domenica 13 ottobre 2024

Anonimo: Mi sono sempre concentrato molto sulla gara

 Si è saltatori per tutta la vita 
Matteo Simone 
 
Per dare il meglio di sé in ogni situazione e soprattutto in una gara sportiva bisogna essere centrati in quel giorno, quel momento, quella
situazione ed essere focalizzati e concentrati.
 
Di seguito approfondiamo la conoscenza di un saltatore attraverso risposte ad alcune mie domande. 
Come ti definisci atleticamente? Sono un ex saltatore in lungo. Ho 67 anni. Ho fatto gare per 18 anni, dai 14 ai 32 anni. In quegli anni ho raggiunto risultati di buon livello nazionale, ho vinto un Campionato Italiano under 20, convocato in nazionale under 20, successivamente sono stato tra i primi dieci a livello assoluto. Ho un record di metri 7,58 quando il record italiano era ancora quello di Giuseppe Gentile, 7,91.   
La gara dove hai sperimentato le emozioni più belle? Quella in cui ho stabilito il mio record, era l’8 luglio del 1979, il meeting nazionale a Imperia. Quel giorno volavo, tutte le condizioni atmosferiche e personali giuste. Non mi sono neanche accorto di andare così lungo, ero leggero.  

A volte si sperimenta il flow, una sorta di trance agonistica dove tutto è meraviglioso, è facile, funziona bene, va in automatico, e ti accorgi poi di aver fatto cose grandissime. 
Tutto
ciò frutto di un allenamento pianificato e accurato, tanta costanza e determinazione in allenamento e gara, elevata autoefficacia di potercela fare e tanta consapevolezza di quanto si vale e ciò che si può fare, impegnandosi al massimo con ciò che si ha a disposizione.
 
Il tuo vissuto prima, durante, dopo una gara? Mi sono sempre concentrato molto sulla gara. Fin dal mattino quando mi alzavo, la testa era là in pedana. Tutto quello che facevo era in funzione del pomeriggio. La colazione, il pranzo, la preparazione meticolosa della borsa con tutto quello che mi serviva. L'eventuale riposo. Nessuna tensione ma concentrazione massima. Poi mentre si avvicinava la gara entravo sempre più nel salto. Durante il riscaldamento di circa un'ora avevo la sequenza di esercizi di rito, sempre gli stessi. Comunque parlavo con gli altri saltatori, scherzavo con loro.  
Ma il momento più bello era quando il giudice diceva salta R... Ero lì in un tunnel, io e la sabbia là in fondo. Ho gareggiato all'Olimpico davanti a 30mila persone o nel campo scuola senza nessun pubblico. Era uguale, non sentivo rumori, non vedevo nulla, solo la pedana. La rincorsa di un salto in lungo dura circa 4/5 secondi, lo stacco un decimo di secondo. Potrei descriverli per ore. Ero un saltatore di forza, non di leggerezza. Quindi mi piaceva spingere ogni appoggio della rincorsa e mettere il piede sull'asse con tutta la forza possibile. Ho volato migliaia di volte. Solo con le mie forze. 
Il dopo gara era un semplice ritorno a casa valutando cosa era successo in funzione delle gare successive. Non posso però negare la delusione in un paio di Campionati Italiani giovanili dove il risultato era stato inferiore alle mie aspettative e possibilità. Ma generalmente non mi aspettavo nulla, gareggiavo perché era una mia necessità interiore, del resto ero sempre tra i migliori, ma questo era naturale.  

