Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Sabato 26 Ottobre 2019! Tanti consigli su come
migliorare le performance nel running
con la esperta di nutrizione Chiara Sista e lo psicologo Matteo Simone! Dalle ore 15.00 è stato inoltre possibile ritirare i pettorali per la corsa del giorno
successivo!
Presentato il nuovo libro “Triathlon e ironman. La psicologia del triatleta”
Un aspetto che incide sul benessere e la
performance nello sport non è solamente l’allenamento fisico ma anche
l’allenamento mentale volto a gestire gli allenamenti duri e faticosi e le gare
che comportano ansia e stress. Un allenamento mentale per sperimentare
benessere, raggiungere elevate performance e prevenire eventuali problemi.
Per affrontare il periodo di
preparazione atletica ci vogliono convinzione, grinta, forza e determinazione. La
cosa importante, quindi, è decidere le priorità e gli obiettivi, e impegnarsi
per il loro raggiungimento. È indispensabile fare progetti credibili a se
stessi. Bisogna sapersi monitorare nel corso del tempo, sapersi testare o farsi
testare.
Nella preparazione atletica è importante
considerare la preparazione fisica, la preparazione nutrizionale e la
preparazione mentale. Importante è anche la preparazione mentale per rispettare
le varie sedute di allenamento che a volte sono troppe impegnative e potrebbero
far perdere all'atleta fiducia in se stesso o nei confronti del preparatore.
La preparazione mentale è importante per
gestire eventuali periodi di infortuni o crisi per mancanza di fiducia dei
propri mezzi o per problematiche familiari o di squadra. La preparazione mentale
è importante anche nel decidere sul proprio futuro agonistico e di benessere
fisico. E’ importante farsi aiutare nelle diverse scelte o rinunce.
Nel periodo di preparazione è importante
essere disponibili mentalmente ad accogliere i miglioramenti, mettere in conto
che potrà essere la volta buona, considerare che stavolta si potrà riuscire
perché si è fatto qualcosa di diverso rispetto a prima.
Di
seguito alcune testimonianza tratte dal nuovo libro
“Triathlon e ironman. La psicologia del triatleta.”
Francesco:
Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Che a volte penso troppo, dovrei lasciarmi
andare di più: è esattamente in questi momenti che ho raggiunto le mie
prestazioni migliori.”
Molte volte il limite è nella nostra
testa, a volte è importante osare, andare oltre, provare, rischiare.
Hai rischiato il doping? C’è un
messaggio che vorresti dare per sconsigliare il doping? “No, non ho mai rischiato: so che ci sono persone che lo praticano, ma è
una scelta che non condivido assolutamente. Le gare anzitutto sono un momento
in cui confrontarti con te stesso, indipendentemente dal riscontro cronometrico:
assumere sostanze che aumentano le prestazioni, è solo prenderti in giro.”
Ritieni utile lo psicologo dello sport?
In che modo e in quali fasi? “Sicuramente
è un aiuto in più a favore dell’atleta e può essere utile in qualsiasi fase
(dalla preparazione al post-gara). In generale può essere di supporto in un
momento di difficoltà personali dell’atleta e poi nello specifico per il
miglioramento della prestazione e per curare ogni fase di preparazione della
stessa.”
Daniel
Fontana: Quali sono le condizioni che ti hanno indotto a
fare una prestazione non ottimale? “Errori
nella preparazione, mancato recupero degli allenamenti, overtraining o
aspettative sbagliate.”
C’è tanto dietro la vita di un atleta,
tante decisioni da prendere, tanti allenamenti da fare, curare tutti gli
aspetti fondamentali per preparare al meglio una competizione. Pertanto, è
importante un lavoro di goal setting per decidere e programmare bene e con attenzione
l’obiettivo gara da raggiungere, e così prepararla nel miglior modo possibile,
soprattutto quando si tratta di un atleta al top, di livello alto.
Martina
Dogana: Qual è stata la gara della tua vita, dove hai
sperimentato le emozioni più belle? “Ce
ne sono tante, ma sicuramente quando ho vinto l’Ironman di Nizza, una vittoria
che ha dato una svolta alla mia carriera e un senso a tanti anni di
allenamenti. Inoltre, è stata la gara praticamente perfetta: la prestazione è
stata ottimale grazie la gestione dello sforzo, delle emozioni e
dell’integrazione.”
Nell’ironman deve andare tutto alla
perfezione, si deve conciliare ogni cosa: il giusto sforzo, l’integrazione
ottimale, un buon periodo di preparazione, bisogna trovate la “chimica”
vincente, un buon equilibrio corpo, testa, cuore, si deve incastrare tutto. Ho
sperimentato anch’io tutto ciò nel 2015 durante il mio primo Ironman all’Elba,
era tutto difficile: la prima gara, la prima volta che indossavo la muta, il
percorso impegnativo, l’incognita bici, è filato tutto liscio, dopo nove mesi
di preparazione. Bella soddisfazione, importante per andare avanti.
Quali sono le condizioni che ti hanno
indotto a fare una prestazione non ottimale? “Mi è capitato di gareggiare in condizione fisiche non perfette (residui
di bronchite asmatica o di influenze intestinali). Soffro tanto il caldo o il
freddo estremi, ma ho anche imparato a gestirmi in condizioni del genere.”
Sotto stress si conosce bene una persona
in base a come reagisce; infatti, sono le situazioni difficili che fanno
emergere il carattere, fanno crescere, e ti formano come persona e come atleta.
