Andrew Howe (Los Angeles, 12
maggio 1985)
è un atleta italiano di
origine statunitense, specializzato nella velocità e nel salto in lungo.
Cresciuto a Rieti, la sua prima medaglia importante,
un bronzo, arriva nel salto in lungo ai Campionati Mondiali giovanili di
Debrecen nel 2001 all’età di 16 anni.
È il detentore del record italiano outdoor (8,47 m)
e indoor (8,30 m) del salto in lungo, in questa specialità,
vince l’Oro ai Mondiali Juniores 2004 (Oro anche nei 200m -20"28, seconda
prestazione italiana all-time), agli Europei 2006, agli Euroindoor 2007, e
Argento ai Mondiali 2007 e Bronzo ai Mondiali Indoor 2006.
Andrew Howe, bloccato in questa stagione da un infortunio al retto
femorale, ancora una volta dichiara di non voler mollare e si spera che questa
sia la volta buona, un grande ritorno atteso da tanto e da tanti: “Continuerò ad allenarmi in Svezia, ma
passerò certamente alcuni periodi di allenamento a Formia”.
Da gennaio
si allena a Goteborg, in Svezia, sotto la guida tecnica di Yannick Tregaro.
Nei giorni scorsi è incappato in un nuovo infortunio ma Andrew dalle sue
dichiarazioni emerge una grande motivazione a fare bene ed appare essere molto
più maturo e determinato nei suoi obiettivi, sembra aver sviluppato anche una
sorta di resilienza, nonostante gli infortuni vuole dimostrare a tutti di avere
ancora le carte in regola per fare bene.
L’infortunio rappresenta un evento destabilizzante
l’equilibrio psicologico dello sportivo; un cattivo adattamento all’infortunio
può comportare la comparsa di sensazioni di rabbia e impotenza, sbalzi di
umore, sensi di colpa, pensieri depressivi, con la conseguente compromissione
delle relazioni famigliari, interpersonali, dell’andamento scolastico o lavorativo,
l’auspicabile intervento può espletarsi nel prevenire l’incorrere
dell’infortunio e nell’aiutare l’atleta infortunato.
Le fasi della ripresa psicologia dell’atleta
La prima cosa da fare è partire dalle proprie sensazioni
fisiche, corporee, sentirsi, fare una scansione corporea dalla sommità della
testa e scendendo fino alle punta dei piedi. L’atleta può individuare le parti
fragili, deboli, da potenziare.
L’atleta può individuare eventuali criticità che lo abbiano
portato all’infortunio, può valutare, studiare cosa può focalizzare la sua
attenzione per evitare successivi infortuni, ridefinire le priorità che si era
prefissato prima dell’incidente, allargare i suoi interessi anche ad ambiti non
sportivi, continuando, contestualmente a mantenere i contatti con il suo mondo
sportivo, l’allenatore e la squadra, accettare le emozioni negative legate
all’infortunio, in attesa di riprendersi la sua identità di sportivo.
L’atleta può sentirsi soggetto attivo nel processo di
riabilitazione, definire un piano di ripresa, di ripartenza, sviluppare un
piano per un’azione futura efficace può individuare le risorse occorrenti da potenziare,
sia personali che esterne, allenatore, fisioterapista, psicologo, medico.
Sviluppare risorse interne allo scopo di aiutare a stabilire
un senso di efficacia e di possibilità per il Futuro, creare un suo Consigliere
Interiore o un “Allenatore Interiore”, creare una “Squadra Interiore” di
aiutanti o di sostenitori, ognuno in grado di apportare un’influenza positiva.
L’atleta può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando
i tempi e le modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare a
qualcuno. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più
ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Persuasione verbale da parte di altri, dei quali si hanno
fiducia e stima attraverso gli incoraggiamenti verbali che tendono a
sottolineare gli elementi positivi di un gesto o una azione.
Aiutare l’atleta infortunato a ritrovare la motivazione
L’atleta vincente riesce a trovare la determinazione, la
calma, lo spirito di sacrificio per ricominciare dopo ogni stop prolungato,
dopo ogni sconfitta.
Importanti sono la meditazione, la visualizzazione, il
lavorare sull’autoefficacia.
Attraverso la meditazione la persona riesce ad aspettare i
suoi tempi, i tempi occorrenti per il recupero, riesce a comprendere che tutto
passa, tutto sorge e tutto muore, riesce a non reagire agli eventi spiacevoli,
riesce a partire dal qui e ora e a programmare una formulazione del goal
setting, un piano degli obiettivi graduali con una giusta scansione temporale.
Con la visualizzazione l’atleta infortunato può continuare ad
eseguire un minimo di allenamento, ripetere mentalmente il gesto motorio dato
che l’imagery consentirebbe di rimanere tecnicamente e muscolarmente allenati
anche in stato fisico di effettivo riposo, può ricercare precedenti gesti
atletici che gli hanno permesso di emergere, di ben figurare, di fare ottime
prestazioni, può continuare a sperimentare le sensazioni occorrenti per
continuare la carriera sportiva, può provare a visualizzare come sarà la sua
ripresa all’attività sportiva e gradualmente può sperimentare come sarà in
futuro la sua prestazione atletica, la sua performance.
Prevenire l’incorrere dell’infortunio con respirazione e
rilassamento
La velocità di respirazione influenza la mente (1): gli effetti di una riduzione
della velocità di respirazione non si limitano solo al corpo, ma si estendono
alla mente e alle emozioni. Una respirazione lenta, tranquilla, porta
compostezza e un naturale sollievo dalle alterazioni emotive. Controllando e
regolando la respirazione, si ottiene un controllo completo su se stessi,
riuscendo a rimanere mentalmente tranquilli anche di fronte alle emozioni.
Per questo in Giappone si crede tradizionalmente che lo Zen,
in cui il controllo della respirazione occupa un posto importante, sia una via
all’autocontrollo. La mancanza di autocontrollo fa sì che persone, altrimenti
capaci, sotto stress non siano in grado di fare quello che in condizioni
normali sanno fare benissimo.
Quando c’è in gioco qualche cosa di importante, chi ha
problemi emozionali di questo tipo si sente i muscoli e la mente tesi, il che
impedisce di agire in modo appropriato. Nessun accorgimento cosciente può fare
nulla per risolvere questo problema, fuorchè il controllo della respirazione.
Rilassamento progressivo neuromuscolare: consiste in
un esercizio di contrazione e decontrazione muscolare. Si ottiene una
consapevolezza delle proprie sensazioni della tensione psicologica e della sua
scomparsa quando i muscoli si rilassano. L’intento è di educare l’atleta alla
riduzione volontaria del tono muscolare. Gli esercizi devono essere svolti
giornalmente e progressivamente devono essere coinvolti la maggior parte dei
muscoli del corpo.
(4) HIRAI T., Curarsi con la meditazione
zen, Red Edizioni Milano, 2007.
Matteo SIMONE
Esperto in psicologia dello sport,
nel trattamento dei traumi (EMDR)
380-4337230 – 21163@tiscali.it
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