Dott. Matteo Simone
Un modello ideato mettendo insieme aspetti della psicologia dello sport, psicoterapia della Gestalt, ipnosi ericksoniana e il metodo Eye Movement Desensitation and Reprocessing (EMDR).
Psicologia dello sport, utilizzando aspetti quali la consapevolezza, il goal setting (una chiara definizione degli obiettivi), l’autoefficacia, il flow, la motivazione.
Psicoterapia della Gestalt, un approccio pratico, esperienziale, centrato sulla persona e soprattutto focalizzato sul momento presente, sui bisogni ed esigenze della persona, sulle opportunità e possibilità di voler cambiare o voler ottenere qualcosa assumendosi la responsabilità.
Un approccio esistenzialista, fenomenologico, diretto e informale. Si lavora con alcune tecniche quali la simulazione dell’esperienza attraverso visualizzazioni e immaginazioni e attraverso la cosiddetta sedia vuota, cioè si invita la persona a immaginare di avere davanti a sé una parte di sé, o un'altra persona e si chiede di confrontarsi con questa parte o persona, passando da una sedia all’altra.
Per esempio, avviene un dialogo tra le due parti, una che ha già raggiunto l’obiettivo e l’altra che deve iniziare il percorso per raggiungerlo e quindi si inviata la persona a un dialogo con se stesso per incrementare consapevolezza e autoefficacia e poi si va alla ricerca di eventi passati dove già si è raggiunto obiettivi per capire come si è fatto, quali strategie, risorse caratteristiche sono stati fondamentali.
Ipnosi ericksoniana, portando la persona in una sorta di immaginazione e visualizzazione, prima di tutto di ciò che vuol raggiungere, immaginando di riuscirci e poi andando indietro nel tempo invitandolo a visualizzare 1. altri eventi e obiettivi raggiunti, 2. le sensazioni provate, 3. feedback ricevuti, 4. modelli di riferimento; che sarebbero le quattro fonti dell’autoefficacia di Bandura.
L’EMDR (Eye Movement Desensitation and Reprocessing) è un approccio psicoterapeutico che considera la patologia derivante da eventi passati, le cui informazioni e ricordi sono stati congelati nella memoria in maniera disfunzionale. Le reti mnemoniche sono considerate la base sottostante alla patologia e alla salute mentale.L’obiettivo è riprendere l’informazione, l’immagine, il ricordo originale e permettere al paziente di rielaborarlo, avvalendosi di appropriate stimolazioni bilaterali visive, uditive o tattili (tapping), in modo che l’informazione congelata diventi adattiva nel presente.
In ambito sportivo si utilizza il protocollo EMDR di Sviluppo e Installazione di Risorse (RDI – Resource Developement and Installation) per un lavoro di sviluppo delle risorse occorrenti, lavorando per un obiettivo futuro e individuando capacità e competenze occorrenti da ‘installare’ e potenziare.
Il modello nasce da un Workshop di psicologica dello sport, Febbraio 2012.
Goal setting: definizione degli obiettivi attraverso un lavoro di conoscenza delle proprie risorse e potenzialità, un lavoro di consapevolezza volto a sviluppare un senso di autostima e sicurezza nei propri mezzi.
Motivazione: individuare le componenti intrinseche ed estrinseche alla base della motivazione allo sport.
Autoefficacia: cercare di aumentare l’autoefficacia personale attraverso la ricerca, con l’aiuto di visualizzazioni, di prestazioni positive, l’individuazione di modelli vincenti simili a noi, la ricerca di feedback positivi.
Ricerca, installazione, potenziamento delle risorse: è possibile utilizzare l'approccio di Eye Movement Desensititation Reprocessing (EMDR) per potenziare le risorse occorrenti per una prestazione ottimale.
