Matteo Simone
A Cesano Boscone un manipolo di persone, definiti ultramaratoneti, hanno corso per un giorno interno per disputarsi, i più forti, il titolo di campione italiano della specialità e per ambire ad un posto in Nazionale per partecipare ai prossimi campionati mondiali a Belfast.
Il
vincitore assoluto è stato il medico Ligure Fausto Parigi che all’età di 53
anni ha percorso 230 km durante le 24 ore a disposizione con partenza sabato 11
marzo ed termine domenica 12 marzo ore 12.00, al secondo posto si è
classificato Tiziano Marchesi più giovane di qualche anno che ha totalizzato
224km e quindi 6 km in meno del vincitore, mentre al terzo posto si piazza Michele
Notarangelo, ancora più giovane che riesce a percorrere un totale di 216 km e
quindi 14km in meno del vincitore.
Rimane
giù dal podio il giovanissimo ma promettente Matteo Colombo che potrebbe
comunque essersi guadagnato un posto in Nazionale per i prossimi mondiali a
Belfast su questa specialità. A seguire Marcello Spreafico che riesce anch’egli
a superare il muro dei 200km. Notevole anche la prestazione dell’ultra
sessantenne Pavan Giuliano che vince la sua categoria M65 totalizzando 169,01km.
Per
quanto riguarda le donne, la più forte si conferma Lorena Brusamento che arriva
quarta nella classifica generale, dopo tre uomini, e prima delle donne
totalizzando 210 km, seconda si classifica la giovanissima ma esperta e
promettente delle lunghe distanze Francesca Innocenti che totalizza 202 km,
mentre al terzo posto la più esperta e la più veterana Sonia Lutterotti che
riesce comunque a totalizzare 195 km. Giù dal podio si classifica Sara Lavarini
con 188km.
Mi viene in mente San Francesco che si spoglia del saio e decide di vivere senza indumenti, senza niente, a contatto con la natura, degli animali, di se stesso, così pare sia successo a Fausto, ad un certo punto della sua carriera podistica si toglie l’orologio e non gli importa più di tempi e classifiche, ma gli importa solo di correre sempre di più, sempre più a lungo.
Non si vuol smettere di essere ultramaratoneta, ma Fausto sa che prima o poi tocca fare i conti con l’età, ma lo spirito resta sempre.
A volte si viene rapiti, catturati dalla corsa, ti prende, diventa parte
integrante di te, un tutt’uno con te, Fausto
Parigi che ci spiega come uno sport competitivo si è trasformato in un’attività
meditativa e di ricerca.
Cosa significa per te essere
ultramaratoneta? “Sei
ultramaratoneta quando la tua corsa trascende lo spazio e il tempo, diventando
una parte di te”.
Qual è stato il tuo
percorso per diventare un ultramaratoneta? “Dopo 2 anni di distanze olimpiche vissute in
maniera maniacale alla ricerca di riscontri cronometrici… facendo il 'Passatore' ho vissuto una crisi …. In dubbio se mollare mi sono liberato del cronometro e ho corso con la sola voglia di arrivare, per me è stata una scoperta.”Mi viene in mente San Francesco che si spoglia del saio e decide di vivere senza indumenti, senza niente, a contatto con la natura, degli animali, di se stesso, così pare sia successo a Fausto, ad un certo punto della sua carriera podistica si toglie l’orologio e non gli importa più di tempi e classifiche, ma gli importa solo di correre sempre di più, sempre più a lungo.
Cosa ti motiva ad essere
ultramaratoneta? “Il piacere di
confrontarmi con i miei limiti, la possibilità di raggiungere traguardi
insperati, un pizzico di narcisismo dato dal fatto di fare cose che i più
ritengono follia perché nell’ultra la testa conta più delle gambe.”
Hai mai pensato di
smettere di essere ultramaratoneta? “Ho sempre
pensato e ho la consapevolezza che per essere ultra devi avere il supporto del
fisico. Prima o poi non potrò più esserlo, forse già domani, ma come spirito lo
sarò per sempre.”
Non si vuol smettere di essere ultramaratoneta, ma Fausto sa che prima o poi tocca fare i conti con l’età, ma lo spirito resta sempre.
Hai mai rischiato per
infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho avuto vari
infortuni e ogni volta hai sempre il dubbio di non recuperare.”
Gli infortuni
sono dietro l’angolo, ma si sa che poi tutto passa, un opportuno riposo, cura e
riabilitazione e lentamente si riprende gradualmente a riprendere le corse di
lunga distanza.
Cosa ti spinge a
continuare ad essere ultramaratoneta? “Ogni volta che
concludo una gara aumenta la mia autostima”.
Il motore per
tanti per continuare a correre e portare a termine gare lunghe e difficili che
ti fanno stare sulle gambe per tante ore è poi la prova di essere riuscito
anche questa volta e ciò aumenta l’autoefficacia individuale percepita e ti dà
una forza per affrontare la vita quotidiana ed un benessere personale.
