Tra gli aneddoti raccontati dagli ultramaratoneti vi sono tante emozioni sperimentate correndo sia in solitudine stando con i propri pensieri, dolori, sofferenze ma anche riuscire nei propri obiettivi e anche sensazioni sperimentate con amici o altri atleti incontrati durante i lunghi percorsi di gara.
Molti
aneddoti riguardano situazioni di crisi superate, dove si arrivava al punto di
considerare di non fare più questo tipo di competizioni stressanti dal punto di
vista fisico e mentale ma che poi dopo aver gestito la situazione e superata la
crisi, la voglia di riprovare tornava sempre per far meglio, per mostrare a
stessi e agli altri di riuscire in quello che si vuole. Ecco cosa viene
raccontato rispondendo alla domanda:
Ti
va di raccontare un aneddoto?
Angelo
Fiorini: “Quando ero ricoverato in ospedale, il mio vicino
di letto, un signore di 81 anni, quando ha sentito perché stavo là, mi ha
chiesto: Ma quanto ti hanno dato? E gli ho risposto niente, anzi avevo
sostenuto una bella spesa per andare, mi ha detto che ero stato proprio scemo!
E ci avevo pure rischiato a vita! Ed ero diventato un soggetto in quanto i
dottori dell’ospedale di altri reparti, dopo che avevano sentito il mio caso,
venivano a trovarmi e mi domandavo sorpresi di quello che avevo fatto. “
Pasquale
Artuso: “LA MIA PRIMA 100KM DEL PASSATORE (un lungo viaggio) Ultimi 400mt inizia la volata, ho un tizio davanti e non voglio
mi rovini la foto dell’arrivo, lo supero a 200mt dal traguardo, passo sotto
l’arco di arrivo, esausto ma soddisfatto! Alzo le braccia al cielo, ce l’ho fatta,
contro il ginocchio, contro il piede, sono fiero di me mentre una ragazza mi
mette la medaglia al collo e mi dice 'bravo'! Dedico questo traguardo a mia moglie che
mi ha sempre sostenuto, ai mie figli ai quali spero di aver insegnato che ‘volere
è potere’, ai numerosi amici che mi hanno sempre incoraggiato e a me, bravo ad
averci creduto fin dall’inizio. Molti mi chiedono se la rifarò, negli
ultimi km mi ero ripromesso di non rifarla più, e anche dopo il traguardo non
avevo cambiato idea, dal lunedì successivo invece i dolori iniziano a sparire
ma nella mente resta il ricordo delle belle emozioni provate, ogni tanto mi
vengono a trovare e credo e spero che queste rimangano per sempre dentro di
me.”
Marco Stravato:
“Matteo non mi viene in mente nulla, avrei tante storie da raccontare, tante
gare che lasciano il segno (positivamente parlando) ma aneddoti non me ne
vengono in mente, nelle gare ultratrail incontri persone per vari km parli con
loro, poi ci si lascia ad un ristoro, poi si continua il viaggio con altri
amici, all’ultimo passatore prima incontrai la vincitrice di una 100 km del
Sahara, stava attraversando una crisi pazzesca, l’ho incoraggiata a non
mollare, a camminare che la crisi prima o poi passa, ed è passata, poi ho
incontrato un ultra che aveva corso la settimana prima la nove colli e correva
per defaticamento la 100 km del Passatore.”
Stefano
La Cara: “Ironman
Klagenfurt 2013, per una serie di casualità ci siamo ritrovati ad un chilometro
dalla fine io ed altri due compagni di squadra. Abbiamo finito la gara correndo
abbracciati. Qualcosa di inimmaginabile.”
Vincenzo Luciani:
“Tra i miei amici ce n’è uno; Sergio Narcisi, che ho dovuto convincere con
molta fatica a fare la sua prima Roma Ostia con me. Dopo aver superata la
prova, l’ho convinto a fare addirittura la Pistoia Abetone e ci sono riuscito.
Da allora non ha più smesso di fare maratone e ultramaratone, molte più di me
al ritmo persino di 30-40 l’anno. E pensare che mi dava del matto a me!”
