Continuo ad approfondire la conoscenza di atleti, mi interessa conoscere la passione per lo sport, la consapevolezza, l'autoefficacia, la resilienza, impegno, risultati, nutrizione, gestione stress, ecc..
Contattando diversi atleti mi è capitato di conoscere alcuni super sportivi che definisco quasi cannibali di sport.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Juan attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? “Adesso a quasi 35 anni no. Ma quando ne avevo 17/18/19 e facevo atletica leggera (400 metri) un po' si.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un Atleta? “Da piccolo giocavo a pallavolo e
pallacanestro per 2 club diversi. Ero in Argentina e un giorno a 16 anni ho
conosciuto un allenatore d'atletica Cubano, Miguel Angel Justiz. In quel
momento lasciai pallavolo e pallacanestro e mi sono dedicato soltanto
all'atletica leggera 400metri. L'ho fatto per 2 anni e da quel momento ho
sempre fatto qualcosa: Palestra, Alpinismo, Tennis, Body Building, Crossfit.
Soltanto lo scorso giugno (2016) e senza allenamento ho corso la mia prima 100
km, Vitosha 100, in Sofia, Bulgaria. Da quel momento è diventata una droga. Ad
un certo punto sono riuscito a correre un ultra di 141 km ed il weekend
successivo un'altra di 86 km, per certi atleti questo sarebbe una follia.”
Quali fattori hanno contribuito al tuo benessere e/o
performance?
“Penso che prima di tutto il fattore mentale., la decisione di voler fare quello
che mi piaceva, correre e allo stesso tempo farlo in un ambiente montano, due
passioni che sono state il mio motore. Poi occorre aggiungere la forza di
volontà, credo d'essere molto rigido con me stesso e penso che anche questo abbia
contribuito ai migliori risultati, l'allenamento e la nutrizione li metterei subito dopo in un secondo scalino, se un giorno nevica o piove tantissimo e ti devi alzare alle 6 per
andare a correre 20km lo puoi fare soltanto se veramente lo vuoi fare, non ci
sono scuse secondo me.”
Le
chiavi del benessere e del successo sono mentali, fisici e nutrizionali.
Importante la passione e la motivazione che ti spingono ad allenarti in
qualsiasi condizioni, anche avverse.
Nello sport chi ha contribuito al tuo benessere e/o performance? “Direi che in un 70% io e poi il restante 30% gli allenatori che ho avuto. Loro ti possono insegnare la tecnica, mostrarti gli errori e dirti che tipo di allenamento fare ma alla fine, secondo me, siamo sempre noi che contribuiamo in maggior misura.”
Hai sperimentato l'esperienza del limite in gara? “Sì. Nella gara Tryavna Ultra (dolori e ferite ai piedi) e Persenk Ultra (allucinazioni e mi addormentavo mentre camminavo). Se ci penso adesso a freddo potrei arrivare a credere che sia stata una follia ma, per come sono fatto, lo rifarei ancora.”
Quali sensazioni sperimenti (pre-gara, in gara, post-gara)? “Pre-gara: una roba proprio da maniaci. Già prima di dirigermi all'aeroporto controllo più di una volta se mi sto dimenticando qualcosa: vaselina, cerotti, bastoncini, bandane, ecc. La notte precedente normalmente preparo tutto sul letto, separo le cose e pianifico gli orari in cui dovrò mangiare i gel o le barrette. Faccio anche un pronostico anche di dove dovrei trovarmi ad una certa ora se tutto va come pianificato. Adesso non è più come all'inizio dove l'unica sensazione pre-gara era 'ce la farò a finire?'.
Nello sport chi ha contribuito al tuo benessere e/o performance? “Direi che in un 70% io e poi il restante 30% gli allenatori che ho avuto. Loro ti possono insegnare la tecnica, mostrarti gli errori e dirti che tipo di allenamento fare ma alla fine, secondo me, siamo sempre noi che contribuiamo in maggior misura.”
Il
benessere e la performance dipende in maggior misura da noi stessi ma da soli
non si va da nessuna parte è importante circondarsi di persone competenti e
professionali che ti aiutano.