Il lavoro con l’atleta prevede diverse fasi a partire dalla conoscenza reciproca, l’analisi della domanda, la definizione degli obiettivi, la spiegazione delle modalità di intervento che prevedevano l’utilizzo della psicoterapia della Gestalt, la terapia E.M.D.R., oltre naturalmente ad aspetti di psicologia dello sport.
Nell’analisi della domanda dell’atleta può emergere la motivazione a ritornare a essere performante lavorando su alcune tematiche quali la relazione con l’allenatore, la relazione con la compagna eventuali delusioni in gara.
Si può lavorare con il metodo l’EMDR per elaborare e desensibilizzare eventi critici e rafforzare le convinzioni positive relative a se stesso.
Si può svolgere il lavoro su un’esperienza di insuccesso, l’immagine che rappresenta la parte peggiore dell’evento, si può esplorare il ricordo, chiedendo le parole che accompagnano le immagini ed esprimono una convinzione negativa su se stesso in quel momento esempio: “Io non sono all’altezza”.
Poi si passa alla “Cognizione Positiva”, ovvero le parole positive con le quali si sarebbe voluto sostituire le precedenti, ponendo la domanda: “Quando pensa all’immagine/evento, che cosa le piacerebbe credere di sé in questo momento? Esempio: “Io posso essere me stesso, posso ritrovarmi”.
La domanda successiva è sulle emozioni: “Quando pensa all’immagine/evento e alle parole: “Io non sono all’altezza”, quali emozioni sente in questo momento?”, la risposta potrebbe essere: “Ansia, paura, incertezza”. Si prosegue indagando l’Unità Soggettiva di Disturbo (SUD) con la domanda: “Su una scala da 0 a 10, dove 0 significa nessun disturbo o neutro e 10 è il più alto disturbo immaginabile, qual è il livello di disturbo che sente in questo momento?”, inoltre si individuava la Localizzazione della sensazione corporea con la domanda: “Dove sente il disturbo nel suo corpo?” e la risposta potrebbe essere: “Centro petto, stomaco alto”.
Successivamente, si prosegue con il lavoro di “Desensibilizzazione” ed elaborazione dell’esperienza vissuta come traumatica con l’invito a richiamare l’immagine, le parole negative e notare cosa sentisse nel suo corpo e dove, seguendo le dita che si spostano in modo alternato verso destra e sinistra, negli incontri a distanza si può invitare l’atleta a fare dei tamburellamenti alternati con le mani sulle gambe.
Alla fine di ogni set di stimolazioni oculari bilaterali o tamburellamenti si chiede all’atleta di fermarsi, fare un respiro profondo e notare cosa sente nel suo corpo e dove, nonché cosa gli viene in mente.
Nel proseguo del percorso, grazie anche all’elaborazione di ricordi e dei relativi vissuti, l’atleta può acquisire più consapevolezza e più fiducia in sé.
Interessante è anche il lavoro sullo Sviluppo e sull’Installazione di Risorse (RDI – Resource Development and Installation), attraverso il quale si identifica la situazione impegnativa futura (target).
Si può invitare l’atleta a immaginarsi avanti nel tempo in gara e l’atleta, poi si può chiedere, di identificare le qualità e le caratteristiche potenzialmente utili per gestire la situazione (risorse di padronanza, risorse relazionali, risorse simboliche), esempio: Caparbietà, lucidità, e padronanza.
Si invita l’atleta a identificare e visualizzare esperienze passate con le caratteristiche e qualità da lui identificate, poi si invita l’atleta a individuare una parola chiave per rafforzare la risorsa. Successivamente, si invita a tornare alla situazione impegnativa immaginando di affrontarla utilizzando la risorsa “installata”: “Immagini di trovarsi nella situazione impegnativa e utilizzi la risorsa. Li leghi insieme”, con stimolazione bilaterale per alcuni set.
Si è trattato di un lavoro di elaborazione e desensibilizzazione di precedenti eventi critici e traumatici nel passato, che riguardavano sia se stesso in gara, ma anche le sue relazioni con allenatore e partner.