Marco Dori:
“La 100 km di Asolo e la 100 km delle Alpi hanno avuto una cosa in comune: la
presenza di mucche! Ad Asolo eravamo circa 180 iscritti e dopo aver scalato il
monte Grappa è iniziata la discesa per tornare indietro nella notte. Eravamo
pochi e per molti km sono sceso da solo senza incontrare nessuno. Avevo la
lampada frontale e a un certo punto mi è venuto il dubbio di aver sbagliato
strada. Ho corso parecchi minuti con questo dubbio che si faceva sempre più
insistente. Non sapevo davvero cosa fare, se tornare indietro (ma sarebbe stata
salita) o se proseguire avendo fiducia che la strada fosse quella giusta. A un
certo punto ho visto al lato della strada una mucca (che ho fotografato) e mi
sono rivolto a lei a alta voce chiedendole ‘Ti prego mucca, dimmi se è la
strada giusta!’ Durante
la 100 km delle Alpi, a causa di una scarsa preparazione
e degli errori commessi nello scegliere l’abbigliamento ho dovuto iniziare a
camminare molto presto, circa al 45esimo km (quindi con la prospettiva di
camminare per più di mezza corsa). Verso il 55esimo mi sono trovato in mezzo a
un gregge di mucche con dei campanacci che suonavano fortissimi. E’ stata una
emozione molto grande sentire quel suono tanto che mi sono messo a piangere.”
Fabrizio
Terrinoni: “Una
cosa che ricordo con particolare piacere è stato il mio ritorno appena finito
l’Ironman all’appartamento che avevo affittato a Klagenfurt, il cui ingresso
era in corrispondenza di uno dei rifornimenti del percorso maratona: quando
sono arrivato, tutti i volontari addetti ai rifornimenti si sono voltati verso
di me tributandomi un lungo applauso, sebbene fossi un qualsiasi partecipante.
Questo ci fa capire come è vissuto lo sport in altri Paesi.”
Sole Paroni: “La mia voglia di ricerca dei miei limiti mi ha portato a correre una mezza maratona 41 giorni dopo aver partorito mia figlia Victoria.”
Mauro Fermani:
“Al momento non me ne viene in mente nessuno di particolare. Forse è carino
menzionare che nel corso della seconda 100 miglia dopo poche ore di gara ho
incontrato un amico, che l’anno prima si era dovuto ritirare, che stava
correndo con il suo cagnolino Pepito, un Jack Russell e che poi abbiamo
terminato la gara insieme con il suo ‘pazzo’ padrone.”
Ciro Di Palma:
“Aneddoti tanti. Allucinazioni in gara: scambiai un masso per un cane dopo
trenta ore di corsa e rimasi ad aspettare fermo sotto un diluvio per 10 minuti
aspettando che se ne andasse (Brazil135), Quando alla Nove Colli scambiai gli
alberi x mostri che mi volevano mangiare.”
Claudio Leoncini:
“Nel 2007 vinsi il campionato italiano della 6h su strada e quando venne
sancita la fine ufficiale della gara io mi trovavo nella zona opposta del
circuito di gara rispetto all’arrivo (nelle gare a tempo accade) e mi sono
ritrovato a esultare nel nulla.”
Monica Casiraghi:
“La corsa mi ha insegnato che con impegno e sacrifici si possono realizzare i
sogni; diverse volte mi è capitato di pensare che tutto era finito, con la mia
forza di volontà sono riuscita a proseguire la gara e vincere; questa è la mia
forza! La mia testa ha sempre fatto la differenza ho imparato a resistere a
tener duro, e così ho realizzato i miei sogni.”
Marco D’Innocenti:
“Nel 2013 mi sono ritirato al 96esimo chilometro del Passatore, quando ero in
quinta posizione ed avevo una proiezione finale di 7h10’.”
Paolo Zongolo:
“Ce ne sono molteplici ma l’incontro di notte con 2 atleti (un giapponese e un
russo) alla Spartathlon è bello per far capire lo spirito delle ultramaratone,
non capivano nulla mentre parlavamo 3 lingue completamente differenti eppure è
come se fossimo in sintonia e stranamente le nostre parole sembravano della
stessa frequenza e ci passavamo acqua o ci davamo l’incitamento giusto e lo
abbiamo fatto per almeno 50 km.”
