Matteo SIMONE
Si è tenuto nel novembre 2013 ad Ancona, nell’aula Terzo Censi del Palarossini, il convegno dal titolo "Gestione dello stress e lavoro di squadra nelle emergenze subacquee".
Sono
intervenuti relatori esperti del settore da tutta Italia e nutrita è stata la
partecipazione di istruttori ed appassionati della disciplina.
Sul tema
“Sport e resilienza” ho fornito gli
strumenti per affrontare lo sport ed in particolare l'attività subacquea
incrementando la capacità di resilienza che c'è in ognuno di noi.
L’obiettivo
dell’intervento è stato illustrare, in maniera teorico e pratico-esperienziale,
aspetti inerenti la resilienza e le modalità per svilupparla; fornire strumenti
teorico-pratici per stimolare l’autoconsapevolezza e valorizzare le risorse
personali e di rete; presentare un mio modello di intervento denominato:
O.R.A. che è l’acronimo di Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia.
Per
illustrare una modalità di far fronte alle proprie disgrazie, riporto un brano
di un testo di Angeles Mastretta, Donne dagli occhi grandi:
“C’è gente contro cui la vita si accanisce, gente
che non ha periodi di sfortuna, bensì una serie continua di tormente. Quasi
sempre queste persone diventano lamentose, quando incontrano qualcuno, si
mettono a raccontare le proprie disgrazie, finché alle loro disgrazie si
aggiunge il fatto che nessuno desidera incontrarle.
Questo non accade mai alla zia Ofelia, perché nonostante la vita
l’avesse assediata varie volte con la sua arbitrarietà e i suoi infortuni, lei
non assillò mai nessuno con la storia dei suoi dispiaceri. Dicono che fossero
molti, ma non se ne conosce neppure il numero esatto, né tantomeno le cause,
perché lei fece in modo di cancellarli ogni mattina dal ricordo altrui.
Era una donna dalle braccia forti e dall’espressione allegra, aveva una
risata cristallina e contagiosa che sapeva usare al momento opportuno. Nessuno,
invece, la vide mai piangere.
A volte le dolevano l’aria e il suolo che calpestava, il sole
dell’alba, le orbite degli occhi. Le dolevano come una vertigine il ricordo e,
come la peggior minaccia, il futuro. Si svegliava nel cuore della notte con la
certezza che si sarebbe spezzata in due, sicura che il dolore se la sarebbe
mangiata in un sol boccone. Ma appena faceva giorno si alzava dal letto, si
metteva sul volto il sorriso, si aggiustava lo splendore sulle ciglia e usciva
incontro al prossimo come se i dispiaceri la facessero galleggiare nell’aria.
Nessuno osò mai compatirla. Era tanto stravagante la sua forza, che la
gente cominciò a cercarla per chiederle aiuto. Qual era il suo segreto? Chi
proteggeva le sue afflizioni? Dove trovava il talento per non piegarsi davanti
alle peggiori disgrazie?
Un giorno svelò il suo segreto a una giovane donna il cui dolore
sembrava non avere rimedio:
‘Ci sono molti modi di suddividere gli esseri umani’, le disse. ‘Io li
divido tra quelli con le rughe all’insù e quelli con le rughe all’ingiù, e io
voglio far parte della prima categoria. Voglio che la mia faccia da vecchia non
sia triste, voglio avere le rughe che vengono dal riso, e portarle con me
all’altro mondo. Chissà che cosa dovremo affrontare laggiù’.”
Sielbert A., Il vantaggio della resilienza, come uscire più forti dalle difficoltà della vita. Edizioni AMRITA, Torino, 2008.: "Gli
individui che dopo aver vissuto un evento negativo attivano un processo
resiliente non rimangono “intrappolati” nel dolore ma risanano le ferite
assumendosi il controllo della propria esistenza e riorganizzando la propria
vita.
Essere
resilienti implica il percepire al tempo stesso il dolore e il coraggio,
affrontando le difficoltà grazie alle proprie risorse personali, relazionali e
contestuali.
Come
reagite voi a situazioni di estrema difficoltà? Alcuni esplodono a livello
emozionale: danno in escandescenza, vorrebbero scaricare su chiunque li
circondi la loro rabbia e frustrazione. C’è anche chi si abbandona a violenze
fisiche.
Altri si
comportano in modo opposto: implodono, entrando in uno stato di confusione e
ottundimento. Si sentono così impotenti e travolti dagli eventi da non tentare
neppure di affrontare la situazione.
