sabato 18 febbraio 2017

Doping. Il cancro dello sport

Matteo SIMONE 

Doping. Il cancro dello sport, editore: FerrariSinibaldi.

In commercio dal: 1 gennaio 2014
Molto è già stato scritto sull'argomento e l'obiettivo di questo testo è quello di riassumere le conoscenze più attuali della ricerca scientifica. Il lavoro inizia con l'analisi storica e le caratteristiche delle sostanze dopanti. Si passa quindi a considerare la reale diffusione nel mondo dello sport, gli effetti nocivi di questi farmaci e le motivazioni che stanno alla base di questo fenomeno. Tali motivazioni spaziano dalla ricerca di un miglioramento delle prestazioni sportive, agli aspetti puramente estetici e di riduzione del grasso nei body builders.

Tutti gli Stati si propongono di combattere il fenomeno doping, anche se con mezzi diversi.
In base alla Legge 376 per la “disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”, entrata in vigore il 2 gennaio 2001, costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche terapeutiche, non giustificate da condizioni patologiche.
I farmaci potenzialmente dopanti dovranno recare un contrassegno per essere riconoscibili e avere, nel foglietto illustrativo, un paragrafo che ne spieghi gli effetti per chi pratica attività sportiva.
Il doping è reato penale. A differenza che in passato anche gli atleti sono perseguibili.
All’inizio l’autoprescrizione degli Steroidi Anabolizzanti (SA) riguardava solo atleti d’élite praticanti sport di potenza, ma in seguito si estese a macchia d’olio alle altre discipline sportive ed anche ad atleti amatoriali. 
Gli SA vennero banditi come sostanze proibite dal Comitato Olimpico Internazionale sin dal 1976, ma il loro abuso continuò a diffondersi sempre più nel mondo dello sport, soprattutto nelle palestre di body building.
Le motivazioni che stanno alla base di questo fenomeno spaziano dalla ricerca di un miglioramento delle prestazioni sportive, agli aspetti puramente estetici e di riduzione del grasso nei body builder.
In uno studio condotto in West Virginia, la ragione riportata più frequentemente per l’uso di steroidi era di “migliorare l’aspetto - sembrare più grandi o migliori”(43%). 
Questa risposta era stata data il doppio di volte rispetto alla seconda risposta più comune che era “migliorare il rendimento sportivo” (22%). 
Questo dato, unito al fatto che il 36,8% degli utilizzatori di steroidi non praticavano alcuna attività sportiva, suggerisce che l’abuso di steroidi anabolizzanti si è diffuso nella popolazione adolescente generale e che ottenere un vantaggio nello sport non è la ragione dominante per gli adolescenti che usano questi aiuti.
Il passaporto biologico dell’atleta potrebbe essere una soluzione ottimale, perché fa una storia del tracciamento ematico dell’atleta stesso impedendogli di fatto di doparsi.
Come riporta il settimanale AICS online: “La lotta al doping dal 2007 ha un nuovo alleato: il Passaporto Biologico. Questo neo-ritrovato della lotta al doping è il frutto dell'incontro avvenuto il 23 ottobre 2007 tra il Presidente dell'agenzia mondiale Anti-Doping (WADA) Richard Pound e il Presidente dell'Unione Ciclisti Internazionale (UCI), Pat McQuaid. Durante la stagione ogni ciclista si deve sottoporre periodicamente a esami del sangue e delle urine per stabilire il proprio profilo ematologico sia nei periodi di attività che fuori dalle competizioni. Il profilo che viene individuato diventa il parametro di confronto per ogni valore che verrà riscontrato sull'atleta durante i controlli nei periodi di gara o allenamento.”

Proprio la triste vicenda di Schwarzer ci insegna come, avendo solo motivazione estrinseche, fama gloria e successo in primis, si arrivi a commettere errori.
Su Atletica, Magazine della Federazione Italiana di Atletica Leggera, n. 1 gen/feb 2013, è riportata un’intervista ad Alfio Giomi nuovo Presidente FIDAL il quale così si esprime rispetto al caso Schwazer: “Non riesco a capire che cosa sia realmente accaduto. Tanti interrogativi. È mai possibile che Schwazer abbia fatto tutto da solo? Ma se non ha fatto tutto da solo, che cosa c’è dietro? E tutto quando ha avuto inizio? E per quali motivi? Penso che di questa vicenda si sappia solo una parte di verità.”.

Aumentano sempre di più i messaggi e le iniziative per combattere l’epidemia del DOPING che cerca di sconfiggere lo sport. Ma lo sport praticato in maniera corretta e con il rispetto delle regole fa tanto bene per la salute psicofisico e quindi è importante da parte di tutti, cittadini, associazioni ed istituzioni mobilitarsi per una corretta informazione e sensibilizzare alla pratica dello sport quale attività aggregativa e senza scorciatoie.
Come dice l'amico collega Gaetano Buonaiuto: "Il fenomeno del doping è insidioso e accattivante allo stesso tempo: come un vaso di Pandora, esso rappresenta la promessa di ‘miracolosi’ risultati, impossibili da raggiungere senza un aiuto esterno. I limiti che si vogliono a tutti i costi superare non rappresentano solo e soltanto quelli fisici. Spesso i primi limiti che si oltrepassano sono quelli mentali, psicologici, morali e spirituali. In una società complessa e sofisticata come la nostra, sotto il bombardamento costante dei mass-media, costruiamo l’immagine ideale cui vorremmo tutti assomigliare: successo e vanità sembrano vuoti e pesanti golem che hanno la capacità di schiacciare le nostre fragilità e debolezze dello spirito."

La considerazione che si deve fare è che oggi nella gara sportiva si è arrivati a un agonismo così spinto, a interessi economici così grossi che l’atleta cerca ogni mezzo per migliorare la sua prestazione. Anzi, l’atleta riporta di sentirsi “costretto” a fare questo perché i tifosi pretendono risultati, i giornali criticano le scarse prestazioni e gli allenatori spingono affinché venga raggiunto un rendimento sempre maggiore.

Matteo SIMONE

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