lunedì 4 maggio 2015

Intervista a Marco Zanchi: atleta Nazionale Ultratrail

Marco Zanchi inizia a correre per dimagrire, come fanno in tanti, ma in lui la passione e la voglia di correre aumenta sempre di più fino a diventare un’amante delle lunghe distanze, ma l’importante è che non si corra sull’asfalto. Infatti marco considera la 100km su strada una gara estrema che non farebbe mai. Quindi più che Ultramaratona Marco si definisce Ultratrailer.
Marco ci racconta come ha iniziato a correre: “Corro da oramai 15 anni, tutto cominciato per dimagrire, dopo pochi anni ho intrapreso la strada delle gare, un vizio che avevo già quando correvo in moto di trasformare la passione in competizione. Ho cominciato a correre anche in montagna skyrace e skymarathon, poi con il passare degli anni ho aumentato le distanze quando nel 2010 ho affrontato la mia prima Ultratrail la Lavaredo di 90km dove ho concluso al 2° posto e da allora ho intrapreso questa strada delle ultra distanze che in italia non avevano ancora successo.
Marco ha la passione per la montagna e il visitare nuovi luoghi, si sente un po esploratore durante queste avventure. Per Marco come per altri Ultramaratoneti e soprattutto per gli Ultratrailer correre per lunghe distanze nella natura, per sentieri significa intraprendere dei viaggi tra la natura e con solo le tue energie a disposizione. Infatti da una parte c’è la passione per la natura, per la bellezza dei paesaggi, dall’altra parte c’è una voglia di misurasi con se stessi, di fare da solo, di superare sfide che a volte sembrano impossibili ma come racconterà Marco e come raccontano altri, a volte sembra di essere arrivati al limite, allo stremo delle forze, ma poi se scatta la molla mentale escono fuori risorse e capacità insospettabili, ti fermi credi che sia finito e dopo un po’ ti rialzi con nuovi stimoli, con più entusiasmo, questo significa essere resilienti, sapere che ce la puoi fare, che ad ogni crisi c’è almeno una soluzione, almeno una via d’uscita, basta trovare la porta giusta. E superando queste crisi, con l’esperienza aumenta anche l’autoefficacia personale, credi sempre più in te stesso e questa forza, caratteristica mentale si trasferisce, oltre che nello sport, nella vita privata, sai che puoi gestire, affrontare qualsiasi disagio, difficoltà, si diventa più sicuri.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Per ora mai, ogni tanto torno anche alle gare condistanze brevi skyrace più per allenamento e rivedere tanti amici.”

Storie di crisi nelle lunghe distanze

Gli atleti raccontano volentieri i momenti di crisi dove si sentivano spacciati, sfiniti, arresi, ma poi qualcosa è cambiato, si sono trasformati come se avessero indossato un costume da supereroe e sono ritornati in piedi con le energie sufficienti per portare a termine l’obiettivo prefissato, infatti è stato chiesto a diversi ultramaratoneti di raccontare un aneddoto e molti raccontano queste vicende ed esperienze rimaste impressse e che sono utili in eventuali altri momenti di crisi per ricordare che già altre volte hanno superato un momento difficile e quindi se vogliono ad ogni problema c’è almeno una soluzione. Di seguito le risposte ricevute alla doomanda: “Ti va di raccontare un aneddoto?”:
“A Brisighella (88°km) sono esausto, il ginocchio mi fa male soprattutto quando dal cammino passo alla corsa, il piede è anestetizzato, non lo sento più, sento la scarpa che stringe parecchio credo si sia gonfiato e circoli meno sangue, iniziano così i 12km più lenti della mia vita podistica.
Cammino dal ristoro fino all’uscita del paese, ogni volta che riprendo a correre sento male al ginocchio, vorrei continuare a camminare ma con due rapidi calcoli mi rendo conto che ci vorrebbe troppo tempo ed in quel momento il desiderio più grande per me è arrivare il prima possibile per smettere di correre, mi faccio forza e cerco di ridurre al minimo i tratti di cammino.
Il successivo ristoro sembra non arrivare mai perché si trova al 95° circa, a 7km dal precedente di Brisighella, 2km in più del solito, 2km che sembrano non passare più. Afferro un bicchiere d’acqua, i volontari mi incitano, mancano 5km a Faenza ma con 95km nelle gambe anche 5 miseri km sembrano interminabili, maledico il giorno che mi sono iscritto e mi riprometto di non rifarla mai più!
Ormai è fatta. A 2km dalla fine si entra nel paese, spengo la frontale e la metto in tasca, ormai è fatta, 98km e corro ancora, sono appena passate le 4:00 del mattino, è ancora buio, ho vinto la scommessa col sole, arriverò prima io del suo sorgere.

