Matteo Simone
Psicologo, psicoterapeuta
Motivi dominanti che si trovano alla base della scelta di praticare una disciplina sportiva: il divertimento; il desiderio di stare con gli amici o di farsene di nuovi (l’affiliazione); l’acquisizione e il miglioramento delle abilità sportive (competenza); l’affrontare situazioni eccitanti per tentare di superarle (attivazione); il mantenimento della forma fisica; affiliazione, cioè la necessità per l’individuo di stabilire relazioni interpersonali con i suoi simili; incanalare le proprie energie e sfogare eventuali tensioni; volontà di raggiungere il successo acquisendo così prestigio, status sociale via via più elevato e rinforzi estrinseci.
Argomenti: motivazione intrinseca, motivazione estrinseca, orientamento motivazionale al compito, orientamento motivazionale al sé, definizione degli obiettivi (goal setting), esperienza di flusso (flow). Atleti motivati intrinsecamente: si compie un’azione perché motivati dal piacere che procura l’attività in cui si è impegnati; spinta interiore che sostiene il desiderio di fare bene e l’impegno in un’attività dalla quale si trae soddisfazione per ciò che si fa e per come lo si fa. Lo sport in questo caso può essere visto come il modo per sentirsi realizzato raggiungendo una meta importante per se stessi ponendosi continuamente nuovi limiti e superandoli per arrivare al più alto grado di eccellenza.
La forza di questo tipo di motivazione è tale che si può ipotizzare una maggiore facilità di gestione delle difficoltà ed eventuali infortuni che saranno considerati come temporanei ostacoli da aggirare e non distoglieranno l’atleta dal portare a termine il suo compito.
Mantiene l'accento sul divertimento; favorisce il flow (esperienza di flusso): esperienza di coinvolgimento con elevata concentrazione e autoefficacia.
Alcune testimonianze:
Manuela Vilaseca: “una delle gare più estreme è stata la XMAN” in Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice e in Triathlon e ironman, Prospettiva Editrice).
Cosa significa per te essere Ultramaratoneta? “Vuol dire essere una persona con un cuore aperto, disposti a stare molto più tempo nella natura che in città. Significa essere una persona che ha uno spirito libero e che ama le cose semplici della vita. Se vuoi vedermi felice, portami nei sentieri con un paio di scarpe da corsa.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Ho iniziato facendo altri sport, come il triathlon e mountain bike. Poi passai a gare più avventurose e credo che lo sport maggiormente mi ha formato nella vita, non solo l’ultra running. Ho appreso tante importanti lezioni di vita e sono sicura che mi ha aiutato a sviluppare una forza mentale incredibile.” Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Stare nella natura, in posti meravigliosi. Mi sento molto fortunata di stare abbastanza bene in salute per essere in grado di fare tale sport che mi rende davvero felice. Mentre sono in una gara ultra, sono in contatto con me stessa ed apprezzo ogni chilometro. E 'come un momento magico per me.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Sfide e sogni mi motivano. Sono sempre un motivo per svegliarsi presto e allenarsi. Sono una ragione per lavorare sodo e rimanere concentrati. Penso che se non sogni niente, non hai motivo per combattere nella tua vita. Queste sono le battaglie che vogliamo vincere perché c’è tanta gloria in ciò che è difficile.”
Vincenzo Luciani in La 100km del Passatore, Edizioni psiconline:
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Soprattutto la voglia di sfidare me stesso, di mettermi alla prova e di tentare l’avventura, di compiere un’azione straordinaria. E poi ho considerato la corsa come un esercizio allenante anche per la vita di tutti i giorni, perché si impara a resistere, a saper disciplinare se stessi, a mantenere la barra dritta anche nelle avversità della vita. Naturalmente la corsa presenta anche molti aspetti gioiosi: un senso di libertà, la possibilità di incontrare amici validi e di conoscere bene la multiforme fauna umana dei podisti.”
