Lo sport ha contribuito, anzi, è stato fondamentale nella mia formazione
Lo sport sembra essere un vantaggio in più nella vita di una persona, un’opportunità di conoscere sé stessi fisicamente e mentalmente.
Di seguito Matteo Luciano racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Qual è stato il tuo percorso nella pratica dell'attività fisica? “Ho iniziato ad avvicinarmi allo sport molto presto, perché mia madre è una di quelle persone convinte che il motto della tua vita deve essere ‘mens sana in corporee sano’. Mi ha portato in piscina a 8 mesi con l'acquaticità, convinta che il primo sport deve essere sempre e comunque il nuoto ed infatti è stato così sia per me che per i miei fratelli.
A 5 anni ho iniziato l'agonismo e le gare di nuoto, ma a poco più di 4 anni ho iniziato anche basket. Mia madre aveva giocato a pallavolo ma ha permesso che scegliessi e così ho fatto. Il basket ha fatto e continua a fare la differenza nella mia vita. Mia madre è convinta che si debba essere "adeguati" in ogni circostanza e per questo ho anche imparato a sciare, a giocare a tennis, a praticare equitazione… Fino a 12 anni ho continuato a praticare nuoto e basket.
In pratica andavo in piscina o in palestra 7 giorni su sette, ma poi il nuoto ha cominciato a pretendere molto più impegno perché ero passato al Livorno, in una squadra a livello nazionale e sono stato costretto a lasciare. Tanto sport, ma prima di tutto lo studio. Con l'inizio del liceo scientifico ho iniziato non solo a giocare a basket ma anche ad arbitrare e così ho continuato fino a 18 anni. L'impegno scolastico non mi permetteva 3/4 allenamenti a settimana più la partita, ma ho continuato ad arbitrare, in tutta la Toscana, dagli Esordienti fino alla Promozione ed anche il Baskin, il ‘basket inclusivo’, il basket giocato da diversamente abili e normodotati insieme”.
Lo sport prevede tante modalità per mettersi in gioco e sperimentarsi. Si inizia invogliati e spinti da genitori o altri educatori e poi si continua per passione comprendendo cosa si può fare e cosa è meglio per sé stessi. Interessante il “basket inclusivo” che permette di sperimentarsi nello sport ognuno con proprie modalità e capacità vivendo insieme una vita senza barriere.
Nello sport cosa e chi hanno contribuito al benessere e/o performance? “Il benessere fisico e mentale è imprescindibile, almeno per quanto mi riguarda, dallo sport. Lo sport ha contribuito, anzi, è stato fondamentale nella mia formazione. Se è vero che ciò che siamo è dato dalla somma delle nostre esperienze allora lo sport ha contribuito, e non poco a ciò che sono oggi. Fondamentali sono stati anche i miei allenatori, veri e propri punti di riferimento, ma anche i miei compagni di squadra che sono cresciuti insieme a me. Alcuni sono ancora con me, altri hanno intrapreso strade diverse, eppure, quando ci incontriamo siamo ‘famiglia’, difficile da spiegare, impossibile da capire per chi non ha fatto parte di una squadra”.
In effetti lo sport contribuisce al benessere fisico e mentale di una persona, lo rende più forte, fiducioso, resiliente, insomma migliore. Lo sport permette di far parte di una squadra, di sentirsi componente di un gruppo che fatica e gioisce per raggiungere obiettivi condivisi e sfidanti.
Quale esperienza ti può dare la convinzione che ce la puoi fare? “Lo sport ti insegna che hai dei limiti, sia fisici che mentali, ma ti insegna anche a non mollare, a cadere e rialzarti. La passione e gli obiettivi che ti poni giorno dopo giorno ti aiutano a non arrenderti”.
Quanto credi in te stesso? “Credo in me stesso, ho fiducia nelle mie capacità, ma sono anche consapevole di avere dei limiti e credo fermamente che si può e si deve migliorare sé stessi e che questo comporti dei sacrifici”.