Importante il sostegno di famiglia e amici per gli ultramaratoneti

“Si può assaporare completamente una situazione piacevole , senza dispiacersi quando finisce perché si comprende che ogni cosa è destinata a passare.”
William Hart

Con il tempo i famigliari comprendono che forse è meglio accettare questa passione e diventano i primi tifosi dell’atleta sostenendolo nelle sue imprese in modo da agevolarlo nel prendere le opportune precauzioni o attenzioni per svolgere al meglio la competizione o allenamento considerato estremo.
Gli amici inizialmente considerano l’alteta fuori di se, ai limiti della pazzia, ma con il tempo apprezzano gli aspetti del carattere che gli permettono di sostenere allenamenti e competizioni di lunghissima durata e di difficoltà elevatissima, diventando quasi fieri di essere amici e raccontando in giro le gesta dei propri amici atleti, quasi a vantarsi di conoscere gente che fa l’impossibile, extraterrestri.
Di seguito le risposte ricevute alla domanda: “Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme:
“Mia moglie ed i miei figli mi seguono ovunque, si informano e partecipano alle mie emozioni. Senza di loro non avrebbe senso tutto questo.”
“Non è difficile immaginarlo, anche se si fidano, in qualche modo, del mio equilibrio. Molti amici pensano bene di me perché li ho portato felicemente sulla mia cattiva strada dell’ultramaratona e si sono cavate le loro belle soddisfazioni. Ricordo con piacere un anno in cui ho portato al traguardo di una 100 km un gruppo di 5 amici dell’Atletica del Parco che si sono fidati della mia conduzione di gara. Un’esperienza indimenticabile per loro e per me.
Un anno ho portato mio figlio sulle strade della Pistoia Abetone e la sua ammirazione nei miei confronti è cresciuta perché si è reso conto della difficoltà e di avere un padre all’altezza di quella difficoltà.”

Con un buon allenamento mentale si può portare a termine qualsiasi gara

L’ultramaratoneta ha scoperto che volendo, si può far tutto, che la passione è un motore potente che riesce a mobilitare le energie occorrenti per portare a termine qualsiasi impresa con qualsiasi condizione, è una sorta di adattamento graduale che ti permette gradualmente di incrementare l’autoefficacia personale e sviluppare la resilienza che ti permette di andare avanti e non fermati per imprevisti o crisi ma avere la capacità di gestire momento per momento con tutte le proprie risorse, capacità personali scoperte nel corso di precedenti competizioni e situazioni.
Pertanto l’ultramaratoneta è continuamente alla ricerca di situazioni sfidanti da gestire, superare che poi facciano parte del proprio corredo caratteriale.
Infatti molti degli intervistati alla domanda: “Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine?”, rispondono con determinazione e sicurezza di non avere problemi ad affrontare qualsiasi tipo di competizione:
“Nessuna, ancora oggi ritengo che possa arrivare in fondo a qualsiasi gara, con l’avanzare dell’età non so, i miei prossimi obbiettivi sono UTMB e TDG e spero di riuscirci.”
“Temo il freddo, quindi ogni gara esposta a temperature rigide mi preoccupa (il che non significa che prima o poi non la proverò…)”
“Penso che con un buon allenamento mentale si possa portare a termine qualsiasi gara. Non importa il tempo che impieghi.”

giovedì 30 aprile 2015

Hai un sogno nel cassetto?

Il sogno nel cassetto degli ultramaratoneti è percorrere sempre più chilometri nelle condizioni più difficili e continuare a correre anche a 100 anni. 

