Matteo SIMONE
Psicologo,
Psicoterapeuta
La capoeira nacque in Brasile da schiavi di origine Bantu provenienti dall’Angola che si esercitavano tra di loro a combattere mentre erano reclusi in celle molto basse.
La Capoeira era vietata perché si
temeva che gli schiavi si preparassero troppo bene a combattere e questo non
era accettabile per le autorità locali, così quando i capoeiristi si
accorgevano di essere visti simulavano di danzare.
Capoeira
non è solo giocare ma è anche suonare, cantare, conoscere la storia, educazione.
Manoel dos Reis Machado,
conosciuto come Mestre Bimba inaugurò l’allenamento della capoeira nelle scuole,
ma Bimba non usava il nome di capoeira nella scuola, la chiamava Luta Regional
Bahiana, oggi conosciuta come Capoeira Regional.
Mestre Bimba mostrò al mondo
intero che la capoeira era educazione e contribui a far praticare capoeira
all’Università di Medician dello Stato di Bahia. Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale brasiliano.
Bimba portò la capoeira fuori
dalle strade, nelle academias, veri e propri centri sportivi affiliati
alle associazioni sportive nazionali; introdusse un sistema di graduazioni e un
metodo di insegnamento codificato, che includeva la formadura (il
diploma).
Mestre Pastinha cercò di preservare gli elementi di matrice
africana e popolare. La tradizione da lui portata avanti prese il nome di
Capoeira Angola. Pastinha raccontava di avere appreso questa arte quando era
bambino da un afro-discendente di nome Benedito. Pastinha ne esaltava l’aspetto
ludico, dando grande rilievo al canto e alla bateria. Pastinha ha
sistematizzato all’interno della capoeira un impianto filosofico-pedagogico,
basato sulla ludicità, sul rispetto, sulla lealtà e solidarietà, dando grande
valore alle sue radici africane.
La
capoeira quindi è un arte marziale, può sembrare una danza ma è anche una
modalità di comunicazione, di stile di vita, di aggregazione multiculturale ed
ha delle regole da rispettare, delle tradizioni ed una sua etica.
Ritengo che la Capoeira possa essere
considerata una sorta di terapia comunitaria in quanto valorizza
l’impegno/sforzo che ogni persona intraprende per apprendere quest’arte;
valorizza più il processo che il risultato, in quanto non si cerca la vittoria
nel gioco della capoeira ma più che altro una sorta di cooperazione tra i due
capoeiristi che giocano all’interno di una Roda; è un momento di narrazione
attraverso la musica, i canti, ed i battiti delle mani.
La posizione base chiamata
“Ginga” permette un elevato grado di stabilità e da questa posizione si è
pronti per eventuali domande/attacco o risposte/schive. Senza ginga non esiste
la capoeira, dalla ginga nascono tutti i movimenti della capoeira, sia i
movimenti di attacco che di difesa, la ginga è tutto nella capoeira, serve per
studiare l’avversario, identificare la miglior opportunità per attaccare,.
Nella capoeira, come dice
Thiago, l’istruttore bahiano che tiene corsi a Roma, non c’è vincente o perdente
ma c’è un gioco che consiste nello schivare, nell’evitare, nell’uscire dalle
situazioni che appaiono difficili, così come succede nella vita reale dove c’è
sempre una soluzione, bisogna avere un’apertura mentale, crederci e provare, in
ogni caso gli altri sono pronti e disponibili ad aiutare.
Ci si dispone in un cerchio e
due persone decidono di giocare disponendosi accovacciati davanti al berimbau e
quindi si parte per il gioco che comprende l’osservazione dell’altro, l’ascolto
del ritmo del berimbau, l’ascolto delle sensazioni del proprio corpo e
dell’energia dell’intero gruppo, non si tratta di un arte marziale aggressiva
ma più che altro dimostrativa, quindi si cerca di evitare di colpire con forza,
potenza e aggressività.
L’osservazione è importante
nella capoeira per tutti i componenti della Roda. I due che giocano devono
osservarsi a vicenda per conoscersi e capire come giocare, come domandare, come
rispondere, devono seguire il rito, le eventuali indicazioni del berimbau.
Coloro
che vogliono entrare nel gioco devono osservare per capire il momento giusto, si
entra con un’attenta modalità e gestualità non verbale, di solito ponendo una
mano tra i due giocatori con il dorso verso la persona che si vuol fare uscire
che di solito è il più stanco o più debole o meno graduato.
Gli eventi consistono in
workshop, batizado, rode dove è possibile giocare la capoeira confrontandosi e apprendendo da altri.
La capoeira non si fa solo nella propria scuola ma anche
durante gli eventi e negli spazi aperti.
La Capoeira è descritta nel libro “O.R.A. Obiettivi Risorse e Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport” (Matteo Simone), anno 2013.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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