Valerio
Bianchini soprannominato “il Vate” negli ambienti sportivi, unico allenatore ad
aver vinto tre scudetti con tre squadre diverse (Cantù, Pesaro e Roma), due
Coppe dei Campioni (Cantù e Roma), una Coppa delle Coppe, una Coppa
intercontinentale e una Coppa Italia, allenatore della Nazionale Maggiore ai
Mondiali di Madrid nel 1986 e agli Europei di Atene nel 1987, rivolgendosi
direttamente ai ragazzi, ha dichiarato: «Siete fortunati
perché giocate a basket, il primo sport giocato al coperto, in cui non vi sono
variabili esterne per l'andamento della partita, ma ci si basa solo sul talento
e sul lavoro di gruppo; uno sport in cui si usano le mani che sono arti vicini
al cervello e al cuore, entrambi essenziali per essere dei buoni giocatori, le
mani fragili e potenti nello stesso tempo. Siete fortunati perché avete degli
allenatori che si prendono cura della vostra preparazione e perché praticate
uno sport in cui le fragilità personali si trasformano in forza e i compagni di
squadra diventano fondamentali per vincere e raggiungere, insieme, traguardi.
Ecco, vi auguro di essere una squadra che crede nelle proprie capacità, che
segue gli allenatori e in cui tutti perseguono con tenacia il medesimo
obiettivo».
A cura di Matteo Simone, psicologo e psicoterapeuta Gestalt ed EMDR. Responsabile Nazionale Sezione Sport Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta (CISOM). Atleta e dirigente dell’ASD Atletica La Sbarra. Triatleta di Podistica Solidarietà. 21163@tiscali.it - 3804337230
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martedì 26 maggio 2015
lunedì 25 maggio 2015
La corsa è una droga! Quando cominci poi ne senti proprio il bisogno!
Gli ultramaratoneti riportano di aver ricevuto consigli da parte di medici, in particolare ortopedici o fisiatri, di ridurre o cessare l’attività fisica. Alcuni riportano di aver ricevuto tale suggerimento da non medici, esempio famigliari.
Di seguito le
risposte ricevute alla domanda: “E’ successo che ti
abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?”:
“A livello medico si, un fisiatra al quale mi ero
rivolto per problemi alla schiena e al nervo sciatico, dopo che ha ascoltato
quello che facevo è rimasto allibito, dicendo che era il minimo quello di avere
quei problemi, e che per fare certe cose si ha bisogno di essere seguiti e che
purtroppo nel nostro caso, sono allenamenti ‘fai date’, che comportano tanti
errori. Io, in quella occasione, l’ho ascoltato solo per il periodo di riposo e
cura che mi aveva prescritto. “
“Sì, l’ortopedico!!! Secondo lui dopo i 40
anni non si dovrebbero più correre neanche le maratone.”
“Si
nel 2005, l’ortopedico.”
“Tranne
mia madre, no.”
“No
mai, anzi il contrario.”
“Non
da medici.”
“No
mai per fortuna.”
“Un
ortopedico mi aveva detto che avrei dovuto ridurre sensibilmente a causa della
condizione delle solite ginocchia. “
“Si,
i tanti anni di ultramaratone hanno un po’ lasciato il segno sui tendini e ora
ho dovuto ridurre di circa il 20% il chilometraggio settimanale.”
“Diverse
volte mi hanno consigliato di ridurre la corsa per problemi fisici o infortuni,
ma per la mia testa è stato difficile accettare questo!”
“Da
infortunata per forza.”
Provarci sempre, arrendersi mai
L’ultramaratoneta
ha scoperto che volendo, si può far tutto, che la passione è un motore potente
che riesce a mobilitare le energie occorrenti per portare a termine qualsiasi
impresa con qualsiasi condizione, è una sorta di adattamento graduale che ti
permette gradualmente di incrementare l’autoefficacia personale e sviluppare la
resilienza che ti permette di andare avanti e non fermati per imprevisti o
crisi ma avere la capacità di gestire momento per momento con tutte le proprie
risorse, capacità personali scoperte nel corso di precedenti competizioni e
situazioni.
Di seguito le risposte ricevute alla domanda: “Quale è una gara estrema
che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine?”:
“Il
Tor des Geants.”
“Nessuna,
ancora oggi ritengo che possa arrivare in fondo a qualsiasi gara, con
l’avanzare dell’età non so, i miei prossimi obbiettivi sono UTMB e TDG e spero
di riuscirci.”