Qual è stata la gara della tua vita? “Direi che è stata Tryavna Ultra 141km
e 5500m di dislivello. Durante la notte c'è stata una pioggia intensa che non
mi faceva vedere neanche 5 metri davanti. A malapena riuscivo a seguire il
sentiero. Il peggio di tutto era che faceva anche tanto freddo ed in quel
preciso istante mi trovavo in una ripida salita. Verso le 4 sono arrivato al
checkpoint quasi in uno stato d'ipotermia. Una volta entrato in quel rifugio mi
sono accorto che non ero l'unico. C'erano una decina d'atleti in mutande e
coperti con delle coperte mentre facevano asciugare i loro capi. Ho bevuto tè e
caffè e dopo circa 30 minuti sono partito di nuovo. I piedi mi sanguinavano
perché li avevo sbattuti parecchie volte su certi sassi e quindi la parte anteriore
di quasi tutte le unghie aveva penetrato le dita. In più avevo tante vesciche
ed in un momento ho pensato anche di non farcela. A malapena riuscivo a
camminare. Mi mancavano 41km alla fine e avevo percorso 100km. Non volevo
fermarmi lì. Quindi ho deciso d'arrivare a tutti costi e così ho fatto. Dopo
che ho lasciato l'ultimo checkpoint è stato un grandissimo sollievo e ho avuto
la fortuna che quasi tutto il resto del percorso era sull'erba, sui prati. In
alcuni momenti che mi rendevo conto che avrei finito la gara e ricordavo il
dolore dei miei piedi, mi veniva quasi da piangere dell'emozione. Una volta
arrivato alla meta, sono andato al pronto soccorso dove mi hanno curato i piedi
e dato l'antitetanica per l'infezione che avevo presso alle dita. La settimana
successiva e con un bendaggio fatto da me, ho corso un’altra ultramaratona di
86km. Una sensazione unica ho provato e sinceramente lo rifarei.”
C’è
tanto dietro un’ultramaratona considerata estrema per le condizioni
atmosferiche e per le sofferenze a cui si può incorrere, ma non si riesce a
farne a meno, diventa una coazione a ripetere.
Quale tua esperienza ti dà la convinzione che ce la puoi fare? “Quella appena raccontata. Insisto nel
credere che tutto dipende da noi stessi. Se nella vita c'è qualcosa che non
riesci ad avere, secondo me, è perché non l'hai voluta abbastanza. Altrimenti
saresti riuscito ad averla.”
Se
vuoi puoi, più riesci ad alzare l’asticella e più acquisti autoefficacia e
sicurezza.
Cosa pensano familiari e amici della tua attività sportiva? “Un po' si sono abituati ma
all'inizio quando leggevano le distanze e i dislivelli s'impaurivano un po' e
mi chiedevano: 'ma cosa mangerai e dove dormirai?', 'per maltempo
la sospendono?'. Penso che ognuno
conosce i suoi limiti e anche se devo ammettere che più di una volta mi sono
iscritto a gare dove non ero al 100 per cento, se mi metto nei panni dei miei
familiari e amici penso che sia una reazione normale.”
Un episodio divertente della tua attività sportiva? “Durante
la Persenk Ultra (160km e 7500metri di dislivello), mi trovavo in un tratto
della gara con un altro corridore e durante la seconda notte ho iniziato ad
addormentarmi mentre camminavo. Ho perfino avuto delle allucinazioni dove
vedevo le sagome degli alberi come se fossero degli animali selvaggi e a volte
le immaginavo come dei palazzi in una grande città. Ero consapevole che si
trattavano d'allucinazioni dovute alla stanchezza e a non aver dormito e per
periodi brevi di tempo chiudevo gli occhi oppure dicevo qualche frase senza
senso. Ad un certo punto dico all'altro corridore: - Martin, la banca apre alle
8 domattina! - Cosa? - Che la banca apre
alle 8 domattina, non mi avevi chiesto a che ora apriva la banca? - No! ma stai
bene? Mi devo preoccupare? Gli ho spiegato che era una cosa normale, che stavo
bene ma solo stanco e ci siamo messi a ridere.”
Importante
condividere gioie e dolori, soprattutto quando si è immersi nella natura al
buio con deprivazione del sonno, l’umorismo aiuta ad andare avanti ed è una
fonte di resilienza.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel praticare sport? “Che sono più testardo di quel che
credevo, d'essere molto determinato, se voglio una cosa non mollo mai finché la
raggiungo.”
Quali capacità hai dimostrato di possedere? “La determinazione e la volontà nel
voler raggiungere i miei obiettivi. In una gara sempre do il massimo provando
ad anticipare eventuali contrattempi, clima, fame, voglia di andare in bagno,
qualunque minimo dettaglio. Più pianificata ed organizzata è la tua gara meno
problemi troverai durante. Ovviamente ci sono sempre degli imprevisti.”
