mercoledì 7 dicembre 2016

Andrea Di Somma: Presidente società Atletica La Sbarra

Matteo Simone 

Il punto di vista di un presidente su organizzazione, coinvolgimento, risultati, clima di squadra.

Qual è stato il tuo percorso come atleta?Ho iniziato a correre nel 2007 quando vivevo in Spagna, a Sevilla, lungo le rive del Guadalquivir. Dal 2010 mi sono tesserato con l’Atletica La Sbarra e ho iniziato a gareggiare. Ho sempre fatto sport: da juniores praticavo windsurf a livello agonistico, successivamente sono passato alla mountain bike.”
Come hai conosciuto la tua società, hai un ruolo all’interno?Dal 2013 mi occupo della gestione della squadra a livello dirigenziale e dal 2015 svolgo il ruolo di Presidente. Occuparmi della squadra è anche una sorta di fuga dai problemi della quotidianità.”
Come mai partecipi alla Corri per il verde individualmente e di squadra?Partecipo ininterrottamente dal 2010. Condivido pienamente gli ideali storici di questa manifestazione sportiva: il rilancio di aree verdi in zone marginali della città caratterizzate spesso da situazioni di degrado urbanistico. Considero le aree verdi urbane luoghi in cui è possibile riscoprire uno spirito di collettività contrastando il disagio sociale che talvolta caratterizza questi quartieri. In questi anni ho avuto modo di conoscere dei parchi, che non avevo mai visitato, con delle potenzialità di ripresa enormi per il territorio periferico romano.”

Michele Debenedictis, ultrarunner: è stata un'esplosione di gioia


Gli atleti ultrarunner si dimostrano molto uniti nelle loro avventure e lunghi viaggi di corsa, si guardano, si scrutano, si osservano, ma si tratta di una competizione sana, c’è tanto rispetto l’uno per l’altro e tanta fratellanza.
Michele Debenedictis con 196km arriva primo assoluto, alla 24 ore di corsa a piedi a Lavello, precedendo Taliani Massimo 182,583km, Francesco Cannito 178,163km, Giuseppe Mangione 170,660km, Michele Spagnolo 168,623km.

martedì 6 dicembre 2016

Roldano Marzorati, Oslo 48ore: ogni gara è condizionata da mille variabili




 
Il fantastico mondo degli ultrarunner prevede presso il Bislett Stadium ad Oslo anche una festa ultrarunning in cui i corridori hanno avuto l'opportunità di correre 6 ore, 12 ore, 24 ore o 48 ore su una pista di 546 metri con cambio direzione di marcia ogni di 6 ore.

Di Roldano ne parlo già nel mio ultimo libro Ultramaratoneti e gare estreme http://www.prospettivaeditrice.it/index.php?id_product=357&controller=product per aver superato il muro dei 200km in una gara di 24 ore, ma lui è uno che non  molla, amante di esperienze al limite anche al di fuori dell’Italia, ultimamente si è sperimentato in una gara di corsa della durata di 48 ore al coperto ad Oslo e ci racconta la sua esperienza ai limiti dell’ordianria quotidianità.

Ciao Roldano, com'è andata? “La trasferta norvegese è stata una piacevole sorpresa e  occasione di confrontarsi con realtà  diverse dal quotidiano.”

Soddisfatto, avevi diverse aspettative? “Soddisfatto a metà  perché,  per come si era messa la gara, nutrivo l’idea che avrei fatto un buon risultato. Ma gare così  lunghe portano sempre con sé  imprevisti che mi han fatto desistere dal continuare per non compromettere la salute. Fino al mio stop volontario dopo 31 ore avevo percorso 220 km con un parziale di 184.5 km alla 24esima ora. Aspettative serie non ne nutrivo, quest’anno è stato avaro di vere  soddisfazioni quasi a bilanciare uno splendido 2015. Questo fatto mi ha fatto pensare che è difficile correre per migliorare i propri limiti in ultramaratona, per persone quasi 60enni, due anni di seguito. Prendo ciò che mi è capitato come un monito per future gare.”

Intervista ad Aurelia Rocchi dopo la 24 ore x Telethon 3-4 dicembre 2016


a cura di STEFANO SEVERONI

 
 Il Gran Prix IUTA 2016 è terminato con la tappa di Lavello del 3-4 dicembre. A poche ore dalla conclusione dell’ultramaratona delle 24 ore in cui hai vinto tra le donne con 160,060 km, un primo bilancio. Ho lavorato tanto quest’anno. Non volevo vincere una seconda volta il Gran Prix IUTA, ma volevo superare la Spartathlon.

