venerdì 21 agosto 2015

Katia Figini, ultramaratoneta in un deserto a fare 250 km

Matteo Simone

Katia Figini si considera una ultramaratoneta e ci spiega come è stato il suo percorso, le sue motivazioni, la sua passione, attraverso risposte ad alcune mie domande. 

Ti puoi definire ultramaratoneta?Sembra un parolone ma in realtà tutto ciò che supera i 42,195 km è considerato ultramaratona. Perciò si mi considero ultramaratoneta.” 
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Una persona normale che corre un po’ più a lungo di altri.”
Qual è stato il tuo percorso per  diventare ultramaratoneta?Non credo si decida di percorrere lunghe distanze da un giorno all'altro, iniziare a farlo è il frutto di un percorso che ognuno fa. Si inizia con il voler correre un’ora di seguito e poi ci si trova in un deserto a fare 250 km… I ‘casi’ della vita.”

Tanti, per caso iniziano a correre e poi la distanza chiama, si appassionano sempre di più ed aumentano sempre più il chilometraggio partecipando a gare sempre più lunghe, in condizioni più estreme, salite interminabili, dislivelli elevati, deserto, ghiacciai. Ma Katia non cerca condizioni sempre più estreme e difficili, cerca le gare a seconda dei luoghi che vuole visitare e viaggiare, in cerca di esperienze che le piace fare, non necessariamente cose sempre più difficili.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? Mi fa sentire viva e libera. E’ uno sport che ha un fascino unico.”

Tanti ultrarunner riportano di sperimentare benessere, riportano sensazioni, esperienze, emozioni che cambiano nel corso della gara, le più diverse: fatica, crisi, successo, paura, gioia, e tutto ciò permette di sentire di vivere a pieno, di riuscire, di superare.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?Ho pensato di smettere di fare gare a livello agonistico. Ma non ho ancora pensato di cambiare sport, ci sono ancora tanti viaggi da compiere.”

L’ultramaratona è considerato da tanti un viaggio, ed infatti non è una semplice attività fisica che dura poco e si conclude, è un viaggio che comporta una preparazione accurata, bisogna considerare quello che serve per questo lungo viaggio, viveri, abbigliamento tecnico indispensabile, informarsi sul clima atmosferico, il percorso.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta?Praticamente ogni giorno. L’infortunio deve diventare un’occasione e non un ostacolo. E’ difficile crederlo, lo so, ma è così. L’infortunio fa parte del gioco, in qualche modo va ‘accettato’, anche perché incavolarsi non porta a nulla se non a peggiorare la situazione… Ne ho uno che mi porto dietro da 3 anni, lo sto curando ma sono cose lunghe. Inoltre quest’anno è stato un anno molto duro perché ho avuto un problema importante a livello cerebrale… Spero di poter dire che l’ho risolto (incrocio le dita). Questo ‘male’ però è stata una opportunità e ho deciso di iscrivermi all'università (scienze motorie). Senza infortuni non credo sarei diventata un personal trainer, un allenatore e tanto meno avrei fatto un corso per imparare ad usare i kinesyotape.”

Per fare questo sport bisogna saper affrontare la vita, eventuali infortuni crisi che non ti devono fermare, bloccare ma ti danno un’opportunità per comprendere quello che c’è ora, come sei ora e partire da questo momento per andare avanti, eventualmente anche per cambiare la tua vita, gli infortuni e le crisi ti fanno scoprire che puoi essere resiliente e ne puoi uscire più forte, più determinato come è successo a Katia.
Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta?La passione, il ricordo dei bei posti che ho attraversato e la voglia di attraversarne di nuovi.”

Si fanno viaggi attraverso l’ultramaratona, si passano lunghi bei momenti ed i ricordi aiutano a comprendere come sei riuscito a superare, ad attraversare quei momenti, e metti questo tuo sapere, questa tua esperienza a disposizione degli altri, diventi un personal trainer, partendo dalla tua esperienza personale dal tuo background di studi e conoscenze acquisite per permettere agli altri di far bene, di far meglio nel loro sport che praticano con passione e convinzione.
Hai sperimentato il limite nelle tue gare?Il limite è un argomento molto trattato in questo momento. Io dico sempre che il limite è il confine tra l’osare e la stupidità… I limiti sono spesso frutto di un pensiero e di un ragionamento mentale… Non esistono in realtà. E quando ci sono è giusto che ci siano. Se ad esempio non mi sento bene e sono a 5000 mt è stupido continuare perché rischierei inutilmente la mia vita… Il continuare non è non superare un proprio limite, è stupidità. Al contrario non mi pongo dei limiti se ho voglia di fare qualcosa, so che darò il massimo e cercherò di farlo fino alla fine. Se è davvero il massimo più di così non si poteva fare, non me ne pentirò.“

E’ importante considerare i consigli di Katia, si può andare incontro al limite per sperimentare l’esperienza ma è anche importante fare attenzione e non sottovalutare le conseguenze di sottovalutare questo limite, non superarlo a tutti i costi, non andare avanti a prescindere, momento per momento cercare di trovare un equilibrio tra il razionale, la paura e l’incoscienza l’istinto, succede che in montagna la gente muore e succede che si fanno imprese, una volta ti va bene e ti senti un eroe ma un’altra volta ti va male ed i danni possono essere irreparabili per te o un tuo amico di cordata quindi il limite ti fa sentire che esisti, che sei vivo, ma è importante fare i conti con il qui e ora, con la consapevolezza del momento presente e dei propri limiti che davvero esistono.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme?Ho lavorato e collaboro tenendo dei corsi, con un mental coach. Ci sono un sacco di ‘trucchi’ per utilizzare la propria mente come alleata e non come nemica. Molte cose mi vengono naturali, aver anche imparato un metodo mi ha aiutato ancora di più.