Conosco Vincenzo, oltre a essere runner è giornalista, poeta, amico di tanti runner, è vero lo sport ti permette di fare conoscenza, di perlustrare territori, parchi, quartieri, città, mondi.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Fosse stato per me, non avrei smesso mai. Però ho smesso di correre le ultramaratone nel 2007, perché ormai la componente di sofferenza era diventata superiore alla gioia e alla soddisfazione della corsa. Per me è stato sempre importante, essendo un amatore, nel vero senso della parola, divertirmi e quando la corsa non è stata soprattutto divertimento ho deciso a malincuore di smettere. Conservo però la mentalità dell’ultramaratoneta e sono capace in qualsiasi momento, anche a corto di allenamento di percorrere lunghe distanze perché sono corazzato mentalmente a sopportare la grande fatica, nella corsa e nella vita (in media lavoro dalle 12 alle 16 ore al giorno).”
Lo sport di endurance ti rende forte fisicamente e mentalmente, ti fa superare momenti e fasi difficili nello sport e nella vita, in famiglia, al lavoro. Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Soprattutto la voglia di sfidare me stesso, di mettermi alla prova e di tentare l’avventura, di compiere un’azione straordinaria. E poi ho considerato la corsa come un esercizio allenante anche per la vita di tutti i giorni, perché si impara a resistere, a saper disciplinare se stessi. Naturalmente la corsa presenta anche molti aspetti gioiosi, un senso di libertà, la possibilità di incontrare amici validi”.
Mondiale Ultratrail 2015: Lisa Borzani 11^ con Sonia Glarey e Virginia Oliveri, la squadra Italia Bronzo in Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice:
Un tuo messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi a questo sport fatto di fatica, impegno, sudore, sofferenze? Sono davvero contentissima di questa esperienza e anche del bel risultato raggiunto con la squadra soprattutto perché abbiamo dato tutto ciò che potevamo! Un messaggio che secondo me è bene passare ai ragazzi è che in questo sport, come nella vita, è importante mettere passione, dedizione, voglia ed impegno in ciò che si fa perché la cosa importante non è vincere (anche se ciò può far piacere ovviamente!) ma sentire di "aver dato tutto" quando si taglia il traguardo. Credo che sia importante passare questo messaggio perché, appunto, la società di oggi è quella che esalta solo chi ‘appare vincente’ a scapito di chi invece mette impegno, fatica e cuore in quello che fa.
Cosa vuoi dire al tuo compagno Paolo, tua madre, tuo padre, alle donne del mondo? “Al mio compagno Paolo posso solo dire "Grazie" racchiudendo in quella parola tutto quello che qualsiasi frase non sarebbe capace di esprimere in maniera sufficiente ed adeguata come, invece, può fare solo il mio cuore. A Omer&Mansu (i miei genitori) dovrei fare un monumento per l'assistenza in loco e da casa fatta di spostamenti in auto lungo il percorso di gare, di sonno patito (dato che la gara partiva alle 3 e 30 di notte!), di energie fisiche e mentali spese e fatta anche di accurate preparazioni di riso in bianco, torte light, panini con l'uva, caffè di moka, bottigliette di mezza acqua e mezza coca cola...insomma: una vera 'banda' di assistenza professionale! Alle donne del mondo beh..mi verrebbe da invogliarle a correre in libertà magari per sentieri ma immagino che magari a molte di loro possa non piacere questo sport...però, in generale, potrei dire loro di coltivare le loro passioni siano esse legate allo sport o ad altro in modo da poter esprimere il loro modo di essere ed il loro sentire senza dover per forza passare per gli stereotipi della società di oggi che vuole donne "standard" assolutamente vincenti, attraenti ed efficienti.” Quali sono state le tue sensazioni pre-gara, in gara, post-gara ed ora cosa senti? “Le mie sensazioni pre-gara non erano buone...anzi oserei dire che fino al mercoledì erano