Che significa per te partecipare a una gara? “Mettermi alla prova con altri
corridori. All'inizio lo facevo per acquisire esperienza, volevo solo finire la
gara anche 5 minuti prima del cut off limit. Poi quando inizi ad allenarti seriamente
e quello che fai non è più un hobby le tue esigenze cambiano. Vuoi abbassare i
tempi delle edizioni precedenti e ti passa anche per la testa la possibilità di
stare anche nel podio. La parte più dura sono gli allenamenti. La gara è il
momento dove dai il massimo e provi in un certo modo a giustificare i tuoi
allenamenti ed entra tanto in gioco anche la testa. E' fondamentale essere
preparato psichicamente prima e durante la gara. Questo se parliamo dal punto
di vista competitivo di una gara. Poi in una gara ci sono anche tantissime
altre cose, le bellissime persone che trovi durante, altri corridori, i
volontari, i paesaggi, il pubblico.”
Hai sperimentato l'esperienza del limite in gara? “Sì. Nella gara Tryavna Ultra (dolori e ferite ai piedi) e Persenk Ultra (allucinazioni e mi addormentavo mentre camminavo). Se ci penso adesso a freddo potrei arrivare a credere che sia stata una follia ma, per come sono fatto, lo rifarei ancora.”
Quali sensazioni sperimenti (pre-gara, in gara, post-gara)? “Pre-gara: una roba proprio da maniaci. Già prima di dirigermi all'aeroporto controllo più di una volta se mi sto dimenticando qualcosa: vaselina, cerotti, bastoncini, bandane, ecc. La notte precedente normalmente preparo tutto sul letto, separo le cose e pianifico gli orari in cui dovrò mangiare i gel o le barrette. Faccio anche un pronostico anche di dove dovrei trovarmi ad una certa ora se tutto va come pianificato. Adesso non è più come all'inizio dove l'unica sensazione pre-gara era 'ce la farò a finire?'.
In Gara: durante la gara provo sempre a seguire quanto pianificato. Non sempre
va come pianificato ma di solito va bene. Impari qualcosa di nuovo in ogni
gara. Credo che le sensazioni si facciano vedere negli ultimi 15 km della gara,
dove inizi ad immaginare che ormai è quasi fatta anche se mi è successo di
pensarla così dopo aver corso 120km in una gara di 160km. Gli ultimi km sono i
più duri.
Post-gara: subito dopo la gara ho una specie d'euforia. Ormai è
fatta. A volte piango dall'emozione, il perché non lo so, forse mi metto a
pensare al percorso trascorso durante la gara e non solo, agli allenamenti,
alle cose che rinuncio scegliendo quello che faccio, ecc. Comunque è una
sensazione unica e molto personale anche se potrebbe sembrare 'denominatore
comune' tra gli atleti.”
Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi prestare attenzione nel tuo sport? “Penso che le difficoltà maggiori in una gara in montagna siano gli imprevisti. Personalmente faccio attenzione quasi a ogni passo che faccio. E non mi riferisco soltanto nei passaggi esposti e/o tecnici. Ogni passo, basta torcersi una caviglia e sei fuori e non soltanto dalla gara. Fuori anche per qualche mese. Questo riguardo i fattori concernenti la persona. Riguardo i fattori esterni come il clima e gli animali selvatici si possono prendere alcune precauzioni ma comunque c'è sempre un fattore di rischio.”
Quali condizioni fisiche o ambientali ti hanno indotto a fare una prestazione non ottimale? “Condizioni fisiche soltanto in un periodo in cui ero in overtraining. L'alimentazione compie un ruolo importantissimo. Condizioni ambientali, direi il ghiaccio se non hai i ramponi. La neve e la sabbia sono 'fattori ambientali' duri anche durante un semplice allenamento.”
Cosa ti ha fatto mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? “Mollare al momento niente. Se mi sento troppo stanco a livello muscolare decido di riposarmi quel giorno per essere al 100% nell'allenamento del giorno successivo. Cosa mi fa continuare? La voglia di esplorare nuovi posti facendo quello che é la mia passione, la corsa in montagna.”
La
gara fa sperimentare tante sensazioni ed emozioni, si passano tante fasi e alla fine è bello uscirne integri e riflettere sull’accaduto e sull’intera
preparazione per l’obiettivo portato a termine.
La tua gara più estrema? “Persenk Ultra (160km e 7500 metri di dislivello).
Gli ultimi 10 km mi sono sembrati infiniti, non finivano mai e mi trovato
dentro una specie di labirinto dentro il bosco dove mi sono chiesto più di una
volta: 'ma non sono già passato da qui?'. Dal punto di vista tecnico
c'erano dei passaggi molto ripidi ma poco esposti ma se aggiungo il discorso
della stanchezza e delle allucinazioni penso che potrebbe essere una
combinazione molto pericolosa.”Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi prestare attenzione nel tuo sport? “Penso che le difficoltà maggiori in una gara in montagna siano gli imprevisti. Personalmente faccio attenzione quasi a ogni passo che faccio. E non mi riferisco soltanto nei passaggi esposti e/o tecnici. Ogni passo, basta torcersi una caviglia e sei fuori e non soltanto dalla gara. Fuori anche per qualche mese. Questo riguardo i fattori concernenti la persona. Riguardo i fattori esterni come il clima e gli animali selvatici si possono prendere alcune precauzioni ma comunque c'è sempre un fattore di rischio.”
