lunedì 21 dicembre 2015

Il mondo degli ultramaratoneti è sorprendente

Matteo SIMONE

Il mondo degli ultramaratoneti è sorprendente, sto approfondendo la conoscenza di questi fantastici e bizzarri personaggi e le risposte che mi danno sonno le più strane e particolari, alla domanda “Ti puoi definire ultramaratoneta?” e le risposte sono le più bizzare, gli intervistati si divertono piacevolmente a raccontare le svariate gare fatte nel corso della loro carriera, le più difficili le più lunghe, le più sofferte.
Per esempio Michele Monti è un ultracorridore che piace correre anche in mare, sui fiumi, ecco la sua risposta: “Mi posso definire ultra maratoneta, faccio gare sia in bici e sia corsa e corro pure dentro il mare”. Non esistono limiti per queste persone particolari e fantasiose, possono prediligere deserto, ghiaccio, strada, pista, l’importante è correre e non fermarsi, arrivare al traguardo in qualsiasi modo e vivere l’esperienza piacevole di questo sport.
Fare tanto sport per tempi prolungati ed in modi diversi è anche una caratteristica dello spagnolo Arnaud Julia Bonmati, un atleta professionista (team Buff), specializzato in Raid Avventura multisport e Ultra Trails di montagna, Campione Mondiale di Raid Avventura nella Bimbache Extrem. Nel 2012 e 2013 vince il Campionato Catalano di Ultra Trail. Il 2013 vince il TDS (sur les Traces des Ducs de Savoie), 119 km con 7250 metri di dislivello positivo. Ecco cosa risponde: “Io non mi definisco come un ultrarunner, Io normalmente dico che sono un atleta di ultra distanza. Mi piacciono molti sport, ed in ogni sport mi piace la lunghezza e la durezza. Questo è il mio stile di vita e in tutti gli sport che pratico. (I don’t define myself like a ultrarunner, I normaly said that I’m and ultra distance athlet. I love a lot of sports, and in each sport I like the long and hard. This is my style in life and in all the sports that I practice.)”
Gli atleti non per definirsi ultramaratoneti non si riferiscono solo alla quantità di chilometri percorsi o da percorrere in gara ma si riferiscono anche ad una mentaliutà che guarda oltre, ecco come risponde alla domanda Ciro Di Palma: “Certo, sono un ultramaratoneta, per due motivi: il primo è perché corro distanze oltre la classica maratona e il secondo è perché ho la mentalità da ultramaratoneta...GUARDO OLTRE !!!”

La vision della Uisp: liberi di muoversi, di vincere, di perdere, di rallentare


In occasione della corsa di Miguel, sul libro-dispensa pubblicato dal titolo “Ai vostri posti (il mondo, lo sport, le olimpiadei. I campioni che hanno vinto e quelli che non ce l’hanno fatto) vi è riportata la vision della Uisp con le parole del Presidente Nazionale Uisp (Unione Italiana Sport Per tutti), Vincenzo Manco: “#Liberi di muoversi è la sfida culturale che ha scelto l’Uisp, la più grande associazione italiana di sport sociale e per tutti, nata nel 1948. Uisp significa liberi di vincere, di perdere, di gareggiare, di rallentare, di giocare, di esprimersi, di conoscersi, di partecipare, di camminare e di correre. Liberi dal doping e dal razzismo. Ma anche libere di scegliere, di esprimersi, di decidere. Significa liberi e libere di amara e di invecchiare, di sognare e di emozionarsi. Perché questa è la visione di sport che vi proponiamo, un’esperienza da fare insieme e in libertà.”
La Corsa di Miguel non è solo una corsa podistica ma molto di più, è una manifestazione organizzata dal Club Atletico Centrale con l’Unione Italiana Sport per Tutti intitolata alla memoria di un maratoneta-poeta argentino, uno delle migliaia dii desaparecidos uccisi dal governo argentino per fini politici. Miguel Benancio Sanchez amava la vita, l’atletica, l’Argentina, il suo Paese.
Miguel a 18 anni, prese la sua valigia di cartone e seguì i fratelli che erano già partiti per Buenos Aires. Fu qui che cominciò una nuova avventura. Faceva l’imbianchino e il calciatore prima di scoprirsi innamorato dell’atletica. Giocava nella quarta divisione con il Gymnasia y Esgrima de LaPlata. Ma l’atletica lo conquistò. Si allenava di mattina presto e alla sera tardi con il tecnico Osvaldo Suarez, mitico personaggio che aveva vinto tre volte la Corrida di San Silvestro. La sua giornata era infinita. Sveglia con una mela, primo allenamento, treno, lavoro, ancora allenamento, scuola serale per completare quegli studi che non aveva finito. A volte rientrava all’una di notte. Aveva tanti fratelli e sorelle, in tutti erano dieci. Era un poeta autodidatta. Il suo “Para vos atleta”, “Per te atleta”, fu pubblicato dalla GazetaEsportiva di San Paolo, il 31 dicembre del 1977, nove giorni prima della sua sparizione. Era un inno alla corsa.

