Può succedere
che prima dell’inizio di una competizione sportiva o in un momento decisivo
come può essere un canestro o un rigore, l’atleta possa avere delle sensazioni
che ritiene negative: spiacevoli, disturbanti, di ansia eccessiva, di troppa
tensione, di paura, di blocco.
Queste
sensazioni possono derivare da diverse cause consce o inconsce.
Ad esempio, l’atleta può competere con atleti ritenuti più forti di lui, può
competere dopo un periodo di infortunio e non sentirsi sicuro di esprimersi in
una prestazione eccellente, può sentire le pressioni di alcune figure del suo
staff o di persone per lui ritenute importanti.
Cosa può fare
lo psicologo in questi casi?
Certo non ha la
bacchetta magica, non ha la medicina giusta, può attuare degli interventi che
comunque devono essere personalizzati e seguire un percorso graduale che si può
definire allenamento mentale.
Lo psicologo può
proporre delle metodologie o tecniche acquisite nel corso della sua formazione
ed esperienza lavorativa. Può invitare l’atleta innanzitutto a prestare
attenzione alle sue sensazioni, ad esempio l’atleta può prestare attenzione a
come è la sua respirazione e può, ad esempio provare a fare una respirazione
profonda abbinando una visualizzazione che possa aiutarlo a mandar via parte di
ansia non funzionale ma in eccesso e quindi disturbante.
La
visualizzazione potrebbe riguardare una prestazione del passato che l’abbia
dato un senso di benessere derivante da una vittoria, piazzamento, record
personale, ecc., oppure può visualizzare qualcuno che l’abbia incoraggiato in
passato dicendogli delle parole o una frase che gli ha suscitato sicurezza,
voglia di stravincere.