martedì 14 marzo 2017

Parigi e la Brusamento vincono il Campionato Italiano 24 h di corsa su strada


Mentre a Roma fiumi di persone percorrevano la Via Cristoforo Colombo da Roma Eur verso Ostia per concludere la mezza maratona di 21,097 km impiegandoci dai 59’18” tempo del primo arrivato fino a quasi 3 ore tempo dei Fit walker, a Cesano Boscone un manipolo di persone, definiti ultramaratoneti, hanno corso per un giorno interno per disputarsi, i più forti, il titolo di campione italiano della specialità e per ambire ad un posto in Nazionale per partecipare ai prossimi campionati mondiali a Belfast.
I vincitori sono stati Fausto Parigi che all’età di 53 anni ha percorso nelle intere 24 ore 230 km, facendo meglio di Tiziano Marchesi più giovane di qualche anno che ha totalizzato 224km e quindi 6 km in meno del vincitore, mentre al terzo posto si piazza Michele Notarangelo, ancora più giovane che riesce a percorrere un totale di 216 km e quindi 14km in meno del vincitore. Rimane giù dal podio il giovanissimo ma promettente Matteo Colombo che potrebbe comunque essersi guadagnato un posto in Nazionale per i prossimi mondiali a Belfast su questa specialità. A seguire Marcello Spreafico che riesce anch’egli a superare il muro dei 200km. Notevole anche la prestazione dell’ultra sessantenne Pavan Giuliano che vince la sua categoria M65 totalizzando 169,01km.
Per quanto riguarda le donne, la più forte si conferma Lorena Brusamento che arriva quarta nella classifica generale, dopo tre uomini, e prima delle donne totalizzando 210 km, seconda si classifica la giovanissima ma esperta e promettente delle lunghe distanze Francesca Innocenti che totalizza 202 km, mentre al terzo posto la più esperta e la più veterana Sonia Lutterotti che riesce comunque a totalizzare 195 km. Giù dal podio si classifica Sara Lavarini con 188km. Tra le veterane Herger Ursula vince la sua categoria F60 totalizzando 166km.
Un po’ di tempo fa feci alcune domande ai vincitori di questo campionato Fausto Parigi e Lorena Brusamento, riporto di seguito le loro risposte.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
Fausto: “Dopo 2 anni di distanze olimpiche vissute in maniera maniacale alla ricerca di riscontri cronometrici… facendo il passatore ho vissuto una crisi …. In dubbio se mollare mi sono liberato del cronometro ed ho corso con la sola voglia di arrivare, per me è stata una scoperta.”

sabato 11 marzo 2017

Ci sono persone a cui piace saggiare la propria resistenza, i propri limiti

Psicologo, Psicoterapeuta

Tanti i motivi per iniziare a fare sport, se poi lo sport ti cattura, allora è difficile resistere, diventa un pensiero quotidiano. A volte nasce la sfida, la voglia di arrivare dove nessuno è arrivato, sono tante le persone che sperimentano la voglia di superare i propri limiti, di scoprire quanto valgono.

Tanti i motivi per iniziare a correre, lo spiega anche Mark Rowlands, Correre con il branco: “Ognuno corre per motivi diversi: alcuni lo fanno perché ci provano gusto, altri per sentirsi bene, in forma, felici e persino vivi. Altri ancora corrono per stare in compagnia o per alleviare lo stress della vita quotidiana. Ci sono persone a cui piace saggiare la propria resistenza, i propri limiti.”

Si inizia a praticare sport per scelta, per caso, perché è necessaria una riabilitazione, invogliati dai genitori o dagli istruttori di educazione fisica, si inizia con una motivazione intrinseca (perché si prova piacere a praticare un’attività sportiva), ludica (per il gusto di giocare e di divertirsi).

Bisogna, però, essere sempre consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni, delle proprie esigenze, è indispensabile monitorare le proprie motivazioni, calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta che cosa è meglio per se stessi, credendo sempre in quello che si fa.

Quello che raccontano tante persone è che lo sport rende felici, ti libera la mente da tensioni e problemi accumulati durante la giornata o nel corso di altre attività quotidiane meno piacevoli.

Imparare dall’esperienza è la cosa più piacevole, più divertente

Psicologo, Psicoterapeuta


A volte la fatica rende felici, è quello che sperimentano molti atleti di sport di endurance come gli ultramaratoneti e i triatleti ironman, l’ho sperimentato anch’io soprattutto nella gara più bella della mia vita l’Iron elbaman. 

Interessante quello che scriver Murakami nel suo libro l’arte di correre: “Ciò che soprattutto mi ha reso felice, oggi, è il fatto che questa gara me la sono proprio goduta. Non ho ottenuto un tempo di cui andar fiero. Ho anche commesso diversi piccoli errori. Però ho corso fino a esaurimento delle forze, e ne risento ancora l’effetto. Inoltre, sotto molti punti di vista, credo di essere migliorato rispetto all’ultima gara. E questo è un punto essenziale. Perché la difficoltà del triathlon consiste nel saper combinare le tre prove, e l’esperienza ha molto da insegnare al riguardo. Permette di compensare lo squilibrio delle attitudini fisiche. In altre parole, imparare dall’esperienza è la cosa più piacevole, più divertente del triathlon.

