STEFANO SEVERONI
Ho
letto con interesse il libro Paola Pigni
Liberarsi correndo di Sergio Giuntini Assital, Roma 2021. Il libro
biografico ripercorre il percorso esistenziale e atletico di Paola Pigni,
deceduta all’età di 75 anni lo scorso giugno dopo un malore.
Si ricordano i suoi
traguardi, i suoi allenamenti vissuti assieme a suo marito, il tecnico Bruno
Cacchi, in passato docente all’ISEF e allenatore di tanti validi atleti
italiani, corredando il ricco testo con immagini storiche e familiari. Ne emerge la
figura di una donna caparbia, seria nei suoi impegni esistenziali, meticolosa
negli allenamenti stabiliti dal marito-allenatore,
deceduto due anni fa. Paoletta forse non aveva le qualità atletiche eccezionali
di una velocista, ma la passione, l’impegno, la leggerezza nella corsa le hanno
permesso di ottenere risultati incredibili. Tanti i titoli italiani conseguiti
dalla Pigni nelle specialità del mezzofondo veloce e prolungato, nelle
staffette, nella corsa campestre, poi i primati mondiali, europei e italiani su
varie distanze. Ma soprattutto Paola è riuscita a far vincere alcuni tabù come
quello per cui la donna non potrebbe correre a lungo. Proprio al funerale tenutosi
nella chiesa Gran Madre di Dio, a ponte Milvio, è emerso come la Pigni
rappresenta la donna simbolo della corsa al femminile. Tanti gli omaggi a lei
tributati nell’occasione. Assai valida la proposta di dedicare a lei lo stadio
della Farnesina ove parecchi anni fa la osservavo impartire preziosi consigli
alla figlia Chiara proprio nel prato verde laddove tanti atleti giornalmente
praticano lo sport che ha elevato l’esistenza della milanese trapiantata a
Roma, città ove ha corso, studiato e costruito una famiglia con serenità e
dedizione. Nell’introduzione
si ricorda che Paola non è
stata soltanto l’atleta capace di battere record nazionali, europei e mondiali,
ma è stata altresì l’atleta che ha affrontato e superato i limiti culturali,
sociali e antropologici che facevano dello sport femminile, in particolare certuni
settori dell’atletica leggera, una sottospecie di quello maschile. Paola non è
mai stata data per vinta e con la sua innata predisposizione alla sfida, ha
affrontato e demolito tutti i tabù di allora, sostenuta dalla sua formazione
conseguita alla scuola tedesca, arricchita, dalla cultura musicale operistica
coltivata in famiglia. Nel libro si rammenta che il
31 dicembre 1971 ci fu a Roma la 7^ edizione della Maratona di San Silvestro.
In gara anche Paola Pigni Cacchi, tesserata per la Snia Milano, da poco mamma e
per la prima volta in maratona. Ella fermò il crono a 3h00’47”2. Il 27 ottobre
la francese Chantal Langlace con 2h46’40” a Neuf Brisach aveva siglato la
migliore prestazione femminile sui 42,195 km, che allora era olimpica solo per
gli uomini. Per le donne, bisognerà attendere le Olimpiadi di Los Angeles 1984.
La prima donna a completare una maratona era stata Kathy Switzer appena cinque
anni prima. Poi, nell’estate 1972, la Pigni avrebbe vinto i 1.500m ai giochi
Olimpici di Monaco. In quel 1971, il calendario nazionale delle corse su strada
contava una dozzina di competizioni su distanza superiore ai 20 km. Poi la
Pigni si ripresentò alla Maratona di San Silvestro il 6 gennaio 1988, per
l’edizione 22bis. Paola fu 1^ donna sui 20,420 km, con il tempo di 1h33’12”,
nella gara con partenza allo Stadio delle Aquile dell’Acqua Acetosa, dove poi
ella avrebbe allenato le atlete della nazionale del pentathlon moderno. Ancora
durante lo scorso inverno, la Pigni faceva delle lunghe camminate a Villa
Glori, luogo che aveva già frequentato come atleta e allenatrice, che comprende
un bellissimo circuito stradale ondulato di circa poco più di 1 km, misurato da
Umberto Risi ed Enrico Spinozzi.
25.10.2021
STEFANO SEVERONI