Vi è stato un incremento di consapevolezza delle proprie capacità, qualità, risorse, caratteristiche; una miglior modalità di gestione dello stress pre-gara, ma anche durante gli allenamenti, cercando di focalizzarsi e centrarsi su se stesso e sul gesto atletico.
L’obiettivo fondamentale è stato ritrovarsi, accettare le situazioni, rimettersi in gioco, ritrovare entusiasmo, coraggio, motivazione per seguire il sogno olimpico.
Il mondo dello sport ha bisogno di questi esempi di good practice per comprendere che a volte l’atleta ha bisogno di ritrovarsi per continuare a esprimersi ad alto livello e continuando a sperimentare benessere, passione e motivazione per quello che fa, nonostante ciò comporti, fatica, impegno e, sacrifici.
Oltre il fisico
Cosa hai scoperto di te praticando sport? Ho scoperto di essere molto più forte di quanto pensassi... ma non in senso fisico. Ho scoperto una forza interiore - quella che si manifesta quando niente va più, quando il corpo grida stop, ma che la mente sussurra: ancora un passo. Ho anche scoperto i miei limiti... e ho imparato a rispettarli. Lo sport mi ha mostrato che il coraggio non è sempre avanzare a tutti i costi, ma a volte sapersi fermare. Di ascoltare. Di aspettare. Di ripartire diversamente. Ho scoperto che mi piacevano le sfide, non per battere gli altri, ma per conoscermi meglio. Lo sport mi è servito da specchio: riflette chi sono quando soffro, quando dubito, quando persevero. E soprattutto, ho capito che quello che cerco correndo non è la performance. È la verità di un momento. Un modo di esistere pienamente, lì, ora.
La pratica dell’ultramaratona mette davanti a limiti fisici e mentali che non per forza bisogna attraversare ma solo tenerne conto e capire cosa si può fare, cosa si vuole fare, cosa si deve fare in pace con se stessi, senza giudizio, senza stress, senza tensione ma con il piacere di portare avanti progetti e sfide, osando ma senza strafare.
A volte le persone notano solo cose negative, fallimenti, sconfitte trascurando quanto di buono sono riusciti a fare ma si può riportarli a notare quando e come hanno fatto bene recuperando fiducia e autoefficacia in se stessi in modo da mantenere sempre entusiasmo e stimoli per continuare a migliorare, provando e riprovando.
Che tipo di allenamento mentale usi? Per la preparazione mentale, uso la visualizzazione: prima di una gara, immagino il percorso e come supero i momenti difficili. Mi aiuta a rimanere calma e concentrata. Mi vedo sempre al traguardo.
Volere, potere, dovere
La posizione dell’arciere
La posizione ci richiama all’equilibrio tra intento e azione: prima di colpire un bersaglio il guerriero deve avere una visione dell’obiettivo, poi mirare con attenzione e poi raggiunta la giusta tensione passare all’azione scoccando la freccia.
La posizione dell'arciere sviluppa la forza di volontà e aumenta la fiducia in se stessi.
Modello Tranteorico del Cambiamento DiClemente Prochaska
Descrive il cambiamento come un processo ciclico a tappe, non un evento unico, attraverso sei fasi: precontemplazione, contemplazione, determinazione, azione, mantenimento e uscita definitiva.
Fasi del cambiamento
Precontemplazione: L'individuo non è consapevole o non riconosce di avere un problema. Può minimizzare o negare il comportamento.
Contemplazione: La persona inizia a riconoscere il problema e considera la possibilità di cambiare, valutando i pro e i contro.
Determinazione: L'individuo si impegna a cambiare e pianifica attivamente le azioni da intraprendere.
Azione: La persona agisce attivamente per modificare il proprio comportamento.
Mantenimento: L'individuo lavora per consolidare i nuovi comportamenti e prevenire le ricadute. Questa fase è critica e richiede sforzi consapevoli per mantenere i risultati ottenuti.
