Nella corsa di lunga distanza non si vorrebbe smettere mai, anche perché ci
sono esempi di atleti longevi quali Marco Olmo che all’età di 60 anni ancora
può dire la sua in termini di performance sportiva sulle lunghe distanze, lo
spiega Michele Graglia: “Al momento la mia Passione non mi lascia, anzi, e
fino a quando avrò il desiderio di spingere ‘oltre’ continuerò questa
fantastica avventura. Dopotutto esempi come il grande Olmo mi fanno sperare
al meglio, con l’evidente possibilità che nelle corse di lunga distanza si
può essere competitivi fino ad oltre 60 anni!”
Ma si può smettere per motivi di salute,
per logorio, impossibilitati a continuare. Si smette a malincuore, si vorrebbe
essere invincibili, imbattibili, supereroi, infiniti, quasi immortali.
Ho chiesto a diversi ultramaratoneti: “Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta o Ironman?”,
ecco le risposte, per esempio Angelo Fiorini: “Non ho mai pensato di smettere ma nel momento di massino entusiasmo e
di ottima forma fisica, ho dovuto fermarmi a causa di gravi problemi fisici
dovuti alla gara più estrema alla quale ho partecipato, la Sparta Atene di 245
km, nell’ottobre del 2011. Dopo 172 km, sono stato costretto a fermarmi e lo
sono fino a tutt’oggi!”
Qualcuno anche se a malincuore se ne fa una ragione, come è
successo a Vincenzo Luciani: “Fosse stato per me, non avrei smesso mai. Però ho smesso di correre le
ultramaratone nel 2007, perché ormai la componente di sofferenza era diventata
superiore alla gioia e alla soddisfazione della corsa. Per me è stato sempre
importante, essendo un amatore, nel vero senso della parola, divertirmi e
quando la corsa non è stata soprattutto divertimento ho deciso a malincuore di
smettere. Conservo però la mentalità dell’ultramaratoneta e sono capace in
qualsiasi momento, anche a corto di allenamento di percorrere lunghe distanze
perché sono corazzato mentalmente a sopportare la grande fatica, nella corsa e
nella vita (in media lavoro dalle 12 alle 16 ore al giorno).”
Non si vuole proprio smettere, al limite
si riducono le aspettative, si partecipa non più per vincere o essere
protagonista, ma per il semplice gusto di sperimentare le sensazioni e le
emozioni che ti dà la corsa di lunghe distanze, ecco la testimonianza di un
campione italiano delle lunghe distanze, Antonio Mammoli, che più volte ha
vinto la nove colli running della distanza di 202 km percorrendo 9 colli nel
territorio di Cesenatico: “smettere no è perché' farlo, certo bisogna
accontentarsi di quello che si può fare, se si riesce a ridimensionare le
proprie aspettative si può continuare sino a che si ha la salute. Nel 2011, quando
ho corso la 10^ Nove Colli running, alla partenza mi dicevo, faccio questa è
basta, la mia ultima, poi all'arrivo, già pensavo alla mia 11' e così via negli
anni, il limite è' quello che uno si impone con la mente, salvo infortuni o
altro.” Ho avuto modo di conoscere e di correre con Antonio Mammoli un tratto
di percorso della Nove colli running edizione 2015, una persona molto semplice
e sociale arrivare tranquillamente al traguardo senza pretese, mentre io mi
fermavo al 57° km per pioggia e freddo, dimostrando in quell’occasione di
essere poco resiliente.
Alcuni pregano per poter
continuare a correre ogni giorno, è il caso di Domenico Martino: “non ho mai pensato e mai lo farò smettere di fare
queste ultra ringrazio il Signore Dio nostro tutti i giorni affinché mi possa
far continuare a fare quel che faccio.”
Alcuni sono decisi e determinati a
continuare su questa lunga strada di corsa per tutti i vantaggi che ne derivano
ad iniziare dal proprio benessere personale, lo spiega Raffaele Luciano: “Non
smetterò di essere ultramaratoneta, il percorso di crescita e conoscenza
interiore è appena iniziato, i limiti da superare sono tanti, i km che voglio
percorrere, per migliorarmi sono tanti, e li voglio percorrere tutti.”
Alcuni sperimentano la voglia di
smettere nelle fasi più dure ed impegnative della gara, ma poi ci ripensano perché
la contentezza dell’arrivo, di avercela fatta è talmente grande che la si
vorrebbe sperimentare ogni volta, è il caso di Mario DEMURU: “Si! Ci penso ogni
volta che sto correndo l’ultra. Soprattutto nella fasi centrali della gara,
dove devi tirare fuori il carattere, la cocciutaggine e l’ostinatezza; che se
ce l’hai, porti a termine la gara. Quando arrivo poi, accolto dal calore del
pubblico che sa quello che hai fatto, che non è roba da poco, cambio idea e
neanche terminato il ristoro, sto, anzi stiamo, già parlando della prossima da
fare.”
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