pessime! Ma questo l'avevo confidato solo a Paolo! Poi, quando sono salita sul pullman che ha portato noi italiani ad Annecy la tensione ha cominciato a sciogliersi complice anche il fatto che ero assieme ai miei compagni di squadra che sono proprio simpatici! In gara fortunatamente sono stata sempre bene e questo mi ha sicuramente avvantaggiato moltissimo perché se il fisico reagisce bene anche la testa ne trae giovamento. Poi c'erano Paolo e mio papà a farmi il tifo a ogni ristoro perciò anche l'umore era dei migliori...diciamo che è stata proprio una giornata fortunata perché avevo delle belle sensazioni. Ora sono contentissima perché le mie compagne di squadra ed io abbiamo ottenuto una medaglia ‘assieme’, con il contributo di tutte.” Cosa cambia ora nella tua vita, nei tuoi obiettivi? “Nella mia vita non cambia sostanzialmente niente. Certo che questa esperienza positiva è carburante puro che regala ancor più motivazione. I miei obiettivi per quest'anno rimangono quelli che avevo già fissato ad inizio anno cercando di divertirmi sempre e di avere sempre passione per la mia corsa, proprio come è successo ad Annecy!”
Un atleta mette in gioco non solo le capacità fisiche e atletiche ma soprattutto capacità mentali di gestione di momenti preparatori alla gara, contestuali alla gara, infatti bisogna monitorarsi e capire come ci si sente, come si sta andando, se l’andatura è quella giusta o è il caso di rallentare un pochetto per riservarsi energie importanti per concludere la gara con buone sensazioni. Inoltre c’è da considerare l’importanza dell’aspetto alimentare, come nutrirsi prima durante e dopo la gara, cosa portarsi a seguito: bevande, gel, integratori, se sono previsti eventuali ristori durante il percorso. Insomma è uno sport non semplice ma lo ritengo interessante per mettersi alla prova come esperienza di vita e come metafora per affrontare la vita giorno per giorno superando qualsiasi avversità e apprezzando il bello dell’esperienza e quello che si apprende ogni volta se si è aperti al nuovo.
Le motivazioni di Roldano Marzorati in Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice:
"Uscire fuori dal gregge mi motiva, partecipare a gare che non sempre si è sicuri di potere portare a termine mi motiva, fare nuove conoscenze con un variegato mondo di persone non comuni mi motiva, la preparazione (allenamento) mi motiva, tutto il percorso che porterà alla gara mi motiva.”
Simona Morbelli in Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice: Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “La motivazione credo sia la componente principale. Fare qualcosa che ti piace e farlo con degli obiettivi porta ognuno di noi a migliorarsi e non mollare. Forza, determinazione, costanza, resilienza, nel momento stesso in cui sei realmente motivato il tuo corpo aiutato dalla tua mente ti può portare ovunque.”
Il motore del successo è la motivazione, si è più resilienti, si è più disposti ad affrontare fatica e sofferenza, se manca la motivazione tutto diventa più difficile e si è più disposti a mollare.
Michele Graglia:
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Credo sia principalmente dedizione e trovare la giusta motivazione. Quando (inevitabilmente) le energie vanno via e ogni muscolo nel corpo urla di dolore è tutta questione di trovare la giusta motivazione per continuare a spingere.”
Motivazione estrinseca: l’atleta sembra maggiormente condizionato dal bisogno di raggiungere un’approvazione esterna piuttosto che verso la soddisfazione del proprio bisogno individuale. L’individuo ha bisogno di continui rinforzi per portare avanti la sua attività: vincere medaglie; ricevere ricompense finanziarie; attirare l'attenzione dei media.
Gli atleti che tendono a essere sia estrinsecamente e intrinsecamente motivati hanno i migliori risultati motivazionali, per esempio: la persistenza; un atteggiamento positivo; la concentrazione inflessibile.