Uscita definitiva: Il cambiamento è diventato parte integrante della vita dell'individuo, e non sono più necessari sforzi coscienti per sostenerlo.
Ciclo del contatto
Il ciclo del contatto è un modello fondamentale della psicoterapia della Gestalt che descrive il processo con cui un individuo incontra un bisogno e lo soddisfa, attraverso un continuo adattamento con l'ambiente circostante. Si articola in quattro fasi: pre-contatto, contatto, contatto finale e post-contatto, durante le quali si attivano differenti modalità del Sé per affrontare il bisogno, fino alla sua completa soddisfazione e all'integrazione della nuova esperienza.
Le quattro fasi del ciclo del contatto
Pre-contatto: Fase di consapevolezza iniziale, in cui emergono sensazioni indifferenziate. L'organismo inizia a percepire uno stimolo e un bisogno.
Contatto: Fase attiva in cui ci si prepara ad agire sull'ambiente. Si sceglie come affrontare la situazione e si intraprende un'azione responsabile per soddisfare il bisogno.
Contatto finale: Momento di "confluenza" con l'ambiente, in cui il bisogno viene pienamente soddisfatto e si sperimenta un senso di unità e soddisfazione.
Post-contatto: Fase di assimilazione e integrazione. L'organismo "digerisce" l'esperienza e la integra nel proprio bagaglio, portando a una crescita e a un nuovo equilibrio.
Sarah Giomi
Quali fattori e persone contribuiscono nello sport al tuo benessere e performance? “Le persone che ci accompagnano nel percorso sono importantissime per il sostegno fisico e morale, parlo sia di professionisti (allenatore, fisioterapista, nutrizionista) ma anche di amici e compagni di allenamento, nonché famiglia. Importantissimo curare tutti gli aspetti...non c’è solo l’allenamento, ma vanno curati riposo, alimentazione e periodici controlli medici e di fisioterapia. Per me ha inoltre grande valore avere e non abbandonare passioni ‘altre’ per mantenere un sereno equilibrio emotivo/mentale.”
Interessante testimonianza di Sarah, la corsa non è solo allenamenti fisici, sacrifici, dolori, privazioni, sofferenze, fatica ma è anche occuparsi di se stessi dal punto di vista fisico con adeguati riposi, recuperi, massaggi e cura di altri aspetti che incidono non solo sulle prestazioni sportive ma anche per il benessere quotidiano, fisico, mentale, emotivo senza trascurare altre sfere nella vita della persona, quali relazioni, studio, famiglia e altri piani B.
La tua gara più difficile? “La gara più difficile è stata la mezza maratona di Bologna, ho sofferto molto il caldo e venivo da un periodo di grande affaticamento in cui non era stato curato il recupero. Ho sofferto dal 3^ km all’arrivo. L’importante per me è non mollare. Da queste esperienze si impara molto della propria psicologia e resilienza.”
Quale tua esperienza ti può dare la convinzione che ce la puoi fare? “Le piccole conquiste in allenamento regalano input positivi per scommettere su di sé.”
Ogni prestazione sportiva è una messa alla prova, un test da superare per conoscersi meglio e più approfonditamente. Meglio fare progressi un po’ per volta consolidando i propri risultati e alzando l’asticella un po’ per volta in modo che i muscoli e la mente siano convinti delle proprie possibilità e ci si presenta allo start con la consapevolezza di quanto si può valere e quanto si può osare in gara.
Quali sensazioni sperimenti facendo sport: pre-gara, in gara, post-gara? “Pre-gara: emozione, agitazione, sogno, aspettative, obiettivi, visualizzazioni positive. Gara: determinazione, concentrazione, continuo ascolto del proprio corpo e del proprio pensiero, pensieri auto motivanti. Post gara: dipende da come è andata! Si può finire delusi dalle sensazioni avute, quindi rabbia e ricerca di cosa potrebbe essere andato storto. Se finisce bene, grande soddisfazione, adrenalina e felicità. In entrambi i casi mi porto sempre dentro una gran voglia di fare meglio, nel primo caso alimentata dalla rabbia, nel secondo dalla sensazione di gratificazione e felicità.”
