Il
cuore dell’uomo, un vero cuore di uomo, è quel fiore che
costantemente si incendia e rifiorisce.
El
corazón del hombre, un verdadero corazón de hombre, es esa
flor que constantemente se incendia y reverdece. Félix
Luis Viera
Ci sorprendiamo
ad apprendere che anche i disabili praticano sport, abbiamo difficoltà ad immaginare
come possano fare a superare le proprie disabilità per praticare un determinato
sport, per esempio il calcio praticato dai non vedenti, oppure il basket in
carrozzina, eppure il disabile riesce ad eccellere nello sport, ed è anche
determinato nei suoi obiettivi, riesce ad ottenere i successi prefissati grazie
alla sua capacità, alla sua determinazione, alla sua voglia di emergere, di
stare con gli altri, di dimostrare il suo valore, di riscattarsi, comunque
tutte motivazioni che si riscontrano negli sportivi non disabili, e succede che
anche alcuni atleti disabili facciano uso di sostanze dopanti, così come molti
atleti disabili mostrino il loro fairplay come il pluricampione Alex Zanardi,
che è un esempio per tutti. (1)
Per illustrare
una modalità di far fronte alle proprie disgrazie, riporto un brano di un testo
di Angeles Mastretta, Donne dagli occhi grandi (2): C’è gente contro cui la
vita si accanisce, gente che non ha periodi di sfortuna, bensì una serie
continua di tormente. Quasi sempe queste persone diventano lamentose, quando incontrano
qualcuno, si mettono a raccontare le proprie disgrazie, finchè alle loro
disgrazie si aggiunge il fatto che nessuno desidera incontrarle.
Questo non
accade mai alla zia Ofelia, perché nonostante la vita l’avesse assediata varie
volte con la sua arbitrarietà e si suoi infortuni, lei non assillò mai nessuno
con la storia dei suoi dispiaceri. Dicono che fossero molti, ma non se ne
conosce neppure il numero esatto, né tantomeno le cause, perché lei fece in
modo di cancellarli ogni mattina dal ricordo altrui.
Era una donna
dalle braccia forti e dall’espressione allegra, aveva una risata cristallina e
contagiosa che sapeva usare al momento opportuno. Nessuno, invece, la vide mai
piangere.
A volte le
dolevano l’aria e il suolo che calpestava, il sole dell’alba, le orbite degli
ochhi. Le dolevano come una vertigine il ricordo e, come la peggior minaccia,
il futuro. Si svegliava nel cuore della notte con la certezza che si sarebbe
spezzata in due, sicura che il dolore se la sarebbe mangiata in un sol boccone.
Ma appena faceva giorno si alzava dal letto, si metteva sul volto il sorriso,
si aggiustava lo splendore sulle ciglia e usciva incontro al prossimo come se i
dispiaceri la facessero galleggiare nell’aria.
Nessuno osò mai
compatirla. Era tanto stravagante la sua forza, che la gente cominciò a
cercarla per chiederle aiuto. Qual era il suo segreto? Chi proteggeva le sue
afflizioni? Dove trovava il talento per non piegarsi davanti alle peggiori
disgrazie?
Un giorno svelò
il suo segreto a una giovane donna il cui dolore sembrava non avere rimedio:
“Ci sono molti
modi di suddividere gli esseri umani”, le disse. “Io li divido tra quelli con
le rughe all’insù e quelli con le rughe all’ingiù, e io voglio far parte della
prima categoria. Voglio che la mia faccia da vecchia non sia triste, voglio
avere le rughe che vengono dal riso, e portarle con me all’altro mondo. Chissà
che cosa dovremo affrontare laggiù”.
Generalmente la
persona resiliente tende a “leggere” gli eventi negativi come momentanei e
circoscritti e ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria
vita e sull’ambiente che lo circonda (locus of control interno-dipende da me);
inoltre, tende a vedere i cambiamenti come una sfida e un’opportunità,
piuttosto che come una minaccia. Di fronte a sconfitte e frustrazioni questi
individui sono capaci di non perdere la speranza (3) (traggono insegnamenti).
