o per tirarmi fuori da una situazione pericolosa.”
Lui è un
originario di un posto immerso nella natura che è la città di Manfredonia alle
porte del Gargano dove c’è l’immensa foresta Umbra, le strade ed i sentieri del
promontorio del Gargano, ed i mari dove poter nuotare nell’immensità
dell’Adriatico.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Quando ero adolescente uscivo con i
miei amici in bici sul Gargano. Io avevo voglia di andare oltre e scoprire
nuove strade. Loro invece volevano tornare a casa. Allora io dicevo di
conoscere una scorciatoia e tutti mu seguivano, soprattutto quando era in
discesa. Poi si rendevano conto che non era una scorciatoia e c’erano delle
salite ripidissime da fare e io me la ridevo. Uso tuttora la stessa tecnica con
mia moglie quando usciamo in bici o di corsa.”
Ultimamente
nel Gargano si sta provando a proporre gare ultra ed estreme come la 100km del
Gargano ed un Ultratrail di 77km con partenza da Mattinata.
Ma Vito
rubino come tanti giovani è un ricercatore migrato in U.S.A. ed il caso ha
voluto che essendo anch’io di Manfredonia l’ho conosciuto durante un’uscita sul
Gargano con il Team degli ultracamminatori ecospirituali del Gargano.
Così
restando in contatto ed appassionandomi alle sue imprese e considerando che sto
scrivendo proprio un libro sugli ultramaratoneti e gare estreme ho trovato
proprio il pane per i miei denti.
Così
posso parlare, intanto di Vito in particolare e degli ultramaratoneti in generale.
Vito sembra un cannibale, un mangiatore di sport, di chilometri, di ore a
fare sport, sembra insaziabile, ma per lui vivere è questo, da molto importanza
allo sport.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Si, faccio gare ultra di corsa, bici,
nuoto e gare con discipline combinate come nell’ultra-triathlon (per esempio
Ultraman).”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Fare gare che durano
almeno un giorno intero (12-24h). Significa correre dall’alba al tramonto senza
fermarmi; significa non dormire per correre tutta la notte, e scoprire un nuovo
giorno mentre continuo a correre.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Ho
cominciato facendo trekking da piccolo, con mio padre e con mia moglie dopo. La
mia ispirazione era vedere posti nuovi, essere nella natura incontaminata e
vedere sempre di più durante il giorno. Poi il giorno non è bastato più e ho
cominciato a correre anche di notte.”
Vito sembra un ingordo, piace fare sport sempre di più, questo perché
gli permette di vedere, di conoscere, vedere cose nuove, vedere se stesso
all’azione, vedere se ce la fa. E’ una scommessa continua con se stesso, una
sfida continua.
Cosa ti
spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “La voglia di scoprire
pienamente le mie potenzialità".
Cosa ti
motiva a essere ultramaratoneta? “Correre mi ha permesso di esplorare percorsi più lunghi rispetto al
trekking. In un certo modo la corsa è per me un trekking accelerato, per chi va
di fretta. Ma c’è anche qualcos’altro che si innesca correndo. Respirare più
forte, sentire gli odori della natura più intensamente, sentire il cuore andare
su di giri e spingere i miei limiti, in una parola vivere più intensamente.
Correre ha anche innumerevoli effetti di benessere a lungo termine.”
Per Vito l’intensità è un concetto fondamentale, ha bisogno di sentire
tutto enfatizzato, il cuore, il respiro, più sente è più vuol sentire, il
sentire diventa la sua ombra, diventa la sua certezza di esistere, la sua
sicurezza, il suo ancoraggio al mondo terreno.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “Vivere la vita
intensamente. Raggiungere uno stato in cui solo le cose importanti contano.
Riscoprire le persone importanti nella mia vita. Riscoprire e migliorare me
stesso.”
E’ consapevole dei suoi limiti e dei rischi che potrebbe correre, li
mette in conto, ma fa molta attenzione.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere
ultramaratoneta? “Correre su trail rocciosi in montagna e in condizioni non
ottimali può essere pericoloso. Fortunatamente finora è andato tutto bene.”