Ecco cosa rispondono alla domanda: “Hai un sogno nel cassetto?”:
Pasquale Artuso: “Il Tor des Geants (TDG)!” 
Marco Stravato: “La Nove Colli Running 202,4 km, ma di più l’UTMB (Ultra Trail du Mont Blanc 168 km con 9.600 metri di dislivello positivo in semi-autonomia che si svolge sui tre versanti francese, italiano e svizzero del Monte Bianco) e il TDG. Il trail lo preferisco ultimamente.”
Gianni Greco: “Poter correre una Ultra con mia moglie.”
Marco Dori: “Relativamente alle ultra, sì, diversi. Mi piacerebbe correre nel deserto, una di quelle corse a tappe. Mi piacerebbe correre anche sul ghiaccio al Polo Sud o Nord e poi mi piacerebbe fare una sky race / un ultra trail in montagna in mezzo alla neve. Poi mi piacerebbe riuscire a fare la Atene – Sparta di 248 km… Insomma, parecchie cose…”

mercoledì 29 aprile 2015

L’alimentazione degli ultramaratoneti semplice e naturale

Chiedendo a diversi ultramaratoneti se usano integratori o farmaci è emerso che diversi seguono una dieta vegetariana e per la maggior parte non usano farmaci se non alcuni ai quali gli è stato prescritto e tendono a far uso di alcuni integratori soprattutto nei periodi di maggior carico di allenamenti. La maggior parte sono propensi a farne a meno e cercare di andare avanti con un’alimentazione semplice e naturale, così come sembra essere lo stile di vita semplice e naturale, in particolare per gli ultratrail che sperimentano benessere a correre liberi tra sentieri, parchi, montagne. Quindi alla domanda: “Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?”, di seguito le risposte ricevute:
“Mai presi dei farmaci, integratori invece si.”
“Sali, magnesio e potassio soprattutto in estate.”
 “Aminoacidi prima delle gare o allenamenti lunghi, Sali minerali quando fa caldo, enervit gt che compro al supermercato, polase. Per quale motivo? Nelle ultra si andrebbe troppo sotto scorta, quindi penso sia quasi essenziale, certi limiti sarebbe impossibile da raggiungere, non uso nient’altro però.”
No, riesco a tirare avanti mangiando naturale.”
Non uso nessun farmaco e integratore specifico.”
“Quando mi alleno prendo degli aminoacidi immediatamente prima e dopo l’allenamento per proteggere i muscoli e riparare le microlesioni muscolari. Durante le ultra sciolgo maltodestrine nell’acqua.”

martedì 28 aprile 2015

L’atletica “LA SBARRA” per uno sport integrato

L’atletica “LA SBARRA” è una squadra di podismo della zona sud-est di Roma, la maggior parte delgi atleti si allenano nell’immenso Parco Tor Tre Teste - Alessandrino, uno dei tanti polmoni verdi di Roma, situato tra il lungo Viale Palmiro Togliatti, la via di Tor Tre Teste e le due vie consolari Prenestina e Casilina.
In questo parco c’è di tutto, è attraversato da un tratto di un antico acquedotto di Roma, l'Acquedotto Alessandrino che dà il nome al quartiere, inoltre all’interno c’è un anfiteatro all’aperto, una pista di atletica che fa da perimetro ad un campo di Rugby dove si riversano tanti bimbi e ragazzi appassionati a questo sport in alternativa al calcio.
Inoltre nel parco è possibile notare degli stormi di pappagalli verdi, ed in un laghetto è possibile osservare le tante tartarughe e i vari uccelli d’acqua che stazionano e transitano per il parco. Inoltre, sempre all’interno del parco il cui perimetro ha una lunghezza di circa 8 km è possibile anche usare un paio di zone attrezzate per gli esercizi fisici all’aperto.
Insomma è un ritrovo per tanti appassionati di sport all’aperto, individuali e di squadra, è un ritrovo per tanti appassionati della corsa e della camminata, è un ritrovo per coloro che portano i cani a spasso, per coloro che vanno in bicicletta e per coloro che vogliono fare un picnic o comunque uscire fuori casa senza allontanarsi più di tanto e godersi i colori, gli odori, i suoni del parco.
Una decina di anni fa un gruppo di corridori ha deciso di costituire una squadra podistica ed ha individuato un nome semplice e cioè “ATLETICA LA SBARRA” in quando il ritrovo è sempre stato in corrispondenza di una sbarra orizzontale che stava a significare un ingresso del parco.

Translate