L’atleta con il tempo acquisisce non solo abilità fisiche di forza e resistenza ma anche abilità di gestione dello stress ed eventuale ansia di prestazione, gestione delle attese, ma anche la gestione di vittorie e sconfitte con la consapevolezza che tutto ha un senso, tutto insegna, tutto passa, importante è essere centrati nel momento presente dell’esperienza che aiuta a conoscersi sempre di più e a scoprire propri pregi e difetti da apprezzare o modificare.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “È importante conoscersi bene, avere una visione globale e futuristica del proprio percorso; non concentrarsi sulle piccole cadute, ma viverle come parte del tragitto di costruzione verso l’obiettivo. Per me sono inoltre fondamentali le soddisfazioni che arrivano da altri campi della vita, quali il lavoro e altre passioni.”
Si fa quel che si vuole impegnandosi, credendoci, con la consapevolezza che la vita può essere ricca e intensa non solo con lo sport ma con altre attività, modalità, persone, importante è essere curiosi e essere pronti, propensi, disponibili a cavalcare sempre l’onda di eventuali cambiamenti di interessi, di vie e percorsi verso altri obiettivi ugualmente validi e stimolanti.
Ritieni utile lo psicologo dello sport? Per quali aspetti ed in quali fasi? “Credo che possa essere una figura importante. L’atleta può passare fasi di dubbio e incertezza, debolezza, dovute a stanchezza che può derivare dall’attività sportiva ma anche da fattori di vita personale (oltre ad atleti siamo anche persone). Mantenere sempre la concentrazione può essere difficile. Conoscersi meglio e imparare ad utilizzare le proprie risorse in modo funzionale, gestendo al meglio i propri stati emotivi, può essere determinante in alcuni momenti.”
A volte la mente degli atleti è assalita da dubbi e paure, insicurezze e demotivazioni, lo psicologo può confrontarsi con l’atleta come facilitatore di processi di autoconoscenza e autoconsapevolezza, come ricerca di aiutatori interni che agevolino un incremento di autoefficacia, riscoprendo risorse interne messe da parte, focalizzandosi sul proprio gesto atletico nella ricerca di fluidità che possa portare a una peak performance.
Hai indossato la maglia azzurra? La indosserai prossimamente? “Non ancora, ma spero presto di averne l’onore.”
Prossimi obiettivi e sogni da realizzare? “Un sogno sarebbe arrivare a indossare una maglia azzurra…so che ci vuole sacrificio e costanza, ma non mi spaventa, amo le sfide, soprattutto con me stessa.”
Grande consapevolezza, tutto chiaro e ben definito si tratta solamente di crederci un po’ di più, impegnarsi un po’ di più o in modo diverso, avere accanto persone che sostengono e che aiutino in allenamenti, trovare una gara favorevole che permetti di abbassare di alcune decine di secondi il suo crono ben già rispettabile.
Un messaggio per le ragazze del mondo? “La vita è il regalo più grande, seguite le vostre passioni, i vostri talenti e i vostri sogni, e non dimenticatevi di essere felici. Lo meritate! Tutto si può fare con determinazione, dedizione e amore.”
Questa è una testimonianza di gioia di vivere non solo di un’atleta ma di una persona felice ed evoluta anche attraverso la pratica dello sport di resistenza.
Quali competenze, risorse e caratteristiche possiedi nello sport di endurance? Testa, focus, resilienza, consapevolezza. Ambiente emotivo stabile e di sostegno.
In effetti si è disposti ad allenamenti durissimi e gare considerate estreme perché tutto ciò arreca benefici a livello emotivo e mentale, ci si sente molto più consapevoli delle proprie capacità e possibilità, più fiduciosi in se stessi di potercela fare, di conquistare quanto progettato, di raggiungere obiettivi ambiziosi ma non impossibili.
