mercoledì 27 luglio 2016

Staffetta 12xmezzora 4 giugno 2016 Questionario Andrea Di Somma

Stefano Severoni
 
1)                 Una gara ‒ la Staffetta 12xmezzora ‒ all’interno di una manifestazione culturale Sport Against Violence. Raccontaci la tua esperienza personale.
È il quarto anno che partecipo alla manifestazione organizzata da SAV. Trovo la sua finalità (sport come veicolo di promozione sociale e culturale dedicata alla cittadinanza) molto costruttiva e in linea con i principi miei e della mia squadra. Nicola Visconti e tutti i suoi collaboratori/collaboratrici sono organizzatori molto scrupolosi e attenti alle esigenze dei partecipanti, il principale successo di SAV sta proprio nel dialogo che Nicola ha saputo costruire in questi anni con le squadre di atletica e con le onlus. Sono forse troppo di parte, non posso che parlare bene di SAV. Quest’anno come Atletica La Sbarra siamo riusciti a comporre tre squadre molto competitive, di cui una interamente femminile. Sportivamente parlando siamo molto soddisfatti poiché abbiamo ottenuto con le due squadre maschili un terzo (quarto podio consecutivo) e un ventesimo posto finale e soprattutto la vittoria con quella femminile, che si è ripetuta dopo il successo del 2014.
2)                 Cosa hai pensato durante la gara? Hai prestato attenzione al tuo corpo, al ritmo di corsa, all’ambiente o agli altri?
Avrei dovuto correre la nona frazione (20.00-20.30) ma Giuseppe D’Antone, il nostro atleta più rappresentativo che era schierato in prima frazione (16.00-16.30) ha avuto un contrattempo lavorativo e ho dovuto sostituirlo all’ultimo minuto. Non ho avuto molto tempo a disposizione per riscaldarmi e per prepararmi all’idea di correre con il caldo che c’era sabato pomeriggio perciò durante la gara ho cercato di rimanere concentrato il più possibile sulle mie sensazioni e sulla tabella mentale che mi ero prefissato: correre a 4.00 min/km per venti minuti e poi provare ad aumentare. La prima è sempre una frazione molto competitiva e anche stavolta c’erano diversi atleti forti, ho cercato di non farmi condizionare dalla loro partenza sparata e di restare sui miei ritmi. La tattica è stata buona perché sono riuscito a finire la gara in progressione, sotto i 4,00 min/km superando anche nel finale l’atleta della squadra rivale con cui ci siamo contesi fino alla fine il terzo posto. A differenza delle gare su strada e dei trail faccio più fatica a concentrarmi sull’ambiente, proprio a causa delle tattiche da seguire in base a come stanno andando gli avversari e alla loro posizione di classifica, però nel nostro angolo il tifo era molto caloroso, si faceva sentire e questo mi ha dato parecchio conforto.

