lunedì 15 giugno 2015

Lisa Borzani: abbiamo ottenuto una medaglia con il contributo di tutte

L’ultratrail è uno sport poco conosciuto per diversi motivi. Trattasi di corsa a piedi ma non in piste di atletiche e nemmeno su strade, bensì per sentieri di montagna e con dislivelli di altimetria.
Prevede distanze lunghissime e quindi un tempo di gara che può superare anche le dieci ore, si compete anche in orari notturni e quindi le condizioni di gara sono impegnative non solo dal punto di vista del chilometraggio, del percorso fatto di sassi, fiumi, montagne, radici ed altro ma anche per le condizioni atmosferiche avverse che vanno dal freddo o gelo che si può sperimentare in altitudini di montagna o anche tanto caldo dovuto alla temperatura elevata.
Insomma è uno sport non semplice ma lo ritengo interessante per mettersi alla prova come esperienza di vita e come metafora per affrontare la vita giorno per giorno come si affronta chilometro per chilometro con la convinzione di avere la passione e la gioia così come si può avere la passione e la gioia di correre tra la natura superando qualsiasi avversità ed apprezzando il bello dell’esperienza e quello che si apprende ogni volta se si è aperti al nuovo.
Domenica 31 maggio si sono svolti i Mondiali Ultratrail e Lisa è riuscita, grazie alle sue capacità fisiche e mentali ma anche grazie alla squadra Italia ed alla squadra Famiglia, a portare l’Italia Femminile sul podio, forse inaspettato, arrivando 11^ donna al mondo e seguita da altre due atlete che portavano punteggio alla squadra femminile, Sonia Glarey e Virginia Oliveri che ha indossato la maglia azzurra per la settima volta dichiara dichiara: “Sono contenta ma molto dispiaciuta per la mia prestazione. È stata una giornata no e come dice Pablo ho ottenuto il massimo che potevo in una giornata così. Sono riuscita a finirla grazie alla mia testa che c'era e a quella medaglia che quando mi hanno detto che c'era la minima possibilità non ci poteva sfuggire”, ma anche tutte le altre atlete hanno contribuito al bronzo della nazionale femminile, Cecilia Mora, Gloria Amadori che ha finita la gara solamente per la maglia e la squadra, infatti dichiara: “Arrivataaaaa. Fatica nauesea e problemi di intestino. Più di così non potevo fare, l’ho finita per la maglia e la mia squadra”, Cinzia Bertasa e Simona Morbidelli che per un piede dolorante ha dovuto mollare per salvaguardare la propria salute, infatti dichiara: “Questa era una gara che sarebbe dovuta terminare molto prima ma essendo un mondiale non ce l’ho fatta a fermarmi. Purtroppo a causa delle continue salite ad aprile per prepararmi alla gara mi è tornato il problema in salita alla gamba. Dopo 2 km ha iniziato a indurirsi facendomi male dal piede intorpidito alla schiena. Ho voluto provare ma li ci sono solo salite e discese e andava sempre peggio. Ero almeno terza e non volevo mollare per la medaglia team. In discesa ho zoppicato e quasi a 15 km dalla fine è arrivata Virginia. Il mio sollievo. Ho potuto, in pace con me stessa, togliermi il pettorale sapendo che lei poteva continuare al posto mio e ritirarmi al posto acqua dopo qualche km. Non credevo di poter fare una cosa del genere, ovvero di rischiare la mia salute per una maglia. In qualsiasi altra gara mi sarei giustamente ritirata subito. Ma un mondiale è diverso”.