   Obiettivi per il 2017. Non lo so, ci devo pensare. Mi piacerebbe tornare alla Spartathlon. Oggi per poco sono andata in crisi.

   Le due super ultra, la Nove Colli Running e la Spartathlon, che cosa ti hanno rivelato? La Spartathlon è una gara molto, molto estenuante. Pensi che sono presenti tanti campioni. Ma una volta partita, sei a casa. Non credo che ci sia una gara come questa. Gli errori in gara si fanno, c’è una tensione molto forte.

  
Ti piace il mondo ultra? Molto. Oggi ho finito la gara un po’ stanca. E tra due giorni prendo in mano l’agenda e programmo.

   Partecipi agli allenamenti e gare con il gruppo Achilles International Roma con soggetti con deficit visivo (ipovedenti/non vedenti). Raccontaci le tue esperienze. Mi piace molto stare con loro in gruppo. Noi stiamo bene vicino a loro e loro con noi.

   Come curi la tua alimentazione? Sono vegetariana, ma ultimamente cerco di mangiare tutto crudo come mi consiglia mio figlio ventitreenne.

  

Omar Atzori: maratone e ultra, un viaggio introspettivo meraviglioso




 
La passione e la pratica per lo sport e la psicologia mi portano sempre più a conoscere atleti e ad approfondire gli aspetti che gli procurano benessere e che conducono anche alla performance. Ora sono focalizzato su un libro dal titolo Sport, benessere e performance, pertanto attraverso questionari ricevo risposte da atleti che trasmettono il loro mondo di intendere lo sport, di seguito il vissuto sportivo di Omar Atzori.

Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? “Sì, quando mio figlio per la prima volta mi ha aspettato al traguardo di una maratona ed ha tagliato il traguardo con me mano nella mano. Lo sport è vita.”
 
Lo sport è vita, ti fa sentire l’intensità e l’essenza della vita, soprattutto quando è partecipato anche da persone a cui si vuole bene.

Qual è stato il tuo percorso per diventare un Atleta? “Il mio Prof. di Educazione fisica Carlo Sansone ha visto in me delle qualità, oltre a farmi partecipare alle gare scolastiche mi portò al campo sportivo. La mia passione per il salto in lungo è durata per anni, ma amavo sperimentarmi e mettermi in gioco su più specialità, cimentandomi spesso in gara di decathlon. Poi un’operazione al ginocchio mi ha costretto ad abbandonarlo. Ho chiuso la mia carriera in pista con i 400hs. Ora pian piano sto adattando corpo e mente alle maratone e alle ultra. E’ un viaggio introspettivo meraviglioso.”

lunedì 5 dicembre 2016

Giuseppe Mangione, runner: Sensazioni di vera sofferenza ma dovevo finirla

Matteo SIMONE 
 

Alla 24 ore di corsa a piedi a Lavello il vincitore è stato Michele Debenedictis che riesce a totalizzare 196km e 400 metri, arrivando primo assoluto al traguardo.

A seguire, Taliani Massimo 182,583km, terzo un sorprendente Francesco Cannito 178,163km, quarto Giuseppe Mangione 170,660km, quinto l’uomo delle lunghe distanze Michele Spagnolo del Team Frizzi e Lazzi walk & run 168,623km, sesta assoluta e prima donna Aurelia Rocchi 160,060km, seconda donna è Giuliana Montagnin 116,614 km.
Ho chiesto a Giuseppe Mangione di rispondere ad alcune domande per comprendere com’è andata la sua gara.

Aurelia Rocchi e Michele Debenedictis vincono la 24 ore di Lavello 2016

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta
 

Michele Debenedictis con 196km arriva primo assoluto, Aurelia percorrendo 160,060km è la vincitrice della 24 ore di corsa a piedi a Lavello, tra loro due arrivano Taliani Massimo 182,583km, Francesco Cannito 178,163km, Giuseppe Mangione 170,660km, l’uomo delle lunghe distanze Michele Spagnuolo del Team Frizzi e Lazzi walk & run 168,623km.

Di seguito un’intervista doppia ai due protagonisti principali.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?
Aurelia: “Per me essere una ultramaratoneta vuole dire essere grande, forte.”
Michele: Una persona che punta un obiettivo, lo raggiunge e lo supera lentamente ma con saggezza.”

Sono tanti gli obiettivi superati da Michele ed Aurelia ed i sogni che trasformano in realtà.
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta?
Aurelia: “Il mio percorso è stato molto, molto duro e vedendo che posso lottare con me stessa mi dà tanta forza.”
Michele: “È stato appunto la curiosità di vedere cosa c’era oltre quel muro.”

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