Matteo
Simone
L’obiettivo di questo mio scritto è illustrare argomenti riguardanti il raggiungimento di obiettivi nella vita e nello sport, con tecniche della psicoterapia della Gestalt, approccio E.M.D.R. e Ipnosi Ericksoniano, integrando con aspetti della Psicologia dello Sport, quali il goal setting, la motivazione, l’autoefficaicia, riportando un mio modello di intervento denominato Modello O.R.A. che è l’acronimo di Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia.
Modello
O.R.A. (Obiettivi, Risorse, Autoefficaica) applicato al gruppo
Questo è un lavoro complesso e
comporta la conduzione del gruppo da parte di uno psicoterapeuta che usi
l’approccio EMDR, in modo da permettere un lavoro di definizione ed
elaborazione di obiettivi e risorse occorrenti ed al contempo un lavoro di individuazione
e potenziamento, rafforzamento di risorse.
Contempla interventi di gruppo ed
individuali.
In gruppo avviene la definizione
dell’obiettivo del gruppo mentre nelle sedute individuali viene definito
l’obiettivo individuale.
Quello che potrebbe emergere, per
esempio, voglio vincere campionato come obiettivo di gruppo; voglio essere
capocannoniere, o miglior portiere con minor goal subiti, ecc.. come obiettivo
individuale.
Oppure voglio vincere staffetta come
obiettivo di squadra; voglio migliorare tempo mia frazione come obiettivo
individuale.
Ogni componente del gruppo dovrebbe
scrivere il suo obiettivo di squadra, il più dettagliato possibile, per esempio
tempo di esecuzione, reti segnate, subite, vedersi nel raggiungimento
dell’obiettivo di gruppo, sentire se è una cosa credibile ed osservare quali
potrebbero essere le proprie risorse e quelle degli altri componenti per
raggiungere l’obiettivo.
Quindi andrebbe scritto tutto in
sedute di gruppo, i componenti riportano su un foglio tutto quello che sperimentano,
obiettivi, risorse proprie o degli altri.
Vengono verificati gli obiettivi che
ognuno ha individuato tra i componenti del gruppo, si notano eventuali
differenze di obiettivi rispetto ai tempi di raggiungimento o qualitativi.
Si stabilisce un obiettivo condiviso
da tutti i componenti e si individuano le risorse occorrenti per il
raggiungimento dell’obiettivo della squadra, quindi ognuno individua le proprie
risorse e quelle di ogni componente.
Si discute assieme rispetto alle
risorse individuate e si stabiliscono assieme le risorse, qualità,
caratteristiche che ogni componente ha disposizione e che sarebbe eventualmente
da potenziare per il buon esito della performance della squadra.
Per aumentare la propria
autoefficacia in modo da beneficarne l’intera squadra, è importante che le
risorse individuate vadano legate ad esperienze passate dove si è dimostrato di
possederle, in modo da recuperarle mentalmente, e al fine di questo recupero
ogni componente può individuare episodi propri o relativi ad altri componenti
del gruppo.
Per esempio un atleta può ricordare
una propria prestazione di successo dove ha dimostrato di utilizzare la risorsa
individuata per l’obiettivo comune della squadra, esempio, l’attenzione, la
determinazione, la giusta gestione dell’ansia, il divertimento, ecc..
Dopo aver stabilito per ogni
componente la risorsa occorrente per il buon esito della prestazione di squadra,
si può invitare ogni componente ad immaginare la prestazione di squadra nella
quale ogni componente si esprime con la risorsa occorrente. Questa esperienza
permette di individuare eventuali aspetti critici, permette di vedersi
raggiungere l’obiettivo stabilito, di sentire le sensazioni piacevoli
collegate.
Questa modalità di lavorare con il
gruppo permette anche un lavoro di consapevolezza della squadra rispetto alle
proprie potenzialità.
A fine lavoro che può durare diverse
sedute, ogni componente della squadra potrebbe avere la consapevolezza maggiore
rispetto al proprio impegno nella squadra e quello degli altri, e scoprire come
è percepito dagli altri componenti, potrebbe essere un’occasione di confronto e
di allenamento a tavolino che aiuta a gestire le dinamiche di gruppo pre,
durante e post prestazione sportiva.
Periodicamente è possibile stabilire
un incontro per fare il punto della situazione e comprendere cosa c’è stato di
positivo e su cosa sarebbe necessario focalizzare l’attenzione per costruire un
clima di squadra teso alla performance.
