Matteo SIMONE
Palas Policroniades e Vito Rubino, coppia anche nella vita, hanno partecipato al Tour Divide, gara di mountain bike più lunga al mondo, 4500 km non-stop e in autosufficienza sulle Montagne Rocciose.
La gara inizia a Banff in Canada e
finisce ad Antelope Wells in New Mexico al confine con il Messico per un totale
di 60,000 metri di dislivello. I concorrenti devono portare tutto l’occorrente
tra cui cibo, acqua, e attrezzatura da campeggio.
Palas
Policroniades e Vito Rubino hanno portato a termine la loro impresa in 30
giorni e 16 ore, usando una mountain bike in versione tandem. Palas e Vito raccontano
la loro esperienza rispondendo ad
alcune mie domande.
Come
siete arrivati alla decisione di partecipare a tale gara? “Il desiderio irresistibile di avventura. Poi la voglia
di esplorare posti nuovi e paesaggi spettacolari e infine la voglia di
esplorare noi stessi e le nostre capacità.”
Uno dei
due era più o meno sicuro o convinto nella partecipazione a tale gara? “Entrambi eravamo completamente determinati a portare a
termine la gara. Bisogna esserci al 100% per farcela.”
In questo
caso oltre alle capacità individuali di sapersi gestire in gare durissime è
importante anche l’intesa della coppia per riuscire a rispettare il passo
dell’altro, non strafare ma nemmeno andare troppo lenti, un compromesso che si
può trovare se ci si conosce bene e da tempo.
C’è stata
un’alternanza nelle fasi organizzative giornaliere: alimentazione, sveglia,
manutenzione? “I nostri
giorni erano da 18-20 ore. In genere ci svegliavamo tra le 6 e le 8 del
mattino, pedalavamo fino alle 2-4 di notte, poi accampavamo, mangiavamo
qualcosa, e dormivamo da un minimo di 2 ore a un massimo di 5 ore (con
l’eccezione di un paio di notti che abbiamo dormito di più e le ultime due
notti che non abbiamo dormito). Il giorno dopo, facevamo colazione, disfacevamo
la tenda e poi in marcia. Mangiavamo in parte in sella e in parte durante delle
piccole soste. Ci rifornivamo in paesini di passaggio. Altre volte invece, per
far fronte a delle condizioni metereologiche, ci siamo dovuti fermare al
tramonto e siamo ripartiti prima dell’alba. La manutenzione basica della
bicicletta la facevamo circa ogni due giorni, oppure quando si rompeva
qualcosa.”
C’era
possibilità di rifornirsi facilmente durante il percorso? “Bisognava programmarlo studiando bene la mappa.
Generalmente ci affidavamo a ruscelli per l’acqua (avendo l’accortezza di
filtrarla) mentre invece portavamo acqua in più (fino a 14 litri) nelle parti
più aride. Per il cibo ci rifornivamo nei paesini di passaggio; non si
attraversano grandi città. Quando andava bene trovavamo dei supermercati
normali, ma il più delle volte nel Tour Divide si fa ricorso al cosiddetto
‘gas-station food’, cioè il cibo che si vende nei negozini/mini-market dei
benzinai. Il mio piatto preferito? ‘Beef Ravioli’ in scatola by ‘Chef
Boyardee’, una specialità americana di ispirazione italiana preparata da uno
chef immaginario francese. Lascio immaginare… Ma la cosa buona è che si trovava
in tutti i mini-market dei benzinai.”
Quale era
la parte della giornata più difficile per ognuno di voi? “La sveglia dopo 2-3 ore di sonno. E anche quando
pedalavamo durante la notte e iniziavamo ad avere allucinazioni e colpi di
sonno.”
Leggendo
questa risposta, il primo pensiero è considerare quello che raccontano Vito e
Palas una follia, ma poi subito mi rendo conto che abbiamo bisogno tutti di
sperimentare, ognuno a modo suo, ogni cosa ha un senso per la persona che la
sperimenta.
Durante
il percorso c’erano controlli sanitari o cancelli orari? “Nel Tour Divide non ci sono controlli sanitari e/o
cancelli orari. Gli atleti sono completamente indipendenti e responsabili di
controllare le proprie condizioni e idoneità a continuare. Non esiste un tempo
limite ufficiale ma
si considera come cutoff un tempo pari al tempo record (nella categoria di
riferimento) x 2. In generale, un tempo inferiore ai 34 giorni è considerato un
tempo di tutto rispetto. (Per confronto ciclisti che percorrono questo
tracciato senza gareggiare ci mettono 2-3 mesi.)”
Avevate modo
di confrontarvi con gli altri concorrenti o gente lungo il percorso? “Nel Tour Divide si può decidere di partire
con altri partecipanti (il cosiddetto ‘Grand Depart’), oppure si può partire in
un qualsiasi altro momento e cronometrare il proprio tentativo
(possibilmente, ma non obbligatoriamente, facendo uso di un tracker GPS). La
seconda modalità è detta ITT (Individual Time Trial) ed è quella che
abbiamo seguito noi. Quindi eravamo pressoché in solitaria. Abbiamo incontrato
altri ciclisti sul percorso che però non partecipavano alla gara. Per il resto
potevamo passare giorni senza vedere un’anima.”
Usavate
social o telefono per restare in contatto con famiglia, amici e ricevere
sostegno? “Avevamo un
dispositivo GPS per essere seguiti durante il percorso da amici e famiglia
(durante gli ultimi 10 giorni di gara). Durante la maggior parte del percorso
non c’è copertura telefonica, quindi è stato difficile mantenerci in contatto
con la famiglia, soprattutto nelle parti più remote del percorso. Per lo più
pero eravamo scollegati. Quando c’era segnale mandavamo messaggi di aggiornamenti
utilizzando viber, whatsapp o il sito ufficiale della gara.”
Quasi
scollegati dal mondo esterno social, ma in contatto con i propri bisogni ed
emozioni, la coppia avanza, tanto famigliari ed amici sanno che Palas e Vito hanno
sempre qualcosa di straordinario da inventarsi e non temono per la loro salute
e incolumità, conoscono le loro capacità.
Quale è l’immagine
che più è rimasta impressa? “Le
immagini dei paesaggi che abbiamo attraversato sono tutte collegate come nella
pellicola di un film, lunga dalle Montagne Rocciose del Canada fino al deserto
del Chihuahua del Messico.”
Cosa
avete scoperto durante questa lunga impresa insieme? “Abbiamo scoperto che con la determinazione, la
passione e la grinta si possono raggiungere obiettivi altrimenti inaccessibili.
Queste caratteristiche ce le porteremo dietro ben oltre il Tour Divide per
affrontare le difficoltà quotidiane.”
Si può
considerare l’impresa come una palestra per apprendere a vivere meglio nella
quotidianità.
Come
state ora dopo la lunga impresa sportiva? “Tristi che sia finita ma contenti di avercela fatta.”
Certo tornando
a casa si può avere la nostalgia delle bellezze, sensazioni, emozioni sperimentate
a contatto con la natura con tutti gli odori, i suoni, i silenzi, i colori.
Nel libro “Lo sport delle donne” riporto l’esperienza raccontata dalla coppia Palas Policroniades e Vito Rubino, dal Canada al Messico in mountain bike tandem per 30 giorni.
Vito è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
“Cosa spinge le persone a fare sport?”, edito da Aracne Editrice.
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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