martedì 14 marzo 2017

Francesco Di Pierro: Sono solo uno a cui piace correre il più a lungo

 Matteo SIMONE 

Francesco lo scorso 12 marzo 2017 ha terminato una gara di 24 ore di corsa su strada partecipando al Campionato Italiano e percorrendo un totale di 148km. 

Ha iniziato a camminare con la stampella piano piano, e poi cono coraggio è passato alla corsa facendo passi da giganti determinato e sorridente. Di seguito racconta la sua esperienza di atleta ultrarunner.
Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita o sempre un comune sportivo?Sicuramente non mi sono mai sentito un campione (poiché campione è colui che compie un'impresa eccezionale cosa che correre non è) né mi sono sentito mai uno sportivo (poiché non ricerco una particolare forma fisica o prestazione in gara). Io sono solo uno a cui piace correre e correre il più a lungo possibile, uno che quando corre ama vedere i posti che attraversa, sentire il rumore dei piedi che si alternano sull'asfalto, assaporare l'area che entra nei polmoni.

Barbara Moi: La corsa è stata la mia ancora di salvezza


A volte lo sport rimette al mondo, fa trovare un senso nella vita, fa scoprire sensazioni ed emozioni che spingono ad andare avanti nella vita nonostante tutto.

A volte si decide di sposare uno sport, di diventare un suo compagno di vita, di seguito l’esperienza di una runner, Barbara Moi.
Ti sei sentita campionessa nello sport almeno un giorno della tua vita?Sì, il giorno della mia prima Maratona il 10 aprile.” 
In che modo lo sport ha contribuito al tuo benessere?La corsa è stata la mia ancora di salvezza in un periodo non proprio felice della mia vita. Devo tantissimo alla corsa.” 

24 h di corsa, giù dal podio il giovanissimo ma promettente Matteo Colombo


Come in tanti altri sport anche per l’ultramaratona si vuol puntare sui giovanissimi e a Cesano Boscone si è disputato il Campionato Italiano della specialità di corsa a piedi di 24 ore e per ambire a una convocazione in Nazionale per partecipare ai prossimi campionati mondiali a Belfast.
Il vincitore assoluto è stato l’espertissimo e veterano Fausto Parigi categoria M50 che è riuscito a totalizzare 230 km nel corso delle 24 ore a disposizione tra le ore 12.00 di sabato 11 marzo e le ore 12.00 di domenica 12 marzo.
Il secondo posto è stato conquistato da Tiziano Marchesi categoria M45, più giovane di qualche anno che ha totalizzato 224km e quindi 6 km in meno del vincitore, mentre al terzo posto si piazza Michele Notarangelo, categoria M40, ancora più giovane che riesce a percorrere un totale di 216 km e quindi 14km in meno del vincitore.
Nonostante abbiano superato i 200km, rimangono giù dal podio il giovanissimo ma promettente Matteo Colombo, classe ‘84, che potrebbe comunque essersi guadagnato la convocazione in Nazionale per i prossimi mondiali a Belfast su questa specialità e Marcello Spreafico, categoria M35. Notevole anche la prestazione dell’ultra sessantenne Pavan Giuliano che vince la sua categoria M65 totalizzando 169,01km.
Per quanto riguarda le donne, la più forte si conferma Lorena Brusamento totalizzando 210 km, seconda si classifica la giovanissima ma esperta e promettente delle lunghe distanze Francesca Innocenti che totalizza 202 km, mentre al terzo posto la più esperta e la più veterana Sonia Lutterotti che riesce comunque a totalizzare 195 km. Giù dal podio si classifica Sara Lavarini con 188km.
E’ possibile approfondire la conoscenza di Matteo Colombo nel libro dal titolo "Ultramaratoneti e gare estreme", Prospettiva Editrice, Civitavecchia, Collana: Sport & Benessere, 2016.

Fausto Parigi è il Campione Italiano 2017 di corsa su strada 24 h

Matteo Simone 

A Cesano Boscone un manipolo di persone, definiti ultramaratoneti, hanno corso per un giorno interno per disputarsi, i più forti, il titolo di campione italiano della specialità e per ambire ad un posto in Nazionale per partecipare ai prossimi campionati mondiali a Belfast.

Il vincitore assoluto è stato il medico Ligure Fausto Parigi che all’età di 53 anni ha percorso 230 km durante le 24 ore a disposizione con partenza sabato 11 marzo ed termine domenica 12 marzo ore 12.00, al secondo posto si è classificato Tiziano Marchesi più giovane di qualche anno che ha totalizzato 224km e quindi 6 km in meno del vincitore, mentre al terzo posto si piazza Michele Notarangelo, ancora più giovane che riesce a percorrere un totale di 216 km e quindi 14km in meno del vincitore.

