Matteo Simone
Katia Figini si considera una ultramaratoneta e ci spiega come è stato il suo percorso, le sue motivazioni, la sua passione, attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ti
puoi definire ultramaratoneta? “Sembra un parolone ma in realtà tutto ciò che
supera i 42,195 km
è considerato ultramaratona. Perciò si mi considero ultramaratoneta.”
Cosa
significa per te essere ultramaratoneta? “Una persona normale che corre un po’
più a lungo di altri.”
Qual è stato il tuo
percorso per diventare ultramaratoneta? “Non credo si decida di percorrere lunghe distanze da un
giorno all'altro, iniziare a farlo è il frutto di un percorso che ognuno fa. Si
inizia con il voler correre un’ora di seguito e poi ci si trova in un deserto a
fare 250 km… I ‘casi’ della vita.”
Tanti, per caso iniziano a correre e poi la
distanza chiama, si appassionano sempre di più ed aumentano sempre più il
chilometraggio partecipando a gare sempre più lunghe, in condizioni più
estreme, salite interminabili, dislivelli elevati, deserto, ghiacciai.
Katia non cerca condizioni sempre più estreme e difficili, cerca le
gare a seconda dei luoghi che vuole visitare e viaggiare, in cerca di esperienze che
le piace fare, non necessariamente cose sempre più difficili.
Katia Figini è una campionessa del deserto, e non solo, vincendo ultramaratone a tappe in diversi stati del mondo: 12-19 ottobre 2008 - Desert Oman Raid 170km/5stages - 15h04’; 3-9 ottobre 2010 - Sahara Race Egypt 250km/6stages - 32h03’29”; 6-14 novembre 2010 - Desert Oman Raid 170km/5stages - 20h15’; 26-27 ottobre 2012 - 100 km del Sahara No Stop (TUN) - 10h50’11”; 13-19 maggio 2012 - Racing the Planet - Jordan 2012 250km/6stages - 29h37’03”; 22-28 settembre 2013 - Grand to Grand Ultra (USA) 160mi/6stages - 37h26’33”; 4-8 giugno 2014 - 100km del Caribe Repùblica Dominicana - 100km/5stages - 11h08’04”.
Cosa
ti motiva a essere ultramaratoneta? “Mi fa sentire viva e libera. E’ uno sport
che ha un fascino unico.”
Tanti ultrarunner riportano di sperimentare benessere, riportano sensazioni, esperienze, emozioni che cambiano nel corso della gara, le più diverse: fatica, crisi, successo, paura,
gioia, e tutto ciò permette di sentire di vivere a pieno, di riuscire, di
superare.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Ho pensato di smettere di fare gare a livello agonistico. Ma
non ho ancora pensato di cambiare sport, ci sono ancora tanti viaggi da
compiere.”
L’ultramaratona è considerato da tanti un viaggio, ed infatti non è una semplice attività fisica che dura poco e si conclude, è un viaggio che comporta una preparazione accurata, bisogna considerare quello che serve per questo lungo viaggio, viveri, abbigliamento tecnico indispensabile, informarsi sul clima atmosferico, il percorso.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Praticamente ogni giorno. L’infortunio deve diventare un’occasione e non un ostacolo. E’ difficile crederlo, lo so, ma è così. L’infortunio fa parte del gioco, in qualche modo va ‘accettato’, anche perché incavolarsi non porta a nulla se non a peggiorare la situazione… Ne ho uno che mi porto dietro da 3 anni, lo sto curando ma sono cose lunghe. Inoltre quest’anno è stato un anno molto duro perché ho avuto un problema importante a livello cerebrale… Spero di poter dire che l’ho risolto (incrocio le dita). Questo ‘male’ però è stata una opportunità e ho deciso di iscrivermi all'università (scienze motorie). Senza infortuni non credo sarei diventata un personal trainer, un allenatore e tanto meno avrei fatto un corso per imparare ad usare i kinesyotape.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Praticamente ogni giorno. L’infortunio deve diventare un’occasione e non un ostacolo. E’ difficile crederlo, lo so, ma è così. L’infortunio fa parte del gioco, in qualche modo va ‘accettato’, anche perché incavolarsi non porta a nulla se non a peggiorare la situazione… Ne ho uno che mi porto dietro da 3 anni, lo sto curando ma sono cose lunghe. Inoltre quest’anno è stato un anno molto duro perché ho avuto un problema importante a livello cerebrale… Spero di poter dire che l’ho risolto (incrocio le dita). Questo ‘male’ però è stata una opportunità e ho deciso di iscrivermi all'università (scienze motorie). Senza infortuni non credo sarei diventata un personal trainer, un allenatore e tanto meno avrei fatto un corso per imparare ad usare i kinesyotape.”