Approfondendo sempre di più il campo
dello sport e soprattutto gli aspetti che contribuiscono al benessere e alla
performance, si conoscono persone straordinarie, che trovano nello sport
estremo piacere e sperimentano l’importanza non solo del corpo, del fisico, ma
soprattutto della testa, quanto sia fondamentale l’abilità mentale, prima di
tutto, di appassionarsi e motivarsi nella pratica di una disciplina sportiva e
poi di continuare a sperimentare benessere, fino ad arrivare a prestazioni
eccellenti, vere performance che ti fanno star bene, credere nelle tue capacità
di trasformare sogni in realtà.
Gian
Luca Di Nunzio: Quali condizioni ti hanno indotto a
fare una prestazione non ottimale? “Il
triathlon è anzitutto una condizione mentale. Il ‘non ce la faccio, adesso mi
fermo…’ è sempre in agguato. Io sono entrato nell’ottica del piacere. Non mi
costringe nessuno. Fatto salvo lievi infortuni (scivolata in bici), che mi
hanno impedito di concludere la gara, preferisco arrivare pur senza grossi risultati
di classifica, piuttosto che fermarmi. In una sola occasione ho interrotto una
gara a causa di un allenamento sbagliato o, più specificatamente, a causa di un
‘sovrallenamento’ (il cosiddetto ‘overtraining’): sono arrivato alla gara
stanco e scarico, dunque demotivato. Ma si tratta di un caso isolato che, anche
se negativo, costituisce comunque esperienza.”
Cosa e quali persone contribuiscono al
tuo benessere o tua performance? “Non ho
mai nuotato in vita mia. Da bambino non mi hanno mai portato in piscina. Ho
iniziato a nuotare a 35 anni (adesso ne ho quasi 39) e non sapevo neppure che
bisognava fare la doccia prima d’entrare in vasca. Sono caparbio per natura. Ho
deciso che dovevo imparare a nuotare, tanta era la voglia di provare una gara
così affascinante quale il triathlon. Una figura importante e determinante in
tal senso nella mia vita, è stata quella di un istruttore di nuoto del Centro
Sportivo Esercito di Roma, che mi ha seguito e fatto partire con programmi di
allenamento agonistici sin dal principio, arrivando nel giro di pochi mesi a
prestazioni dignitose. In seguito ho continuato ad allenarmi con costanza e
dedizione, arrivando anche a coprire distanze di 16 km di nuoto settimanali (64
km mensili). Questi risultati personali – che esulano da quelli agonistici –
sono alla base della mia soddisfazione. Sono felice e gratificato.”
Franco
Varesio: Quali condizioni ti hanno indotto a fare una
prestazione non ottimale? “Quando non mi
sento bene, preferisco sempre mollare per non rischiare, anche se
inevitabilmente poi, subito dopo, mi pento.”
Filippo
Dal Maso: Quali sensazioni sperimenti facendo sport
(pre-gara, gara, post-gara)? “L’elenco è
sicuramente lungo, può succedere sempre di tutto, diciamo che nel pre-gara la
tensione e la famosa ansia da prestazione prevalgono su tutto. Puoi cercare di
nasconderle, ma loro ci saranno sempre. Un po’ l’esperienza le attenua, ma non
le puoi eliminare, le famose farfalle nello stomaco ci saranno sempre. In gara
siamo sul misto di fatica alternata a momenti di rabbia e felicità. A seconda
delle situazioni la rabbia che si prova con sé stessi è davvero alta, un
inconveniente inaspettato, un errore tecnico, una dimenticanza nella
preparazione dei materiali oppure un dolore improvviso senza capirne il perché;
ma anche felicità, quando capisco che sto bene, che il mio corpo e la mia mente
stanno reagendo esattamente come previsto, mi piace esaltare questi momenti,
sento che possono esaltare anche l’andamento seguente della prestazione sia
essa gara che allenamento. Il post gara dipende tantissimo da quanto e come è
andata la fase gara, se è andata male segue delusione e rammarico, invece se è
andata bene felicità e serenità di non aver sofferto per nulla.”
Matteo
Villani: Quali sono le condizioni che ti hanno indotto a
fare una prestazione non ottimale?
“Alimentazione
sbagliata pre-gara.”
Lo sportivo non è solo, è affiancato dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire con l’atleta un progetto di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dare feedback adeguati.
L’allenatore dovrebbe spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva dell’atleta, condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver considerato.
Ringrazio la casa editrice “Prospettiva
editrice & c. Sas di Patti Francesca” per la fiducia e per il grande lavoro
che richiede la pubblicazione e la distribuzione del libro.
Ringrazio tutti gli atleti che hanno avuto
la cortesia, la gentilezza e la disponibilità a raccontare le loro esperienze
legate allo sport.
Ringrazio Flavia Salomone per sua gradita
Prefazione e soprattutto le sue parole di conclusione: “Un libro positivo,
un inno alla vita, un invito a non arrendersi questa ultima fatica di Matteo
Simone. Un travolgente abbraccio fatto d’amore per la persona, per la sua
meravigliosa unicità, un prendersi per mano e andare, correre là oltre il
confine alla scoperta della meraviglia del vivere.”
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Ringrazio l'amica collega Rita Tancredi
per la sua cortesia, generosità, gentilezza, disponibilità nel contribuire alle
correzioni della bozza.
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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