3) Correre in pista per mezz’ora in un anello di 400 m e in senso rigidamente antiorario. Ti risulta più difficoltoso che correre su strada o in un parco?
Amo la pista pur non essendo un runner che predilige la velocità. Le sensazioni che si provano in gara all’interno dell’anello sono molto gratificanti, soprattutto in relazione al fatto che spesso ci sono i miei amici, i familiari, i miei compagni di squadra e gli amici degli altri team che ad ogni passaggio mi incoraggiano. A livello mentale, specie per distanze più lunghe della mezz’ora, risulta certamente più faticoso rispetto alla strada, ai cross e ai trail. Però durante queste manifestazioni aumenta notevolmente il livello di spirito di squadra e l’armonia tra i componenti dei team in quanto, a differenza delle prove “in linea” tutti hanno la possibilità di osservare i compagni correre e di incitarli in diversi modi.
4) Staffetta 12xmezzora: la definizione è un po’ impropria, in quanto non c’è scambio di un testimone come nelle staffette 4x100 m e 4x400 m, ma un avvicendarsi di atleti appartenenti a un team a una prova di corsa di resistenza. Hai percepito lo spirito di squadra?
Lo spirito di squadra non è certamente un fattore semplice da gestire, non tutti hanno lo stesso livello di appartenenza e attaccamento al team e non tutti sono disposti a sacrificarsi in gare come queste rinunciando ad altre competizioni dove individualmente hanno delle possibilità e magari potenzialità superiori. Lo spirito di squadra va costruito nel tempo e non sempre ha un percorso lineare e senza ostacoli. Da responsabile del team, per questa manifestazione, ho cercato di costruire lo spirito di squadra in funzione della finalità dell’evento stesso: importanza per le prestazioni sportive individuali ma in secondo piano rispetto all’armonia tra tutti i partecipanti, al divertimento nel correre e nel passare un bel pomeriggio di sport tutti insieme, anche unitamente ai nostri amici e amiche degli altri team. Forse con le donne sono stato più “severo” ma il potenziale era di quelli che ti possono far vincere la gara e abbiamo cercato tutti di incitarle dal primo all’ultimo metro.
5) Alla gara hanno partecipato anche atleti con alcune forme di disabilità. Hai apprezzato la loro presenza e il loro supporto?
Tra tutte le manifestazioni podistiche che ci sono a Roma questa è senz’altro la regina delle gare per gli atleti diversamente abili. L’attenzione che si da sia in fase organizzativa attraverso il coinvolgimento di tante onlus operanti nel settore sia in fase operativa durante le 6 ore di gara non è paragonabile a nessuna delle altre gare (circa 300) alle quali ho avuto il piacere di partecipare. È il quarto anno che partecipo a questa manifestazione e la vittoria più grande in fase organizzativa è a mio avviso la crescente partecipazione e coesione tra tutti gli atleti partecipanti. Come Atletica La Sbarra cerchiamo di metterci del nostro collaborando attivamente con Associazioni come Achilles International Roma, una no profit la cui missione è permettere alle persone con ogni tipo di disabilità di praticare sport, così da raggiungere gli obiettivi personali, aumentare l'autostima e abbattere tutte le barriere. Hanno corso con noi Sandro, un ragazzo ipovedente, che ha da poco iniziato a correre e Ada, una ragazza non vedente che è nel nostro gruppo già da due anni e che sabato scorso ha sfiorato il suo personale sulla mezz’ora contribuendo al primo posto assoluto della squadra femminile ottenuto nei confronti di società ben più numerose e strutturate della nostra. Quest’anno ho avuto il privilegio di accompagnarla io e vederla non mollare un centimetro sulle sue avversarie per aiutare la squadra a vincere la gara è stato molto emozionante.
6) Lungo il percorso c’erano ristori con acqua. Ma purtroppo anche nel mondo dell’atletica leggera c’è chi non si accontenta di ciò che offre la natura, ma assume sostanze dopanti, un fenomeno da debellare. Cosa ne pensi?
Su questo argomento mi sono sempre riconosciuto nel pensiero di Pietro Mennea, il più grande atleta italiano di sempre. Oltre al discorso etico, che non può e non deve essere mai banalizzato, il doping è un business gestito dalla criminalità organizzata perché è un elemento lucrativo. Il mercato del doping è così solido perché alimentato soprattutto dagli atleti amatori che utilizzano questa scorciatoia per migliorare le proprie prestazioni sportive. Gli organi di informazione sono principalmente concentrati sul fenomeno doping correlato ai nomi altisonanti dello sport mondiale. Il fenomeno dovrebbe essere limitato a partire dalla base, iniziando dalle scuole sportive, federali e non, attivando corsi di informazione sul doping destinati non solo ai ragazzi ma anche ai genitori.
