Ultramaratoneti e gare estreme (cosa motiva questi atleti? quali i
meccanismi psicologici? cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti
fisici?), questo
dovrebbe essere il titolo del mio prossimo libro che racconta le storie,
passioni, motivazioni, aneddoti di più di un centinaio di atleti che si
dilettano a percorrere tantissimi chilometri in tante modalità, su strada, su
sentieri, su tapis roulant, tra i tanti atleti mi sono imbattuto in Vito Intini
e riporto di seguito un’intervista per approfondire la conoscenza di
quest’atleta Pugliese in giro per il mondo.
Cosa significa per
te essere ultramaratoneta? La ricerca di mettere il proprio fisico e la propria
mente in difficoltà nella quale esiste la soluzione. Come risolvere un rebus o
un sudoku. Mai però deve essere raggiunto il pericolo organico!
Qual è stato il
tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? Sono stato sempre un ultra. In
ogni ambito sia lavorativo che del tempo libero vado oltre i limiti classici.
Per cui era ovvio che lo diventassi anche nella corsa. Già nel 1990 (avevo 21
anni) desideravo fare una 100 km.
Cosa ti motiva ad essere
ultramaratoneta? L’incognita del risultato e la gioia che mi pervade quando
affronto la fatica.
Hai mai pensato di
smettere di essere ultramaratoneta? No, ma di uscire dall’ambiente degli
Ultramaratoneti, anzi quello del podismo, si.
Hai mai rischiato
per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? No, per
fortuna ho saputo sempre gestirmi al meglio e non ho mai subito infortuni che
mi hanno costretto di fermarmi a lungo. Per motivi famigliari (la nascita di
mio figlio) ho smesso di correre per due anni ma era pianificato. Poi è stata
mia moglie a ricordarmi che era ora di riprendere a correre.
Cosa ti spinge a
continuare ad essere ultramaratoneta? Le motivazioni sono un po’ cambiate.
Prima era per raggiungere e conoscere i propri limiti oggi più per sfida verso
la legge biologica dell’invecchiamento.