Gli atleti prevalentemente estrinsecamente motivati tendono a scoraggiarsi quando sperimentano un calo di forma.
Gli atleti prevalentemente intrinsecamente motivati spesso non hanno la spinta competitiva per diventare campioni, tendono a godere di padroneggiare i compiti che compongono la disciplina scelta, ma non hanno una forte vena competitiva nella loro personalità.
Orientamento motivazionale: al compito e al sé. Nicholls (1992) propone la distinzione tra due orientamenti motivazionali: orientamento al compito e orientamento al sé.
Orientamento al compito; riuscire in sfide con se stessi, difficili e stimolanti, incrementa l'autoefficacia.
Romualdo Pisano in Cosa spinge le persone a fare sport?, Aracne Editrice:
Dopo la mia ultra di ieri ho conosciuto una parte di me che probabilmente ancora non conoscevo: freddo, ghiaccio e neve, una persona normale non farebbe mai una cosa del genere ma chissà perché noi “matti” ultramaratoneti siamo spinti chissà da cosa. Ieri personalmente avevo in mente di finire la mia gara in maniera diversa e in meno tempo ma date le avverse condizioni meteo solo oggi dico a me stesso di essere più forte di ieri, dopo ieri la motivazione e la resilienza hanno aumentato in me la voglia di continuare a mettermi in gioco.
Fabrizio Macchi sul gradino più alto del podio in un Campionato del Mondo di ciclismo in Sport, Benessere e Performance, Prospettiva Editrice:
«Questo è il segreto: trovare dentro di noi la giusta strada, le giuste motivazioni per perseguire un obiettivo che ci porti a essere campioni nella nostra vita. Nel mio caso la malattia ha avuto un ruolo fondamentale per trovare in me le motivazioni per riemergere e trovare la strada per costruirmi una seconda vita. La forza dell’uomo sta proprio lì nel perseverare l’obiettivo fino in fondo. Si riesce a essere orgogliosi di noi stessi realizzando i propri sogni». Vito Rubino, finisher Race Across America in Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice:
Quali sensazioni hai sperimentato alla RAAM? “La spossatezza dopo diversi giorni in sella con poco o senza sonno, la sensazione di aver finito le energie e di affondare. Ho imparato a toccare il fondo per poi rialzarmi. Ho imparato a trovare energia e motivazione nei momenti più bui.”
Orientamento al sé o al risultato: primeggiare sull’avversario; confronto con gli altri; ricerca di riconoscimenti positivi.
Federica Liberati in Sogni olimpici. Aracne:
Quali fattori hanno contribuito al tuo benessere e/o performance? "Risultati, benessere psicofisico, socializzazione".
Tre fattori importanti che hanno a che fare con le motivazioni dell’essere umano, da una parte una motivazione estrinseca e cioè i risultati per farsi apprezzare, dall’altra una motivazione intrinseca, cioè il piacere di fare sport e terzo fattore è la condivisione con gli amici, con la squadra, il team.
Luigi Pecora in La 100km del Passatore, Edizioni psiconline: Come è cambiato nel tempo il tuo approccio allo sport? “Sono sempre stato sportivo e amante della sfida personale, e lo sport è sempre stato un modo per mettermi alla prova. Capendo sempre meglio ed entrando sempre più a fondo nella disciplina che pratico, mi piace anche misurarmi con gli altri, sono abbastanza competitivo, e ciò mi porta a un sempre maggior impegno, per poter ottenere risultati, mantenendo però di base la passione per lo sport e il divertimento”.
Il vero sport che vogliamo è quello che va a braccetto con benessere e performance, solo performance non va bene perché rischia di diventare un’ossessione, qualcosa da ottenere a tutti i costi anche a discapito del benessere personale, familiare, relazionale. È importante invece fare le cose prima per piacere, motivazione e forte passione e poi anche per vincere contro sé stessi e contro gli altri.