Parigi e la Brusamento vincono il Campionato Italiano 24 h di corsa su strada


Mentre a Roma fiumi di persone percorrevano la Via Cristoforo Colombo da Roma Eur verso Ostia per concludere la mezza maratona di 21,097 km impiegandoci dai 59’18” tempo del primo arrivato fino a quasi 3 ore tempo dei Fit walker, a Cesano Boscone un manipolo di persone, definiti ultramaratoneti, hanno corso per un giorno interno per disputarsi, i più forti, il titolo di campione italiano della specialità e per ambire ad un posto in Nazionale per partecipare ai prossimi campionati mondiali a Belfast.
I vincitori sono stati Fausto Parigi che all’età di 53 anni ha percorso nelle intere 24 ore 230 km, facendo meglio di Tiziano Marchesi più giovane di qualche anno che ha totalizzato 224km e quindi 6 km in meno del vincitore, mentre al terzo posto si piazza Michele Notarangelo, ancora più giovane che riesce a percorrere un totale di 216 km e quindi 14km in meno del vincitore. Rimane giù dal podio il giovanissimo ma promettente Matteo Colombo che potrebbe comunque essersi guadagnato un posto in Nazionale per i prossimi mondiali a Belfast su questa specialità. A seguire Marcello Spreafico che riesce anch’egli a superare il muro dei 200km. Notevole anche la prestazione dell’ultra sessantenne Pavan Giuliano che vince la sua categoria M65 totalizzando 169,01km.
Per quanto riguarda le donne, la più forte si conferma Lorena Brusamento che arriva quarta nella classifica generale, dopo tre uomini, e prima delle donne totalizzando 210 km, seconda si classifica la giovanissima ma esperta e promettente delle lunghe distanze Francesca Innocenti che totalizza 202 km, mentre al terzo posto la più esperta e la più veterana Sonia Lutterotti che riesce comunque a totalizzare 195 km. Giù dal podio si classifica Sara Lavarini con 188km. Tra le veterane Herger Ursula vince la sua categoria F60 totalizzando 166km.
Un po’ di tempo fa feci alcune domande ai vincitori di questo campionato Fausto Parigi e Lorena Brusamento, riporto di seguito le loro risposte.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
Fausto: “Dopo 2 anni di distanze olimpiche vissute in maniera maniacale alla ricerca di riscontri cronometrici… facendo il passatore ho vissuto una crisi …. In dubbio se mollare mi sono liberato del cronometro ed ho corso con la sola voglia di arrivare, per me è stata una scoperta.”

sabato 11 marzo 2017

Ci sono persone a cui piace saggiare la propria resistenza, i propri limiti

Psicologo, Psicoterapeuta

Tanti i motivi per iniziare a fare sport, se poi lo sport ti cattura, allora è difficile resistere, diventa un pensiero quotidiano. A volte nasce la sfida, la voglia di arrivare dove nessuno è arrivato, sono tante le persone che sperimentano la voglia di superare i propri limiti, di scoprire quanto valgono.

Tanti i motivi per iniziare a correre, lo spiega anche Mark Rowlands, Correre con il branco: “Ognuno corre per motivi diversi: alcuni lo fanno perché ci provano gusto, altri per sentirsi bene, in forma, felici e persino vivi. Altri ancora corrono per stare in compagnia o per alleviare lo stress della vita quotidiana. Ci sono persone a cui piace saggiare la propria resistenza, i propri limiti.”

Si inizia a praticare sport per scelta, per caso, perché è necessaria una riabilitazione, invogliati dai genitori o dagli istruttori di educazione fisica, si inizia con una motivazione intrinseca (perché si prova piacere a praticare un’attività sportiva), ludica (per il gusto di giocare e di divertirsi).

Bisogna, però, essere sempre consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni, delle proprie esigenze, è indispensabile monitorare le proprie motivazioni, calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta che cosa è meglio per se stessi, credendo sempre in quello che si fa.

Quello che raccontano tante persone è che lo sport rende felici, ti libera la mente da tensioni e problemi accumulati durante la giornata o nel corso di altre attività quotidiane meno piacevoli.

Imparare dall’esperienza è la cosa più piacevole, più divertente

Psicologo, Psicoterapeuta


A volte la fatica rende felici, è quello che sperimentano molti atleti di sport di endurance come gli ultramaratoneti e i triatleti ironman, l’ho sperimentato anch’io soprattutto nella gara più bella della mia vita l’Iron elbaman. 