7) Nel prossimo mese di agosto, Rio ospiterà una nuova edizione dei Giochi Olimpici moderni: prima le Olimpiadi e poi le Paralimpiadi. Non ritieni che sarebbe opportuno un unico evento?
La tua è una proposta molto intelligente alla quale non avevo mai pensato. Aumenterebbe notevolmente il livello di inclusione. Tra l’altro è un’opzione che si integrerebbe benissimo con lo spirito olimpico a cui faceva riferimento Pierre de Coubertin.
8) Da quando hai iniziato a praticare l’atletica leggera?
Ho iniziato a correre nel 2007. Da ragazzo ho praticato windsurf a livello agonistico, poi sono passato alla mountain bike e per alcuni anni mi sono concentrato su questa attività. Nel 2010 mi sono iscritto ad una società podistica, l’Atletica La Sbarra, esclusivamente perché volevo prendere parte alla Maratona di Roma. Poi però ci ho preso gusto e ho continuato.
9) Com’è il tuoi allenamento?
Mi alleno 5-6 volte a settimana, non seguo rigidamente una tabella, cerco di conciliare l’allenamento con gli impegni privati come la famiglia, il lavoro, ecc. Di base cerco comunque settimanalmente di fare un lavoro di velocità e/o fartlek e un’uscita di corsa media (10-12 km). Poi mi adatto anche alle esigenze degli altri, se ho la possibilità preferisco allenarmi in compagnia.
10) Parlaci della tua squadra.
L’Atletica La Sbarra è un’Associazione Sportiva Dilettantistica nata nel 2000 all’interno del parco di Tor Tre Teste, un “polmone verde” situato nella periferia orientale di Roma. Deve il suo nome alla sbarra che delimita una delle entrate al parco e che è ancora oggi il punto di ritrovo per gli allenamenti di alcuni dei membri della squadra. Sono entrato nella squadra insieme a mia moglie nel 2010, dal 2013 seguo attivamente le vicende societarie e da circa un anno sono diventato il Presidente. Ad oggi contiamo 52 iscritti. Per la gestione operativa sono affiancato da Raffaele Mastrolorenzo, le varie attività organizzative sono coordinate da Raffaele Vitale, Alberto Alfieri e Matteo Simone (che cura anche un blog sulla psicologia dello sport e del movimento umano), mentre Valentina Ferrari si occupa della gestione della squadra femminile. Dal 2013, oltre l’attività podistica organizziamo e partecipiamo a eventi di natura sociale, principalmente correlati ai fenomeni di inclusione e integrazione, e attività di valorizzazione del nostro territorio di appartenenza (il Municipio Roma V).
11) I tuoi obiettivi sportivi.
I miei obiettivi viaggiano paralleli a quelli del team e le gare a squadra rimangono per me quelle a cui preferisco dedicarmi per fare in modo che l’Atletica La Sbarra aumenti il suo blasone, rimanga sempre competitiva e soprattutto promuova i nostri principi sportivi, sociali e territoriali. A livello personale corro la Maratona di Roma consecutivamente dal 2010 e andrò avanti di anno in anno finché rimarrà la voglia di faticare.
12) Oltre alla corsa pratichi altre attività sportive?
Al momento sono concentrato sulla corsa, mi piacerebbe provare il triathlon prima o poi. In squadra ci sono due atleti (Matteo Simone e Domenico De Vito) che praticano triathlon in modo costante. I loro racconti sono sempre molto coinvolgenti e prima o poi sarà un’esperienza che sperimenterò.
13) Presti cura all’alimentazione, a tecniche di rigenerazione (massaggi, fisioterapia, ecc.) e al giusto riposo per recuperare le energie profuse in allenamento?
Mangio tutto, ho un buon rapporto con il cibo. Ho iniziato a fare massaggi due anni fa quando mi è venuta la pubalgia, ho avuto la fortuna di essere assistito da un fisioterapista che ha capito subito il problema e attraverso alcune manipolazioni e diversi esercizi di allungamento sono riuscito ad uscirne dopo quasi un anno di dolori.
14) Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche è il titolo di un libro di un’autrice francese, Melanie Joy, un’analisi psicologica, che disegna il rapporto ambiguo uomo-animale. Parlaci del tuo rapporto con le nostre amiche “bestie”.
Ho sempre avuto un buon rapporto, grazie soprattutto all’educazione che mi hanno trasmesso i miei genitori e sto cercando di fare altrettanto con mia figlia.
15) Non ritieni che la corsa possa essere considerata una disciplina, che consente di prendere consapevolezza delle proprie capacità fisiche, psichiche ed emotive? Per te qual è il principale beneficio?
Ritengo che lo sport in generale aumenti il livello di consapevolezza delle proprie capacità psicofisiche. In Italia, soprattutto a livello scolastico, c’è poca attenzione su questo fronte ed è un concetto che andrebbe approfondito. Per quanto riguarda la corsa, a livello soggettivo, il principale beneficio è stare in mezzo alla gente. Ho sempre fatto sport per stare con gli amici e continuerò a farlo ancora a lungo. 

Stefano Severoni

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