La bellezza dello sport è che ti permette di fare esperienza, di metterti in gioco, di apprendere dall’esperienza sbagliando e facendo sempre meglio la prossima volta.
Ancora continua Murakami: “Naturalmente è stata dura, a un certo punto stavo quasi per perdermi d’animo. Ma in questo sport la fatica è data per scontata. Se non fosse parte integrante del triathlon o della maratona, chi mai si darebbe la pena di mettersi alla prova in discipline che succhiano le nostre energie e il nostro tempo? Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un instante, la sensazione autentica di vivere. Raggiungiamo la consapevolezza che la qualità della vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell’azione stessa, vi scorre dentro.”

Praticando lo sport intensamente ti senti veramente ed intensamente vivo, senti il sangue che scorre, il respiro affannoso, il cuore che batte. E le sfide sono sempre più cercate, la voglia di vedere se riesco ad arrivare entro il tempo massimo, la voglia di indossare la maglia da finisher, di completare la gara nonostante le difficoltà ritenute estreme.
Ancora continua Murakami: “Dopo una bella gara ce ne torniamo ognuno alla propria casa, ognuno alla propria vita quotidiana. E in vista della prossima gara di nuovo ci alleneremo in silenzio, come abbiamo fatto fino a oggi, probabilmente ognuno in un posto diverso. Visto dall’esterno – o piuttosto giudicato dall’alto – il nostro modo di vivere apparirà forse insulso, privo di fondamenta e di significato. Penso che sia una cosa alla quale dobbiamo rassegnarci.”

C’è una sorta di alternanza tra un periodo più o meno lungo di allenamenti ed il giorno della gara per testare lo stato di forma dell’atleta, una messa alla prova, arriva il giorno della verità dove l’atleta deve compiere una successione di gesti atletici che lo permettono di arrivare al traguardo in salute. Ed ogni volta apprende sempre qualcosa di più, rivede alcuni atleti diventati amici, si confronta con loro sulla loro forma, sui metodi di allenamento, sulle modalità di integrazione alimentare, sull’abbigliamento sportivo tecnico, su eventuali libri in commercio sulla preparazione fisica o mentale.

Questo è il fantastico mondo dello sport di endurance, sperimentare e mettersi in gioco, momento per momento superando momenti più o meno difficili o bui, uscendo ogni volta da gallerie e tunnel, scoprendo una nuova luce, e tornando ogni volta al mondo con qualcosa in più, più arricchiti soprattutto nella mente e nel cuore.
Riporto di seguito una testimonianza descritta nel testo Disciplinaliquida di Franco Del Campo, campione di nuoto, due finali alle Olimpiadi di Città del Messico (1968): “Partecipare ai Giochi Olimpici e magari raggiungere – anche se da ultimo – due finali, è il sogno supremo di chiunque faccia sport. Ma, per arrivare alla fine di questa lunga marcia, bisogna iniziare con un numero infinito di passi intermedi, di allenamenti, di gare piccole piccole, qualche volta vinte e più spesso perse (diffidare di quelli che vincono subito, troppo spesso e troppo facilmente: non riusciranno ad imparare dall’esperienza e a superare il prezioso stress formativo della sconfitta). Poi arrivano, lentamente, le gare più importanti, prima regionali e poi nazionali. E non ci sono scorciatoie. Ma a questo punto devi aver superato una certa selezione, basata – certo – sui tempi e sui risultati, ma soprattutto trascinata dalla determinazione, dalla testardaggine, dalla caparbia volontà di tener duro, anche se avresti voglia di fare altro.”

L’atleta può considerare il non raggiungimento di un obiettivo prefissato come una sconfitta personale. Ma nello sport si mettono in conto le sconfitte, servono a farti fermare, riflettere, fare il punto della situazione, osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile, di importante nella prestazione eseguita e su cosa, invece, bisogna lavorare, cosa si può migliorare. Quindi, tutto sommato, la sconfitta potrebbe servire per fare una valutazione delle proprie risorse, punti di forza e, al contempo, delle criticità.
E’ importante lavorare su obiettivi, sul superare errori e sconfitte, si impara da tutto ciò che succede per fare meglio in futuro e funzionare meglio come individui e come squadra conoscendosi meglio.
Ci si mette a tavolino, e si esamina al dettaglio quello che è successo, come possiamo far meglio la prossima volta, sono tante le modalità per far meglio.
 
Matteo SIMONE

Ha solo importanza, forse, sentire il momento, l’adesso, godersi l’aria


Psicologo, Psicoterapeuta


Sull’importanza del momento presente, ho trovato interessante una testimonianza di un paziente riportata nel libro di Claudio Naranjo, Viaggio di guarigione, a pag. 123: “Ho capito che poche cose hanno importanza. Non è importante se la macchina non funziona, se una ragazza non ci ama, se non otteniamo gli incarichi migliori all’università, se mi dicono che sono omosessuale, se non ho tanti soldi, o un regno, se i miei genitori moriranno, se la zia Rose è più matta del solito. Ha solo importanza, forse, essere capaci di respirare profondamente e sentire il momento, l’adesso, godersi l’aria e quella mosca. Non importa se non posso andare in Inghilterra, se non sono uno scrittore o un playboy”.