Ivan Cudin:
“Negli anni in cui ho vinto la Spartathlon un’anziana signora sul percorso mi
ha donato un beneaugurante rametto di basilico. Se ci torno spero di ritrovare
la signora. Prima
di iniziare a correre un medico mi disse, a seguito di un serio incidente, che non avrei più potuto fare gare agonistiche. Credo si fosse sbagliato.”
Daniele
Baranzini: “Mi trovo in una austera ‘meeting room’ di un
hotel a 5 stelle in centro a Dublino, poco distante da Merrion Square. Sono le
tre di pomeriggio e sono ad un meeting di uno dei tanti progetti di lavoro.
Ascolto, intervengo, mi diverto, mi annoio, mi appassiono. Il mio lavoro
insomma. Poi l’idea. Controllo al computer le distanze
da Dublino per una destinazione sconosciuta. Ci sono tanti nomi e località che
attirano la mia attenzione. Lascio scorrere il dito sul display del mio
portatile e seguo una strada verso Sud. ‘Ecco la destinazione! penso mentre con
un sorriso inebetito faccio finta di prestare attenzione ad un diverbio tra due
colleghi. Da quel momento per circa 15 minuti, mi perdo nelle strade segnate
sul sito web ‘Michelin’ e ‘Google Maps’. Il tragitto è poco più di 60km.
‘Correrò da Dublino a Greystones dopo questo meeting di lavoro’.”
Giuseppe Mangione:
“Un aneddoto potrebbe essere la mia prima 100 del passatore nel 1996 sulla
colla ai 50km giurai di dedicarmi solo ai 5000 mt, ero stravolto, da allora ne
ho fatto tantissime fino a vincere negli ultimi 3 anni 4 titoli italiani m50 in
4 distanze diverse 6 ore, 12 ore, 24ore, 48ore.”
Lisa Borzani:
“Uno che mi piace è questo. Alla fine del mio primo tentativo di ultratrail di
50km arrivai al traguardo 3 ore dopo il mio compagno e, quasi in lacrime per la
troppa fatica provata gli dissi: ‘mai più!! asfalto tutta la vita!!’ Poi l’anno
successivo cominciai ad allenarmi per il Tor des Geants.”
Federico Borlenghi:
“Ti posso raccontare di come la nostra testa sia importante in questo tipo di
gare e di come basti poco per superare una crisi. Stavo partecipando alla mia
prima 24h dopo una buona metà gara insorgono i primi problemi stanchezza fatica
ecc. io ero andato con l'obbiettivo di fare almeno 220km. Ad un certo punto non
volevo più quasi correre il mio assistente/allenatore mi ferma un attimo e
trova le parole giuste riattiva in me la voglia di correre l'ultima ora di gara
dovrei averla corsa più forte addirittura della prima, questo per dire che su
questo tipo di gare ho ti fermi per veri problemi fisici altrimenti tutto il
resto è superabile, chi ci riesce può arrivare a grandi cose.”
Maria Chiara Parigi:
“Aneddoti sono le crisi lungo il percorso che mi fanno fare di tutto ma poi
passano ed è un po' come risorgere!”
Filippo Canetta: “6
anni fa ho concluso a fatica una gara di 35 Km, all’arrivo mi sono commosso nel
vedere l’arrivo degli atleti della corrispondente gara lunga (70 Km). Pensavo
fosse qualcosa di impossibile e la mia ammirazione per loro era immensa. Ora,
dopo 6 anni e tanti Km, le gare di 70 Km sono per me gare di avvicinamento ad
obiettivi più grandi.”
Antonio Carozza: “La
paura quando, iscrittomi alla prima maratona, quella di Roma, ho provato
salendo le scale del Palazzo dei congressi per il ritiro del pettorale.”
Stefano Bognini: “Se
partecipo ad ultramaratone assieme al mio gemello, se il fisico me lo permette,
torno sempre indietro a prenderlo e concludo la gara con lui.”
