L’A.S.D. Transeo con il patrocinio della FIDAL, del Comune di Policoro e della IUTA (Associazione Italiana di Ultramaratona e Trail), ha organizzato la 2° edizione della 6 Days UMF - Winter Edition, manifestazione podistica agonistica sulle distanze di 1000 miglia, 10 Giorni, 1000 Km, 6 - 24 - 48 ore, 6 giorni, 100 km, 100 miglia, maratona e 50 Km.
La gara di 1000 miglia è stata vinta da Denis Orsini in 359h20’31”, precedendo il francese Jean-Louis Vidal in 370h38’09” e il finlandese Petri Mikael Perttilä in 380h05’08”.
Di seguito Jean-Louis e Petri Mikael Perttilä, raccontano la loro esperienza attraverso risposte ad alcune mie domande.
Cosa ti spinge a correre 1.000 miglia?
Le corse di lunghe distanze è una disciplina sportiva dove non c’è fretta di arrivare al traguardo, dove bisogna starci nel percorso per ore e ore avanzando sempre ma ogni tanto fermarsi o rallentare per recuperare, cambiare abbigliamento per il clima che può variare tra il giorno alla notte o da una settimana all’altra in quanto si arriva a correre anche più di 10 giorni per percorrere 1.000 miglia.
Jean-Louis: “Per me, a differenza delle corse brevi, che io chiamo ‘corse per esaurimento’, le corse ultra sono corse di equilibrio. Quasi sempre riesco nelle mie gare perché ho una strategia molto attenta. Ecco la mia ricetta: lascia che il corpo entri lentamente in gara per 2 giorni, non correre mai stanco ma fermati a riposare. Non guardare mai il comportamento degli altri partecipanti, rimani al tuo livello di comfort”.
Cosa dicono la famiglia, i colleghi, gli amici?
Jean-Louis: “Non dico al collega quello che faccio. Non voglio sembrare un ragazzo strano. La mia famiglia (tranne mia madre di 92 anni) non è interessata alla mia corsa. Tutto il mio addestramento è nascosto a loro”.
Petri: “Non so se qualcuno (tranne un altro ultrarunner) capisce davvero, ma la mia famiglia accetta e colleghi e amici sono abituati ai miei allenamenti e alle mie gare”.
Lo sport di lunghe distanze è un’opportunità per mettersi in gioco, per vedere cosa si riesce a fare, si tratta di individuare una sfida, prepararsi sufficientemente e presentarsi alla partenza per portare a compimento la gara che può essere di un numero di chilometri o miglia da percorrere o quantificare i chilometri o miglia percorsi durante un certo numero di ore o giorni, come ad esempio 6 ore, 12, 24, 48 ore o anche 6 o 10 giorni. Sembra essere un mondo bizzarro ma che ci fa parte trova il suo giovamento e il suo perché.
Pensandoci bene, questa passione che può sembrare bizzarra non può essere compresa facilmente per chi non è dell’ambiente, infatti chi ascolta potrebbe dire: ma chi te lo fa fare, ma che ci trovi di interessante e altre domande o affermazioni simili.
Una parola o una frase che ti aiuta a non mollare?
L’approccio degli ultrarunner è di continuare fino alla fine della gara, non mollare riuscendo a saper gestire qualsiasi problema o criticità.
A chi dedichi la gara di Policoro?
Jean-Louis: “Al mio nuovo nipotino che è nato proprio quando ho superato i 1000 km”.
Petri: “Ho fatto la gara solo per cercare i miei limiti”.
Molti ultrarunner sono alla ricerca di sfide prima di tutto con se stessi, spostare un po’ più in là l’asticella per vedere cosa succede, cosa si scopre su stessi, cosa si riesce a tirare fuori da una gara, da risorse interne a volte sorprendenti e nascoste perché escono fuori solo all’occorrenza, quando c’è necessità di tirare fuori il meglio di sé.
Cosa hai pensato in gara? Di cosa avevi paura?
Jean-Louis: “Immagino solo un giorno alla volta. Sono anche concentrato su ogni blocco della gara per adottare la giusta velocità che non mi stancherà. Penso anche alla mia idratazione, a cosa mangerò e ai vestiti che indosserò nel blocco successivo. Forse è incoscienza, ma non ho paura. In effetti, allontano tutto ciò che è negativo”.
