Colgo l’occasione per presentarvi Sonia Lutterotti Nazionale Italiana Ultramaratone che ha fatto di questo sport una passione di vita e ha scoperto una
sorta di elisir che fa restare sempre giovani in compagnia di belle persone che
partecipano e frequentano questo mondo fantastico delle lunghe distanze.
Sonia si dedica alle ultra come se fosse un suo
giardino da curare per ottenere il meglio, i fiori più belli profumati, e così
si dedica a questo sport nelle varie fasi, dalla preparazione alla gara, al
post gara, per avere benefici più ottimali e performanti.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Essere
ultramaratoneta per me significa dedicare la vita, il tempo libero dal lavoro
alla corsa, ma non alla corsa con il cronometro al polso ed un tempo ristretto
per allenarsi. Significa libertà di allenarsi anche a lungo, assaporare
l’aspetto della corsa lunga in ambienti naturali, direi che mi fa sentire
libera.”
Sonia è riuscita a trovare la sua dimensione, la sua
libertà, ad assaporare il meglio che la vita quotidiana può offrire con il
sentire le proprie sensazioni corporee ed osservare quello che ti circonda
mentre corri, persone, natura, animali, albe e tramonti.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Oltre ai
risultati in gara mi piace la lunga fase di preparazione alla gara, gli step
per tentare di raggiungere l’obiettivo ed anche il post gara quando, con il mio
compagno e con altri atleti/amici si chiacchera per una settimana ed oltre
valutando tutti gli aspetti della competizione a cui si è preso parte.”
Per Sonia non è importante solo la gara, solo il
tempo trascorso in gara, ma è importante la fase di preparazione, il tempo
vissuto precedentemente la gara, importante è anche la gara pura, quello che si
sperimenta, le sensazioni vissute, ed altrettanto importante è il post gara,
una sorta di rilassamento e non solo, i racconti e le condivisioni con gli
amici, con il partner che ha la stessa passione, un certo Roldano che allo
stesso modo di Sonia ha scoperto questa sorta di elisir di benessere.
Che significa per te partecipare a una gara
estrema? “Correre una gara di ultramaratona è dare un senso alla corsa: la
preparazione della gara (preparare il fisico, la mente, i materiali, la
logistica), raggiungere l’obiettivo e goderne, oppure non raggiungere
l’obiettivo e valutare le motivazioni dell’insuccesso. Partecipare ad un
ultramaratona è anche grande condivisione e amicizia con altri atleti ed
assistenti, specialmente nelle gare su circuito tipo 24h o 6 giorni.”
Sonia non
butta niente, se c’è un successo ne gode, se c’è un insuccesso diventa
un’occasione per apprendere.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Non so quanto potrò continuare questa
intensa attività sportiva, non penso di smettere, cercherò di pormi obiettivi
raggiungibili.”
Sonia è consapevole della sua età anagrafica e del rispetto dei
suoi limiti, ma non molla, tutt'al più si tratta di riconsiderare e rimodulare
gli obiettivi che diventano meno ambiziosi di una volta ma comunque allettanti.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Ci sono
gare dove, per le condizioni estreme, i partecipanti corrono rischi che non mi
sentirei di correre. Condizioni atmosferiche di caldo o viceversa di freddo,
gare in autonomia o in orientamento dove serve un’esperienza che non è nel mio
bagaglio d’atleta.”
Sonia si conosce bene grazie alla sua pluriennale
esperienza di allenamenti e competizioni e sa cosa temere e dove potrebbe farsi
veramente male e quindi non ama osare al punto di correre rischi seri per la
sua salute,
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Come tanti atleti anch'io ho avuto periodi
di gran forma e periodi meno brillanti, infortuni ecc…ma proprio praticando
questa disciplina sportiva ho imparato che nello sport, come nella vita, tutto
passa.”
In questo sport di lunga durata, lunghe distanze, bisogna essere
pazienti, avere un approccio meditativo e considerare come sostiene Sonia che
le crisi, come gli infortuni, come arrivano così se ne vanno, quindi bisogna
essere cauti e sereni.
Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta? “Cosa mi spinge a continuare: come ho già detto l’attività
sportiva riveste un ruolo rilevante nel mio quotidiano, le soddisfazioni,
l’appagamento, le amicizie, tanto arriva dall’ultramaratona.”
Nell’ultramaratona
avviene una sorta di scambio, si fatica, si soffre, ma l’ultramaratona in
cambio ti dà tanto in termini di soddisfazioni, appagamento personale,
condivisioni.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “In qualche occasione ho sperimentato il limite fisico, nonostante
volessi continuare nel perseguire l’obiettivo il mio corpo non me l’ha
permesso.”
