martedì 15 dicembre 2015

Nella corsa di lunga distanza non si vorrebbe smettere mai

Nella corsa di lunga distanza non si vorrebbe smettere mai, anche perché ci sono esempi di atleti longevi quali Marco Olmo che all’età di 60 anni ancora può dire la sua in termini di performance sportiva sulle lunghe distanze, lo spiega Michele Graglia: “Al momento la mia Passione non mi lascia, anzi, e fino a quando avrò il desiderio di spingere ‘oltre’ continuerò questa fantastica avventura. Dopotutto esempi come il grande Olmo mi fanno sperare al meglio, con l’evidente possibilità che nelle corse di lunga distanza si può essere competitivi fino ad oltre 60 anni!”
Ma si può smettere per motivi di salute, per logorio, impossibilitati a continuare. Si smette a malincuore, si vorrebbe essere invincibili, imbattibili, supereroi, infiniti, quasi immortali.
Ho chiesto a diversi ultramaratoneti: “Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta o Ironman?”, ecco le risposte, per esempio Angelo Fiorini: “Non ho mai pensato di smettere ma nel momento di massino entusiasmo e di ottima forma fisica, ho dovuto fermarmi a causa di gravi problemi fisici dovuti alla gara più estrema alla quale ho partecipato, la Sparta Atene di 245 km, nell’ottobre del 2011. Dopo 172 km, sono stato costretto a fermarmi e lo sono fino a tutt’oggi!”
Qualcuno anche se a malincuore se ne fa una ragione, come è successo a Vincenzo Luciani: “Fosse stato per me, non avrei smesso mai. Però ho smesso di correre le ultramaratone nel 2007, perché ormai la componente di sofferenza era diventata superiore alla gioia e alla soddisfazione della corsa. Per me è stato sempre importante, essendo un amatore, nel vero senso della parola, divertirmi e quando la corsa non è stata soprattutto divertimento ho deciso a malincuore di smettere. Conservo però la mentalità dell’ultramaratoneta e sono capace in qualsiasi momento, anche a corto di allenamento di percorrere lunghe distanze perché sono corazzato mentalmente a sopportare la grande fatica, nella corsa e nella vita (in media lavoro dalle 12 alle 16 ore al giorno).”

Se non c’è motivazione non vai da nessuna parte

Dalle risposte di ultramaratoneti alla domanda: “Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?” emerge l’importanza di alcuni aspetti mentali utili nella vita e nello sport. Ad esempio si considera l’importanza dell’autoefficacia, cioè il sapere di sapere fare, la convinzione di poter riuscire a raggiungere i propri obiettivi.
Per Philip Reiter, per esempio, è importante un alta autoefficacia, il credere in se stessi: “You have to believe in yourself that your body can do it and if you have already had a similar experience that you can do it again. After a few hours it’s only mental work that prevent you from stopping, the body has already told you long time before that it’s enough for him. (Devi credere in te stesso che il tuo corpo può farlo e se hai già avuto un'esperienza simile che si può farlo di nuovo. Dopo qualche ora è solo lavoro mentale che ti impedisce di fermarti, il corpo ti ha già detto molto tempo prima che è abbastanza per lui.)
Importante è anche lo spirito di gruppo che si crea, il condividere le esperienze estreme, l’idea di trovarsi tutti sulla stessa barca, nella sessa situazione ardua da saper gestire e superare.
Si utilizzano anche tecniche di distrazione, di autoconsapevolezza, di visualizzazioni, di auto convincimenti, di ancoraggio.