Trattasi
di un manualetto, un piccolo saggio da leggere che cattura inizialmente
l’attenzione per la sensibilità degli argomenti, per la semplicità, per
l’utilità nella vita quotidiana, gradualmente si arriva a comprendere il
modello di intervento.
Si rivolge
agli adulti, educatori, operatori d’aiuto, studenti di psicologia, psicologi,
psicoterapeuti, professionisti che gravitano attorno al mondo dell’atleta e
agli atleti stessi.
Un modello di intervento denominato Modello O.R.A. da
utilizzare in base alle competenze degli operatori, dei professionisti, in
quanto il modello si può adattare in base alla propria professionalità.
Le persone sono interessate a capire
cosa fare per riuscire in qualcosa. Non vogliono necessariamente essere curate
ma apprezzate in qualcosa che riescono. Possono avere necessità di qualcuno che
gli mostri in qualche modo una strada percorribile, che si prenda cura di loro,
che sia interessato a quello che fanno, senza pretese, senza deliri di
onnipotenza.
Introduzione a cura di Nino Geniola,
psicologo-psicoterapeuta, riporto alcuni passaggi: “Matteo Simone parte da se
stesso, dalla propria esperienza personale di sportivo e psicologo
psicoterapeuta, proponendo un’integrazione di procedure volte alla creazione
del suo modello, battezzato con l’acronimo O.R.A., che sembra rendere omaggio
al “qui e ora” di perlsiana memoria.
In questo libro vi è la spinta ottimistica
a ricercare il benessere attraverso lo sport, prestando attenzione alle risorse
a disposizione dentro ogni singola persona.
O.R.A. è una formula efficace dal
punto di vista del problem solving e
può rappresentare un valido supporto a chi è interessato alla psicologia dello
sport, della salute e del benessere.
Prefazione di Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work di Cagliari, riporto alcuni passaggi: “…nell’attività sportiva così come nelle pratiche delle arti marziali, il lavoro con la consapevolezza non si riferirà soltanto alla dimensione corporea ma andrà esteso evidentemente anche all’esperienza emozionale e a quella del pensiero.
Come ha ben evidenziato Matteo
Simone descrivendo la pratica nella maratona, oltre un certo livello di soglia
tendono a manifestarsi diverse emozioni cariche di sofferenza. Possono sorgere sentimenti di impotenza e di rinuncia e
rassegnazione che rappresentano, come egli l’ha definito, il “muro” sovente considerato invalicabile.
Matteo scrive: 'Quindi quando arriva il
momento della crisi, del muro, l’invito è osservare le sensazioni di fatica, di
dolore, senza giudicare, senza reagire ma considerando di superare momento dopo
momento, metro dopo metro, per arrivare al traguardo'.
Da tutto ciò si evince che emozioni
e pensieri possono essere utilizzati per potenziare la propria determinazione
al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Avendo un corretto atteggiamento
come quello praticato nella meditazione Vipassana,
emozioni e pensieri possono favorire lo sviluppo della concentrazione in quanto
conseguentemente alla loro manifestazione si aumenta l’impegno di non
distogliere l’attenzione acquistando pertanto, nel corso dello sviluppo della
pratica, maggiore presenza.”
Presentazione
a cura di Isa Magli, riporto alcuni passaggi: “Raggiungere la positività nello
sport è scoprire la capacità di resistere alle frustrazioni, agli stress, ad
ogni impedimento dopo un evento traumatico, dopo un infortunio, dopo una
sconfitta, riacquistando l’autostima, in special modo con una comunicazione
efficace continuativa, empatica e non standardizzata.
Incuriosisce un argomento nuovo,
quello della “CAPOEIRA”: infatti, dopo una definizione a largo spettro come in
partenza in Brasile era una raccolta di diari di capi di spedizione, addetti a
riportare indietro gli schiavi neri che volevano scappare, poi intesa come
pratica nelle strade e nelle pubbliche piazze dell’esercizio di agilità e
destrezza fisica, passa ad annoverare i momenti dell’evoluzione di essa.
Nel 1890 con l’art.402 era
clandestina e il CAPOREISTA aveva solo un APELIDO, cioè un soprannome. Nel 1936
l’art.402 del codice penale fu revocato.
L’autore non risparmia l’elencazione
degli strumenti della “CAPOEIRA” quali: il BERINBAU (arco musicale); l’ATABAQUE
(tamburo); il PANDEIROS (tamburello a sonagli); l’AGOGO (campane di legno e
metalliche); il RECO-RECO (specie di raspa di legno); il CAXIXI (strumenti
idiofono africano).”
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