Indossare la maglia azzurra in un Campionato Mondiale

Indossare la maglia azzurra in un Campionato Mondiale da una parte è un orgoglio da parte di chi la indossa, è un onore, trattasi di persone prescelte per le loro capacità personali e sportive di far squadra e di eccellere nella prestazione sportiva, dall’altra parte è una responsabilità elevata, bisogna far bene, non devi dar conto solo a te stesso ma anche alla squadra, alla Nazione Italia, quindi è importante mettere in gioco tutte le risorse, le energie disponibili per contribuire al successo personale e della squadra, ecco alcune testimonianze di atleti della Nazionale Ultratrail che domenica 31 maggio sono stati protagonisti ai Mondiali Ultratrail permettendo alla squadra Italia Femminile di salire sul podio, forse inaspettato.
Un grazie alle atlete che indossavano la maglia azzura ma soprattutto grazie a Lisa Borzani arrivata 11^ donna al mondo e alle altre due atlete che la seguivano, Sonia Glarey e Virginia Oliveri che ha indossato la maglia azzurra per la settima volta dichiara: “Sono contenta ma molto dispiaciuta per la mia prestazione. È stata una giornata no e come dice Pablo ho ottenuto il massimo che potevo in una giornata così. Sono riuscita a finirla grazie alla mia testa che c'era e a quella medaglia che quando mi hanno detto che c'era la minima possibilità non ci poteva sfuggire”.

Aiutare le persone ad aiutarsi

Ci sono diverse modalità, approcci, scuole di pensiero per aiutare le persone ad aiutarsi, per cercare di aiutare le persone a stare meglio, per aiutare le persone a trovare le prorie risorse per risolvere situazioni, uscire da difficoltà, da disagi, per cambiare un modo di essere che può risultare disfunzionale, fra le tante, la psicoterapia della Gestalt si distingue per la modalità di aiutare l’altro attraverso l’esperienza, attraverso un approccio più diretto.
J. Zinker illustra nel testo Processi creativi in psicoterapia della Gestalt, il lavoro dello psicoterapeuta della gestalt, spiegando l’esperimento presso lo studio che diventa una sorta di laboratorio, elencando alcuni obiettivi: “Lo studio del terapeuta diventa un laboratorio vivo, un microcosmo nel quale la persona esplora se stessa a un livello realistico, senza la paura del rifiuto o delle critiche. L’esperimento creativo aiuta la persona ad approdare a nuove espressioni, o almeno la spinge verso i confini, i margini entro i quali vuole crescere. Gli obiettivi a lungo termine dell’esperimento consistono nell’allargare l’orizzonte della consapevolezza del paziente e della comprensione di sé, nel farlo sentire più libero di agire efficacemente nel suo ambiente e nell’ampliare il suo repertorio di comportamenti nelle situazioni di vita.
Gli obiettivi della sperimentazione creativa all’interno del setting terapeutico sono:
-          ampliare il repertorio comportamentale della persona;
-          creare quelle condizioni che aiutino la persona a vedere la propria vita come una propria creazione;
-          stimolare l’apprendimento esperienziale della persona e l’evoluzione di nuovi concetti di sé;
-          scoprire le polarizzazioni di cui non si ha consapevolezza;
-          stimolare l’integrazione di forze conflittuali nella personalità.

Guardare all’handicap con naturalezza e senza pregiudizi

Sul quotidiano Leggo (1), Donatella Aragozzini intervista GiusyVersace, trentottenne atleta paralimpica calabrese, che sembra una donna molto resiliente, va sempre avanti nella sua vita nonostante abbia perso le gambe. Giusy continua ad avere sogni ed ad impegnarsi per raggiungerli, infatti afferma: “Ho perso le gambe, ma non la volontà”.
Ora da conduttrice di un programma televisivo gira l’Italia raccontando storie di persone come lei che avendo avuto momenti difficili non si sono arresi ma hanno continuando ad andare avanti con tanta forza di vivere e di continuare a sorridere: “E’ una scommessa, mi piace molto l’idea di girare l’Italia raccontando storie di forza di volontà, di persone che come me hanno passato momentii difficili ma non hanno mai perso la voglia di sorridere. Io a mia volta cerco di raccontare quanto è bella la vita, soprattutto a chi si scoraggia per delle banalità”.
Giusy spiega che per andare avanti bisogna conosiderare l’importanza della testa e del cuore, infatti è importante avere la testa per affrontare certe situazioni, per non mollare nei momenti di difficoltà, di crisi, di sconforto ed otre la testa è importante avere la passione nel fare le cose, fare le cose con il cuore che sia il portare avanti una relazione, un’attività lavorativa, loo sport, se ci metti la testa ed io cuore, anche il corpo ti segue, non si arrende agli imprevisti, ecco come la pensa Giusy: “Io nel 2005 ho perso tutte e due le gambe, ma non mi sono mai scoraggiata, ho scritto anche un libro dal titolo Con la testa e con il cuore si va avanti, in cui racconto tutte le cose belle che ho fatto dopo l’incidente”.