Michele Belnome:
“Aver invertito la calzata delle calze a compressione proprio in occasione della mia prima partecipazione alla 1000 km del 'Passatore'".
Salvatore Musone: “Avevo
15 anni, ero andato all’ospedale a far visita a mio padre, lui mi ha visto
turbato e mi ha chiesto il perché, gli ho detto che c’era una gara podistica al
paese, mio padre sapeva che la corsa ce l’avevo nel sangue mi ha autorizzato a
partecipare, Vado di corsa alla partenza, purtroppo non faccio in tempo ad
iscrivermi ma corro lo stesso, arrivo primo classificato, Ovviamente non mi
vogliono dare il premio, lì
c’erano tante persone anziane. Una di loro mi ha detto: te la sentiresti di
correre di nuovo, io gli ho risposto di si. Poi ha parlato con il secondo
arrivato che non era d’accordo a ripetere la gara. Mi hanno premiato. A
distanza di qualche anno, mi sono fidanzato, e
il papà della mia ragazza era quel signore che poi è diventato mio
suocero. Dopo tanti anni gli ho regalato la coppa vinta a quella gara. “
Giorgio Calcaterra: “Ho
corso una 100km con a fianco la mia compagna in bicicletta, ho dosato bene le
energie, mi preoccupavo per lei, mi preoccupavo che non si stancasse e alla
fine ho vinto la gara facendo il mio personale, ho chiuso gli ultimi km molto
velocemente e ho capito che la mente fa tanto, il pensare a lei mi ha distratto
e non ho sentito la fatica più di tanto.”
Roldano Marzorati: “Anni
fa correvo e facevo triathlon ma non mi ero mai avvicinato all’ultramaratona perché
la consideravo una cosa massacrante e oltre la mia preparazione. Un giorno
chiacchierando con la mia compagna che mi stava seguendo in bici mentre
correvo, lei mi disse che per le qualità atletiche di resistenza e tenacia
avrei potuto fare la
100 km del Passatore: è bastata questa affermazione per farmi rivalutare la mia
riottosità all’ultramaratona ed una settimana dopo mi sono iscritto e 2 mesi
dopo l’ho portata a termine con un buon crono. La cosa strabiliante è che ho
adottato la stessa tecnica con lei ed ha funzionato!! Ora la mia compagna è in
Nazionale 24 h ultramaratona!”
Roberto
D’Uffizi: “Una crisi di sonno, di
freddo, una stanchezza mai provata al limite del collasso, pallore e vomito,
impossibilità anche nel camminare piano e in linea retta, completamente al
buio, i muscoli bloccati... c’era da impazzire... tutto questo dopo 70 km di
gara e con altri 30 davanti... ho creduto in me e, nonostante la scarsa lucidità,
ho usato la testa e l’ho finita... correndo! “
Marco
Zanchi: “UTMB 2011, mai fatto 170km tutto d’un fiato, al
90km sono in crisi, ho i crampi e voglio ritirarmi in uno sconforto totale.
Sono sdraiato all’interno della tenda del ristoro da un’ora e di colpo arriva
la mia amica Cinzia anche lei in gara, che urlando mi dice ‘dai dai alza le
chiappe smettila di lamentarti e andiamo!’ Non mi sono più fermato recuperando
80 posizioni e giungendo 29° e primo Italiano.”
Marinella Satta: “Si,
alla 1 maratona di Rieti del 1980, quando vinse la maratona Maria Pia D’Orlando
in h 2, 46, lei aveva 46 anni, praticamente il doppio della mia età, l’invidia
in senso buono e senza invidia, tra me e me dissi, a 40 anni anche io andrò in
nazionale, se ci arriva lei a 46 anni non vedo perché non possa arrivarci io.
In effetti, per puro caso a 42 anni, nel 1999 fui convocata in nazionale per
partecipare al Campionato del mondo della 100 km.”
Mena
Ievoli: “Quando sono andata a ritirare il mio pettorale
l’organizzatrice mi dice: 'Brava sei venuta a ritirare il pettorale per il tuo
compagno?' E io le rispondo: 'No', lei allora: 'Per un tuo amico?' E io: 'no, veramente è il mio' e lei
è rimasta a bocca aperta.”