Quali sono le difficoltà e i rischi nella pratica delle ultramaratone? Le difficoltà stanno, a mio parere, nella gestione del tempo e quindi della vita extra-sport (lavoro, amicizie, famiglia), la cura dell’aspetto alimentare e del recupero adeguato, con conseguenze che possono riguardare la perdita di equilibrio psico-fisico e portare a infortuni o down psicologici.
Davvero una disciplina che richiede non solo fatica fisica e tempo a disposizione ma una elevata motivazione e capacità di gestire ogni situazione, ogni criticità, ogni emozione che sia piacevole o spiacevole, stare sempre centrati, con i piedi per terra, saper progettare mete e obiettivi, rispettare allenamenti programmati e trovare anche un equilibrio tra le sfere familiari, amicali, lavorative.
Quali sono gli ingredienti del successo? Credo che in poche parole si possa riassumere in consapevolezza e responsabilità. Prendersi cura di sé, della propria mente, del proprio animo e del proprio corpo, con l’aiuto di specialisti se necessario. Avere un atteggiamento vincente, rivolto al lavoro e al miglioramento verso un obiettivo chiaro a cui teniamo davvero.
Interessante, chiarissima e utilissima testimonianza di un’atleta che sa il fatto suo, sa a cosa va incontro, consapevole delle sue risorse fisiche e mentali con la voglia di continuare a far bene ad altissimo livello per se stessa e per la squadra Italia.
Anna Padovan vince la ‘Big Rock Morenic 100mi’ 2025 in 23h08’02”
Pensieri positivi e negativi durante la gara? Ho avuto di tutto: dal ‘sto volando!’ al ‘ma chi me l’ha fatto fare? Voglio fare DNF!’. Però ho imparato che i pensieri passano, come le salite, come la fatica e come i problemi. Basta continuare a muovere un piede dopo l’altro.
Interessante e utile la testimonianza di Anna: “I pensieri passano, come le salite e la fatica”. Questo è vero e tutto ciò poi fortifica l’atleta che è riuscito a uscirne fuori da ogni tempesta, criticità, avversità, forse anche più rafforzato per non aver mollato.
A chi la dedichi? A me stessa, in primis, perché l’ho voluta, l’ho sognata e ci sono arrivata. Ai miei amici, che credono tantissimo in me ogni volta, e a tutte le persone che pensano: ‘io non potrei mai farcela’. Perché sì, possiamo farcela tutti, basta provare a buttarsi.
Un consiglio per chi vuole provare questa gara? Non aspettare di sentirti pronta o pronto. Non lo sarai mai. Parti, sbaglia, impara, divertiti, riprovaci. E ricordati che non si corre solo con le gambe: il cuore e la testa fanno almeno metà del lavoro. Provare per la prima volta una 100 miglia in loop così, lo trovo molto d’aiuto. Hai sempre una base vita e se hai qualcuno che può sostenerti e aiutarti ancora meglio. Io dico provateci e non ve ne pentirete, anche dovesse essere la prima 50miglia, Big rock ne vale la pena e poi il calore dei volontari, della gente che fa il tifo, degli aiuti che ricevi anche da perfetti sconosciuti. Provateci!
A volte non bisogna aspettare il momento migliore per provare ma ci si può mettere in gioco apprendendo proprio dall’esperienza per far meglio poi la volta successiva.
Gli allenamenti più importanti? Quelli nei giorni in cui non avevo voglia. Quando fuori pioveva… o quando pioveva dentro di me. Ma uscivo lo stesso, e ogni volta tornavo un po’ più forte.
Bellissima e utilissima testimonianza dove traspare la pratica di uno sport come curativa e allenate per corpo e mente, per rafforzare e sentirsi sempre meglio, nonostante la fatica.
Dott. Matteo Simone


















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