Alcuni
tendono a raffigurarsi come vittime, rimproverando agli altri di distruggere la
loro vita.
C’è un
gruppo, quello formato dalle persone che superano la difficoltà contingente, si
sintonizzano rapidamente sulla nuova realtà e affrontano immediatamente le
sfide che questa pone. Costoro si rimettono prontamente in piedi e spesso
innescano una spirale positiva, più forti
e migliori di prima".
La bottiglia d'olio (Hart W., La Meditazione Vipassana come insegnata da S.N. Goenka. Un’arte di vivere, Artestampa, Modena, 2011, p. 63.)
“Una madre mandò il figlio con una bottiglia vuota e un biglietto da
dieci rupie a comperare dell'olio dal droghiere all'angolo. Il ragazzo andò e
si fece riempire la bottiglia; ma mentre stava tornando a casa cadde e la
rovesciò. Prima che potesse raccoglierla, metà dell'olio si versò. Vedendo che
la bottiglia era mezzo vuota, tornò dalla madre piangendo: ‘Ho perso metà
dell'olio! Ho perso metà dell'olio!’ Era molto infelice.
La madre mandò un altro figlio con un'altra bottiglia e un'altra
banconota da dieci rupie. Anch’egli si fece riempire la bottiglia e sulla via
del ritorno cadde e la rovesciò. Di nuovo una metà dell'olio si versò. Raccolta la bottiglia, ritornò dalla madre
molto felice: ‘Guarda, ho salvato metà dell'olio! La bottiglia è caduta e
poteva anche rompersi. L'olio ha iniziato a versarsi, avrei potuto perderlo
tutto.
Ma ne ho salvato la metà!’
Entrambi tornarono dalla madre nella stessa condizione, con una
bottiglia che era per metà vuota e per metà piena. Uno piangeva per la metà
vuota, l'altro era felice per la parte piena.
Allora la madre inviò un altro figlio con un'altra bottiglia e altre
dieci rupie.
Anche questo cadde sulla via del ritorno e rovesciò la bottiglia. Metà
dell'olio si versò. Il ragazzo raccolse la bottiglia e, come il secondo
fratello, arrivò dalla madre tutto felice: ‘Madre, ho salvato metà dell'olio!’
Ma questo figlio era un ragazzo pieno non solo di ottimismo ma anche di
realismo. Egli capì che se metà dell'olio si era salvato, metà era
andato perso.
Così disse alla madre: ‘Ora andrò al mercato, lavorerò duro per tutta
la giornata, guadagnerò cinque rupie e
riempirò la bottiglia. Per questa sera l'avrò riempita’."
Idea Sport, Notiziario della Confsport Italia, Anno IV, n. 12, Dicembre 2012, pp. 9-11.: Il Campione Olimpico di Takewondo, Carlo Molfetta in una intervista
spiega come ha vinto l’Olimpiadi, prima di tutto era
determinato nelle sue intenzioni, infatti afferma: “la differenza la fa chi
pensa: “Io voglio vince le Olimpiadi”, come è accaduto a me, a Londra”.
Continua Carlo parlando della sua forte determinazione dicendo: “Sono una
persona caparbia, cerco sempre di raggiungere le mete che mi prefiggo. È la
stessa caparbietà che mi ha permesso di non smettere di fare Taekwondo quando,
negli anni che vanno dal 2005 al 2008, ho subito quattro interventi alle
ginocchia. Quindi, il “Non mollare fino all’ultimo secondo” rappresenta il mio
tentativo di raggiungere il sogno che avevo da bambino”.
Da
queste parole si evince la differenza di un campione, il non fermarsi davanti a
imprevisti, il non mollare, il “piegarsi ma non spezzarsi”, l’essere resilienti
che permette di rialzarsi più forti e determinati di prima ogni volta che c’è
un impedimento, permette di ricominciare con più entusiasmo di prima, con più
coraggio, con più esperienza, con più sicurezza.
Continua
Carlo: “I pensieri, in quei giorni, sono rivolti al momento che si sta vivendo,
incontro dopo incontro”. Infatti è importante essere consapevoli nel “qui e
ora” di quello che si fa, momento per momento, facendo ogni cosa con la massima
attenzione e concentrazione, non lasciando niente al caso, curando i minimi
particolari, senza distrazioni.