La gara è un momento speciale, una sintesi di quello che si vale, di ciò che si è fatto per tanto tempo in preparazione, un’opportunità per sperimentare, mettersi in gioco cercando di dare il massimo, cercando di esprimersi al meglio e ciò richiede attese, preparazione, alimentazione specifica e adeguata.  
Dopo lo start c’è l’esecuzione, l’esibizione, la pura competizione contro se stessi e gli avversari, centrandosi in se stessi, ripetendo e visualizzando procedure consolidate alla ricerca della quasi perfezione, della peak performance, entrando nel tunnel del flow, possibilmente. 
Si torna a casa felici, stanchi, soddisfatti, rammaricati, con la consapevolezza che si volta pagina, che si riprenderà ad allenarsi per far meglio, per mantenersi in forma, per puntare ad altri obiettivi, per sperimentare tutto ciò una prossima volta, ancora tante volte. 
Hai sperimentato il limite nelle tue gare?
Noi saltatori andiamo al 100% in ogni gara, io penso di avere raggiunto il massimo che le mie capacità motorie mi consentivano. Non ero un campione, ero un ottimo atleta con buone qualità che con l'allenamento ho sviluppato al meglio che avrei potuto.  
La tua gara più difficile? Quel Campionato Italiano under 20 che ho vinto.  
Ritieni utile lo psicologo nello sport?È un discorso lungo. Ai miei tempi questa figura non esisteva. Diciamo che il lavoro di motivazione o di aiuto era demandato all'allenatore. Alcuni erano bravi in questo, altri proprio no. La parte mentale dell'atleta è quella più complessa. Ho conosciuto atleti con grandissime capacità che pativano in maniera esagerata la gara rendendo molto meno. Personalmente mi sono sempre sentito impotente in quei casi ma non so quanto avrebbe potuto funzionare un supporto psicologico. Detto molto terra terra: o hai le p...e o se non ce l'hai non so come potresti recuperarle 
Sogni realizzati, da realizzare, rimasti incompiuti? Da atleta avrei voluto una presenza in nazionale maggiore, nel mio anno migliore la meritavo ma non essendo nel giro che contava sono sempre rimasto ai margini.  
Ti ispiri a qualcuno? 
Prendo sempre spunto da altri, ma l'elenco è lungo. Per esempio come insegnante mi sono ispirato alla Montessori, ai maestri Manzi e Lodi, come allenatore ho avuto la fortuna di avere un ottimo allenatore e poi di collaborare con un altro ottimo allenatore, entrambi persone che non ho mai sentito urlare, insultare, usare turpiloquio. Da loro ho imparato che lo sport si può e si deve fare con serenità, senza ossessione, arrivando al risultato con gioia.  

Importante ispirarsi a modelli di riferimento ritenuti persone competenti, in gamba, seri, e poi si va avanti con quanto appresso, imparato da altri e dalla propria esperienza cercando di fare del proprio meglio per se stessi e poi trasmettere conoscenze e competenze ad altri che vogliono intraprendere percorsi simili. 
Cosa dicono di te familiari, amici, colleghi di lavoro, fan? Se c’è una cosa della quale non ho mai avuto interesse è il parere degli altri. Oltretutto il riporto personale può essere falsato da una sensazione personale non corretta. Credo, sottolineo credo, di essere stato molto apprezzato dai miei allievi, ho voluto bene loro e loro lo hanno capito se pur mantenendo un comportamento corretto e integerrimo, molti ex allievi mi danno del lei ancora adesso, padri e madri di famiglia, li ho rispettati e loro mi hanno rispettato, questo importa. Come allenatore mi comporto come ho imparato dai due che ho descritto sopra, il mio principio è che si lavora con tutto l’impegno ma bisogna essere sereni altrimenti fare sport non ha senso.  

Insegnare, consigliare, sostenere è
un lavoro, una missione molto delicata e bisogna essere predisposti, motivati, sereni, pazienti, senza pressare e senza troppo pretendere ma avendo fiducia, confrontandosi con i propri allievi ed essere disposti ad ascoltarli.
 
Cosa dà e cosa toglie lo sport? Lo sport non toglie nulla. La frase che ho sempre detestato durante le interviste a me o ad altri atleti è: quanto ti pesano i sacrifici per arrivare a questi risultati?  Sacrifici? Sei un giovane sano, hai la fortuna di avere una dote atletica che ti fa viaggiare, conoscere altri giovani, fare esperienze straordinarie…dove stanno i sacrifici? Per me il sacrificio sarebbe stato andare in una discoteca fino alle 3 di notte in mezzo al rumore. Ho passato una giovinezza bellissima, ho conosciuto sul campo persone con le quali sono in contatto dopo 50 anni, siamo tutti legati da quello che abbiamo fatto. Non vedo negatività nello sport.  

Lo sport può diventare un’ottima opportunità di condurre una vita felice anche se faticosa, ma ricca di incontri, confronti, relazioni in giro per paesi, città, nazioni, continenti, approfondendo autoconoscenza ma anche altre culture, popoli, mondi. 
Che significato ha per te una
vittoria, personal best o sconfitta?
Qui divido due casi. A me non faceva grande differenza, sono arrivato al titolo italiano molto soft, un po’ più contento per il record personale ma non mi sono mai scaldato più di tanto. Da giovane ero uno dei migliori, vincere o stare tra i primi era naturale. Diverso come allenatore. Ho portato mio figlio alla medaglia d’argento ai Campionati Italiani di categoria, quello è sicuramente il risultato più bello che ho avuto.  

