Matteo
Simone
Se un atleta è fortemente motivato nel voler praticare il suo sport che comporta lavori, sacrifici, rinunce, affronterà le sconfitte a testa alta, complimentandosi con se stesso per quello che è riuscito a fare, complimentandosi con l’avversario per la bravura dimostrata in quell’occasione, anche perché prima o poi lo trovi uno più forte o che riesce a batterti.
In questo caso un
aspetto importante del vero campione è la resilienza, il cui significato,
derivante dalla metallurgia, è: “mi piego ma non mi spezzo”, che sta a
significare che il vero campione esce fuori dalle sconfitte con più voglia
riscattarsi, di far meglio, di migliorare gli aspetti, le aree in cui ha
mostrato carenza.
Interessante la riflessione della
maestra elementare Rosaria Gasparro, riportata su un paio di siti web di Gianni
Marconato (http://www.giannimarconato.it/2015/11/pedagogia-della-sconfitta/ 04.11.2015): “Una riflessione sulla sconfitta come possibilità da esplorare,
per sdoganarla dalla negatività dell’accezione e agirla nella sua doppia
dimensione di formazione e di liberazione dall’ossessione del successo e
dalla sindrome del migliore.
Un
carico insopportabile che produce ansie, frustrazioni, presunzioni,
individualismi, competizione. Solitudini. Come
maestra conosco il potere dell’errore, la sua carica creativa ed il ridimensionamento di
ogni delirio d’onnipotenza. Lavorare
sulla dimensione della fallibilità, in un mondo assillato dalla perfezione e
dalla vittoria, ci permette d’ imparare l’umanissima arte
del perdere e paradossalmente ci rende meno vulnerabili nella nostra ricerca di
vita. Perché ogni giorno perdiamo
qualcosa, ma sarebbe terribile perdere sé stessi, perdere la
relazione con la vita, degradarla nel considerarla una partita dove si
vince o si perde.”
L’atleta dovrebbe essere in grado di
formulare una pianificazione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine,
obiettivi che siano difficili ma raggiungibili, sfidanti, si dovrebbero poter
visualizzare, immaginare nel momento in cui si raggiungono.
Può capitare che ci siano delle difficoltà
nel raggiungere questi obiettivi e qualche volta l’atleta può considerare il
non raggiungimento di un obiettivo prefissato come una sconfitta personale.
Ma
nello sport le sconfitte, servono a riflettere, a fare il punto della
situazione, osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile, di importante
nella prestazione eseguita e cosa, invece, si può migliorare. Quindi, tutto
sommato, la sconfitta potrebbe servire per fare una valutazione delle proprie
risorse, punti di forza e, al contempo, delle criticità.
Ancora la maestra Rosaria Gasparro su comune-info (https://comune-info.net/elogio-sconfitta/ 07.11.2015) parla di sconfitta come un’opportunità: “Sono convinta della forza della
sconfitta, che ci riporta a noi stessi, a quello che siamo, che non ci annulla,
ma ridisegna con sapienza il nostro profilo nel chiaro e nello scuro.”
Lo sportivo non è solo, è affiancato
dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di
forza e di debolezza, dovrebbe costruire con l’atleta un progetto di obiettivi
raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dare feedback adeguati,
spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il
significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva dell’atleta,
condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere
disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver
sottovalutato, di non aver considerato.
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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