giovedì 24 dicembre 2015

La Capoeira, sport nazionale brasiliano

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta

La capoeira nacque in Brasile da schiavi di origine Bantu provenienti dall’Angola che si esercitavano tra di loro a combattere mentre erano reclusi in celle molto basse.

La Capoeira era vietata perché si temeva che gli schiavi si preparassero troppo bene a combattere e questo non era accettabile per le autorità locali, così quando i capoeiristi si accorgevano di essere visti simulavano di danzare. 
Capoeira non è solo giocare ma è anche suonare, cantare, conoscere la storia, educazione.
Manoel dos Reis Machado, conosciuto come Mestre Bimba inaugurò l’allenamento della capoeira nelle scuole, ma Bimba non usava il nome di capoeira nella scuola, la chiamava Luta Regional Bahiana, oggi conosciuta come Capoeira Regional.
Mestre Bimba mostrò al mondo intero che la capoeira era educazione e contribui a far praticare capoeira all’Università di Medician dello Stato di Bahia. Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale brasiliano.
Bimba portò la capoeira fuori dalle strade, nelle academias, veri e propri centri sportivi affiliati alle associazioni sportive nazionali; introdusse un sistema di graduazioni e un metodo di insegnamento codificato, che includeva la formadura (il diploma).
Mestre Pastinha cercò di preservare gli elementi di matrice africana e popolare. La tradizione da lui portata avanti prese il nome di Capoeira Angola. Pastinha raccontava di avere appreso questa arte quando era bambino da un afro-discendente di nome Benedito. Pastinha ne esaltava l’aspetto ludico, dando grande rilievo al canto e alla bateria. Pastinha ha sistematizzato all’interno della capoeira un impianto filosofico-pedagogico, basato sulla ludicità, sul rispetto, sulla lealtà e solidarietà, dando grande valore alle sue radici africane.
La capoeira quindi è un arte marziale, può sembrare una danza ma è anche una modalità di comunicazione, di stile di vita, di aggregazione multiculturale ed ha delle regole da rispettare, delle tradizioni ed una sua etica. 
Ritengo che la Capoeira possa essere considerata una sorta di terapia comunitaria in quanto valorizza l’impegno/sforzo che ogni persona intraprende per apprendere quest’arte; valorizza più il processo che il risultato, in quanto non si cerca la vittoria nel gioco della capoeira ma più che altro una sorta di cooperazione tra i due capoeiristi che giocano all’interno di una Roda; è un momento di narrazione attraverso la musica, i canti, ed i battiti delle mani.
La posizione base chiamata “Ginga” permette un elevato grado di stabilità e da questa posizione si è pronti per eventuali domande/attacco o risposte/schive. Senza ginga non esiste la capoeira, dalla ginga nascono tutti i movimenti della capoeira, sia i movimenti di attacco che di difesa, la ginga è tutto nella capoeira, serve per studiare l’avversario, identificare la miglior opportunità per attaccare,.
Nella capoeira, come dice Thiago, l’istruttore bahiano che tiene corsi a Roma, non c’è vincente o perdente ma c’è un gioco che consiste nello schivare, nell’evitare, nell’uscire dalle situazioni che appaiono difficili, così come succede nella vita reale dove c’è sempre una soluzione, bisogna avere un’apertura mentale, crederci e provare, in ogni caso gli altri sono pronti e disponibili ad aiutare.
Ci si dispone in un cerchio e due persone decidono di giocare disponendosi accovacciati davanti al berimbau e quindi si parte per il gioco che comprende l’osservazione dell’altro, l’ascolto del ritmo del berimbau, l’ascolto delle sensazioni del proprio corpo e dell’energia dell’intero gruppo, non si tratta di un arte marziale aggressiva ma più che altro dimostrativa, quindi si cerca di evitare di colpire con forza, potenza e aggressività.
L’osservazione è importante nella capoeira per tutti i componenti della Roda. I due che giocano devono osservarsi a vicenda per conoscersi e capire come giocare, come domandare, come rispondere, devono seguire il rito, le eventuali indicazioni del berimbau. 
Coloro che vogliono entrare nel gioco devono osservare per capire il momento giusto, si entra con un’attenta modalità e gestualità non verbale, di solito ponendo una mano tra i due giocatori con il dorso verso la persona che si vuol fare uscire che di solito è il più stanco o più debole o meno graduato.
Gli eventi consistono in workshop, batizado, rode dove è possibile giocare la capoeira confrontandosi e apprendendo da altri. 
La capoeira non si fa solo nella propria scuola ma anche durante gli eventi e negli spazi aperti. 
Come dice Thiago: “La capoeira non è dentro la palestra ma è fuori”.
La Capoeira è descritta nel libro “O.R.A. Obiettivi Risorse e Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport” (Matteo Simone), anno 2013. 

Matteo SIMONE  
380-4337230 - 21163@tiscali.it   
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

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