Interessante quello che scriver Murakami nel suo libro l’arte di correre: “Ciò che soprattutto mi ha reso felice, oggi, è il fatto che questa gara me la sono proprio goduta. Non ho ottenuto un tempo di cui andar fiero. Ho anche commesso diversi piccoli errori. Però ho corso fino a esaurimento delle forze, e ne risento ancora l’effetto. Inoltre, sotto molti punti di vista, credo di essere migliorato rispetto all’ultima gara. E questo è un punto essenziale. Perché la difficoltà del triathlon consiste nel saper combinare le tre prove, e l’esperienza ha molto da insegnare al riguardo. Permette di compensare lo squilibrio delle attitudini fisiche. In altre parole, imparare dall’esperienza è la cosa più piacevole, più divertente del triathlon.

La bellezza dello sport è che ti permette di fare esperienza, di metterti in gioco, di apprendere dall’esperienza sbagliando e facendo sempre meglio la prossima volta.
Ancora continua Murakami: “Naturalmente è stata dura, a un certo punto stavo quasi per perdermi d’animo. Ma in questo sport la fatica è data per scontata. Se non fosse parte integrante del triathlon o della maratona, chi mai si darebbe la pena di mettersi alla prova in discipline che succhiano le nostre energie e il nostro tempo? Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un instante, la sensazione autentica di vivere. Raggiungiamo la consapevolezza che la qualità della vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell’azione stessa, vi scorre dentro.”

Praticando lo sport intensamente ti senti veramente ed intensamente vivo, senti il sangue che scorre, il respiro affannoso, il cuore che batte. E le sfide sono sempre più cercate, la voglia di vedere se riesco ad arrivare entro il tempo massimo, la voglia di indossare la maglia da finisher, di completare la gara nonostante le difficoltà ritenute estreme.
Ancora continua Murakami: “Dopo una bella gara ce ne torniamo ognuno alla propria casa, ognuno alla propria vita quotidiana. E in vista della prossima gara di nuovo ci alleneremo in silenzio, come abbiamo fatto fino a oggi, probabilmente ognuno in un posto diverso. Visto dall’esterno – o piuttosto giudicato dall’alto – il nostro modo di vivere apparirà forse insulso, privo di fondamenta e di significato. Penso che sia una cosa alla quale dobbiamo rassegnarci.”

C’è una sorta di alternanza tra un periodo più o meno lungo di allenamenti ed il giorno della gara per testare lo stato di forma dell’atleta, una messa alla prova, arriva il giorno della verità dove l’atleta deve compiere una successione di gesti atletici che lo permettono di arrivare al traguardo in salute. Ed ogni volta apprende sempre qualcosa di più, rivede alcuni atleti diventati amici, si confronta con loro sulla loro forma, sui metodi di allenamento, sulle modalità di integrazione alimentare, sull’abbigliamento sportivo tecnico, su eventuali libri in commercio sulla preparazione fisica o mentale.

Questo è il fantastico mondo dello sport di endurance, sperimentare e mettersi in gioco, momento per momento superando momenti più o meno difficili o bui, uscendo ogni volta da gallerie e tunnel, scoprendo una nuova luce, e tornando ogni volta al mondo con qualcosa in più, più arricchiti soprattutto nella mente e nel cuore.
Riporto di seguito una testimonianza descritta nel testo Disciplinaliquida di Franco Del Campo, campione di nuoto, due finali alle Olimpiadi di Città del Messico (1968): “Partecipare ai Giochi Olimpici e magari raggiungere – anche se da ultimo – due finali, è il sogno supremo di chiunque faccia sport. Ma, per arrivare alla fine di questa lunga marcia, bisogna iniziare con un numero infinito di passi intermedi, di allenamenti, di gare piccole piccole, qualche volta vinte e più spesso perse (diffidare di quelli che vincono subito, troppo spesso e troppo facilmente: non riusciranno ad imparare dall’esperienza e a superare il prezioso stress formativo della sconfitta). Poi arrivano, lentamente, le gare più importanti, prima regionali e poi nazionali. E non ci sono scorciatoie. Ma a questo punto devi aver superato una certa selezione, basata – certo – sui tempi e sui risultati, ma soprattutto trascinata dalla determinazione, dalla testardaggine, dalla caparbia volontà di tener duro, anche se avresti voglia di fare altro.”

L’atleta può considerare il non raggiungimento di un obiettivo prefissato come una sconfitta personale. Ma nello sport si mettono in conto le sconfitte, servono a farti fermare, riflettere, fare il punto della situazione, osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile, di importante nella prestazione eseguita e su cosa, invece, bisogna lavorare, cosa si può migliorare. Quindi, tutto sommato, la sconfitta potrebbe servire per fare una valutazione delle proprie risorse, punti di forza e, al contempo, delle criticità.
E’ importante lavorare su obiettivi, sul superare errori e sconfitte, si impara da tutto ciò che succede per fare meglio in futuro e funzionare meglio come individui e come squadra conoscendosi meglio.
Ci si mette a tavolino, e si esamina al dettaglio quello che è successo, come possiamo far meglio la prossima volta, sono tante le modalità per far meglio.
 
Matteo SIMONE

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