Michele Moretti, ex atleta, continua a sperimentare passione, motivazione e dedizione allo sport attraverso il suo lavoro di allenatore in Sport, Benessere e Performance, Prospettiva Editrice:
«Chiaramente, praticare uno sport sia da professionista che da semplice praticante è già di per sé un benessere fisico. Chi pratica uno sport parte sempre dall’amore e dal piacere che prova.
Poi è chiaro che la ricerca della prestazione e il riuscire a ottenerla rafforzano la volontà e lo spirito di sacrificio necessario, ma la gioia del risultato è superiore a qualsiasi sacrificio».
Martens uno degli studiosi della psicologia dello sport, afferma che l'intervento psicologico deve essere orientato a: tarare gli obiettivi; raggiungere la motivazione; apprendere a controllare le emozioni e l'ansia; focalizzare e concentrare l'energia e l'attenzione; migliorare la fiducia in se stessi e la consapevolezza di sé; controllare le attività immaginative. (Sviluppare la resilienza, Prospettiva Editrice)
Il raggiungimento di obiettivi definiti permette all’atleta di vivere esperienze positive che porteranno a un aumento della motivazione intrinseca, ricerca di nuove sfide e aumento della perseveranza. (Wiese, B.S., Successful pursuit of personal goals and subjective well-being, 2007)
L’obiettivo deve essere percepito a livello sensoriale attraverso immagini, suoni e sensazioni al fine di produrre in noi delle emozioni positive. Quanto più i tuoi sensi sono coinvolti nella descrizione precisa dell’obiettivo tanto più ti sentirai motivato, e più facile sarà attingere alle tue risorse interne per perseguire le mete desiderate.
Filippo Poponesi in Maratoneti e ultrarunner. Edizioni Psiconline:
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? «Che sono uno tenace, uno che non molla. Che se mi pongo un obiettivo riesco a trovare la motivazione per raggiungerlo, anche sopra le mie stesse forze. E quando organizzo incontri di lavoro con i miei collaboratori cerco di trasmettere loro questo messaggio usando anche metafore podistiche tipo: ‘Quando corro, cerco di immaginarmi il momento in cui taglierò il traguardo e questo mi dà la forza per continuare a correre, perché la motivazione è la prefigurazione della soddisfazione che si proverà nel raggiungere il proprio obiettivo’. L’ultramaratona mi ha aiutato tantissimo ad accrescere l’autostima.»
Nathalie Mauclair, Campionessa del Mondo di Ultra-trail in Lo sport delle donne, Prospettiva editrice:
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La mia motivazione era di spingere i miei limiti il più lontano possibile. Ho fatto anche lunghe gare di multisport, durante i campionati del mondo nel 2012 ho davvero raggiunto i miei limiti dormendo solo 15h in 7 giorni».
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Motivazione, perseveranza e.… un pizzico di follia. È necessario impostare solo uno o due obiettivi per la stagione, prepararli fisicamente e mentalmente nel miglior modo possibile. Faccio sofrologia e ipnosi per proiettarmi nel futuro e visualizzare la competizione. Mi vedo riuscendo in modi difficili. Mi vedo finisher. Aiuta a superare momenti di dubbi durante le gare.” Decidere obiettivo: Cosa? Quando? Cosa sei disposto a fare e a rinunciare? Ne vale la pena?
Mimma Caramia, 100km:
Quanto eri motivata nel raggiungere questo risultato e da quando ci lavoravi? Ho lavorato molto per fermare il crono sotto le 11h …al centesimo km ero a 10h 48min....mi sono allenata sempre con questo obiettivo…si ha bisogno di forte motivazione per portare al termine allenamenti molto lunghi specie da sola come faccio io.
Lo sport prevede la definizione di obiettivi chiari e sfidanti e poi si passa all’azione mobilitando energie, organizzandosi per allenarsi al meglio.