Hai sperimentato
l’esperienza del limite nelle tue gare? “Si e ritengo
meglio non rischiare di oltrepassarlo. La mente sublima gli input della
periferia e puoi tranquillamente arrivare a danni irreparabili. Ad un mio amico
un medico una volta ha detto: tu non ti sei allenato per l’utramaratona, ma per
sopravvivere all’ultramaratona.”
Prepararsi
all’ultramaratona significa prepararsi a superare condizioni estreme, e la
mente fa in modo che il fisico si adatta a tutto ma il rischio è che la mente
ti nasconda o non ascolti i messaggi del dolore che ti comunica ed allora vai
avanti senza considerare le condizioni estreme che sopporta il fisico ed a
volte queste condizioni superano il limite, quindi è importante trovare un
equilibrio tra i messaggi del corpo e la forza della mente.
Quali meccanismi
psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “La capacità di vivere un delirio
lucido cosa che in definitiva è una gara di ultramaratona. Il piacere di
soffrire.”
Non si tratta
solo di sport muscolare ma di sport di testa, quindi un equilibrio tra lucidità
e quasi derealizzazione, da una parte essere lucidi rispetto a quello che si
fa, ma dall’altra parte a volte per non essere fermati da crisi solo mentali
bisogna mettere da parte la razionalità ed andare avanti come in uno stato di
depersonalizzazione, derealizzazione, come se si stesse andando avanti in un sogno,
per accorgersi più tardi di quello che si è fatto, di dove si è arrivati, quasi
meravigliandosi di quello che si è fatto.
In effetti si decide
di fare una gara che sembra impossibile, ma poi una volta portata a termine, ci
si rende conto che si è stati bravi ed anche stavolta ci si è riusciti. Quindi
la gara più estrema è la prossima perché non si è ancora fatta.
Una gara estrema
che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine? “Se ci sono
riusciti altri… allora ce la posso fare anche io…. In realtà gli ultratrail non
mi piacciono e mi fanno paura.”
Una gara estrema che
non faresti mai? “Ultratrail appunto soprattutto se corro la notte.”
Ci si relaziona
sempre agli altri, si vuole sempre provare a fare quello che hanno fatto gli
altri, ma ognuno sa di essere portato per alcuni condizioni di gare particolari
tipo il percorso, il circuito, le condizioni atmosferiche. Nel caso di Fausto
il trail non è per lui, preferisce avere sotto di se un terreno più stabile.
Cosa ti spinge a spostare
sempre più in avanti i limiti fisici? “A noi le cose facili non piacciono la
soddisfazione è riuscire a fare qualcosa di nuovo.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme? “Paura e
rassegnazione. Se non ce la fai fermati.”
I famigliari
sanno che c’è un limite e quindi suggeriscono di rispettare i propri limiti.
Che significa per te
partecipare ad una gara estrema? “Metterci anima
e corpo per finirla.”
Ti va di raccontare un
aneddoto? “Durante la mia unica partecipazione ai mondiali
dopo 13 ore di gara è calato il buio. Non più forza nelle gambe, mente vuota.
Ha iniziato a piovere e grandinare… volevo ritirarmi ma ho continuato ad andare
avanti perché ero ai mondiali e perché sarebbe stata la mia ultima gara. Il
giro era di circa 2300m più si andava avanti e più impiegavo a finirlo. Mancava
un'ora al termine e passando davanti allo stand dell’Italia ho detto: 'io quasi
quasi mi fermo qui, tanto un altro giro non riesco a concluderlo'. Uno mi ha
risposto ‘sei ai mondiali, anche un metro conta’ a quel punto mi sono detto: 'Fausto conviene che provi a correre'… credimi ho fatto ancora 4 giri di cui due i
più veloci della mia gara e, visto la fine della corsa, i più veloci tra i
concorrenti ancora in pista…. Il potere della mente quei due giri mi hanno
indotto a continuare a correre. 6 mesi dopo ho vinto la mia prima 24h.”
Le crisi si
possono superare, lo racconta Fausto, se c’è qualcuno che ti sostiene, che ti
dice una parola giusta, riesci a staccarti dal corpo ed a fare un salto avanti
con la forza della mente, indossare la maglia azzurra è anche una bella
responsabilità ed un’occasione che può essere unica, poi una volta superata la
crisi si diventa più resilienti, hai sperimentato di saper fare, incrementi
anche l’autoefficacia e come dimostra Fausto si pronto per far meglio e,
quindi, vincere anche una gara importante.
Interviste a Fausto sono riportate nei libri:
“Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
“Il piacere di correre oltre (Il piacere di correre oltre dal punto di vista di uno psicologo dello sport)” di Matteo Simone. Editore: Prospettiva Editrice.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Nessun commento:
Posta un commento