“Temo il freddo, quindi ogni gara esposta a temperature
rigide mi preoccupa (il che non siginfica che prima o poi non la proverò…)”
“Ora
come ora praticamente tutte. In passato quando stavo meglio ho rinunciato alla
9 Colli, alla Sparta-Atene, perché ho ritenuto, sulla base di informazioni
avute da amici che l’avevano corsa che non era nelle mie possibilità. Nella
vita e nella corsa bisogna sempre porsi questa domanda: posso permettermelo? E
se la risposta è negativa, bisogna farsene una ragione.”
“La
Tor des Geants”
Gli ultramaratoneti sperimentano di possedere risorse insospettabili,
Matteo Simone
Gli ultramaratoneti sperimentano di possedere risorse insospettabili, superando le diverse crisi e situazioni lungo il loro percorso.
Per quanto riguarda le
ultramaratone gli atleti sperimentano più sicurezza nel riuscire a portare a
termine tali competizioni estenuanti, inoltre sentono di valere, di avere forza
mentale, di saper prendere decisione, di sentirsi leader, in sostanza aumenta
l’autoefficacia personale nell’ambito sportivo, si sentono riconosciuti dagli
altri ma prima di tutto da se stessi, si scopre di possedere capacità
insospettate, e questo serve da insegnamento anche nella vita oltre che dallo
sport, si impara a superare qualsiasi ostacolo, a comprendere che per ogni
problema c’è almeno una soluzione e che è possibile trovare tale soluzione che
ti porterà al traguardo finale a superare gli imprevisti le sofferenze che comunque
diventano passeggere.
Ultramaratoneti e gare estreme: Hai un sogno nel cassetto?
Simpatici, divertenti, ma anche impossibile sembrerebbero i sogni nel cassetto degli ultramaratoneti.
Condizioni assurde, nel deserto, nei ghiacciai, caldo estremo.
Ma loro se vogliono possono tutto, è questo che emerge dalla domanda:
Hai un sogno nel cassetto?
Marco Stravato: "La Nove Colli Running, ma di più l’UTMB e il TDG, il trail lo preferisco ultimamente.”
Stefano La Cara: "Quelli importanti sono tutti realizzati.”
Energie fisiche e mentali per affrontare gare estreme
Alcuni atleti sono abbastanza resistenti alle gare estreme superano tutte le difficoltà e i rischi e si proiettano su nuove sfide da affrontare serenamente con sicurezza.
Estreme e difficili sono considerate anche quelle dove non vi è
motivazione, si corre con svogliatezza, quindi è importante credere in quello
che si fa ed avere la passione che ti sostiene.
Gli
ultramaratoneti raccontano episodi di sofferenza dove hanno continuato ad
andare avanti per portare a termine la competizione es. “Ho camminato per quasi
40 km, 10 dei quali scalzo sui talloni, di notte e in salita”, ma alcuni
riportano di essersi fermati ed aver deciso di rinunciare nella loro impresa
troppo ardua, es. “Un circuito di 355 m ripetuto per 200 volte, dopo 10 h 30’ non
ne potevo più e sono andato a casa".
Di seguito le risposte ricevute alla
domanda Quale è stata la tua gara
più estrema o più difficile?
Angelo: “La gara
più estrema e difficile per me, si è capito, è stata proprio la Sparta Atene,
ed è quella che sicuramente non porterò mai a termine proprio perché essendo
fermo già da tre anni, e mai decidessi di riprendere un percorso di gare, sarà
quasi impossibile ritornare ad avere la preparazione per tornare a pensare a
rifarla!”
“La
TDS del Monte Bianco, 29 ore con dislivelli durissimi, discese durissime, dove
bisognava reggersi alla corda, stare attenti a non scivolare giù nei burroni.”
“L’Ironman Frankfurt, quando dopo 10 ore di gara arriva la
crisi fisica, e soprattutto mentale, proseguire è dura.”
“La mia gara più
estrema è stata la Maratona del Ventasso, di 42 km, ma mi ha impegnato molto
duramente con salite e discese proibitive. E poi l’ultima Pistoia Abetone,
quella del 2007, dove ho capito che dovevo farla finita con le ultramaratone e
ho detto ai miei di incatenarmi nel caso avessi voluto rifarla.”
“Il
Passatore.”
“Come dicevo
poc'anzi, la 100 km delle Alpi è stata la più difficile. Ho camminato per quasi
40 km, 10 dei quali scalzo sui talloni, di notte e in salita.”
“Credo
l’Ironman di Lanzarote.”
“La
58 km del Trasimeno è stata la più lunga, la più difficile per me il Trail
Blumoon Marathon, molto tecnica e molto fuori dalla mia portata.”