L’atleta è solo con se stesso, con la sua fatica, i dubbi, pensieri, perplessità con l’obiettivo importante di terminare, di fare ristori adeguati, di volersi bene per non soffrire tanto ma sentirsi in grado di concludere la gara prefissata.
Cosa c'è oltre la corsa?
Jean-Louis: “Per me, niente di mistico o religioso. Solo la sorprendente scoperta delle meravigliose possibilità del corpo umano. La sensazione di essere trasformati in una macchina. Essere sopraffatti dalle endorfine, gli ormoni della felicità. Il vero sentimento di essere vivi”.
Petri: “Euforia, felicità, affetto”.
Cosa può spingere le persone a fare uno sport prolungato per più giorni? La voglia di mettersi alla prova, di vedere come funziona la macchina umana se ben guidata, la voglia di sentirsi vivi in movimento e in competizione con se stessi e con gli altri.
Come sei riuscito a prepararti nonostante il lavoro e gli impegni familiari?
Per partecipare a gare di lunga distanza e portarle a termine è sufficiente un adeguato chilometraggio settimanale per abitare il fisico e la mente alla fatica, diverso è se si vuole fare una performance, ottenere una vittoria o record dove bisogna essere più scientifici nei programmi di allenamento, nell’integrazione alimentare.
Cosa vedi davanti a te adesso? Sogni realizzati e da realizzare?
Jean-Louis: “Ho studiato, durante la prima settimana di gara, molte combinazioni di velocità di corsa, lunghezza blocco, durata recupero interblocco, durata del sonno, durata del sonnellino pomeridiano. Penso di aver trovato uno schema ottimale e sogno di utilizzare questo risultato nei miei prossimi giorni di gara”.
Come stai gestendo il periodo COVID?
Qual è stato il tuo percorso nello sport?
Jean-Louis: “Prima di tutto, non considero l'ultra running uno sport, a me sembra più un'escursione. Quando ero giovane, a scuola, ho avuto buoni risultati nella corsa, quindi ho fatto atletica leggera al college e al liceo. Poi ho incontrato i maratoneti al lavoro e ho corso queste gare dai 25 ai 39 anni. Ho corso la maratona in meno di 2 ore e 30 minuti quando avevo 30 anni, questo spiegherebbe le mie ottime prestazioni all'età di 64 anni. Ho interrotto ogni attività quando ho creato la mia società di consulenza, poi ho scoperto l'ultra running all'età di 59 anni e ho deciso di continuare per molti anni”.
Quando ti sei sentito un campione?
Jean-Louis: “Cerchiamo di essere chiari, non mi sento un campione. Pochissime persone corrono le ultra running. È quindi abbastanza facile essere classificati tra i migliori dieci al mondo, ma è un'illusione. In effetti, non mi considero uno sportivo. Tutto quello che faccio durante l'anno è un po' di facile jogging da casa alla stazione ferroviaria per andare a lavorare (6,3 km) e questo è tutto per la giornata!”.
Petri: “Sempre quando si corre oltrepassando il traguardo. È quasi impossibile descrivere la sensazione”.
Jean-Louis: “Sono sollecitato da una serie di allenatori che promettono di migliorare le mie capacità mentali, o il mio allenamento, o la mia forza fisica. Penso che questi potrebbero essere importanti per alcuni corridori, ma preferisco sentire io stesso il mio equilibrio interiore e ritengo che qualsiasi aiuto esterno interromperebbe questo equilibrio, il che è una cosa negativa a lungo termine”.
Petri: “Se fossi un vero atleta, allora sì, ma poiché il mio obiettivo è solo finire in tempo, non la penso così. Se intendi generalmente nell'ultrarunning la risposta è ‘perché no?’".
Si pensa che gli ultramaratoneti siano persone che vogliono farsi del male, che non rispettano il proprio corpo ma gli atleti raccontano delle loro gare di ultrarunning della durata di diverse ore e giorni come una scoperta del proprio corpo, proprie capacità, di un equilibrio nel perdurare della fatica, tutto ciò sembra molto interessante.
Psicologo, Psicoterapeuta
Autore di libri di psicologia e sport
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
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