Essere resilienti significa essere duttili e flessibili,
accettando di sbagliare, sapendo di poter rivedere e correggere le proprie
azioni.
Sentimenti come il piacere, l’allegria, l’appagamento, la
soddisfazione per il proprio lavoro, l’amore e l’affetto, unitamente a qualche
bella risata e a momenti calorosi trascorsi con gli amici, rafforzano le
capacità mentali essenziali alla soluzione dei problemi.
Alcuni tipi di attività gradevoli accrescono la forza di
resilienza, il gioco, per esempio, contribuisce a sviluppare capacità fisiche,
autocontrollo e conoscenze, oltre a migliorare la salute. I piacevoli momenti
trascorsi con gli amici rafforzano il sistema immunitario e arricchiscono il
patrimonio di risorse sociali cui si può attingere in tempi difficili.
Le energie accumulate nelle fasi positive sono durevoli,
restano a nostra disposizione per quando saremo colpiti da un evento avverso o
ci troveremo ad attraversare un lungo periodo di difficoltà. Prendersi il tempo
per ridere, apprezzare i momenti piacevoli e godere delle piccole cose sono
atteggiamenti che influiscono sul cervello e sul sistema nervoso potenziando le
abilità di problem solving e questo, a sua volta, rafforza la resilienza.
Angelica Moè nel testo “Motivati si nasce o si diventa?” (2)
spiega come a rendere resilienti vi sono diverse variabili fra cui, ad esempio,
avere obiettivi di vita realistici, saper gestire le proprie emozioni, prestare
attenzione ai propri bisogni, sviluppare un locus of control interno, sentirsi
parte fattiva della comunità sociale (lavorativa, familiare) cui si appartiene
e aspettarsi il meglio. Tra la variabili, risulta fondamentale avere una
persona stabile di riferiemtno cui si è legati affettivamente. Non si tratta,
quindi, semplicemente di essere bene inseriti in un contesto sociale, di
percepire che si può fare qualcosa per uscire da un problema, di avere atteggiamenti
mentali positivi, ma di sapere che “in caso di difficoltà potrò rivolgermi alla
persona xy che mi ascolterà, accoglierà e forse potrà offrirmi anche un aiuto
concreto”. E’ il riconoscere di avere una ‘persona speciale’ a cui potersi
sempre rivolgere a favorire il passaggio dal piegarsi (che è normale) al
ritornare almeno nella posizione di prima (che non è fisiologico e richiede uno
specifico lavorio).
Continua Angelica Moè affermando che la resilienza non è
dunque una capacità con cui si nasce, ma qualcosa che in parte si costruisce in
tempi di serenità e tranquillità (prima delle eventuali avversità, lievi o
gravi che siano) e si rafforza affrontando le problematicità, non tanto con
l’approccio di vincere il problema, ma di vivere attraverso il problema ed
oltre lo stesso. Non si tratta, infatti, solo di sopravvivere alle difficoltà
(lutti, disgrazie, gravi insuccessi, malattie…), ma di rientrare dal momento
difficile possibilmente arricchiti, di certo più forti o, meglio detto,
flessibili.
Tutte queste caratteristiche possono essere incrementate con
un lavoro di mental training che permette al campione di eccellere partendo da
un lavoro di autoconsapevolezza per individuare e cercare le proprie risorse
personali e proseguendo con un lavoro sul goal setting e sviluppo di
autoefficacia personale.
(1) Sielbert A., Il
vantaggio della resilienza, come uscire più forti dalle difficoltà della vita.
Edizioni AMRITA, Torino, 2008.
(2) Moè A., Motivati si
nasce o si diventa?, Laterza, Bari, 2011, 67.
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