Ultrarunner, percorsi non solo lungo strade e sentieri ma anche dentro se stessi

Matteo Simone 

Per molti atleti ultrarunner vi è la consapevolezza dell’importanza del corpo e della mente, e quindi non significa solo avere solo muscoli da allenare ma una buona gestione di sé fisica e mentale, ecco di seguito alcune testimonianze. 

Franco Collè: A mio avviso essere ultramaratoneta non vuol dire essere un atleta, bensì una persona che ha imparato a gestire in modo ottimale le proprie energie fisiche e mentali.”  
Nico Leonelli: Significa essere una persona preparata fisicamente e mentalmente.”  

Ultramaratona, viaggi lunghi anche dentro se stessi

Matteo Simone 

Molti atleti parlano di viaggi lunghi anche dentro se stessi. 

Roberto D’Uffizi: “Significa avere la possibilità di effettuare un meraviglioso viaggio dentro noi stessi dove mente e fisico, in sinergia, cercano di portarti oltre lo stremo.” 
Marco Zanchi: “Intraprendere dei viaggi tra la natura e con solo le tue energie a disposizione.” 
Armando Quadrani: “Spostare i limiti fisici e mentali oltre uno schema predefinito. In trigonometria esprimerei il mio pensiero dicendo che è il limite che tende all'infinito. Non ci sono ostacoli, barriere, punti di arrivo che possono interrompere una avanzata. Una continua ricerca del mio io, che forse non riuscirò mai a scoprire fino a dove è stato collocato. Un viaggio continuo con me stesso, dentro me stesso. Quasi un peregrinare senza meta ,un navigare a vista. Una retta infinita che non ha un punto di origine ne di arrivo.

Sport come strumento per riabilitazione fisica, ma soprattutto terapia mentale

Psicologo, Psicoterapeuta

Sul libro-dispensa, pubblicato in occasione della corsa di Miguel, dal titolo “Ai vostri posti (il mondo, lo sport, le olimpiadei. I campioni che hanno vinto e quelli che non ce l’hanno fatto) (1) vi è riportato come lo sport può essere usato come strumento per la riabilitazione fisica dei pazienti sia fisica che mentale: “Ludwing Guttmann rivoluzionò completamente l’approccio ai pazienti con lesioni spinali, introdusse cure e terapie mai provate in passato, perfezionò l’utilizzo della fisioterapia, ma soprattutto riaccese la luce nelle vite di queste persone. E lo fece grazie a ciò che da sempre stimola nell’uomo spirito competitivo ma anche fratellanza, voglia di migliorarsi e anche profonde amicizie: lo sport. Fu questa l’illuminazione più grande di guttmann, usare lo sport come strumento per la riabilitazione fisica dei propri pazienti, ma soprattutto come terapia mentale. L’idea che una persona con disabilità potesse svolgere una qualsiasi disciplina sportiva, semplcemente folle fino ad allora, inimmaginabile fino ad allora diventa realtà.”
Storicamente, i primi giochi per disabili si tennero nel 1948 in Gran Bretagna, nell’ospedale di Stoke Mandeville, non lontano da Londra, grazie all’entusiastica opera di Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo e direttore di quel centro di riabilitazione motoria. Le competizioni, cui parteciparono sportivi handicappati ex membri delle forze armate britanniche, ebbero molto successo e medici e tecnici di tutto il mondo visitarono il centro per apprendere tali metodologie riabilitative.
Nel 1952 per la prima volta i giochi di Stoke Mandeville divennero internazionali, e nel 1960 si svolsero nel contesto delle Olimpiadi di Roma, edizione da cui si comincia a parlare di vere e proprie Paraolimpiadi. (2)