Per fare questo sport bisogna saper affrontare la vita, eventuali infortuni crisi che non ti devono fermare, bloccare ma ti danno un’opportunità per comprendere quello che c’è ora, come sei ora e partire da questo momento per andare avanti, eventualmente anche per cambiare la tua vita, gli infortuni e le crisi ti fanno scoprire che puoi essere resiliente e ne puoi uscire più forte, più determinato come è successo a Katia.
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “La passione, il ricordo dei bei posti che ho attraversato e
la voglia di attraversarne di nuovi.”
Si fanno viaggi attraverso l’ultramaratona, si passano lunghi bei momenti ed i ricordi aiutano a comprendere come sei riuscito a superare, ad attraversare quei momenti, e metti questo tuo sapere, questa tua esperienza a disposizione degli altri, diventi un personal trainer, partendo dalla tua esperienza personale dal tuo background di studi e conoscenze acquisite per permettere agli altri di far bene, di far meglio nel loro sport che praticano con passione e convinzione.
Hai sperimentato il limite nelle tue
gare? “Il limite è un argomento molto trattato in questo momento. Io dico
sempre che il limite è il confine tra l’osare e la stupidità… I limiti sono
spesso frutto di un pensiero e di un ragionamento mentale… Non esistono in
realtà. E quando ci sono è giusto che ci siano. Se ad esempio non mi sento bene
e sono a 5000 mt è stupido continuare perché rischierei inutilmente la mia
vita… Il continuare non è non superare un proprio limite, è stupidità. Al
contrario non mi pongo dei limiti se ho voglia di fare qualcosa, so che darò il
massimo e cercherò di farlo fino alla fine. Se è davvero il massimo più di così
non si poteva fare, non me ne pentirò.“
E’ importante considerare i consigli di Katia, si
può andare incontro al limite per sperimentare l’esperienza ma è anche
importante fare attenzione e non sottovalutare le conseguenze di sottovalutare
questo limite, non superarlo a tutti i costi, non andare avanti a prescindere,
momento per momento cercare di trovare un equilibrio tra il razionale, la paura
e l’incoscienza l’istinto, succede che in montagna la gente muore e succede che
si fanno imprese, una volta ti va bene e ti senti un eroe ma un’altra volta ti
va male ed i danni possono essere irreparabili per te o un tuo amico di cordata
quindi il limite ti fa sentire che esisti, che sei vivo, ma è importante fare i
conti con il qui e ora, con la consapevolezza del momento presente e dei propri
limiti che davvero esistono.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Ho lavorato e collaboro tenendo dei corsi, con un
mental coach. Ci sono un sacco di ‘trucchi’ per utilizzare la propria mente
come alleata e non come nemica. Molte cose mi vengono naturali, aver anche
imparato un metodo mi ha aiutato ancora di più.”
Katia è esperta utilizza metodi di mental coach (https://www.katiafigini.it/) per riuscire in questo tipo di gare estreme, per lei tutto è facile, ma ci è arrivata gradualmente con il tempo e con l’aiuto di un mental coach, non si improvvisa niente.
La tua gara più estrema o più
difficile? “Credo che correre al freddo sia una delle cose più difficili. Ho
provato a correre a -48 gradi e lì non si possono commettere errori, il rischio
è molto alto.”
Quale gara estrema ritieni non poter mai
riuscire a portare a termine? “Non mi pongo il ‘limite’. Non ne ho davvero
idea, quando decido di fare una gara lavoro al meglio per portarla a termine.
Se dovessi già pensare negativo non sarebbe certo un buon inizio.”
E’ importante avere un approccio positivo teso ala riuscita dell’obiettivo che si desidera raggiungere, una volta deciso l’obiettivo bisogna solamente organizzarsi e mobilitare l’energia per arrivare a quell'obiettivo, studiare bene cosa bisogna fare per essere nelle condizioni di arrivare fino a li e impegnarsi.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Credo che
non potrei fare gare dove si scalano montagne molto impegnative (6/7000 mt…)
non è proprio nel mio… Nel senso che non lo sento dalla pancia, e se una cosa
non si sente dentro difficilmente può riuscire al meglio (mio umile parere).”
'Consapevolezza' e 'sentire' sono termometri essenziali,
se sento, ce la posso fare, se non sento è inutile.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “Come ho detto prima è tutto un percorso, non è portare avanti
un asticella, è decidere di fare nuove esperienze… Un po’ paragonabile a un
gioco elettronico: ogni volta c’è una nuova prova e a volte più difficile.”
