lunedì 24 agosto 2015

La fatica e la paura si possono addomesticare

E’ quello che emerge da interviste ad atleti che partecipano a competizioni estreme che comportano tante ore di gara e di allenamento ed in percorsi e condizioni atmosferiche impervie. La fatica esiste ma si riesce ad addomesticarla, ci si prepara ad andare oltre, ad fare allenamenti sempre più sostenuti nelle diverse condizioni estreme, il fisico e la mente si adatta un po per volta e tutto diventa gestibile e fattibile. La mente aiuta tanto facendo un lavoro di immaginazione nel momento della gara, immaginazione del percorso, della fatica che si farà, di quelo che potrebbe accadere. Ed allora avviene che la preparazione è basata anche su questa immaginazione, l’atleta sa quali sono le parti più difficili da allenare.
Anche la paura di non farcela, dell’ignoto della gara estrema, delle condizioni atmosferica, queste paure si possono addomesticare pensando che tutto ciò che può succedere in allenamento o in gara fa parte della vita e, quindi ad ogni problema c’è almeno una soluzione da poter trovare, il fisico e la mente si adattano alle paure e si scopre che anche nel passato in certe situazioni si è avuto paura ma poi si è riusciti a continuare, ad andare avanti, ed anche aiuta il fatto che altri simili a noi ci sono riusciti ed anche all’inizio era dura per loro oppure anche loro avevano paura ma poi ce l’hanno fatta e così se vogliamo anche noi possiamo riuscire nel raggiungere i nostri obiettivi nello sport e nella vita. Riuscendo in ciò diventano più addomesticabili e gestibili la fatica e la paurta ed allostesso tempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.
La paura di non farcela può portare a pensieri negativi e alla successiva ansia. In questi casi è importante focalizzarsi sul respiro, fermarsi ed osservare quello che succede ascoltando il respiro, pian piano il respiro rallenta, si può osservare la diminuzione delle palpitazioni e del tremore delle mani.

Mauro Marchi: sto bene solo quando corro tra le montagne

Mauro Marchi un ultramaratoneta uomo delle montagne, anche a lui ho provato a fare alcune domande per approfondire il mondo delle ultramaratone per portare al termine il mio prossimo libro dal titolo Ultramaratoneti e gare estreme. Ecco l’intervista via email.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Mahh per definizione e per chilometraggio direi di potermi definire tale o almeno ci provo..visto per me il massimo per ora e stato 115km.” Una volta la maratona era considerata una gara estrema, biusognava aspettare anni e anni per pensare di prepararla e portarla a termine prevenendo il cosiddetto muro del 30-35°km, e si pensava di correrla in età  più matira dopo i 30 anni. Ora è tutto più facile, tutti vogliono accorciare i tempi e sperimentarsi da subito in disstanze lunghissime.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ma credo significhi andare oltre...tentare l'oltre cercando un limite proprio forse..io sto provando questo.” Si prova, si sperimenta, si cerca di trovarsi nel bel mezzo di situazioni difficili da superare, da portare a termine, da uscirne fuori.
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta? “E’ stato un percorso fatto dopo 1 anno di ritorno alle corse in montagna o comunque trail di vario genere..prima le 20/30 poi le 40 e via dicendo ora è il secondo anno in corso di ultra cominciano dei buoni risultati e ci sono programmi di allungare per i prossimi anni futuri un po alla volta...per ora il mio grosso delle gare si aggira tra i 40 e gli 80km.” La gradualità e la sperimentazione è importante, il fisico e la mente devono piano piano abituarsi ad assorbire la fatica e i chilometri percorsi in modo da stabilizzare fisico e mente allo sforzo sempre pi prolungato e gradualmente si arriva a tutto.

venerdì 21 agosto 2015

Non potremmo portare a termine la gara più facile se la nostra testa non vuole (No podríamos terminar la carrera más sencilla si nuestra cabeza no quiere)

L’ultramaratoneta è continuamente alla ricerca di situazioni sfidanti da gestire, superare che poi facciano parte del proprio corredo caratteriale.
L’ultramaratoneta ha scoperto che volendo, si può far tutto, che la passione è un motore potente che riesce a mobilitare le energie occorrenti per portare a termine qualsiasi impresa con qualsiasi condizione, è una sorta di adattamento graduale che ti permette gradualmente di incrementare l’autoefficacia personale e sviluppare la resilienza che ti permette di andare avanti e non fermati per imprevisti o crisi ma avere la capacità di gestire momento per momento con tutte le proprie risorse, capacità personali scoperte nel corso di precedenti competizioni e situazioni.
Ho avuto modo di contattare Miguel Heras Hernandez uno dei corridori di montagna a livello mondiale, al quale ho chiesto di rispondere al questionario per la stesura del libro Ultramaratoneti e gare estreme.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ser un ultramaratoniano significa ser un privilegiado por poder recorrer tantos kilometros como lo puede hacer cualquier animal de fondo. (Essere ultramaratoneta significa essere un privilegiato per essere in grado di correre per molti chilometri come può qualsiasi animale resistente.)”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? Mi pasado deportivo estaba ligado al mundo de los raids de aventura con lo cual fue relativamente fácil reconvertirme. (Il mio passato sportivo è stato legato al mondo di raid avventura con cui è stato relativamente facile riconvertirmi.)”