Quali condizioni fisiche o ambientali ti hanno indotto a fare una prestazione non ottimale? “Condizioni fisiche soltanto in un periodo in cui ero in overtraining. L'alimentazione compie un ruolo importantissimo. Condizioni ambientali, direi il ghiaccio se non hai i ramponi. La neve e la sabbia sono 'fattori ambientali' duri anche durante un semplice allenamento.”
Cosa ti ha fatto mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? “Mollare al momento niente. Se mi sento troppo stanco a livello muscolare decido di riposarmi quel giorno per essere al 100% nell'allenamento del giorno successivo. Cosa mi fa continuare? La voglia di esplorare nuovi posti facendo quello che é la mia passione, la corsa in montagna.”
Un messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarli allo sport? “Il
messaggio che darei è quello di frequentare il più possibile la natura.
Allontanarsi dalla città nei weekend con la famiglia e fare una escursione in
montagna, lasciando orologi e telefonini in macchina, dormendo in tende durante
il weekend e avvicinando i ragazzi allo sport in una maniera diciamo 'motoria' correndo con il cane per prendere una palla, arrampicandosi su un albero, ascoltando i rumori della natura.”
Come
hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Sempre 'parlando' con me stesso. Le decisioni le prendo dopo che ho
analizzato i pro e i contro. Posso sbagliarmi ma è la mia decisione. Mi fido
pienamente di me stesso. Ho avuto dei dolori, ho perso tutte le unghie dei
piedi, sono caduto tantissime volte durante alcune discese ma per fortuna non
ho mai avuto degli infortuni.”
Meno
tecnologie, meno virtual social e più esperienza diretta è la palestra della
vita.
C'è stato il rischio di incorrere nel doping nella tua carriera
sportiva?
“No, mai. Qualcuno mi ha suggerito cosa prendere ma mi sono rifiutato. Nel breve
periodo in cui ho fatto bodybuilding, prendevo la Creatina, la glutammina, aminoacidi
BCAA, vitamine e proteine, ma non sono mai andato oltre. 1) Non lo vedo come
una cosa corretta nei miei confronti e neanche nei confronti degli altri. 2) Non
giustifico il fatto di prendere una cosa che è vietata per fare meglio di qualcun
altro, con quale obiettivo? Un podio, un primo posto, qualche soldo? No! 3) Se
devo ricorrere a quello per raggiungere un obiettivo non sono più io quello che
lo sta raggiungendo.”
Raggiungere
gli obiettivi con accurata programmazione che prevede fatica, impegno, determinazione
ed integrazione alimentare corretta è sempre preferibile al doping.
Un messaggio per sconsigliare l'uso del doping? “Prima di tutto il discorso morale. Lo
sport competitivo ti spinge a certi limiti e anche a voler vincere. Ma vincere
col doping non è vincere, è far finta di vincere. Dopo che fa male e anche se
hai lo scienziato dietro che ti dà anche l'antidoto per non farti scoprire sono
sempre robe che entrano nel tuo corpo.”
Vero, il doping è diventato il cancro dello sport,
quanto meno te lo aspetti anche persone più insospettabili ne fanno uso, ho
scritto un libro dal titolo Doping. Il cancro dello sport.
https://www.libreriauniversitaria.it/doping-cancro-sport-simone-matteo/libro/9788867630752
https://www.libreriauniversitaria.it/doping-cancro-sport-simone-matteo/libro/9788867630752
Ritieni utile lo psicologo dello sport? “Questo penso che sia un discorso molto
personale. Uno che é andato sempre dallo psicologo e che ne ha tratto
giovamento può essergli d'aiuto. Nel mio caso personale non penso che possa
essermi d'aiuto. So bene perché faccio questo sport e quali sono le mie
motivazioni. Nei momenti di crisi ho sempre trovato delle soluzioni con me
stesso ma ripeto è un discorso molto personale e lungo da descrivere in poche
righe.”
Sogni realizzati e da realizzare? “Sogni realizzati quello d'aver
viaggiato tanto. Ho lavorato per anni a bordo di navi da crociera dove ho avuto
l'opportunitá di viaggiare tanto e di conoscere tantissimi posti che non avrei
mai immaginato di poter conoscere. Da realizzare? Direi che potrei dedicarmi
alla mia passione al 200%. Senza dover lavorare ogni giorno per poter
permettermi di correre ed allenarmi.”
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