L’ho finita e, considerato che era la prima, la cosa non era scontata
Matteo SIMONE
Il 6 novembre 2022, si è svolta la maratona di New York e il vincitore è stato il keniano Evans Chebet in 2h08’41”, precedendo l’etiope Shura Kitata 2h08’54” e l’olandese Abdi Nageeye 2h10’31”.
Tra gli atleti italiani, il più veloce è stato Daniele Meucci in 2h13’29”.
Tra le donne ha vinto la keniana Sharon Lokedi in 2h23’23”, precedendo l’israeliana Lonah Salpeter 2h23’30” e l’etiope Gotyom Gebreslase 2h23’39”.
Tra le italiane, ha portato a termine la gara anche Stella Firinu che racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Complimenti per aver concluso la maratona di New York, com'è andata? Benone perché l’ho finita e, considerato che era la prima, la cosa non era scontata.
Nella vita ci sono obiettivi, sfide, sogni da portare a termine e trasformare in realtà dopo periodi di impegno costante e con tanta passione, motivazione e determinazione.
Soddisfatta? Criticità? Nel complesso direi abbastanza soddisfatta. Ho corso senza problemi e con il sorriso per i primi 32 km finché è sopraggiunto il dolore ai piedi di cui soffro da qualche mese. L’ho dovuta completare alternando camminata a corsetta e con dolori lancinanti.
Si mettono in conto crisi e difficoltà, soprattutto in maratona dove si può incontrare il cosiddetto muro o altre difficoltà, ma bisogna essere resilienti e fiduciosi trovando soluzioni e utilizzando strategie per andare avanti a prendersi una medaglia sognata e guadagnata attraverso il duro lavoro.
La dedichi a qualcuno? A me stessa ed agli amici che hanno avuto la pazienza di “accompagnarmi” seguendo il live tracking sull’app.
Ai tempi di oggi le gare si fanno faticando, divertendosi, esaltandosi da soli ma anche con l’aiuto da casa attraverso i social, live, app.
Avevi un mantra in gara? Avevo suddiviso i km in otto “giri” come le sessioni di workout in palestra per cui contavo i giri che mancavano alla fine. Dopo il quarto, tutta discesa. “Dai che la metà l’hai fatta”, “Dai che tre quarti li hai fatti”, “Dai che mancano solo due giri”, “Dai che manca solo un giro” …
Ottima strategia, andando avanti e automotivandosi grazie al grande e duro lavoro fatto a casa, una lunga preparazione per portare a termine un obiettivo difficile, sfidante ma non impossibile.
Quali allenamenti sono risultati importanti e/o fondamentali? Le mezze a cui ho partecipato nel mese di ottobre e, soprattutto a livello psicologico, il trail di 32 km con dislivello positivo di 1300 metri che, a livello di sforzo, pare sia equiparabile ad una maratona. Mi dicevo “se ce l’hai fatta a finire quel trail, questa la finisci senza problemi”.
Per raggiungere un obiettivo importante bisogna lavorare gradualmente alzando l’asticella delle difficoltà, cercando di simulare il più possibile la difficoltà dell’obiettivo da raggiungere. Ogni gara diventa una mattonella per costruire la performance, ogni allenamento, ogni fatica.
Paura, tensione, ansia, durante la gara? Nessuna. Troppo distratta da tutto quello che mi circondava.
La maratona di New York risulta essere una grande festa per runner e maratoneti, ci si fa trascinare dall’entusiasmo e la fatica pesa di meno.
Cosa hai scoperto ancora di te? Che ce la posso fare sempre e comunque, che non mollo neppure con le lacrime agli occhi per il dolore. Più testarda di quello che credevo.
Soprattutto le prime maratone portate a termine lasciano una grande carica e fiducia nella persona, di poter sopportare fatiche e dolori, saper utilizzare strategie per andare avanti, per non mollare fino al traguardo.
Cosa hai portato a casa? A parte una medaglia che solo qualche anno fa mai avrei pensato di poter conquistare, la consapevolezza di essere una tosta.
Cosa hai lasciato lì? Forse qualche insicurezza che residuava in merito alla corsa.
Si porta via a casa un gran bottino, una medaglia che indica il percorso fatto e la fiducia a fare altro senza autoimporsi limiti.
Prossimi obiettivi? Sfide? Per ora, solo continuare a gareggiare divertendomi e senza badare al cronometro. Il ricordo dei dolori è ancora troppo vivo per poter pensare a nuove sfide di tale portata.
Hai ancora sogni da realizzare? Ovvio. Smettere di sognare equivale a morire. Oggi non so quale sarà il mio prossimo obiettivo ma non tarderò ad individuarlo.
Importante considerare la ciclicità dell’esperienza, prendersi cura dopo tanta fatica e tanti dolori, recuperare, riposare e riflettere e pensare per le prossime sfide, osando senza strafare.
Cosa dicono familiari, colleghi, amici di squadra? La più divertente è stata mia madre:
- “Cosa hai vinto?”
- “La medaglia!”
E vabbè… 😂😂😂.
Psicologo, Psicoterapeuta
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