Consumo rischioso e dannoso di alcol nella popolazione

Informazioni salienti che emergono dall’attività dell’Osservatorio nazionale alcol che presenta i dati epidemiologici e di monitoraggio alcol-correlato, strumenti indispensabili e insostituibili per la pianificazione delle strategie di prevenzione, per la programmazione sociosanitaria e per azioni di contrasto al consumo rischioso e dannoso di alcol nella popolazione. I dati sono stati presentati dall’ Osservatorio nazionale alcol, in occasione della quattordicesima edizione dell’Alcohol Prevention Day.
Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) in Italia quasi 8 milioni di persone hanno consumi classificati come rischiosi.
Le nuove evidenze scientifiche hanno permesso di aggiornare, nel corso dell’ultimo anno, i limiti nel consumo di bevande alcoliche. Questi nuovi limiti stabiliscono che, per non incorrere in problemi per la salute, è consigliato non superare mai quantità di alcol definite a minor rischio (lower-risk drinking):
·                     sotto i 18 anni qualunque consumo deve essere evitato
·                     per le donne adulte e per gli anziani (ultra 65enni) il consumo giornaliero non deve superare una Unità alcolica
·                     per gli uomini adulti il consumo giornaliero non deve superare le 2 unità alcoliche al giorno, indipendentemente dal tipo di bevanda consumata.

La motivazione dello sportivo

Matteo SIMONE

Birch e Veroff (1966) hanno individuato sette sistemi di incentivi/motivi che regolano il comportamento degli esseri umani: 

1 affiliazione: opportunità di stabilire relazioni interpersonali significative e di essere confermati nella propria capacità di stare in gruppo e di fare e mantenere amicizie; 
2 potere: opportunità di influenzare e controllare gli altri; 
3 indipendenza: opportunità di fare cose senza l'aiuto di altri; 
4 stress: opportunità di svolgere attività eccitanti; 
5 eccellenza: opportunità di acquisire abilità sportive per il proprio interesse: primeggiare su un altro; 
6 successo: opportunità di acquisire prestigio, approvazione sociale, status e altri rinforzi estrinseci; 
7 aggressività: opportunità di dominare gli altri.

Allenare non è un compito semplice

Allenare non è un compito semplice, occorre che il tecnico sia in grado di miscelare qualità tecniche, tattiche, educative, e comunicative
Un obiettivo importante per gli allenatori è quello di conoscere le motivazioni che hanno determinato e che continuano a mantenere elevato il coinvolgimento degli atleti.
Fattori motivazionali (presenti in giovani praticanti discipline sportive individuali o di squadra): competere, acquisire e migliorare le abilità, sentirsi in forma, far parte di una squadra,. stare con gli amici e farsene di nuovi,  divertirsi, spendere energia.
L’allenatore sportivo dovrebbe essere organizzato in modo da soddisfare il maggior numero delle motivazioni espresse dagli atleti. Compito del tecnico è dare un obiettivo all’atleta che sia impegnativo e nel contempo raggiungibile. L’identificazione degli obiettivi è uno dei punti chiave per stimolare la motivazione e migliorare le prestazioni.
Requisiti e qualità fondamentali dell’allenatore sono considerati la passione, la capacità di relazionarsi, una personalità equilibrata, una sufficiente autostima, l’ascolto.
Come dovrebbe comportarsi un bravo allenatore? Sicuramente dovrebbe manifestare interessamento e vicinanza, apprezzamento, fiducia e incoraggiamento, aiuto per risolvere le difficoltà, concorrere alla formazione di un buon senso di auto-efficacia e di autostima.

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