“La
12 ore di Carapelle, un circuito di 355m ripetuto per 200 volte, dopo 10h30’
non ne potevo più e sono andato a casa.”
“100
km del Passatore.”
“Le
più difficili, almeno per la distanza, le due partecipazioni alla 100 miglia
dell’ex muro di Berlino, ma non è una gara estrema.”
Ciro Di Palma: “Di
gare ne ho corse tante e tra le più dure al mondo: Spartathlon, Badwater,
Ultrabalaton, Nove Colli Running, Brazil135... La gara estrema più dura? La
prossima, il passato è passato ed è vivo nei ricordi in un cassetto del mio
cuore.”
“La
Pistoia-Abetone, ben più dura di una 100 km!”
Monica Casiraghi: “Le
24 h in pista, una cosa per me inconcepibile ma l’ho corsa!”
Laura Ravani: “Quelle
che non ho finito. Il che vale anche per un 1500 m in pista in cui mi ritirai
completamente devastata all'età di 14 anni.”
Marco D'Innocenti: “Ho
corso diverse volte la 100 km.”
Paolo Zongolo: “La
Spartathlon.”
Enrico Vedilei: “La mia gara più estrema
credo sia stata la 50 km dentro le Grotte di Stiffe (AQ) dove l’umidità era al
100% e ho dovuto affrontare 17.000 scalini. Mentre la gara più dura è stata il
Cammino Inca in Perù dove abbiamo superato 2 passi sopra i 4000 mt slm e non
avevo fiato per respirare.”
Ivan Cudin: “Quelle
che ho affrontato senza consapevolezza o senza coscienza delle mie
possibilità.”
Daniele Baranzini: “24
ore...e poi la prima (100 km Torino Saint Vincent).”
“La
gara più estrema la 48 ore e
penso anche la più difficile.”
“La
prima 100 km del Passatore però andata pure bene 12 e 22.”
“Una
gara in Spagna di 100 km con 8000 m di dislivello in cui mi sono persa nella
nebbia. Angoscia allo stato puro, potrei dire terrore.”
“Il
Tor des Geants…ma è
stata anche l’esperienza più
bella che abbia mai sperimentato!”
“Penso
che la gara più difficile sia la 24h sia fisicamente che psicologicamente.”
“Tutte
le 24 h effettuate con la Nazionale (finora 4).”
“La
più difficile è stata la UTLO (Ultra Trail del Lago d'Orta)! Fatta senza un
minimo di preparazione e portata a casa comunque!”
“Quella
in cui ho avuto (mi capita spesso) problemi di stomaco.”
“Nella Maremontana (La Maremontana Trail, a Loano, in Liguria è una competizione
di 45 km con 2500 D+) di due anni fa ho pensato di morire per il freddo,
arrivare al ristoro e stato una impresa fatta più che per una gara per sopravvivere.”
“Difficile
da dirlo. Potrei menzionare mia prima in assoluto: una mezza maratona ma
sarebbe troppo facile.”
“Forse
estrema come difficoltà tecnica il Trofeo Kima (si svolge in Valmasino (SO) con
i suoi 50 chilometri e oltre 3.800 metri di dislivello, è tra le gare più
impegnative del panorama mondiale skyrunning), per via dei tratti esposti e con
catene in alta montagna. Per me che pochi anni fa soffrivo di vertigini a un
metro da terra è stata una vittoria. La più difficile a livello di resistenza,
la Diagonale de Fous (29 ore di gara).”
“Per
il momento la 24 h.”
“La mia 1^ partecipazione alla 100 km del Passatore. Pioggia, vento, tuoni, temporali, 5°C di temperatura. 1°C al Passo della Colla (913 m). Tutto questo il 24 maggio 2013".
C'ero anch'io a correre in quella gara proprio quel giorno, anzi a cavallo dei due giorni, considerato che ci ho impiegato 12 ore e 27 minuti per portare a termine la gara di 100 km partendo alle 15.00 da firenze e arrivando alle 03.27 a Faenza.
“Il Passatore e la
8 ore di capraia, maratona delle Forche Gaudine.”
“Io
non faccio gare estreme, la 100 km se ben preparata è una gara come le altre un
po' più lunga ma non estrema".
“Gran Raid des Pyrènèes,
160 km con 10000 metri dislivello positivo.”
“La 100 km del Passatore dello scorso anno, senza dubbio.”
“100 km del
Passatore e la 100 km a tappe del Magraid.”
“Tor des Geants 2014.”
“Forse la 1 volta
che feci la Pistoia - Abetone nel 1997, non conoscevo il percorso e le
difficoltà. Mi dissi, se riesci a fare questa gara, sicuramente puoi fare tutte
le gare che vuoi.”