venerdì 18 dicembre 2015

Atletica La Sbarra sul podio alla CORRI PER IL VERDE 2015

La CORRI PER IL VERDE risulta essere la corsa più longeva del centro Italia, dal 1971 la Corri per il Verde vuole far conoscere a migliaia di podisti di tutte le età angoli nascosti, bellezze e ricchezze della città, riaffermando il diritto a vivere gli spazi verdi, difendendoli utilizzando lo sport per tutte e per tutti come strumento. Uno strumento per vivere meglio, per crescere meglio.
L'edizione numero quarantaquattro ha permesso ai tanti atleti adulti e ragazzi accompagnati anche da famiglie ed amici, di conoscere le aree verdi della Capitale organizzando le tappe presso le seguenti aree: Riserva Naturale Valle dell'Aniene, Parco di Tor Fiscale, Parco Urbano del Pineto e l'Area Archeologica del Porto di Traiano a Fiumicino.
Liberi di correre. Liberi di muoversi. Nel verde.
Atletica La Sbarra, squadra di podismo di Roma, dopo la quarta ed ultima tappa, la Squadra Maschile ha confermato il terzo posto dello scorso anno, classificandosi dietro la società Scavo 2000 e davanti a Rifondazione Podistica, e riesce a ben figurare anche per quanto riguarda la squadra femminile, classificandosi, dopo la quarta ed ultima tappa al quinto posto, dietro alla società Rifondazione Podistica e davanti Olimpia 2004.
La maggior parte degli atleti dell’Atletica La Sbarra si allenano nell’immenso Parco Tor Tre Teste - Alessandrino, uno dei tanti polmoni verdi di Roma, situato tra il lungo Viale Palmiro Togliatti, la via di Tor Tre Teste e le due vie consolari Prenestina e Casilina. Molti altri atleti si allenano nel parco di Villa De Santis, sulla via Casilina dove vi è illuminazione anche di sera.

giovedì 17 dicembre 2015

Ogni giorno ho mille sogni, tutte le mattine mi sveglio e me li vado a prendere

 

Tra i progetti degli ultramartoneti vi sono tante gare impensabili da fare oppure continuare a correre fino a 100 anni o anche riprendere a correre dopo seri infortuni.

Ecco per esempio cosa ci dice Angelo Fiorini: “Visto che ho raccontato tutto al passato, essendomi fermato tre anni fa per i motivi ben noti, il mio sogno nel cassetto sarebbe quello di poter tornare a fare almeno una maratona senza la preoccupazione dei tempi, ma avere la soddisfazione provata la prima volta e ciò significherebbe principalmente per me, aver rimosso la paura e con la promessa che ciò non significa ricominciare! Anche perché i miei mi caccerebbero da casa!!!!  Grazie a te che mi hai dato l’opportunità di raccontare di un sport che non ha molta eco e che soprattutto dovrebbe avere più prescrizioni per poterlo praticare in sicurezza.

Alcuni sono più che soddisfatti per la carriera fatta come ci racconta Enrico Vedilei: “I sogni sportivi nel cassetto credo di averli raggiunti in quanto ho vestito 8 volte la Maglia della Nazionale nella specialità della 100km su strada mentre dal 2008 sono il Coordinatore Nazionale del settore Ultratrail e con presenze in Nazionale abbiamo sempre portato a casa qualche medaglia, per la precisione 6 di cui 3 individuali e 3 a squadre. Il sogno nel cassetto attuale sarebbe quello di poter scrivere un libro sulle gare fatte intorno al mondo ma bisogna avere del tempo e anche se avevo cominciato, non riesco mai a concentrarmi per finirlo.”

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