Sielbert A., Il vantaggio della resilienza, come uscire più forti dalle difficoltà della vita. Edizioni AMRITA, Torino, 2008.: La
persona resiliente affronta i problemi in modo costruttivo, sa uscire dalle
situazioni difficili.
Essere
resilienti significa essere duttili e flessibili, accettando di sbagliare,
sapendo di poter rivedere e correggere le proprie azioni.
Alcuni
tipi di attività gradevoli accrescono la forza di resilienza, il gioco, per
esempio, contribuisce a sviluppare capacità fisiche, autocontrollo e
conoscenze, oltre a migliorare la salute. I piacevoli momenti trascorsi con gli
amici rafforzano il sistema immunitario e arricchiscono il patrimonio di
risorse sociali cui si può attingere in tempi difficili.
Le
energie accumulate nelle fasi positive sono durevoli, restano a nostra
disposizione per quando saremo colpiti da un evento avverso o ci troveremo ad
attraversare un lungo periodo di difficoltà. Prendersi il tempo per ridere,
apprezzare i momenti piacevoli e godere delle piccole cose sono atteggiamenti
che influiscono sul cervello e sul sistema nervoso potenziando le abilità di problem
solving e questo, a sua volta, rafforza la resilienza.
Tra i
fattori individuali che promuovono la resilienza vi sono: avere relazioni
sociali intime, flessibilità/adattabilità (essere cooperativi, amabili e
tolleranti e inclini al cambiamento), essere assertivi e saper chiedere aiuto,
sensibilità interpersonale, autoefficacia, locus of control interno, capacità
di porsi degli obiettivi e di trovare strategie adeguate per conseguirli,
progettualità futura, ottimismo, senso dell’umorismo, rete sociale di supporto
informale.
Angelica Moè nel testo “Motivati si nasce o si diventa?” spiega come a
rendere resilienti vi sono diverse variabili fra cui, ad
esempio, avere obiettivi di vita realistici, saper gestire le proprie emozioni,
prestare attenzione ai propri bisogni, sviluppare un locus of control interno,
sentirsi parte fattiva della comunità sociale (lavorativa, familiare) cui si
appartiene e aspettarsi il meglio. Tra la variabili, risulta fondamentale avere
una persona stabile di riferimento cui si è legati affettivamente. Non si
tratta, quindi, semplicemente di essere bene inseriti in un contesto sociale,
di percepire che si può fare qualcosa per uscire da un problema, di avere
atteggiamenti mentali positivi, ma di sapere che “in caso di difficoltà potrò
rivolgermi alla persona xy che mi ascolterà, accoglierà e forse potrà offrirmi
anche un aiuto concreto”.
Continua Angelica Moè affermando che la resilienza non è dunque una
capacità con cui si nasce, ma qualcosa che in parte si costruisce in tempi di
serenità e tranquillità (prima delle eventuali avversità,
lievi o gravi che siano) e si rafforza affrontando le problematicità, non tanto
con l’approccio di vincere il problema, ma di vivere attraverso il problema ed
oltre lo stesso. Non si tratta, infatti, solo di sopravvivere alle difficoltà
(lutti, disgrazie, gravi insuccessi, malattie…), ma di rientrare dal momento
difficile possibilmente arricchiti, di certo più forti o, meglio detto,
flessibili.
Tutte queste caratteristiche possono essere incrementate con un lavoro
di mental training che permette al campione di eccellere partendo da un lavoro
di autoconsapevolezza per individuare e cercare le proprie
risorse personali e proseguendo con un lavoro sul goal setting e sviluppo di
autoefficacia personale.
Come rafforzare le convinzioni di autoefficacia?
Ricorda un evento, episodio, prestazione, dove sei riuscito, quali erano le
sensazioni? Cosa ha contribuito alla tua riuscita? Quali tue caratteristiche
sono state determinanti? Chi ha contribuito al tuo successo? (Simone M., Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico. Dal benessere alla prestazione ottimale, Sogno Edizioni, Genova, 2013)
Utilizzando il modello O.R.A. si definisce chiaramente l’obiettivo
temporale e le risorse per raggiungerlo. E’ importante
riuscire a vedersi con l’obiettivo raggiunto, indossare i panni dell’obiettivo
raggiunto. Si lavora per un obiettivo futuro partendo dal “Qui e Ora”.
Si
lavora poi sull’autoefficacia personale attraverso la ricerca di passate
esperienze di successi o prestazioni positive,
l’individuazione di modelli vincenti di riferimento, feedback positivi.
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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