Fare l’atleta è già molto bello, farlo ad altissimi livelli è bellissimo, allenare un figlio fino a un titolo italiano, anche se solo di categoria è, direi, super meraviglioso, una bella soddisfazione già vedere un figlio che segue le orme sportive, poi si affida agli allenamenti proposti, poi vince un Campionato Italiano è una successione di soddisfazione che culminano in una grandissima contentezza. 
Quali sono gli ingredienti del successo? Nello sport: allenarsi con determinazione, non cercare assolutamente la vittoria, cioè vivere lo sport con la maggiore serenità possibile ma pretendendo sempre il massimo da se stessi. La vittoria non è sugli altri ma essere soddisfatti di ciò che si è fatto cercando di migliorarsi. Poi è logico che in certi momenti la vittoria è importante, un titolo è per sempre. Però già essere in certi momenti e in certe manifestazioni è una vittoria. Io sono stato sul campo quando Mennea sfrecciava vicino alla mia pedana, di quello sono molto orgoglioso. Poi ho gareggiato con campioni olimpici ed europei, anche di quello sono contento.   

La pratica di una
disciplina sportiva offre tante situazioni e opportunità di eventi ricchi di sensazioni ed emozioni forti, ricche, intense, poi farlo a elevata intensità con risultati gratificanti lo è ancor di più.
 
Segui un piano di allenamento, programmi gli allenamenti?  Tutti i miei allenamenti sono stati programmati, tutti quelli dei miei atleti sono programmati. Mai stato sul campo dicendo beh cosa facciamo oggi. C’è uno studio, con gli ingredienti come quelli di un farmacista. Io faccio un elenco degli elementi che ritengo utili, poi li metto insieme a gruppi sempre valutando che non siano in contrasto tra di loro e portino all’eventuale risultato. Per fare questo è fondamentale essere presenti durante l’allenamento cioè vedere la risposta dell’atleta. Non esistono tabelle assolute, ogni programma va calibrato su quell’atleta, è il suo. In questo mi ha aiutato essere studente Isef ma soprattutto essermi dovuto arrangiare da solo dai 20 anni in avanti. Il mio allenatore dopo il titolo italiano junior ha dovuto smettere per problemi di lavoro. Da quel momento in poi io ho programmato i miei allenamenti. Quaderni e quaderni. Aggiungo che in allenamento bisogna misurare tutto. Sono quei dati che indicano se e come si sta migliorando. Fai i balzi, li misuri, corri, prendi i tempi.  

Non si inventa nulla, tutto ha un procedimento alquanto meticoloso,
degli aspetti da curare che siano fisici, mentali, alimentari, una propedeuticità e delle fasi da rispettare.
 
Gli allenamenti più importanti?Io dico tutti, quando vai al campo quell’allenamento è inserito in una programmazione e quindi va fatto col massimo impegno. Poi è logico che ci sono anche giorni in cui si rende meno ma ai ragazzi dico sempre: meglio un allenamento andato male che non fare allenamento.  

Ogni allenamento è una mattonella per raggiungere la performance, anche il riposo è un allenamento utile, rigenerante, per ristabilire la calma e riordinare le ide per riprendere il giorno dopo con più energie, entusiasmo e voglia di far bene. 
C’è qualcuno che ti incoraggia o scoraggia nelle tue imprese sportive?Mia moglie è insegnante di educazione fisica come me, mi ha seguito nelle gare mie e naturalmente in quelle dei nostri figli. Lo sport e l’educazione fisica sono sempre stati parte integrante della nostra vita e della nostra cultura.  
Cosa hai scoperto del tuo carattere facendo sport? Questo è difficile da dire. Credo che l’atletica sia una ricerca di affetto, di realizzazione di se stessi. Credo che sia un tentativo di vincere una timidezza. La gara è un momento determinante: Va male? Siamo abituati. Va bene? Ecco che arriva quella gratificazione che stavamo cercando. E io quella rabbia la mettevo tutta in pedana, in una rincorsa dove spingevo ogni appoggio e poi mettevo il piede sulla pedana con tutta la mia forza e quando volavo ero felice. Ho fatto il mio caso personale ma l’ho visto anche in tanti ragazzi e ragazze.  

Un'ottima
e utile testimonianza che risulta essere alquanto attendibile per molti che nello sport trovano un’opportunità per scaricarsi, per emergere, per dire la propria con forza, resistenza, esplosività, potenza.
  
In che modo la pratica sportiva ti aiuta nella vita quotidiana? Praticando uno sport individuale ho capito che dovevo imparare a cavarmela da solo. Ho capito che se una gara andava male ci sarebbe sempre stata un’altra possibilità. Ho imparato a dare sempre tutto, in qualsiasi attività. Si è saltatori per tutta la vita. 

La pratica di uno sport può aiutare a sviluppare consapevolezza, autoefficacia e resilienza, soprattutto per un saltatore che anche metaforicamente è abituato e preparato ad affrontare, gestire, saltare ostacoli, difficoltà, problemi, criticità, crisi. 

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta  
380-4337230 - 21163@tiscali.it 

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