Katia Figini, ultramaratoneta in un deserto a fare 250 km

Matteo Simone

Katia Figini si considera una ultramaratoneta e ci spiega come è stato il suo percorso, le sue motivazioni, la sua passione, attraverso risposte ad alcune mie domande. 

Ti puoi definire ultramaratoneta?Sembra un parolone ma in realtà tutto ciò che supera i 42,195 km è considerato ultramaratona. Perciò si mi considero ultramaratoneta.” 
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Una persona normale che corre un po’ più a lungo di altri.”

Federico Crotti, ultramaratoneta: Più la gara è difficile e più è stimolante

Per approfondire il mondo degli ultramaratoneti e delle gare estreme ho costruito un questionario e ho raccolto alcune risposte. 

Questo ci permette di conoscere più da vicino le motivazioni che affascinano le persone ad avvicinarsi a questo tipo di discipline considerate estreme.
Tra gli atleti contattai anche Federico Crotti, un atleta che ha iniziato con il piacere di correre sperimentando sempre di più le sue possibilità, la sua forza di volontà, la sua scoperta per il trail e l’ultratrail arrivando a modificare la sua dieta e diventando vegano. Federico è alla continua ricerca dei suoi limiti ed al contempo alla ricerca delle sue possibilità, delle sue risorse, per lui più è dura la gara più è grande il trionfo.

mercoledì 19 agosto 2015

Franco Collè, ultratrailer: arrivare il più vicino al proprio limite


E’ difficile trattenersi dal superare i propri limiti, la tendenza generale è di non fermarsi prima del limite ma azzardare un pochetto di più ed ecco allora che si rischia di farsi del male, si può incorrere in infortuni, si può scivolare per troppa stanchezza, si  possono trascurare dei sintomi importanti.
Si sente parlare di incidenti in montagna, di infortuni o malessere durante gare considerate estreme per il percorso impegnativo, per la lunghezza della gara, per le condizioni atmosferiche.
E’ importante fare attenzione, conoscersi bene e sapersi fermare al momento opportuno. Una signora mi ha raccontato che suo nipote per raccogliere le ultime 4 arance nei rami più alto dell’albero è cascato con danni fisici quasi irreparabili, bastava fermarsi un pochetto prima.
I veri campioni nelle discipline impegnative e considerate estreme come l’ultratrail questo lo sanno e fanno molto attenzione alle proprie sensazioni e non trascurano nessun dettaglio che potrebbe essere fatale per la propria salute e comunque ti porta alla miglior performance.

Ho sottoposto il questionario a Franco Collè, atleta esperto di Ultratrail disposto a raccontarci delle sue motivazioni, le sue esperienze, le sue impressioni.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Penso di poter essere considerato tale in quanto ho corso numerose gare di distanza superiore ai 42 km.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “A mio avviso essere ultramaratoneta non vuol dire essere un atleta, bensì una persona che ha imparato a gestire in modo ottimale le proprie energie fisiche e mentali.”

E’ importante avere la consapevolezza della necessità anche delle energie mentali oltre che di quelle fisiche, è una sorta di completamento ed assieme, a braccetto di permettono di proseguire, di andare avanti, avviene una sorta di dialogo tra mente e corpo, le energie fisiche e mentali vanno avanti come in una cordata, si considerano e si aiutano a vicenda, a volte è il fisico che deve impegnarsi ed usare forza, potenza, elasticità, a volte è la mente che deve considerare le difficoltà, superare le difficoltà e le eventuali crisi.

Non esiste una gara estrema, la vera difficoltà è solo nella tua Mente

A volte è la responsabilità e la pressione di indossare la maglia azzurra della Nazionale a rendere una gara difficile ed estrema.

Alcuni atleti sono abbastanza resistenti alle gare estreme superano tutte le difficoltà e i rischi e si proiettano su nuove sfide da affrontare serenamente con sicurezza. Estreme e difficili sono considerate anche quelle dove non vi è motivazione, si corre con svogliatezza, quindi è importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene.
Gli ultramaratoneti raccontano episodi di sofferenza dove hanno continuato ad andare avanti per portare a termine la competizione es. “Ho camminato per quasi 40 km, 10 dei quali scalzo sui talloni, di notte e in salita.”, ma alcuni riportano di essersi fermati ed aver deciso di rinunciare nella loro impresa troppo ardua, es. “Un circuito di 355m ripetuto per 200 volte, dopo 10h30’ non ne potevo più e sono andato a casa.

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