La resilienza,
il cui significato è: “mi piego ma non mi spezzo” (mentre mi piego mi preparo),
sta a significare che il vero campione esce fuori dalle sconfitte con più
voglia riscattarsi, di far meglio, di migliorare gli aspetti, le aree in cui ha
mostrato carenza. Chi è resiliente, infatti, non si lascia abbattere da una
sconfitta ma ne esce rafforzato, analizza i suoi errori e trova le giuste soluzioni
per tornare a vincere. È grazie a questa dote del carattere che si diventa
campioni: alcuni ci nascono altrimenti la si può sempre coltivare.
Il campione
veronese di kart Davide Padovani non si arrende (4)
Molti sogni nel cassetto, uno in particolare,
da quando era piccolo: l’automobilismo. Poi un incidente, la totale paralisi
della parte destra superiore del suo corpo.
Davide
ha avuto il coraggio e la forza di ricominciare da dove era stato costretto a
fermarsi 15 anni prima. Il 30 giugno del 2011 decide di riprovare l’emozione di
guidare ancora su un kart monomarcia: il ritorno in pista è possibile.
Il
suo sogno è quello di entrare a far parte del mondo dell’automobilismo
professionistico. E ogni giorno continua ad impegnarsi per raggiungere tale
obiettivo, dividendosi tra il lavoro nell’azienda del padre, e lunghe ore di
duro allenamento nella palestra.
Ha
un modello cui ispirarsi, il pilota brasiliano Ayrton Senna: “Pensi di avere un
limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E immediatamente
riesci a correre un po’ più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua
determinazione, al tuo istinto e grazie all’esperienza. Puoi volare molto in
alto”.
Il concetto di
resilienza è presente anche nelle persone che subiscono traumi, quelli che
possiedono questa caratteristica non vanno incontro a stress acuti, o disturbi
post traumatici di stress, ma ne escono più forti, con un valore aggiunto (i
resilienti individuano risorse e chiedono anche aiuto).
Diventate
osservatori, osservate con attenzione i modi in cui reagite agli altri. Cercate
di guardarvi come farebbe un testimone esterno, come se si trattasse di una
scena teatrale da riprendere con una vido-camera. Cercate di individuare le
varie possibilità alternative di risposta (cambiate il finale del testo da
rosso a blu).
Chiedete
aiuto, anche se in famiglia avete sempre
rappresentato la figura “forte” di riferimento, non c’è niente di male a
chiedere ai vostri familiari di aiutarvi, di sostenervi emozionalmente e di
incoraggiarvi (in questo momento ho bisogno di aiuto)
Ci si riprende
meglio se si manifestano i propri sentimenti ai familiari, a un amico o a un
gruppo di sostegno (es. defusing,
debriefing, alcolisti anonimi). Un amico vi starà ad ascoltare, se cedete al
pianto – una reazione spesso utile – saprà aspettare.
Chiunque si
sforzi di agire come se non si sentisse mai alterato o infelice è in realtà più
fragile di chi ammette apertamente di avere bisogno di consigli e aiuto.
Moltiplicate le
esperienze positive (aumentate il blu), le esperienze positive e piacevoli,
infatti, rivitalizzano, rafforzano le difese contro le tossine emozionali e
forniscono nuove energie per mantenersi forti nelle circostanze avverse.
Lo psichiatra
William Glasser ha intervistato decine di persone uscite in eccellenti
condizioni da svariate esperienze di pressione estrema, nel tentativo di
scoprire come hanno fatto a evitare l’esaurimento (il cosiddetto burnout).
E’ emerso che la
maggior parte di costoro era affetta da una sorta di “dipendenza positiva”,
ossia avevano un’attività prediletta,
come per esempio la bicicletta o il jogging, che si sentivano tenuti a
praticare.
Tra le attività
emozionali gradevoli si possono annoverare iniziative come trascorrere del
tempo in compagnia di un caro amico, portare i figli in posti che amano,
cucinare una cenetta per una persona che ci piace, godersi una festa in
famiglia, vedere un film divertente o fare qualcosa di speciale con la persona
che si ama. Ridere è una potente medicina!
I processi di
guarigione e riparazione dell’organismo operano al meglio quando non si fa
niente. Ecco alcune attività passive:
·
sedersi
ad ascoltare musica con gli occhi chiusi,
·
meditare,
·
farsi
fare un massaggio,
·
rilassarsi
nella vasca da bagno o nella sauna,
·
farsi
un pisolino, riposare o semplicemente sedere all’aperto senza far nulla.