I trail non sono gare di gambe ma di cuore e, soprattutto, di testa

Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro (1) spiega l’importanza di fare attenzione a non osare troppo senza aver fatto prima un’importante esperienza: “In montagna capire il proprio limite è sempre molto difficile. Bisogna essere abbastanza coraggiosi da tentare di oltrepassarlo e altrettanto sensibili per capire se si sta esagerando. Nessuno scala per morire, ma il rischio esiste. E nessuno azzarda imprese troppo pericolose senza aver avuto prima la possibilità di crescere attraverso altre esperienze.
Hervé Barmasse racconta la sua esigenza di conoscere il limite: “Ci accomunava l’esigenza di conoscere il nostro limite. Per farlo accettavamo sfide sempre più difficili e intriganti. Volevamo comprendere le nostre debolezze fisiche e mentali, per migliorarci e affrontare al meglio la prossima scalata.”
Dalle risposte di atleti ultrarunner emerge la consapevolezza dell’importanza del fattore mentale per spingersi oltre, per portare il fisico a sforzi estenuanti, ma emerge anche la consapevolezza dell’ascolto del proprio corpo, della possibilità che problemi fisici possano impedire di andare oltre anzi addirittura possono portare l’atleta ad uno stop definitivo per problemi gravi, per aver sottovalutato i messaggi del proprio corpo.
Molti sperimentano davvero il limite, si imbattono in qualcosa che avevano sottovolatutao o non considerato come è successo ad Angelo Fiorini: “E’ stata la Sparta Atene del 2011, che mi ha fatto sperimentare il limite delle mie gare e soprattutto ho capito che bisognava che ascoltassi la richiesta di aiuto da parte del mio fisico. Infatti dopo un inizio brillante della gara, al 130esimo km ho iniziato a sentire sensazioni strane mai avvertite che mi hanno convinto a fermarmi e a ritirami al km 172. In passato, nonostante problemi fisici ho resistito, stretto i denti ma sono sempre arrivato al traguardo.

lunedì 14 dicembre 2015

Corsa Miguel: iscriviti entro 15 dicembre e partecipi a estrazione 100 premi

L'edizione 2016, in calendario per domenica 31 gennaio. La Corsa di Miguel organizzata dal Club Atletico Centrale con l’Unione Italiana Sport per Tutti intitolata alla memoria di un maratoneta-poeta argentino desaparecido, Miguel Benancio Sanchez che amava la vita, l’atletica, l’Argentina, il suo Paese.
Affrettarsi ad iscriversi alla gara competitiva entro il 15 Dicembre 2015 per partecipare a un'estrazione di cento premi che sarà effettuata il giorno 18 (bici, tute, zainetti, felpe, libro sulla storia delle Olimpiadi) e per avere il pettorale personalizzato con la storia dell’atletica, con inciso un numero associato ad un campione che ha segnato la storia dell’atletica leggera.
Era un poeta autodidatta. Il suo “Para vos atleta”, “Per te atleta”, fu pubblicato dalla GazetaEsportiva di San Paolo, il 31 dicembre del 1977, nove giorni prima della sua sparizione. Era un inno alla corsa.
Miguel a 18 anni, prese la sua valigia di cartone e seguì i fratelli che erano già partiti per Buenos Aires. Fu qui che cominciò una nuova avventura. Faceva l’imbianchino e il calciatore prima di scoprirsi innamorato dell’atletica. Giocava nella quarta divisione con il Gymnasia y Esgrima de LaPlata. Ma l’atletica lo conquistò. Si allenava di mattina presto e alla sera tardi con il tecnico Osvaldo Suarez, mitico personaggio che aveva vinto tre volte la Corrida di San Silvestro.
La sua giornata era infinita. Sveglia con una mela, primo allenamento, treno, lavoro, ancora allenamento, scuola serale per completare quegli studi che non aveva finito. A volte rientrava all’una di notte. Aveva tanti fratelli e sorelle, in tutti erano dieci.

Crisi, incontri, distrazioni, allucinazioni nelle gare di lunga distanza

A volte si crede di aver finito le energie e quindi che bisogna ritirarsi e poi scopre energie inaspettate come è successo a Roberto D’Uffizi: “Una crisi di sonno, di freddo, una stanchezza mai provata al limite del collasso, pallore e vomito, impossibilità anche nel camminare piano e in linea retta, completamente al buio, i muscoli bloccati c’era da impazzire tutto questo dopo 70 km di gara e con altri 30 davanti ho creduto in me e, nonostante la scarsa lucidità, ho usato la testa e l’ho finita correndo!".

Anche Marco Zanchi racconta di una crisi ben superata grazie a una sua amica atleta: “UTMB 2011, mai fatto 170km tutto d’un fiato, al 90km sono in crisi, ho i crampi e voglio ritirarmi in uno sconforto totale. Sono sdraiato all’interno della tenda del ristoro da un’ora e di colpo arriva la mia amica Cinzia anche lei in gara, che urlando mi dice ‘dai dai alza le chiappe smettila di lamentarti e andiamo!’ Non mi sono più fermato recuperando 80 posizioni e giungendo 29° e primo Italiano.”

