Buon
compleanno Simona
Simona è un amante della corsa al naturale, per sentieri, per montagne. L’ho conosciuta in occasione di un raduno premondiale della nazionale italiana ultratrail, simpatica, sempre solare, di corsa facile e veloce in piano, salita e discesa.
Cosa
significa per te essere ultramaratoneta? “Essere un ultratrailer significa non solo
amare la corsa in natura ma, nel mio caso, l'essere attratta dalle incognite
che quest'ultima riserva, dal meteo alle difficoltà del percorso, alla capacità
che ha il proprio corpo ad adattarsi all'imprevisto.”
E’ attratta dal difficile, dalle difficoltà, a lei
piace affrontare percorsi e condizioni ostili ed estreme per vedere ogni volta
come se la cava e come ne esce fuori.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Mi
definisco un ultratrailer anche se ho scoperto di trovarmi a mio agio anche in
altre tipi di gare, i City Trail ad esempio mi divertono e motivano.”
A
Simona piace divertirsi faticando, valida e competitiva atleta in grado di dare
filo da torcere alle più agguerrite avversarie.
Mi
spieghi il City Trail? “Sono corse
nelle città e sulle eventuali colline sopra la città, parchi, etc. I dislivelli
sono limitati, a Parigi ad esempio, su 80 km vi sono 1750 di dislivello, 70 km
sono su percorso sterrato e parchi, l'asfalto l’ho incontrato solo gli ultimi
km, quelli che servivano per raggiungere il primo piano della Tour Eiffel. I
City Trail sono molto nervosi, scale, cavalcavia, strappetti nei
parchi, Parigi ha un percorso più fluido senza però consentire mai al l'atleta
di annoiarsi.”
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Nessuno si stupisce più
di quello che faccio come lo faccio e perché lo faccio dal tempo delle scuole
medie.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Ognuno di noi, in modi differenti dovrebbe
cercare di migliorarsi. Sono sempre stata attratta da ogni cosa che potesse
portarmi a superare i miei limiti. Ho iniziato correndo un circuito di 3.3 km
nella riserva di caccia di casa mia in campagna, adesso reputo corta una gara
da 50 km ed ho imparato a gestirmi in maniera tale da migliorarmi nella prestazione
dopo il 50 km.”
Simona
apprende a far bene gradualmente con esperienza di superamento graduale delle
difficoltà ed ostacoli, aumenta gradualmente l’asticella ed allunga i percorsi
di gara un po' per volta accorgendosi sempre di più di essere portata per questo
tipo di competizione che gli da tanta soddisfazione.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Nasco
alpinista (parolone) e scalatrice, ho iniziato a correre casualmente per
aumentare la capacità polmonare.”
Come
tanti altri scopre la corsa per caso e se ne innamora.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “La
corsa per me è un gesto naturale, lo amo, e se un giorno dovessi mettermi a
fare delle regate oppure motocross la corsa in natura farà sempre parte della
mia quotidianità.”
E’
un amante del nuovo, si adatta alle circostanze ed ai cambiamenti ma la corsa è
un amore che non abbandonerà mai, sarà per lei propedeutico per qualsiasi
attività.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Supero
il limite ogni volta che decido di prepararmi per un tipo di gara completamente
differente nel percorso dal mio conosciuto. Il lavoro mentale è fondamentale.”
Sempre alla ricerca di nuove e sfidanti competizioni, scopre che è importante la preparazione fisica e l’approccio mentale per questo tipo di gare di endurance con forte difficoltà di sentieri e dislivelli.
Sempre alla ricerca di nuove e sfidanti competizioni, scopre che è importante la preparazione fisica e l’approccio mentale per questo tipo di gare di endurance con forte difficoltà di sentieri e dislivelli.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “I limiti non sono solo
fisici ma soprattutto mentali. Molto dipende dal nostro background ed io non ho
mai avuto questi problemi. Non potrei vivere più di un certo periodo di tempo
una stessa tipologia di quotidianità. Alzo sempre l'asticella sia nello sport
che nella vita al di fuori di esso.”
