Il
fantastico mondo degli ultrarunner prevede presso il Bislett Stadium ad Oslo
anche una festa ultrarunning in cui i corridori hanno avuto l'opportunità di
correre 6 ore, 12 ore, 24 ore o 48 ore su una pista di 546 metri con cambio
direzione di marcia ogni di 6 ore.
Di
Roldano ne parlo già nel mio ultimo libro Ultramaratoneti e gare estreme http://www.prospettivaeditrice.it/index.php?id_product=357&controller=product per aver superato il muro dei 200km in
una gara di 24 ore, ma lui è uno che non
molla, amante di esperienze al limite anche al di fuori dell’Italia,
ultimamente si è sperimentato in una gara di corsa della durata di 48 ore al
coperto ad Oslo e ci racconta la sua esperienza ai limiti dell’ordianria
quotidianità.
Ciao
Roldano, com'è andata? “La trasferta norvegese è stata una piacevole sorpresa e occasione di confrontarsi con realtà diverse dal quotidiano.”
Soddisfatto,
avevi diverse aspettative? “Soddisfatto a metà
perché, per come si era messa la
gara, nutrivo l’idea che avrei fatto un buon risultato. Ma gare così lunghe portano sempre con sé imprevisti che mi han fatto desistere dal
continuare per non compromettere la salute. Fino al mio stop volontario dopo 31
ore avevo percorso 220 km con un parziale di 184.5 km alla 24esima ora.
Aspettative serie non ne nutrivo, quest’anno è stato avaro di vere soddisfazioni quasi a bilanciare uno
splendido 2015. Questo fatto mi ha fatto pensare che è difficile correre per
migliorare i propri limiti in ultramaratona, per persone quasi 60enni, due anni
di seguito. Prendo ciò che mi è capitato come un monito per future gare.”