Mauro Vicini in Maratoneti e ultrarunner. Edizioni Psiconline: Quali meccanismi psicologici ti aiutano nello sport? «I miei amici mi riconoscono di essere ‘molto forte di testa’. Credo che questo voglia dire che sono molto determinato, e in effetti lo sono. Pianifico molto bene i miei obiettivi, cercando di valutare anche le motivazioni profonde che mi spingono a cercare una determinata esperienza. Se riconosco che questa esperienza mi fa crescere, mi aiuta, decido di intraprenderla, con tutte le conseguenze del caso. Se decido di realizzare un progetto, ci riesco, sempre. In ogni caso ci provo al meglio delle mie possibilità».
La prestazione aumenta quando gli obiettivi sono moderatamente difficili per i seguenti motivi: se un atleta valuta di non essere sufficientemente in grado di raggiungerlo, difficilmente sarà motivato a impegnarsi in un’attività frustrante; obiettivi troppo facili e poco incentivanti inducono demotivazione.
Francesco Cannito:
Dove e come trovi la spinta motivazionale? Quando decidi di realizzare quel sogno, sai che farai tantissimi allenamenti a qualsiasi ora e con qualsiasi clima, sai che ci saranno tantissimi sacrifici per raggiungere quell’obbiettivo e sai anche che quando lo raggiungerai sarai sempre una persona più forte e questo ti aiuta ad andare avanti nella vita.
Francesco è un grande lavoratore, uno che non teme la fatica, sa che ci si abitua a tutto, che il fisico e la mente hanno bisogno di adattarsi alla fatica e alle difficoltà per affrontare successivamente situazioni sportive e non, di avversità e difficoltà, per arrivare fino al traguardo e ottenere il successo prefissato. Cosa ti aiuta a non arrenderti negli eventi avversi? Quando ti alleni per quell’obbiettivo sai che durante la gara potresti avere dei problemi che possono compromettere la riuscita di ciò e così studi anche come comportarti per superare quegli eventi negativi, difatti all’’AuthenticPhidippides run’, al 119° km vomitai tantissimo per il freddo e la pioggia presa quasi tutto il giorno. Mi sedetti al muretto e pensai: ‘mi sono allenato due anni e ho speso molti soldi per essere qui…. che facciamo?’ Avevo due ore di anticipo sul cancello, mi avviai pian piano e dopo 30 km mi ripresi. Sai che le crisi vanno e vengono.
Una parola o frase che ti aiuta ad andare avanti nei momenti difficili? Ho superato ostacoli più grossi, anche questo andrà alla grande.
Questa è un’ottima testimonianza per spiegare e far comprendere che bisogna mettere in conto le crisi, gli imprevisti, le avversità, le difficoltà, nello sport e nella vita quotidiana e quindi come e cosa si può fare?
Bisogna capire cosa è successo, cosa si può fare, essere fiduciosi, rallentare e rimodulare obiettivi e aspettative e cercare comunque di andare avanti ove possibile con attenzione e scoprendo che risorse residue nascoste vengono fuori ad aiutarci nei nostri intenti.
Cristian Raffaldi:
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? Le crisi durante i periodi di allenamento le supero fermandomi un attimo e riprogrammando o cambiando completamente gli obiettivi, credo che quando viene a mancare la convinzione cala lo spirito motivazionale poiché nel nostro inconscio c'è una parte che dissente con quello che vogliamo raggiungere; durante le gare è più facile, basta pensare al traguardo finale e alla medaglia, magari ci si ferma o si rallenta, ma si ha sempre in mente il target da raggiungere; le sconfitte sono solo un bellissimo stimolo per migliorare; l'infortunio si supera con molta pazienza, spostando le proprie aspettative su qualcos'altro di remunerativo dal punto di vista emozionale, si riprende dosando gli obiettivi giorno per giorno.