E’ sorprendente Simona, è una che punta in alto nello sport e nella vita, è
una scalatrice, quello che fa lo fa al massimo e con la passione vera.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “La
motivazione credo sia la componente principale. Fare qualcosa che ti piace e
farlo con degli obiettivi porta ognuno di noi a migliorarsi e non mollare.
Forza, determinazione, costanza, resilienza, nel momento stesso in cui sei
realmente motivato il tuo corpo aiutato dalla tua mente ti può portare ovunque.”
E’
consapevole che il motore del suo successo in quello che fa è la motivazione,
finché è motivata c’è
voglia di migliorarsi e di far bene, con la motivazione si è più resilienti, si
è più disposti ad affrontare fatica e sofferenza, se manca la motivazione tutto
diventa più difficile e si è più disposti a mollare.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “L'estremo è soggettivo e
dipende anche dalla preparazione personale. Potrei veder scalare un 9A+ con
elasticità e grazia stupendomi, senza rendermi conto che per l'atleta che sta
compiendo quel gesto si tratta di un qualcosa di conosciuto e di fattibile dal
momento che lo sta facendo. Il mio estremo potrebbe dunque essere quello di
portare a termine con una buona prestazione una gara per nulla affine alle mie
caratteristiche atletiche senza per questo cercare il pericolo, parola amata
molto da chi ci vorrebbe tutti insani di mente per giustificare la propria
inadeguatezza.”
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “Annecy 2015.
Partecipare ai campionati del mondo con la maglia azzurra ha avuto per me un
valore enorme, oserei dire inaspettato per quanto forte. Mi sono preparata al
meglio, sono partita volendo onorare me stessa, la maglia e la gara per poi
scoprire dopo pochi km che non avrei potuto farlo a causa di un ernia (diagnosticata
quattro giorni dopo), che mi ha bloccato il gesto. Ho continuato la gara finché ho potuto nonostante fossi l'ombra di
me stessa. Solo dopo due giorni, tornata nella quotidianità mi sono lasciata andare in un pianto
ininterrotto.”
Quando ce la metti tutta per far bene, per onorare una maglia indossata
della nazionale italiana ma scopri che il fisico si arrende e ti si rivolge
contro allora c’è un momento di disperazione, di fallimento, di sconfitta, di
riflessione, ti mette davanti al limite, alla difficoltà, alla resa, in quel
momento bisogna farsene una ragione e saper pazientare in attesa di un recupero
per poter lavorare meglio con costanza e ritornare a far bene.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai
riuscire a portarla a termine? “Credo
che determinando gli obiettivi, che non devono essere per forza sempre e solo
quelli della vittoria o podio a tutti i costi, potrei anche portare a termine
una gara a 50 gradi costanti di migliaia di km dove non si corre quasi mai se
non in discesa. Premetto che odio il caldo, non amo particolarmente le gare a
tappe ed amo le gare veloci perché performo bene nella corsa. L'abitudine alle
cose consente alla mente di fregarci. Cambiare equivale ad evolversi.”
Sempre pronta Simona, non disdegna nuove sfide che una volta definito
l’obiettivo e la scadenza temporale è disposta a prepararsi senza trascurare
nessun dettaglio per far bene.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Gli infortuni
capitano, a volte si sta fermi solo qualche giorno, a volte qualche mese.
Esistono però lavori alternativi molto efficaci come la bici o il nuoto. Ti
aiutano a rimanere in forma con il fiato ed a fare un ottimo lavoro di forza.
In questo modo si può ritornare più forti di prima essendoti anche ‘depurato’
dai carichi di lavoro quotidiani della corsa.”
Con
l’esperienza a livello Internazionale si impara a mettere in conto gli
infortuni ed a saperli gestire e superarli con attività alternative e con un’adatta
riabilitazione per ritornare più motivati e con voglia di fare meglio.