Valentina Spano: “Il mio primo trail l'ho fatto nell'isola di Capraia. Non ero
assolutamente allenata, sono arrivata terzultima, sono caduta un numero
infinito di volte. Mio marito era al traguardo stravolto dalla preoccupazione, ho
chiuso la gara con una tallonite, insanguinata e dolorante, ma ho visto Capraia
in lungo e in largo!”
Gianluca
Di Meo: “Ero sul divano, correvo al massimo 42km su
asfalto, qualche 100km su strada, all improvviso il TG5, Marco Olmo aveva vinto
l’UTMB. Cos’era questo UTMB. 166km 10000d+ in montagna. Massacrante! Mai corso
in montagna, il giorno dopo comprai scarpe da trail e zainetto. 4 anni dopo
finii il mio primo UTMB. 8 anni dopo invitai Olmo a correre sui monti di casa
mia. Strana la vita.”
Vito
Rubino: “Quando ero adolescente uscivo con i miei amici in
bici sul Gargano. Io avevo voglia di andare oltre e scoprire nuove strade. Loro
invece volevano tornare a casa. Allora io dicevo di conoscere una scorciatoia e
tutti mi seguivano, soprattutto quando era in discesa. Poi si rendevano conto
che non era una scorciatoia e c’erano delle salite ripidissime da fare e io me
la ridevo. Uso tuttora la stessa tecnica con mia moglie quando usciamo in bici
o di corsa.”
Silvio Cabras: “Ho corso con tutte le condizioni meteo
possibili, ricordo in particolare un giorno che mi stavo allenando! mi aveva
raggiunto una violentissima grandinata e non accennava a diminuire, non potevo
ripararmi, quel giorno sono andato nel panico!”
Dante Sanson: “Consideravo l’idea di partecipare alla 100km del
Passatore un obbiettivo, talmente ambizioso, da provare un certo senso di
vergogna, anche al solo pensiero di confidarlo ad amici, colleghi e parenti. Poi finalmente
è arrivato il grande giorno, sabato 31maggio si parte incomincia la gara. Tutto è andato a lieto fine sono arrivato a Faenza in 14ore 51 minuti e 37
secondi senza nessun dolore eccessivo. E’ andata come me l’aspettavo, quando
sono arrivate le crisi, mi ha fatto andare avanti la forza di volontà ed il
conforto dei miei amici Pippo Angelo e Marione. All’arrivo ho telefonato a mia moglie Tatiana (che ringrazio per aver sempre
avuto fiducia in me e per aver sempre appoggiato questa mia ‘impresa’, anche
quando ho sottratto tempo prezioso alla famiglia per allenarmi) le ho detto che
stavo bene e provavo una soddisfazione immensa, indescrivibile, ma che in
futuro non avevo intenzione di partecipare ad altre edizioni della 100Km, qualche
ora più tardi …da inguaribile sognatore, sul treno per Firenze, con Pippo
Angelo e Marione, stavamo già pensando a come, il prossimo anno, si potrebbe
migliorare il record personale ottimizzando la preparazione o anche solo ‘limando’
qualche minuto durante le soste ai ristori ……..d'altronde un dilettante si deve
attaccare proprio a tutto!”
Monica
Testa: “Portare a termine una maratona in 3.45 con poco
allenamento, con problemi fisici e freddo è stata la cosa più bella e
soprattutto dopo 8 anni di stop e tre mesi dalla ripresa a correre.”
Armando
Quadrani: “Ricordo una partecipazione al Passatore. Mi
presentai in Piazza della Repubblica a Firenze che sembravo una succursale
della Decathlon con infiniti integratori, poi acqua, sali, pezzetti di
parmigiano e medicinali. Alla fine della gara molti rimpiansero di non essersi
dotati di scorte simili alle mie. Nelle gare successive notai che qualcuno mi
aveva copiato.”