La pratica dello sport è un allenamento alla vita, una palestra per affrontare, gestire e superare le avversità con determinazione e convinzione.
Cosa pensano familiari e amici della tua attività sportiva? “Mio padre e mia madre hanno sempre seguito le mie attività sportive e quelle dei miei fratelli. Persone intelligenti cresciute nello sport, praticato e assistito e che per questo hanno fatto in modo che i loro figli ripetessero le medesime, soddisfacenti, esperienze. Mio padre, oltre il calcio, è sempre stato appassionato di motori e moto e forse, con tre figli maschi, sperava che, almeno uno, seguisse le sue orme, ma gli è andata male...nessuno di noi ha mai fatto gare di cross. Scherzi a parte, entrambi ci hanno lasciato liberi di scegliere e, qualche volta, sbagliare, cosa non da poco visto che ho assistito a genitori che forzavano i figli a intraprendere sport che non amavano”.
Qualsiasi sport ha dei vantaggi per chi lo pratica, in ogni sport c’è una modalità per mettersi in gioco, per crescere, per rafforzarsi, per apprendere.
Un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva? “Faccio una premessa. Insieme ai miei genitori, io e i miei fratelli abbiamo viaggiato in tutto il mondo, un po' per il loro lavoro e un po' per piacere e per questo non li ringrazierò mai abbastanza. La mia tolleranza e la mia apertura mentale sono sicuramente dovute anche ai viaggi e al loro modo di rapportarsi con le persone, di ogni parte del mondo. Nel 2017 abbiamo visitato Porto Rico e New York. In un caldissimo pomeriggio di agosto eravamo ad Harlem e mentre passeggiavamo siamo entrati in un parco in cerca di una fontanella e di un po' di fresco. Era un parco pubblico con un campo di basket in cemento. La palla esce ed è bastato un secondo. Ho raccolto la palla, l'ho passata ad un ragazzo e sono entrato in campo anch'io, seguito dai miei fratelli. Nemmeno una parola, solo il basket. È questo che adoro del basket, quando entri in campo non c'è il bianco, il nero o il giallo, non c'è il ricco o il povero. C'è la palla”.
Interessante e commovente la testimonianza di Matteo Luciano, in effetti lo sport unisce persone, culture e mondi.
Quali capacità, risorse, caratteristiche, qualità possiedi? “Gioco di squadra. Se io penso al basket penso al gruppo, non si vince e non si perde da soli. Questa, secondo me, è la caratteristica più bella del basket. Il nuoto, sport che mi ha dato tanto, grazie al quale ho provato la magnifica sensazione di essere un vincitore, non ha, nel mio cuore, la stessa rilevanza. Con il basket ho sicuramente assaporato più sconfitte che vittorie, ma ciò che ho imparato giocando in squadra non ha prezzo. Uno schema di gioco funziona solo se tutti i giocatori sono al loro posto, se si gioca per la squadra e non per sé stessi. Essere un solista non fa parte del mio essere. Adoro invece far parte di un gruppo. Le mie qualità? Spirito di sacrificio e di squadra, voglia di mettersi in gioco e la convinzione che solo ascoltando gli altri si riesce davvero a capire i tuoi compagni”.
In effetti, la pratica dello sport di squadra prevede una visione di gruppo e sentirsi una risorsa per gli altri e per il gruppo, un grande vantaggio per l’atleta e per la squadra.
Che significa per te praticare attività fisica? “Praticare sport vuol dire riuscire a mantenere un equilibrio fisico e mentale. Si impara a credere in sé stessi e nelle proprie capacità all'interno di un gruppo”.
Quali sensazioni sperimenti facendo sport? “Fatica, fiducia negli altri, tanto impegno, soddisfazione, qualsiasi sia il risultato, perché so di avercela messa tutta”.
La pratica dello sport incrementa consapevolezza di sé stessi, fiducia in sé stessi e soprattutto resilienza, capacità di superare ostacoli e avversità, ripartendo sempre.