In famiglia hanno imparato a conoscerla bene e quindi non si sorprendono di
niente quello che fa per loro è ordinario, una sorta di superwoman.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Più
che scoperto, ho modificato il mio stile di vita spostando i valori su altre
direzioni. Adesso vivo in maniera sana, sono più libera con me stessa e la mia
anima è più leggera. Sulla tenace testona testarda agonista erano già tutti
d'accordo da quando, nemmeno undicenne, costringevo i miei genitori a seguirmi
segretamente durante le mie competizioni atletiche. Non volevo nessuno perché
non volevo mi vedessero nel caso non fossi salita a podio. Delirio.”
Come è cambiata la tua vita familiare, lavorativa? “Non sempre è facile fare
tutto, sono spesso via per motivi famigliari e spesso per la corsa o eventi
legati ad essa. Non ho mai avuto una quotidianità fatta dalle stesse cose, ho
sempre viaggiato molto ed ho diversi interessi e passioni oltre alla corsa.
Diciamo che per allenarmi a volte costringo la mia famiglia a fare a meno di me
oppure a modificare alcune programmazioni.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non
faresti? “Rifarei tutto cercando di migliorare ogni cosa, anche
gli errori, li aggiusterei quel tanto da rifarli con meno leggerezza. La cosa
importante degli errori fatti, sta nel saper migliorare se stessi dopo averli
compiuti. Posso dire di esserci riuscita per metà, l’altra metà non ha
ancora imparato nulla. Evviva.”
A volte si apprende dagli errori, altre volte c’è una sorta di coazione a
ripetere, ma può andar bene anche così.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la
tua attività sportiva? “A questa domanda
sorrido. Sono davvero gestita al meglio. Ho una programmazione accurata che
tiene conto delle mie gare e del mio benessere psicofisico. Faccio una gara al
mese, questo sia perché non trovo logico e proficuo ne per la forma fisica
tanto meno per la performance fare gare ogni fine settimana, inoltre oltre a
ritenerlo poco professionale ho per fortuna altri interessi che mi impegnano i
we senza per forza evitare gli allenamenti. Quelli non si evitano mai, ma si
possono fare ovunque.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Ho la fortuna di essere
seguita da Fulvio Massa, mio preparatore, fisioterapista e massaggiatore
sportivo. Sono seguita anche da uno staff di professionisti che mi aiutano
nell'integrazione e cure mediche. Mi sottopongo a sforzi enormi durante il
periodo di carico e la conseguente gara, mi sembra logico prendermi cura di me stessa. Faccio
esami di controllo ogni sei mesi ed in base ad eventuali carenze gestisco il
recupero. Vitamine, ferro, potassio
antiossidanti, omega3.”
Per essere a certi livelli e per competere in competizioni che richiedono
ore ed ore di duro lavoro è importante affidarsi ad esperti e non trascurare
nessun aspetto.
Hai un sogno nel cassetto? “Vincere il giro del
mondo a vela senza strumentazioni, solo a carteggio. Una regata ovviamente
molto dura sospesa con l'arrivo della
strumentazione a bordo. La ripristineranno a breve dopo diversi anni.”
Simona Morbelli, simpatica e ultra generosa con tanta voglia di
condividere esperienze, ci ha raccontato di sé, delle sue passioni, delle sue
esperienze in gara, motivazioni, passioni, sogni.
Un'intervista a Simona è riportata a pag. 141-148 del libro
"Ultramaratoneti e gare estreme", Prospettiva Editrice
La copertina del Notiziario "IDEA SPORT" di Novembre 2015,
edito da Confsport Italia, è dedicata a Simona e all'interno del Notiziario
"L'angolo del Campione" ospita un'intervista a Simona
Inoltre, Simona è menzionata nei seguenti libri:
"Sport, benessere e performance", Prospettiva Editrice
"Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida",
Edizioni Psiconline.
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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