Vito è determinato nel raggiungimento dei suoi obiettivi ma anche
paziente, studia quello che vuole fare, gli obiettivi da raggiungere, sempre
più difficili e sfidanti ma possibili per lui anche se per tantissimi sarebbero
impossibili, sa come fare per raggiungerli, le risorse necessarie, occorrenti
per raggiungerli.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Per
partecipare: La voglia di avventura. L’incapacità di oziare. Per completare:
Determinazione. Non poter accettare le cose fatte a metà. Raggiungere gli
obiettivi prefissati.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Di
essere determinato e paziente nel raggiungere gli obiettivi.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “E’ migliorata nel
senso che mi ha dato molta più sicurezza in me stesso e nei miei rapporti con
gli altri. Questo mi ha permesso di raggiungere più facilmente gli obiettivi
prefissati.”
Quale è stata la tua gara
più estrema o più difficile? “La devo ancora fare…Finora però un gara in bici
da 830km non-stop con più di 10000 metri di dislivello attraverso lo Utah,
negli Stati Uniti. Ho completato il percorso in poco meno di 44h. La principale
difficoltà è stata lottare con la mancanza di sonno. Durante la seconda notte
ho avuto allucinazioni: vedevo la strada prendere forme strane, la striscia
bianca attorcigliarsi come un serpente, e ho visto dei pirati impiccati a degli
alberi…meglio non continuare.”
Dalla sua parte ha una moglie anche ultramaratoneta, mentre la mamma fa
finta di non essere a conoscenza delle imprese considerate pericolose ed
estenuanti di Vito.
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare
estreme? “Sono molto fortunato perché anche mia moglie è una ultramaratoneta e
partecipa con me alle gare ultra. Quando non partecipa fa parte della mia
squadra di supporto. Questo ci dà la possibilità di condividere momenti
importanti, di superare momenti difficili insieme e attraverso questo percorso
di rafforzare la nostra unione di coppia. Mia madre invece è un tipo pauroso,
quindi le dico piuttosto cha vado a fare delle ‘passeggiate’ “all’aperto. I
miei amici si sono abituati e quasi non si sorprendono più quando racconto
quello che faccio.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva? “Si, mia madre, quando si accorge di quello che faccio.”
Hai un sogno nel cassetto? “Il mio cassetto è pieno
di sogni. Ma è come il vaso di Pandora, preferisco non aprirlo. Piuttosto
lascio che i sogni escano soli uno a uno.”
Intanto nel 2015 il grande Vito rubino è stato capace di portare a termine una grande impresa grazie anche al suo equipaggio coordinato dalla moglie Palas che si sono presi cura di lui fino alla fine della Race Across America (RAAM). Trattasi di una gara di ultraciclismo più dura al mondo, bisogna attraversare tutto il territorio degli Stati Uniti per una lunghezza di 3.004 miglia che corrispondono a 4.800 km in un tempo massimo di 12 giorni chi ci riesce è un eroe. Vito ci è riuscito in 11 giorni e mezzo.
Questo è significato per lui fare 12 giorni e notti di vita con la bicicletta, dormire il meno possibile, minuti, qualche ora, da due a tre ore al massimo. Significa pedalare dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina, con la luce, con il buio, attraversando tanti tipi di territori, con diversi climi, ed avere un pensiero fisso pensare al traguardo, pensare a portare a termine la gara, pensare a tutto quello che si è investito in questa gara, in termini di allenamenti, di preparazione atletica, mentale, programmazione a tavolino delle varie tappe, delle varie difficoltà, i rischi che si potevano correre, quello di cui doveva fare attenzione.
Per altri impegni non ho potuto far parte del suo equipaggio
(crew). Che dire un uomo extraterrestre.
Per concludere non posso che augurare a tutti gli atleti e gli
organizzatori di continuare a promuovere un sano esercizio fisico per tutte le
età e con qualsiasi modalità e sviluppare sempre nuovi percorsi naturali e
consultare libri sulla psicologia dello sport e del benessere.
Vito è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
“Cosa spinge le persone a fare sport?”, edito da Aracne Editrice.
L’esperienza raccontata dalla coppia Palas Policroniades e Vito Rubino, dal Canada al Messico in mountain bike tandem per 30 giorni, è riportata nel libro “Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti”, 8 ottobre 2018, di Matteo Simone (Autore).
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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