A cosa devi fare attenzione nel tuo sport? Quali sono le difficoltà e i rischi? “Non penso di dover fare attenzione a niente di particolare praticando basket. L'unico rischio è quello di entrare in conflitto con i tuoi compagni. Alcune volte una parola in più o in meno, nelle fasi concitate di una partita, può fare la differenza. Sta all'allenatore, in alcune circostanze, mediare le varie posizioni”.
Cosa ti fa continuare a fare attività fisica? Hai rischiato di mollare? “Ho rischiato mille volte di mollare tutto, ma la passione è più forte, il gruppo è più forte e anche se non faccio più parte di una squadra, gli amici rimangono, come il campino vicino casa dove andiamo a fare due tiri”.
Far parte di una squadra permette di avere alta la motivazione nel continuare a praticare sport anche nei momenti o periodi difficili.
Ritieni utile lo psicologo nel tuo sport? Per quali aspetti e in quali fasi? “Ho sempre pensato che lo psicologo sia una figura indispensabile in ogni sport, da quello individuale a quello di gruppo. La mente ha un'influenza fondamentale sul tuo fisico. Le tue condizioni fiche possono essere perfette, ma i risultati non arrivano perché è la tua testa che non collabora. Qui dovrebbe intervenire uno psicologo, ma non solo. In una squadra, in un gruppo, le dinamiche che si creano sono talmente tante che una visione esterna e imparziale sarebbe fondamentale. Purtroppo solo i grandi atleti o le grandi squadre possono permettersi questa figura professionale che invece sarebbe indispensabile fin da quando i bambini cominciano a fare sport. Forse, molti, non mollerebbero lo sport se fossero affiancati da uno psicologo”.
È importante essere affiancati da figure professionali che si occupano degli aspetti mentali degli atleti che a volte influiscono sul benessere e performance sia individuale che dell’intera squadra.
L'evento sportivo dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Essere un arbitro di basket mi ha permesso di fare bellissime esperienze e, arbitrare le Special Olympics durante l'European Basketball Week, per diversi anni di seguito, è stato un vero privilegio. Lo sport è inclusivo, non ha barriere. Esperienze fondamentali che porterò nel cuore per sempre”.
Un messaggio rivolto ai ragazzi per farli avvicinare allo sport? “Mettiti in gioco, sempre, non restare in panchina. Lo sport è un modo per mettersi alla prova, ogni giorno, di migliorarsi e per questo di crescere”.
Lo sport permette di sperimentare sensazioni ed emozioni uniche e intense mettendosi in gioco con diverse modalità.
Quale è stata la tua situazione sportiva più difficile? “Un infortunio al ginocchio, con intera gamba immobilizzata in una doccia. Eppure anche questo fa parte del gioco. Andavo ugualmente agli allenamenti perché è questo che ti insegna il gioco di squadra. Inoltre ascoltare l'allenatore e vedere gli schemi da fuori è un'occasione per cambiare il proprio punto di vista”.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Un infortunio non è facile da superare, ti fa venir voglia di mollare tutto e se poi hai anche altri impegni come avevo io, lo studio impegnativo del liceo scientifico, diventa ancora più difficile. Eppure, anche un infortunio, deve essere affrontato come un'occasione. Io, per un infortunio, ho cambiato il mio gioco. Pensavo di più e cercavo di non arrivare direttamente al canestro, ma di coinvolgere di più i miei compagni e questo ha fatto meglio a me e, soprattutto, alla squadra”.
Interessante l’esperienza di Matteo Luciano, anche da infortunato sii può partecipare agli allenamenti dal di fuori con l’opportunità di sperimentare altri punti di vista e continuando a far parte della squadra.
Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Il mio allenatore di basket mi diceva sempre: ‘Devi imparare a leggere le situazioni. Se ti dico di fare un esercizio e lancio la palla sempre a destra, se una volta lancio la palla a sinistra non devi stare fermo...devi adattare le tue azioni alla situazione!’. Ecco, nella mia vita, ho sempre cercato e continuo a cercare di seguire questo consiglio. Adatto le mie azioni alle circostanze che mi si presentano ogni giorno”.
Lo sport aiuta a essere svegli, scaltri, a saper osservare sé stessi, amici e avversari, l’ambiente circostante per capire cosa si può fare per ottenere ottimi risultati.
Hai un riferimento? Ti ispiri a qualcuno? “Ho molti riferimenti nella mia vita, dai miei genitori, ad un allenatore, ad una professoressa del liceo, ad alcuni amici. Mi hanno insegnato la disciplina, le regole e il sacrificio perché senza sacrificio non possono esserci risultati”.
C'è una parola o una frase che ti aiuta a crederci e impegnarti? “Posso accettare di fallire. Tutti falliscono in qualcosa. Quello che non posso accettare, è non averci provato. Michael Jordan”.
Sacrifici e fatica danno più valore a quello che si riesce ad ottenere, perché tutto è possibile se ci crediamo e ci impegniamo per trasformare sogni in realtà.
Michael Jeffrey Jordan (17 febbraio 1963), ex cestista ed ex giocatore di baseball statunitense. Nel 1991 vinse il suo primo titolo NBA con i Bulls, per poi ripetersi con altri due successi nel 1992 e nel 1993, aggiudicandosi un three-peat, dopo il quale si ritirò per intraprendere una carriera nel baseball. Tornò ai Bulls nel 1995 e li condusse alla vittoria di un altro three-peat (1996, 1997 e 1998). Rappresentò anche la nazionale di pallacanestro degli Stati Uniti d'America, vincendo quattro medaglie d'oro, tra cui due ai Giochi olimpici di Los Angeles 1984 e Barcellona 1992.
I riconoscimenti ottenuti a livello individuale includono dieci titoli di miglior marcatore, i record NBA per la media punti più alta nella storia della regular season (30,12 punti a partita) e nella storia dei playoffs (33,45 punti a partita). Il 22 novembre 2016 fu insignito dal presidente USA Barack Obama della medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile statunitense.
Come ti vedi a 50 anni? “A 50 anni mi vedo una persona realizzata, che non significa una persona ricca, ma una persona soddisfatta della propria vita. Un uomo con un lavoro che ama, che riesce a guadagnare il necessario per mantenere la propria famiglia. Famiglia, soprattutto famiglia. Mi vedo sposato con almeno due figli. Figli che trascorrono tanto tempo con i nonni, gli zii, i cugini, proprio come ho avuto la fortuna di fare io. Mi vedo a trascorrere tanto tempo con gli amici e a viaggiare, viaggiare con la mia famiglia. Penso sia necessario come l'aria che respiro”.
Sembra che per Matteo Luciano il meglio debba ancora venire con tanta ambizione di far bene nello sport e nella vita quotidiana senza trascurare famiglia e relazioni.
Come hai scelto la tua squadra e che intenzioni hai? “Ho sempre scelto la mia squadra in base alla fiducia. La fiducia che riponevo nell'allenatore, la fiducia che avevo nei miei compagni di squadra. Alcune volte non ho potuto scegliere perché è la squadra che ha il tuo ‘cartellino’ che decide, ma ho avuto la fortuna di avere anche dei dirigenti intelligenti, capaci di ascoltare, che non sono ‘passati sul mio cadavere’ ma che mi hanno permesso di scegliere e, alcune volte, sono ‘tornati indietro’ alla loro decisione. E questo dovrebbe sempre accadere, a mio modesto parere, perché un atleta, per poter giocare al meglio, dovrebbe essere sereno. Le confesso che rispondere alle sue domande è stato un modo per riscoprire, se ce ne fosse stato bisogno, quanto importante è stato e continua ad essere, il basket nella mia vita. È stato un tuffo nel passato e non può immaginare che piacere mi abbia fatto!”.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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