Katia è esperta utilizza metodi di mental coach per riuscire in questo tipo di gare estreme, per lei tutto è facile, ma ci è arrivata gradualmente con il tempo e con l’aiuto di un mental coach, non si improvvisa niente.
La tua gara più estrema o più difficile?Credo che correre al freddo sia una delle cose più difficili. Ho provato a correre a -48 gradi e lì non si possono commettere errori, il rischio è molto alto.
Quale gara estrema ritieni non poter mai riuscire a portare a termine?Non mi pongo il ‘limite’. Non ne ho davvero idea, quando decido di fare una gara lavoro al meglio per portarla a termine. Se dovessi già pensare negativo non sarebbe certo un buon inizio.”

E’ importante avere un approccio positivo teso ala riuscita dell’obiettivo che si desidera raggiungere, una volta deciso l’obiettivo bisogna solamente organizzarsi e mobilitare l’energia per arrivare a quell'obiettivo, studiare bene cosa bisogna fare per essere nelle condizioni di arrivare fino a li e impegnarsi.
C’è una gara estremi che non faresti mai?Credo che non potrei fare gare dove si scalano montagne molto impegnative (6/7000 mt…) non è proprio nel mio… Nel senso che non lo sento dalla pancia, e se una cosa non si sente dentro difficilmente può riuscire al meglio (mio umile parere).

"Consapevolezza" e "sentire" sono termometri essenziali, se sento, ce la posso fare, se non sento è inutile.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?Come ho detto prima è tutto un percorso, non è portare avanti un asticella, è decidere di fare nuove esperienze… Un po’ paragonabile a un gioco elettronico: ogni volta c’è una nuova prova e a volte più difficile.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?I miei genitori sono molto orgogliosi, alcuni amici mi vedono come un extraterrestre, altri sono invece abituati al mio ‘essere un terremoto’."

 Si ha sempre voglia di spostare un pochetto l’asticella ed i parenti ed amici ti guardano come un extraterrestre, conoscendoti sanno che sei capace a fare tutto e con il tempo non si sorprendono più, sono divertiti e curiosi sui tuoi programmi da portare a termine.
Che significa per te partecipare a una gara estrema?Non ho ancora ben chiaro cosa sia il concetto di una gara estrema… Trovo che estremo sia tutto ciò che uno si trova a dover fare per vivere… Pensiamo ai minatori, alla gente che vive in condizioni pazzesche… Insomma quello è estremo.
Ti va di raccontare un aneddoto?Come ho detto prima (è stato pubblicato anche un mio racconto) mi sono trovata a correre a -48 gradi e c’è stato un momento in cui ho pensato di sdraiarmi per riposare (ero parecchio stanca e con un ginocchio dolorante), non so come ma credo che in quel momento qualcuno da lassù mi ha urlato dicendomi che non potevo farlo… Stare ferma anche pochi minuti avrebbe comportato un bel rischio. Avevo  un atleta dietro di me a 40’ e la sicurezza era appena passata.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Sono una testa dura… Ma già lo sapevo abbastanza.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa?Questa passione mi ha fatto cambiare città, amicizie ed è diventata il mio lavoro (alleno chi vuole iniziare a correre, chi vuole migliorarsi, chi vuole correre una maratona o un deserto… insomma chi vuole…) Più di così.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?Tutto ha un senso e una direzione, ci sarà un motivo se tutto è andato così, non mi piace vivere di se e ma.”

Katia si è ritrovata a fare un lavoro che le piace che ha scoperto attraverso il suo sport che gli ha comportato lo sperimentare piacere e disavventure ma superate e che adesso può raccontare.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?Uso molti integratori, mi segue Elisabetta Orsi, una dietologa naturopata superava. Ho quasi 40 anni, senza dei sani (e naturali) integratori e alimentazione credo perderei almeno il 20%.
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali?Faccio spesso esami del sangue e ormonali per essere certi che tutto funzioni al meglio. Voglio anche fare a breve un test sotto sforzo per assicurarmi che il mio cuore lavori nel modo corretto.

Katia fa le cose con criterio e non tralascia nulla, sa che non si scherza con questo sport e quindi sana alimentazione ed essere monitorata sono elementi indispensabili.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?Lo fanno spesso in molti, ma non sono dei dottori, non li ascolto e mi affido a chi ne sa davvero.”
Hai un sogno nel cassetto?  Ogni giorno ho mille sogni, tutte le mattine mi sveglio e me li vado a prendere, o almeno parto per andare a prenderli. Ogni giorno è caccia, ogni giorno sono felice di andare a prenderli.”

Katia è felice, la corsa la rende felice, il riuscire nei suoi intenti la rende felice, e questo lo trasmette anche agli altri, è contagiosa, e felicemente ho pensato di scrivere questa intervista per dedicarla a lei, alle persone che segue, ed a chi fa questo sport con fatica e passione.

Matteo SIMONE 
380-4337230 - 21163@tiscali.it 
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

Nessun commento:

Translate