Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta
Nel libro-dispensa, pubblicato in occasione della corsa di Miguel, “Uisp, Ai vostri posti (il mondo, lo sport, le olimpiadei. I campioni che hanno vinto e quelli che non ce l’hanno fatto)", Casa Editrice Booklab, 2015, è riportato come lo sport può essere uno strumento per la riabilitazione dei pazienti sia fisica che mentale.
Di seguito quanto scritto alle pagg. 122-123:
“Ludwing Guttmann rivoluzionò completamente
l’approccio ai pazienti con lesioni spinali, introdusse cure e terapie mai
provate in passato, perfezionò l’utilizzo della fisioterapia, ma soprattutto
riaccese la luce nelle vite di queste persone.
E lo fece grazie a ciò che da
sempre stimola nell’uomo spirito competitivo ma anche fratellanza, voglia di
migliorarsi e anche profonde amicizie: lo sport.
Fu questa l’illuminazione più
grande di Guttmann, usare lo sport come strumento per la riabilitazione fisica
dei propri pazienti, ma soprattutto come terapia mentale.
L’idea che una
persona con disabilità potesse svolgere una qualsiasi disciplina sportiva,
semplicemente folle fino ad allora, inimmaginabile fino ad allora diventa
realtà.”
Storicamente, i primi giochi per disabili si tennero
nel 1948 in Gran Bretagna, nell’ospedale di Stoke Mandeville, non lontano da
Londra, grazie all’entusiastica opera di Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo e
direttore di quel centro di riabilitazione motoria.
Le competizioni, cui
parteciparono sportivi handicappati ex membri delle forze armate britanniche,
ebbero molto successo e medici e tecnici di tutto il mondo visitarono il centro
per apprendere tali metodologie riabilitative.
Nel 1952 per la prima volta i giochi di Stoke
Mandeville divennero internazionali, e nel 1960 si svolsero nel contesto delle
Olimpiadi di Roma, edizione da cui si comincia a parlare di vere e proprie
Paraolimpiadi (SuperAbile Magazine, Anno III - numero cinque, maggio 2014, pp. 26-27).
Il
movimento paralimpico italiano ha mosso i primi passi negli anni che precedono i
primi Giochi Paralimpici Esitivi di Roma 1960, quando presso il Centro
Paraplegici di Ostia dell’INAIL, il prof. Antonio Maglio diede i natali alla
sport-terapia in Italia, alla stregua di quanto fatto dal prof. Guttman in Gran
Bretagna con i reduci della II Guerra Mondiale.
Maglio introdusse le attività
fisiche attraverso numerose discipline sportive, utilizzando lo spirito
agonistico quale stimolo a reagire e ritrovare le proprie abilità (SuperAbile INAIL del 16 Novembre 2015, pp. 16-17).
Ci sorprendiamo ad apprendere
che anche i disabili praticano sport, abbiamo difficoltà a immaginare come
possano fare a superare le proprie disabilità per praticare un determinato
sport, eppure il disabile riesce a eccellere nello sport, ed è anche
determinato nei suoi obiettivi, riesce a ottenere i successi prefissati grazie
alla sua capacità, determinazione, voglia di emergere, stare con gli altri, dimostrare il suo valore, riscattarsi.
Il Presidente del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), Luca Pancalli ci tiene a precisare che:
“Il
movimento paralimpico italiano è un pianeta fatto di protagonisti straordinari,
di storie meravigliose, di emozioni pazzesche, di gioie e delusioni, di sogni
che diventano splendide realtà.
Sono Matteo Simone e il prossimo novembre correrò la Maratona di Ravenna 2025 con un obiettivo speciale: raccogliere fondi per i ragazzi e le ragazze di Sport Senza Frontiere.
Lo sport è da sempre una grande passione nella mia vita e credo fortemente nel suo potere di cambiare le cose, soprattutto per chi vive situazioni di fragilità.
Con il vostro aiuto, possiamo offrire a tanti bambini e adolescenti la possibilità di crescere in un ambiente sano, inclusivo e ricco di opportunità, attraverso lo sport e i valori che trasmette.
Ogni chilometro che percorrerò sarà dedicato a loro — e ogni vostro contributo sarà un passo in più verso un futuro migliore.
Grazie di cuore a chi vorrà sostenermi in questa sfida! 🏃♂️❤️ .
Ogni metro dei 42.195 correrò per i ragazzi di Sport Senza Frontiere, di solito lo faccio a Roma, quest’anno a Ravenna, aiutatemi ad aiutare donando anche voi, insieme è meglio.
Ho corso 86 tra maratone e ultramaratone, la mia prima maratona l’ho corsa a Roma il 24 marzo 1996, la maratona più veloce l’ho corsa il 10 dicembre 2000 a Latina in 2h42’17”.
Nel lontano 2015 ho scoperto l’associazione ONLUS Sport Senza Frontiere, interessandomi ai progetti che promuoveva e così decisi di correre la Maratona di Roma del 2016 con loro e per loro.
Lo sport non è solo performance, ma anche inclusione, integrazione, solidarietà, aggregazione quando è possibile.
È difficile interpretare bene una maratona, ma l’esperienza insegna a gestire forze ed energie fino alla fine della gara.
La preparazione per affrontare il lungo viaggio di 42,195 km prevede un impegno notevole per allenarsi, correre i cosiddetti allenamenti ‘lunghi’ e ‘lunghissimi’, cioè allenamenti dai 25 i 35 chilometri circa per presentarsi pronti il giorno della gara.
Nel libro “Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida (Edizioni Psiconline) descrivo la maratona con le seguenti parole:
“La maratona, oltre a essere una prestazione sportiva agonistica, è un’esperienza. Percorrere una maratona non significa solamente cercare di vincere, cercare di fare la performance della vita, cercare di fare il record personale.
Percorrere una maratona significa anche fare un’esperienza e cioè organizzarsi per partire, per andare in un posto, mettersi d’accordo con i compagni di viaggio, con gli eventuali amici da incontrare nel luogo della maratona.
L’esperienza maratona significa sperimentare l’alimentazione pre-gara, preoccuparsi del tempo atmosferico, pensare all’abbigliamento adatto.
Unitevi a noi correndo o donando, insieme è molto meglio.
Dott. Matteo Simone
Psicologo clinico e dello sport
Psicoterapeuta Gestalt, AEDP ed EMDR





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