Sembra essere una illuminazione da parte di un paziente, un tornare al momento presente, all’importanza del vivere ora con semplicità, con quello che c’è ora, qui e ora, in questo momento, proprio ora. A volte non apprezziamo appieno quello che abbiamo, quello che abbiamo conquistato, quello che siamo, a volte siamo orientati verso il passato o verso il futuro, a volte pensiamo a quello che eravamo, a quello che avevamo, a quello che vorremmo avere e acome vorremmo essere, trascurando l’importanza di come siamo e quello che abbiamo ottenuto fino a questo momento.

Kabat-Zinn nel suoi testo Dovunque tu vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezz,  illustra l’importanza del non fare, di fermarsi, di sperimentare l’essere: “Un buon modo di interrompere le nostre occupazioni è passare per un momento alla ‘modalità dell’essere’. Valutate semplicemente questo momento, senza tentare affatto di cambiarlo. Cosa sta accadendo? Cosa provate? Cosa vedete? Cosa sentite? Quando ci si ferma, l’aspetto curioso è che immediatamente si diventa se stessi. Tutto appare più semplice. In un certo senso è come se foste morti e il mondo continuasse. Se moriste realmente, tutte le vostre responsabilità e obblighi svanirebbero d’incanto. Riservandovi alcuni attimi di ‘morte volontaria’ arginando le pressioni del tempo, finché vivete sarete liberi di ritagliarne una parte per il presente. ‘Morendo’ ora, in questo modo, in realtà divenite più vivi. Questo è il vantaggio di fermarsi. La pausa contribuisce a rendere più vivaci, ricche e articolate le azioni successive, aiuta a inquadrare nella giusta prospettiva tutte le preoccupazioni e insicurezze. Serve da guida. Più volte nel corso della giornata, fermatevi, sedetevi. Accettate senza riserve il presente, le vostre sensazioni. In questi momenti non cercate di cambiare nulla, limitatevi a respirare e rilassarvi. Respirate, lasciate correre; astenetevi dal voler produrre qualcosa di diverso in questo momento; mentalmente ed emotivamente lasciate che questo momento sia esattamente com’è e lasciate a voi stessi la libertà di essere così come siete. Poi, quando sarete pronti, muovetevi nella direzione dettata dal cuore, consapevoli e risoluti.”

La felicità è data dalla nostra motivazione ad andare avanti

Matteo Simone 

 Impegnatevi per ottenere ciò di cui avete bisogno, e quando non riuscite a ottenerlo, ebbene, sorridete e tentate ancora, in un modo diverso.”  William Hart    

Nel libro Il segreto della resistenza psichica. Che cosa ci rende forti contro le piccole e grandi crisi della vita, Christina Berndt spiega come le persone si affidano a se stesse nel poter uscire da situazioni difficili contando sulle proprie risorse e sulla propria autoefficacia, di seguito le sue parole: “Le persone resilienti non sanno necessariamente come superare una certa situazione, ma dispongono di una molteplicità di modi di comportamento cognitivi, emotivi e sociali, per potersi adattare e rimanere funzionali; hanno visto che sono sempre usciti in qualche modo dalle difficoltà.”

Vivere appieno il momento presente sperimentando intensamente ogni momento

Matteo Simone 

"Si può assaporare completamente una situazione piacevole , senza dispiacersi quando finisce perché si comprende che ogni cosa è destinata a passare.” (William Hart)

Nel libro Contro la felicità. Un elogio della melanconia, Eric G. Wilson a pag. 115 racconta dell’importanza del vivere ogni momento come fosse l’ultimo: “Quando siamo costretti ad affrontare il fatto che la nostra esistenza non è che un punto sulla scala cosmica del tempo, capiamo quanto sia assolutamente prezioso ogni singolo istante, e che ci rimane pochissimo tempo e faremmo bene ad approfittarne al meglio. Solo quando sperimentiamo la nostra estrema limitatezza, ci rendiamo conto delle nostre grandi possibilità. Vogliamo, più di ogni altra cosa, vivere intensamente e appieno, fare quello che non abbiamo mai fatto ma solo sognato.”

venerdì 10 marzo 2017

La psicologia dello Sport e dell’esercizio fisico

Matteo SIMONE 
380-4337230 - 21163@tiscali.it 

Lo psicologo dello sport e dell’esercizio fisico interviene per promuovere la pratica dell’esercizio fisico richiesta per prevenire e combattere l’obesità e le malattie correlate alla sedentarietà, aiuta a stimolare la persona a cambiare stile di vita per il suo benessere, smettere di fumare, camminare, andare in bicicletta, insomma attività fisica.

L'intento è collaborare con medici di famiglia, pediatri, cardiologi, insegnanti per studiare metodi e progetti che coinvolgono popolazione di bambini, adulti, anziani a fare movimento fisico.

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