Altro atleta a raccontare di una crisi e del buio è Fausto Parigi: “Durante la mia unica partecipazione ai mondiali dopo 13 ore di gara è calato il buio. Non più forza nelle gambe , mente vuota. Ha iniziato a piovere e grandinare… volevo ritirarmi ma ho continuato ad andare avanti perché ero ai mondiali e perché sarebbe stata la mia ultima gara. Il giro era di circa 2300m più si andava avanti e più impiegavo a finirlo. Mancava un ora al termine e passando davanti allo stand dellItalia ho detto: io quasi quasi mi fermo qui, tanto un altro giro non riesco a concluderlo. Uno mi ha risposto” sei ai mondiali anche un metro conta” a quel punto mi sono detto… Fausto conviene che provi a correre… credimi ho fatto ancora 4 gir di cui due i più veloci della mia gara e visto la fine della corsa i più veloci tra i concorrenti ancora in pista…. Il potere della mente quei due giri mi hanno indotto a continuare a correre. 6 mesi dopo ho vinto la mia prima 24h.”

Modello di intervento definito O.R.A.: Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia

“Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla.” (Lazarus A., 1989)
La mia intenzione è di presentare un modello di intervento, per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport, che ho definito con l’acronimo O.R.A.: Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia
L’idea è scaturita dall’integrazione di aspetti della Psicologia dello Sport con tecniche della Psicoterapia della Gestalt, il protocollo EMDR adattato alle prestazioni eccellenti e l’Ipnosi Ericksoniana.
Gli aspetti della psicologia dello sport che ho considerato di primaria importanza sono il goal setting (formulazione degli obiettivi) e l’autoefficacia di Bandura.
Essendo io stesso un atleta ed avendo avuto l’opportunità di fare un esperienza/stage di circa 4 mesi presso un Centro Sportivo di atleti professionisti, ho potuto rendermi conto che è importante un lavoro di definizione degli obiettivi sfidanti, chiari, raggiungibili dal quale partire per individuare le risorse, qualità, caratteristiche occorrenti da acquisire o potenziare per raggiungere tali obiettivi.
L’obiettivo deve essere ben formulato, visibile (immaginabile), possibile, sfidante, di mia responsabilità, raggiungibile in un tempo prefissato (con scadenza), identificabile in un risultato.
Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l'autoefficacia dell'atleta.
Utilizzando il modello O.R.A. si definisce chiaramente l’obiettivo temporale e le risorse per raggiungerlo. E’ importante riuscire a vedersi con l’obiettivo raggiunto. Attraverso l’ipnosi Ericksoniana ci si immagina avanti nel tempo con l’obiettivo raggiunto: Come ti vedi avendo già raggiunto l’obiettivo? Dove? Con chi? Come ti senti? Come è stato raggiungere l’obiettivo? Cosa hai fatto? Chi ti ha aiutato? Quali sono state le tue risorse? Come hai iniziato? Da dove sei partito? Quali difficoltà hai incontrato? Come le hai superate?

giovedì 10 dicembre 2015

A volte la corsa chiama ed è difficile resistere, certi non si fermano più


A volte si incontra per caso una passione, un amico, uno sport, un partner. 

A volte su invito di amici, parenti o medici ci dedichiamo ad attività per noi sconosciute o che non abbiamo mai avuto modo o occasione di praticare o di interessarci e come per magia gradualmente ci accorgiamo di diventare quasi dipendenti, ci accorgiamo che tali attività, tali interessi per qualche motivo ci procurano benessere, ci fanno sperimentare situazioni piacevoli.
Ma è importante fare le cose con attenzione, lo spiega per esempio l’ultrarunner Michele Graglia rispondendo alla domanda: Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Sotto le feste di Natale 2010 lessi per caso il libro UltraMarathon Man di Dean Karnazes. Lo trovai di grandissima ispirazione e senza cognizione di causa alcuna decisi di voler provare questa pratica. Dopo meno di 6 mesi (Maggio 2011) partecipai alla KEYS100 (160km) dove, dopo allenamenti intensissimi, mi trovai in testa fino al 140Km. Purtroppo la mia inesperienza (e completa ignoranza in ambito nutrizionale e di idratazione) gioco un ruolo fondamentale quando picchiai a terra svenuto per gravi problemi di iponatrimia. Impiegai più di 2 mesi per riprendermi e poco più di 6 mesi dopo partecipai alla EVERGLADES 50 (miles) dove portai a casa la vittoria, e da quel momento non mi sono più fermato.” 

Translate