mercoledì 16 settembre 2015

Andrew Howe ancora una volta infortunato dichiara di non voler mollare


Andrew Howe (Los Angeles, 12 maggio 1985) è un atleta italiano di origine statunitense, specializzato nella velocità e nel salto in lungo.
Cresciuto a Rieti, la sua prima medaglia importante, un bronzo, arriva nel salto in lungo ai Campionati Mondiali giovanili di Debrecen nel 2001 all’età di 16 anni.
È il detentore del record italiano outdoor (8,47 m) e indoor (8,30 m) del salto in lungo, in questa specialità, vince l’Oro ai Mondiali Juniores 2004 (Oro anche nei 200m -20"28, seconda prestazione italiana all-time), agli Europei 2006, agli Euroindoor 2007, e Argento ai Mondiali 2007 e Bronzo ai Mondiali Indoor 2006.
Andrew Howe, bloccato in questa stagione da un infortunio al retto femorale, ancora una volta dichiara di non voler mollare e si spera che questa sia la volta buona, un grande ritorno atteso da tanto e da tanti: “Continuerò ad allenarmi in Svezia, ma passerò certamente alcuni periodi di allenamento a Formia”.
Da gennaio si allena a Goteborg, in Svezia, sotto la guida tecnica di Yannick Tregaro. Nei giorni scorsi è incappato in un nuovo infortunio ma Andrew dalle sue dichiarazioni emerge una grande motivazione a fare bene ed appare essere molto più maturo e determinato nei suoi obiettivi, sembra aver sviluppato anche una sorta di resilienza, nonostante gli infortuni vuole dimostrare a tutti di avere ancora le carte in regola per fare bene. 
A darne notizia è stato lui stesso attraverso la sua pagina Facebook: “Oggi non è stata una buona giornata. Mi sono stirato per la seconda volta mentre saltavo. Proprio quando le cose sembrano andare per il verso giusto il mondo ti cade addosso e ti ricorda che sei solo un piccolo uomo. Non so se me lo merito forse si chi lo sa… Ma so solo una cosa, che non mi importa quante volte cadrò: mi rialzerò ogni volta con umiltà e con perseveranza per me e per le persone che mi vogliono veramente bene”.
L’infortunio rappresenta un evento destabilizzante l’equilibrio psicologico dello sportivo; un cattivo adattamento all’infortunio può comportare la comparsa di sensazioni di rabbia e impotenza, sbalzi di umore, sensi di colpa, pensieri depressivi, con la conseguente compromissione delle relazioni famigliari, interpersonali, dell’andamento scolastico o lavorativo, l’auspicabile intervento può espletarsi nel prevenire l’incorrere dell’infortunio e nell’aiutare l’atleta infortunato.
Le fasi della ripresa psicologia dell’atleta
La prima cosa da fare è partire dalle proprie sensazioni fisiche, corporee, sentirsi, fare una scansione corporea dalla sommità della testa e scendendo fino alle punta dei piedi. L’atleta può individuare le parti fragili, deboli, da potenziare.
L’atleta può individuare eventuali criticità che lo abbiano portato all’infortunio, può valutare, studiare cosa può focalizzare la sua attenzione per evitare successivi infortuni, ridefinire le priorità che si era prefissato prima dell’incidente, allargare i suoi interessi anche ad ambiti non sportivi, continuando, contestualmente a mantenere i contatti con il suo mondo sportivo, l’allenatore e la squadra, accettare le emozioni negative legate all’infortunio, in attesa di riprendersi la sua identità di sportivo.
L’atleta può sentirsi soggetto attivo nel processo di riabilitazione, definire un piano di ripresa, di ripartenza, sviluppare un piano per un’azione futura efficace può individuare le risorse occorrenti da potenziare, sia personali che esterne, allenatore, fisioterapista, psicologo, medico.
Sviluppare risorse interne allo scopo di aiutare a stabilire un senso di efficacia e di possibilità per il Futuro, creare un suo Consigliere Interiore o un “Allenatore Interiore”, creare una “Squadra Interiore” di aiutanti o di sostenitori, ognuno in grado di apportare un’influenza positiva.