Riccardo
Borgialli: “Volentieri, non è riferito ad una gara ma fa
parte di quelle cose che mi hanno indirizzato a questo sport. Anno 2012, la mia
prima ragazza mi lascia e, come è facilmente comprensibile sono giù di corda,
voglia andare lontano da tutto per qualche giorno e allora con altri 3 amici si
organizza, GR20, il sentiero che taglia in diagonale la Corsica. Fatti gli
zainetti si parte, normalmente viene fatto in 14 giorni dagli escursionisti non
troppo esperti in cerca di avventura, noi ce ne mettiamo 5 e qualche ora, 180km
e 12000 di dislivello positivo. Un avventura che ci ha lasciato il segno,
ancora oggi ne parliamo, partenza durante la notte, camminate sotto il sole
cocente. E’ stata un esperienza faticosissima e stancante, anche per colpa
dello zaino da 12kg che ci portavamo appresso, nonostante tutto questo però ho
capito che quella era la strada che volevo prendere, su e giù per le montagne a
provare emozioni che mai prima avevo assaggiato. La fatica per l’ultima salita
prima del rifugio, la notte a 2000 metri e l’alba sulla cresta della montagna
più alta, cose che purtroppo non tutti hanno la fortuna di provare ma che se
capitasse finirebbero poi per prendere la mia stessa strada.”
Andrea Boni Sforza:
“Spesso ho dovuto 'nascondere' ai miei genitori, ormai anziani, l'esatta natura delle gare che faccio per evitare che si preoccupassero e, quindi, ho dovuto raccontare loro bugie e anche al lavoro, per altri motivi, ho dovuto nascondere la mia attività perché mal vista. Trovo incredibile dover nascondere a tante realtà sociali ciò che amo fare".
Luigi Brugnoli:
“La prima maratona, preparata con i lunghi, non sapevo cos’era il muro. Ma
tutti ne parlavano. Io ero tranquillo, ma arrivato al ponte della libertà km
33 circa, stop si è spento tutto. Una sensazione stranissima, ma poi ha vinto
la testa.”
William
Da Roit: “Durante la Dolomitiskyrun 2014, alle prime luci
dell'alba, dopo una notte di pioggia e neve, c'è stato un istante, amplificato
dalla stanchezza e dalla solitudine, in cui, guardando le immense montagne che
mi circondavano mi sono sentito come il primo uomo sulla terra! È stato
qualcosa di un'intensità talmente forte che mi commuovo anche adesso al solo
pensarci.”
Simone Cataldi:
“La prima ultra, al terzo ristoro mangiavo le crostate senza masticare,
andavano giù da sole (era strano per me che fino a quel momento ai ristori
delle maratone neanche mi fermavo per bere) .”
Vito
Todisco: “Mi piace raccontare e riderci su con chi mi sta
vicino nella vita, dei discorsi che faccio a me stesso nei momenti di crisi.”
Matteo
Pigon: “Quando mi sono ritirato al TOR la mia famiglia
c’è rimasta male, soprattutto il bimbo piccolo dopo parecchi mesi, per la festa
del papà mi ha fatto un biglietto con scritto ‘spero che quest’anno riesci a
finire il TOR’.”
Mario
Connor: “Alla gara del passatore anni fa, ero stanco e
pensavo di aver visto delle persone all’angolo della strada, erano le 3 di
notte, ma arrivato vicino erano solo vasi di fiori, e tra me ho pensato siamo
stanchini Mario.”
Il saggio Psicologia dello sport e dell'esercizio fisico (dal benessere alla prestazione ottimale) offre uno spunto di riflessione su aspetti quali la salute e lo sport. Ne sono argomentazioni a riguardo, il raggiungimento della prestazione ottimale (peak performance), es. i record dei campioni, lo sperimentare il Flow, considerato come uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla perfezione ed anche l’IZOF, una zona di funzionamento ottimale che porta l’atleta a raggiungere la sua peak-performance.
Inoltre sono trattate le difficoltà, i disagi
dell’atleta, che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di
bassa autostima, di affollamento a livello mentale di pensieri disturbanti, e,
per finire di natura relazionale, cioè relativi ad una figura professionale che
gravita attorno al mondo dell’atleta.