Marinella Satta: “La 24 ore di Torino, ma voglio farla
ancora!”
Gianluca
Di Meo: “La grande Corsa Bianca 160 km 7000 D+ trainando una
slitta di 15 kg sulla neve in autosufficienza.”
Vito
Rubino: “La devo ancora fare…Finora pero’ un gara in bici da
830 km non-stop con più di 10000 metri di dislivello attraverso lo Utah, negli
Stati Uniti. L’ho completata in meno di 44 h. La principale difficoltà è stata
lottare con la mancanza di sonno. Durante la seconda notte ho avuto
allucinazioni: vedevo la strada prendere forme strane, la striscia bianca
attorcigliarsi come un serpente, e ho visto dei pirati impiccati a degli
alberi…meglio non continuare.”
Silvio Cabras: “Un'ultratrail di 100 km. In tre tappe!”
Dante
Sanson: “Passatore 2013 (Pioggia e
cattivo tempo qualche caso di ipotermia al passo della colla) la gestione
dell’equipaggiamento è stata per me di enorme importanza e questa scelta alla
fine mi ha dato molta soddisfazione dopo molti dubbi e perplessità rendersi
conto di aver preso le giuste decisioni è molto appagante.”
Monica
Testa: “La più difficile che ho
fatto, trovarmi su un crinale stresso in discesa, io che soffro le vertigini e
il massimo, e per di più da sola, comunque ce l'ho fatta ho superato quel punto
critico senza farmi prendere dal panico e respirando.”
Armando Quadrani: “No sarà sempre la prossima.”
Riccardo Borgialli: “Non credo di aver fatto nulla di estremo, cioè
conosco gare davvero super impegnative a cui non ho ancora partecipato, quello
a cui io ho partecipato è qualcosa in cui pensavo di riuscire. D’accordo per
chi non è del settore quello che faccio è già estremo, ad esempio la Terra
Acqua Cielo, 53 km e 4000 m di dislivello positivo, ma forse qualcosa di più
difficile è stato fare la ‘Sky del Motty’ 23 km e 2300 D+ in meno di 3 ore, questo dal mio punto
di vista è più difficile che fare una 50 km con calma".
Andrea Boni Sforza:
“La Nove Colli Running, 202 km, finita due volte entro il tempo limite (30 h), in entrambi i casi ho dovuto trovare energie fisiche e mentali eccezionali".
Dalle
risposte alla decima domanda emerge da un lato una sorta di dipendenza dal
ricercare il limite, quasi una sorta di inconsapevolezza e di perdita di
controllo, infatti in qualche modo si cerca aiuto a famigliari di intervenire
per farsi legare e non osare troppo.
Racconti di
gare estreme, dove si arriva al punto di rischiare di morire o comunque dove si
sperimentano condizioni estreme di fatica fisica o atmosferica, oppure si
rischia di perdersi o precipitare. Difficili sono considerate anche le gare
dove si ripete un breve circuito per tantissime ore. Ma tutto ciò non basta per
limitare il rischio, si arriva al punto di chiedere di essere incatenati.
Per concludere non posso che augurare a
tutti gli atleti e gli organizzatori di continuare a promuovere un sano
esercizio fisico per tutte le età e con qualsiasi modalità e sviluppare sempre
nuovi percorsi naturali e consultare libri sulla psicologia dello sport e del
benessere.
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
CONTATTI: 380.4337230 - 21163@tiscali.it
Diventare ultramaratoneta: UNA STRADA NUOVA, AFFASCINANTE
“La distanza mi ha chiamato” qualcuno dice, a volte è una chiamata che ti porta nel
fantastico mondo delle ultramaratone. Qualcuno inizia per scommessa, per
dimagrire, per caso e poi non si ferma più. Marco Zanchi, per esempio, ha
iniziato per dimagrire ed ora il 30 maggio indosserà per la terza volta la
maglia azzurra per partecipare ai mondiali utratrail di Annecy. Altri vengono
da altri sport, dal calcio, d<l basket e si trasformano con una forte
passione in ultramartoneti determinati e convinti con tanta sicurezza ed
autoefficacia elevata.
Le potenzialità dell’essere umano sono
inimmaginabili, si scopre per caso di essere portati per qualcosa per la quale
siamo disposti ad investire in tempo, fatica o danaro.
Ecco
le risposte ricevute alla domanda: “Qual
è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?”:
“Ho iniziato a corricchiare una mezzamaratona con un amico
per scommessa a 32 anni. Da lì non mi sono più fermato.”
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