Bisogna porre tanta attenzione negli sport di endurance, è
importante trovare un giusto e sano equilibrio tra cuore, mente e corpo, rispettare
tutte e tre le componenti senza strafare e senza farsi ingannare da alcune
delle tre.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Partecipare ad una gara di ultramaratona quando
sto bene e non ho problemi per me non è difficile, sono molto motivata. Quando
invece non sono preparata non ho molte armi a disposizione. Naturalmente anche
quando tutto va bene arriva la crisi, il momento di grande stanchezza, per
resistere alla fatica cerco di ‘ingannare’ la mente; ad esempio invece di
pensare al lontano obiettivo finale mi pongo degli obiettivi intermedi, oppure
cerco di estraniarmi pensando a qualcosa di completamente diverso da quel che
sto facendo.”
Sonia ha tanta esperienza ed ha imparato ad addomesticare la fatica,
a trattare la crisi, a rimodulare gli obiettivi in caso di difficoltà, a
trovare comunque le sue motivazioni nel portare a termine le gare, nell’andare
avanti con fiducia e determinazione.
La tua gara più estrema o più
difficile? “La gara di ultramaratona più difficile è stata sicuramente la
Spartathlon 2015. Non ero preparata né fisicamente ma soprattutto mentalmente
alla fatica e sofferenza che il percorso richiedeva.”
Sonia ha sperimentato le
gare più impensabili per l’umano, la Spartathlon una gara ambita da tanti
ultramaratoneti, lunghissima e durissima.
Una gara estrema che ritieni non poter mai
riuscire a portare a termine? “Non credo esista una gara impossibile. Se ci
credi lo puoi fare. Devi volerlo e prepararti.”
Come tanti altri
ultramaratoneti, anche Sonia è fedele al detto “se vuoi puoi” e quindi sa che
se c’è passione per qualcosa, non la ferma nessuno, fa ti tutto per ottenerla.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “Spostare i propri limiti penso sia quasi fisiologico per
un’atleta di ultramaratona, raggiunto un obiettivo si crea un bisogno di fare
ancora meglio, di superare se stessi. In questo tipo di gara l’avversario non è
un altro atleta ma la gara stessa.”
In questa modalità di fare sport,
l’avversario a volte non è l’altro atleta ma la gara stessa, a volte non si
affronta un altro avversario ma la gara stessa per portarla a termine, per non
farsi intimidire.
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Quando tutto va bene credo pensino che sono una
persona determinata e sono orgogliosi dei risultati, quando ho dei problemi
qualcuno pensa che chiedo troppo a me stessa.”
Ai famigliari, una volta capito
che Sonia è una vincente e che sperimenta estremo benessere, sono orgogliosi
delle sue prestazioni, ma sempre un po preoccupati per la sua salute.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Ho partecipato
alla 6 giorni sul lago Balaton in Ungheria. Quando mi trovavo in terza
posizione femminile sono stata raggiunta da un'atleta, ero in un momento di
difficoltà non mi sentivo di aumentare l’andatura e cercare di staccarla, così
mi sono attaccata a lei per diverso tempo, se lei aumentava l’andatura io
dietro, se lei riduceva io dietro, lei cercava di staccarmi in tutti i modi ma
io non la mollavo, la faccenda è andata avanti per ore finché la poveretta non
ne poteva più (eravamo al 4° giorno di gara) e si è innervosita nei miei
confronti, per questo è stata richiamata dal giudice di gara. Mi è spiaciuto
molto, ma c’era di mezzo il podio e non ero disposta a mollare. E’ stato uno
dei pochi episodi spiacevoli della mia vita di atleta, soprattutto perché non
si è risolto con una stretta di mano a fine gara.”
Sonia sembra essere molto
corretta ma a volte in gara bisogna essere scaltri e determinati e questo può
dar fastidio agli avversari.
Dal 6 al 12 maggio 2015 si è svolta la '5th EMU 6 Day World Trophy (HUN)', 6 giorni di corsa su strada e il vincitore è stato lo statunitense Joseph Fejes con 975,654 km, precedendo l'irlandese Eoin Keith 816,345 km e l'austriaco Andreas Michalitz 784,005 km.
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai
indagini più accurate? Quali? “Ogni anno mi sottopongo ai normali test per il
conseguimento del certificato medico sportivo con test da sforzo, spirometria e
test sulle urine. Sono seguita dal team medico della squadra nazionale di
ultramaratona.”
In questo sport Sonia non è sola, oltre al compagno Roldano
che si occupa di lei, vie è tutto il Team, lo staff della Nazionale disposta a seguirla
dal punto di vista medico e non solo.
Hai un sogno nel cassetto? “Sogni nel cassetto
sempre tanti! Spero di avere ancora qualche anno di buona salute per
realizzarli e continuare a sognare…finire una gara mai finita…finire una gara
non ancora inventata…magari organizzare una gara con e per amici.”
Ancora sogni
per Sonia ma molto umili, ma non si sa mai è capace ancora di sorprendere se
stessa e non solo.
Un’intervista a Sonia è riportata nel libro “Lo sport delle donne, sempre più determinate, competitive e resilienti, Prospettiva editrice, Civitavecchia, 2018.
Sonia è menzionata nel libro “Maratoneti e Ultrarunner.
Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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