Si può fare tutto e si può superare tutto, accettando quello che succede in ogni momento, rallentando, distogliendosi ricaricandosi nel morale, entusiasmo, motivazione e riprogrammando allenamenti e gare con impegno, grinta, determinazione.
Esperienza di flusso (flow): introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi. il flusso (flow), o esperienza ottimale (trance agonistica), è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un'attività. (Mihaly Csikszentmihalyi, Flow: The Psychology of Optimal Experience, Harper & Row, 1990)
Totale coinvolgimento dell'individuo: focalizzazione sull'obiettivo, motivazione intrinseca, gratificazione nello svolgimento di un particolare compito.
Pelé: "Sentivo che potevo correre per tutto il giorno senza stancarmi e che potevo dribblare qualunque giocatore della squadra avversaria". (Lawrence Shainberg, Finding "The Zone", in The New York Times, 9 aprile 1989.)
L’autoefficacia viene definita dallo psicologo Albert Bandura come “la fiducia che una persona ripone nella propria capacità di affrontare un compito specifico”. (Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico, Sogno Edizioni)
Bisogna crederci, impegnarsi duramente, mettere in conto infortuni e momenti bui, ripartire sempre senza fretta. (Cosa spinge le persone a fare sport?, Aracne Editrice).
Autoefficacia , Ivan Cudin:
Ho semplicemente imparato a credere di più in me stesso.
(Detiene il record italiano corsa su strada 24h in 266,702 km. Nel 2010 Campione Europeo e bronzo ai mondiali 24h di corsa su strada a Brive-la-Gaillarde (FRA) con 263 km. Vincitore di tre edizioni della Spartathlon (GRE), 245.3km corsa su strada nel 2010, 2011 e 2014).
L'atleta è affiancato dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire con l’atleta un progetto di obiettivi raggiungibili e stimolanti, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento, raccontare aneddoti. (O.R.A. Obiettivi, Risorse, Autoefficacia, Aras Edizioni)
Roland Gröger allenato da Daniele Biffi, corre i 400 mt indoor in 51”92, primo M50 nella storia a correre sotto i 52”00 (Sport, Benessere e Performance, Prospettiva Editrice).
Cosa significa per te essere allenatore di un recordman? Provo una grossa responsabilità che mi dà una grossa motivazione per fare sempre meglio: io adoro le sfide. Sono assai preciso: tempi, recuperi, intensità, esercizi: l’allenamento dev’essere eseguito alla perfezione. Sono molto attento ai particolari, sono questi che fanno la differenza.
Clement Molliet, bronzo nel 2015 al Campionato Europeo Sky Trail in Maratoneti e ultrarunner. Edizioni Psiconline: Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta? «La mia motivazione è spingere il mio limite, scoprire nuove montagne e nuovi orizzonti».
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? «Uno dei meccanismi psicologici è quello di raggiungere il mio obiettivo, la motivazione è il miglior aiuto nella mia gara. Il fatto che la mia famiglia è fiera di me è anche un fattore motivante».
Antonello Landi in Sport, Benessere e Performance, Prospettiva Editrice:
Cosa ti fa continuare a praticare sport? «La passione alimenta la mia motivazione e la mia competizione con me stesso, e poi sono molto motivato dalla mia famiglia che mi segue e mi sostiene sia in allenamento che in gara. Oggi, dopo anni, è grazie a questo se porto avanti questa disciplina iniziata da ragazzino».
Cosa e quali persone hanno contribuito al tuo benessere o performance? «La mia famiglia contribuisce molto al mio personale benessere, e grazie al suo supporto migliora la mia performance, ma anche la motivazione personale alimentata dai mie successi mi da la forza e stimolo di continuare».
Importante, per fare le cose bene e a lungo, una grande passione, una forte motivazione interna, ma ancora più importante è il sostegno, l’incoraggiamento, il supporto degli altri, soprattutto dei famigliari: da soli tutto diventa più difficile.
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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