Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro spiega come tante
volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca, non ci permette di
osare ma è anche vero che a volte la posta in gioco è molto alta e quindi
l’istinto può giocare brutti scherzi facendoti agire senza calcolare eventuali
imprevisti inattesi, per non parlare della preoccupazione dei famigliari ed
amici che stando ad aspettare possono immaginare le peggiori cose, ecco cosa
scrive a proposito Hervé: “L’ultimo
giorno procede come gli altri, tra imprevisti, ostacoli e rischi. Una scalata
al limite? Forse. Di certo un’esperienza completa e unica. Una sfida che
il buon senso e la razionalità mi
suggerivano di non tentare e che l’istinto mi ha permesso di affrontare. Dopo
tre giorni di scalata e due bivacchi inparete concludo la via nuova e sulla
cima una grande sorpresa mi attende. Nella luce opaca che precede la notte, la
sagoma di mio padre prende forma come un miraggio. Dicono che a guardarmmi
scalare dal Breuil fosse nervoso, quasi arrabbiato per non avermi impedito di
partire, dicono che fosse preoccupato per suo figlio e così mi ha raggiunto
salendo per la cresta di Furggen.”(1)
Gli ultrarunner sperimentano di avere risorse interiori nascoste che
vengono fuori al momento opportuno, inoltre sperimentano di riuscire nelle loro
imprese, sperimentano di essere in grado di portare a termine i loro progetti,
i loro obiettivi.
Le risposte degli atleti alla domanda: “Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta?” fanno riferimento
ad altre dimensioni, al superare il normale, il banale, la vita
quotidiana, si parla di girare una curva per vedere cosa c’è dietro, scoprire
quello che non si può vedere e quindi la voglia di superarsi, di superare il
noto, il conosciuto.
Gli atleti più che
di sport parlano di un viaggio nel mistero nella conoscenza propria, nel vedere
cosa riescono a fare, cosa riescono a sopportare, a raggiungere. Di seguito le
risposte ricevute:
Marco Stravato: “Il
viaggio, l’avventura, i lunghi percorsi, 24 ore e più a non pensare allo stress
lavorativo, sembra di essere entrato in un'altra dimensione, dentro se stessi.”