L’atleta può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare a qualcuno. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Persuasione verbale da parte di altri, dei quali si hanno fiducia e stima attraverso gli incoraggiamenti verbali che tendono a sottolineare gli elementi positivi di un gesto o una azione.
Aiutare l’atleta infortunato a ritrovare la motivazione
L’atleta vincente riesce a trovare la determinazione, la calma, lo spirito di sacrificio per ricominciare dopo ogni stop prolungato, dopo ogni sconfitta.
Importanti sono la meditazione, la visualizzazione, il lavorare sull’autoefficacia.
Attraverso la meditazione la persona riesce ad aspettare i suoi tempi, i tempi occorrenti per il recupero, riesce a comprendere che tutto passa, tutto sorge e tutto muore, riesce a non reagire agli eventi spiacevoli, riesce a partire dal qui e ora e a programmare una formulazione del goal setting, un piano degli obiettivi graduali con una giusta scansione temporale.
Con la visualizzazione l’atleta infortunato può continuare ad eseguire un minimo di allenamento, ripetere mentalmente il gesto motorio dato che l’imagery consentirebbe di rimanere tecnicamente e muscolarmente allenati anche in stato fisico di effettivo riposo, può ricercare precedenti gesti atletici che gli hanno permesso di emergere, di ben figurare, di fare ottime prestazioni, può continuare a sperimentare le sensazioni occorrenti per continuare la carriera sportiva, può provare a visualizzare come sarà la sua ripresa all’attività sportiva e gradualmente può sperimentare come sarà in futuro la sua prestazione atletica, la sua performance.
La persona che avrà sviluppato un forte senso d’autoefficacia sceglie obiettivi più elevati, è più motivata, usa le proprie capacità con maggiore efficienza, è meno ansiosa, gestisce meglio i fallimenti, è più tenace e ottiene risultati più soddisfacenti di chi invece ha una percezione negativa delle proprie possibilità.
Prevenire l’incorrere dell’infortunio con respirazione e rilassamento
La velocità di respirazione influenza la mente (1): gli effetti di una riduzione della velocità di respirazione non si limitano solo al corpo, ma si estendono alla mente e alle emozioni. Una respirazione lenta, tranquilla, porta compostezza e un naturale sollievo dalle alterazioni emotive. Controllando e regolando la respirazione, si ottiene un controllo completo su se stessi, riuscendo a rimanere mentalmente tranquilli anche di fronte alle emozioni.
Per questo in Giappone si crede tradizionalmente che lo Zen, in cui il controllo della respirazione occupa un posto importante, sia una via all’autocontrollo. La mancanza di autocontrollo fa sì che persone, altrimenti capaci, sotto stress non siano in grado di fare quello che in condizioni normali sanno fare benissimo.
Quando c’è in gioco qualche cosa di importante, chi ha problemi emozionali di questo tipo si sente i muscoli e la mente tesi, il che impedisce di agire in modo appropriato. Nessun accorgimento cosciente può fare nulla per risolvere questo problema, fuorchè il controllo della respirazione.
Rilassamento progressivo neuromuscolare: consiste in un esercizio di contrazione e decontrazione muscolare. Si ottiene una consapevolezza delle proprie sensazioni della tensione psicologica e della sua scomparsa quando i muscoli si rilassano. L’intento è di educare l’atleta alla riduzione volontaria del tono muscolare. Gli esercizi devono essere svolti giornalmente e progressivamente devono essere coinvolti la maggior parte dei muscoli del corpo.
(4)   HIRAI T., Curarsi con la meditazione zen, Red Edizioni Milano, 2007.
Matteo SIMONE
Esperto in psicologia dello sport,
nel trattamento dei traumi (EMDR)
380-4337230 – 21163@tiscali.it

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