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “I miei genitori sono molto orgogliosi, alcuni
amici mi vedono come un extraterrestre, altri sono invece abituati al mio
‘essere un terremoto’."
Si ha sempre voglia di spostare un pochetto l’asticella ed i parenti ed amici ti guardano come un extraterrestre, conoscendoti sanno che sei capace a fare tutto e con il tempo non si sorprendono più, sono divertiti e curiosi sui tuoi programmi da portare a termine.
Si ha sempre voglia di spostare un pochetto l’asticella ed i parenti ed amici ti guardano come un extraterrestre, conoscendoti sanno che sei capace a fare tutto e con il tempo non si sorprendono più, sono divertiti e curiosi sui tuoi programmi da portare a termine.
Che significa
per te partecipare a una gara estrema? “Non ho ancora ben chiaro cosa sia il
concetto di una gara estrema… Trovo che estremo sia tutto ciò che uno si trova
a dover fare per vivere… Pensiamo ai minatori, alla gente che vive in
condizioni pazzesche… Insomma quello è estremo.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Come ho detto
prima (è stato pubblicato anche un mio racconto) mi sono trovata a correre a
-48 gradi e c’è stato un momento in cui ho pensato di sdraiarmi per riposare
(ero parecchio stanca e con un ginocchio dolorante), non so come ma credo che
in quel momento qualcuno da lassù mi ha urlato dicendomi che non potevo farlo…
Stare ferma anche pochi minuti avrebbe comportato un bel rischio. Avevo un atleta dietro di me a 40’ e la sicurezza era appena
passata.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Sono una testa dura… Ma già lo sapevo abbastanza.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa?
“Questa passione mi ha fatto cambiare città, amicizie ed è diventata il mio
lavoro (alleno chi vuole iniziare a correre, chi vuole migliorarsi, chi vuole
correre una maratona o un deserto… insomma chi vuole…) Più di così.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non
faresti? “Tutto ha un senso e una direzione, ci sarà un motivo se tutto è
andato così, non mi piace vivere di se e ma.”
Katia si è ritrovata a fare un lavoro che le piace che ha scoperto attraverso il suo sport che gli ha comportato lo sperimentare piacere e disavventure ma superate e che adesso può raccontare.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Uso
molti integratori, mi segue Elisabetta Orsi, una dietologa naturopata
superava. Ho quasi 40 anni, senza dei sani (e naturali) integratori e
alimentazione credo perderei almeno il 20%.”
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai
indagini più accurate? Quali? “Faccio spesso esami del sangue e ormonali per
essere certi che tutto funzioni al meglio. Voglio anche fare a breve un test sotto
sforzo per assicurarmi che il mio cuore lavori nel modo corretto.”
Katia fa le cose con criterio e non tralascia nulla, sa che non si scherza con questo sport e quindi sana alimentazione ed essere monitorata sono elementi indispensabili.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la
tua attività sportiva? “Lo fanno spesso in molti, ma non sono dei dottori, non
li ascolto e mi affido a chi ne sa davvero.”
Hai
un sogno nel cassetto? “Ogni giorno ho
mille sogni, tutte le mattine mi sveglio e me li vado a prendere, o almeno
parto per andare a prenderli. Ogni giorno è caccia, ogni giorno sono felice di
andare a prenderli.”
Katia è felice, la corsa la rende felice, il riuscire nei suoi intenti la rende felice, e questo lo trasmette anche agli altri, è contagiosa, e felicemente ho pensato di scrivere questa intervista per dedicarla a lei, alle persone che segue, ed a chi fa questo sport con fatica e passione.
Dopo questa intervista, Katia ha continuato a cacciare vittorie nei deserti e gare a tappe di tanti stati del mondo: 20-23 marzo 2016 - 1st Ultra Asia Race Vietnam – 19h07'34” (vincitrice assoluta, precedendo il francese Patrick Cande 19h20’36”); 10-18 giugno 2017 - Alvi Trail Liguria 370 km, 8 tappe 370km – 2 giorni 6h57’; 9-17 giugno 2018 - Alvi Trail Liguria 400 km, 8 tappe 400km – 2 giorni 11h38’; 9-10 marzo 2019 - 100 Km del Caribe Non Stop (DOM) 11h04’23”; 11-15 novembre 2018 - Ultra Africa 220 km Stage Race (MOZ) 216km/5stages - 25h05’08”; 9-17 giugno 2018 - Alvi Trail Liguria 400 km, 8 tappe 400km – 2 giorni 11h38’.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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