E fare tutto ciò
“spegnendo” il chiacchiericcio della mente e godendosi appieno le sensazioni
del momento.
Le persone più
resilienti sono come bambini mai cresciuti, uno spirito curioso e giocoso
contribuisce direttamente alla resilienza, perché il non prendere le cose
troppo sul serio e il porre domande
aiuta a scoprire come uscire da circostanze difficili.
Si definisce resilienza
la capacità di resistere alle frustrazioni, agli stress, in generale alle
difficoltà della vita. La resilienza è la capacità di fronteggiare
efficacemente gli eventi critici ed avversi sapendo riorganizzare positivamente
la propria vita di fronte alle difficoltà, permette la ripresa dopo un evento
traumatico, dopo un infortunio, dopo una sconfitta. La resilienza non è una
qualità congenita, è costituita da comportamenti, pensieri ed azioni che è
possibile apprendere e sviluppare in relazione anche alle proprie esperienze ed
ai propri vissuti.
Tra i fattori
individuali che promuovono la resilienza vi sono: Autoefficacia, Locus of
control interno, Capacità di porsi degli obiettivi e di trovare strategie
adeguate per conseguirli, Progettualità futura, Ottimismo, Senso dell’umorismo.
La persona
resiliente affronta i problemi in modo costruttivo, sa uscire dalle situazioni
difficili.
Essere
resilienti significa essere duttili e flessibili, accettando di sbagliare,
sapendo di poter rivedere e correggere le proprie azioni.
Sentimenti come
il piacere, l’allegria, l’appagamento, la soddisfazione per il proprio lavoro,
l’amore e l’affetto, unitamente a qualche bella risata e a momenti calorosi
trascorsi con gli amici, rafforzano le capacità mentali essenziali alla
soluzione dei problemi.
Alcuni tipi di
attività gradevoli accrescono la forza di resilienza, il gioco, per esempio,
contribuisce a sviluppare capacità fisiche, autocontrollo e conoscenze, oltre a
migliorare la salute. I piacevoli momenti trascorsi con gli amici rafforzano il
sistema immunitario e arricchiscono il patrimonio di risorse sociali cui si può
attingere in tempi difficili.
Le energie
accumulate nelle fasi positive sono durevoli, restano a nostra disposizione per
quando saremo colpiti da un evento avverso o ci troveremo ad attraversare un
lungo periodo di difficoltà. Prendersi il tempo per ridere, apprezzare i
momenti piacevoli e godere delle piccole cose sono atteggiamenti che
influiscono sul cervello e sul sistema nervoso potenziando le abilità di
problem solving e questo, a sua volta, rafforza la resilienza.
Tra i fattori
individuali che promuovono la resilienza vi sono: avere relazioni sociali
intime, flessibilità/adattabilità (essere cooperativi, amabili e tolleranti e
inclini al cambiamento), essere assertivi e saper chiedere aiuto, sensibilità
interpersonale, autoefficacia, locus of control interno, capacità di porsi
degli obiettivi e di trovare strategie adeguate per conseguirli, progettualità
futura, ottimismo, senso dell’umorismo, rete sociale di supporto informale. (5)
Tutte queste
caratteristiche possono essere incrementate con un lavoro di mental training
che permette al campione di eccellere partendo da un lavoro di
autoconsapevolezza per individuare e cercare le proprie risorse personali e
proseguendo con un lavoro sul goal setting e sviluppo di autoefficacia
personale.
·
Simone M., O.R.A. Obiettivi, Risorse,
Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e
nello sport, Edizioni ARAS, Fano, 2013, p. 33-34.
·
Mastretta A., Donne dagli occhi grandi, Giunti,
Milano, 2008, pp.140-1.
·
Bonfiglio N.S., Renati R., Farneti P.M., La resilienza
tra rischio e opportunità. Un approccio alla cura orientato alla resilienza,
Alpes, Roma, 2012.
·
Sport di più magazine Anno 4 –
n. 20 novembre dicembre 2012, pag. 60-61.
·
Sielbert A., Il vantaggio della resilienza, come
uscire più forti dalle difficoltà della vita. Edizioni AMRITA, Torino,
2008.
Psicologo,
Psicoterapeuta
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