Matteo SIMONE
Vito Rubino e Palas Policroniades sono una coppia di ultrarunners, triatleti e praticanti di sport di endurance e multisport.
Ogni volta che li incontro o
sento parlare di loro, ci sono racconti di storie affascinanti ed avventurose,
ora è la volta di una “adventure race” nel deserto con la pratica di diverse
discipline sportive, di seguito il loro racconto.
Mi racconti la vostra gara multisport? Quali sport? “L’adventure racing è uno sport di
squadra dove l’obiettivo è raggiungere una destinazione in un percorso non
segnalato, orientandosi con l’aiuto di cartina e bussola. La destinazione viene
mantenuta segreta fino a poco prima dell’inizio della gara. Tipicamente, le
attività sono la corsa/trekking/orienteering, la mountain bike, il kayaking e la
discesa in corda doppia. La nostra gara è stata nel deserto del Mojave in
Nevada con una durata limite di 35 ore.”
In
questo tipo di gara vi sono tutti gli elementi della mentalità degli atleti di
endurance, tante ore in gara, sorprese, pronti al cambiamento ed
all'imprevisto, condizioni difficili di percorso e climatiche come è l’ambiente
del deserto, ma tutto ciò non spaventa gli atleti avventurieri del limite, anzi
sono nuove sfide che stimolano entusiasmo ed endorfine.
Chi sono i componenti della squadra, c’è una capitano? “Noi eravamo una squadra mista da
quattro. Io ho rivestito il ruolo di capitano reclutando gli altri componenti
della squadra, coordinando l’organizzazione e discutendo gli obiettivi e le
aspettative. Il primo componente che ho reclutato è stata mia moglie, Palas. Data
la sua propensione per l’avventura, (quasi) non è stato difficile convincerla a
partecipare. Gli altri due componenti hanno accettato perché non avevano previe
esperienze di adventure racing e dunque non sapevano ciò a cui andavano
incontro. Però erano entrambi desiderosi di avventura. Nick, un geologo, ha
esperienza di alpinismo e orienteering mentre Marja, un astrofisica, oltre ad avere
esperienza di trail running, ha esperienza in lunghe spedizioni in posti remoti.
Entrambi in ottime condizioni di fitness.”
Vito
ha provveduto alla selezione del team ed al reclutamento facendo attenzione
alle attitudini di ognuno ed alle motivazioni a fare insieme una spedizione che
comportava tante ore insieme di duro lavoro, ed anche considerare la
disponibilità ad adattarsi a condizioni difficili come possono essere quelle di
attraversamento di un deserto. Ma la sua esperienza gli permette di avere un
buon fiuto.
Avete fatto allenamenti o gare insieme? “Non abbiamo avuto troppo tempo per
allenarci insieme prima della gara. Ci siamo preparati individualmente per poi
coordinare i nostri sforzi durante la gara. Sono stato piacevolmente sorpreso
sia di come siamo riusciti a muoverci insieme come squadra sia di come siamo
riusciti a gestire la dinamica di gruppo. Ogni componente del team ha rivestito
un ruolo essenziale all'interno della squadra, contribuendo con le sue
esperienze, abilità e carattere.”
Ci sono ristori, cancelli orari, penalità o punti di controllo? “Alla partenza ci hanno dato delle
cartine e delle coordinate di punti di controllo obbligatori da raggiungere.
Noi abbiamo dovuto decidere la strategia da seguire per muoverci da un punto
all'altro. Alcuni punti di controllo sono allestiti come aree di transizione
dove si cambia attività, per esempio dal kayak alla mountain bike.
Gli
organizzatori si occupano di far arrivare alle aree di transizione
l’attrezzatura disposta da ogni squadra alla partenza. Tra successive aree di
transizione bisogna essere completamente in autosufficienza in termini di
acqua, cibo, abbigliamento, e soluzione di problemi meccanici. Non ci sono
punti di ristoro organizzati, e neanche negozi dove rifornirsi nel deserto,
quindi è importante prevedere ciò di cui si avrà bisogno perché un errore di
pianificazione in termini di cibo o acqua può rivelarsi disastroso.”
Come
dire in questi casi la gara si vince a tavolino, l’esito dell’impresa si decide
organizzando meticolosamente le cose da portare tra cibo, abbigliamento ed
altro.
C’è stato qualcosa di inaspettato, l'esperienza fatta corrisponde a
quello che vi aspettavate?
“Abbiamo incontrato diverse difficoltà. In queste gare c’è sempre qualche
sorpresa. Si va per questo. Per esempio, alla partenza siamo saltati sul kayak
seguendo un canale che si sarebbe immesso nel fiume Colorado. Dopo aver remato
per 5-10 minuti, ci siamo resi conto che il canale era chiuso e non conduceva
al Colorado. A quel punto abbiamo deciso di arrampicarci e trasportare il kayak
a mano per oltrepassare le dune di sabbia che chiudevano il canale e per poi
immetterci nel Colorado. Per quanto riguarda il tracciato in bici era a tratti
roccioso e con delle pendenze rilevanti e a tratti piano ma sabbioso, il che
rendeva l’avanzamento lento e faticoso, soprattutto sotto il sole cocente, che
magari non ti aspetti a Febbraio. Le differenze di temperatura sono state
piuttosto elevate, con delle punte di 36 gradi e delle minime di 6 gradi.”
Interessanti
queste descrizioni, danno proprio l’idea di gare di avventura, la difficoltà
sempre dietro l’angolo e sempre pronti a trovare le giuste soluzioni, sempre
pronti a valutare come superare l’ostacolo, niente relax, si va appositamente
in questo spazio tempo di non confort per sperimentare l’inatteso.
Ci sono stati momenti critici individuali o di squadra? “Penso che passare la notte correndo e
facendo trekking sia stata la cosa più difficile per tutti. La notte è
all'inizio un sollievo dalle temperature scottanti del giorno ma poi diventa
subito una minaccia per le temperature basse e perché il corpo non riesce ad
abituarsi a un cambio di temperatura cosi repentino.
Finché ci si muove va bene
ma se ci si ferma diventa un problema. Per esempio, a un certo punto della
notte ho schiacciato un cactus mobile (cholla) le cui spine stavano penetrando
la gomma delle mie scarpe e ci siamo dovuti fermare a togliere le spine ma
questo ci ha fatto infreddolire e irrigidire le gambe e ripartire ci è costato
parecchio. Altri momenti difficili accadono per il disorientamento. Questa
volta non abbiamo avuto particolari problemi, ma in un’atra gara ricordo che
dopo aver fatto discesa in corda doppia al tramonto abbiamo imboccato un
canyon, senza sentieri, che abbiamo seguito per tutta la notte, attraversando
la fitta vegetazione e arrampicandoci tra massi al fondo del canyon. Dopo quattro
ore di cammino pensavamo di aver raggiunto l’unico sentiero che ci avrebbe
fatto uscire dal canyon. Ma non riuscivamo a trovarlo. Eravamo al limite, senza
cibo, allo stremo delle forze. Poi, dopo momenti di panico passati a
interpretare le nostre cartine, ci siamo resi conto che in realtà eravamo
appena alla metà del percorso lungo il canyon. Quella è stata una delle
realizzazioni più drammatiche. Ma ci siamo dovuti raccogliere e abbiamo dovuto continuare
perché fermarsi non era un opzione".
Hai sperimentato stanchezza fisica o mentale? “Durante la notte arriva per tutti un
momento che non si ha più voglia di continuare per la stanchezza o per il
sonno, ciononostante bisogna continuare. Io e Palas siamo abituati a questi
momenti ma Nick e Marja questo era nuovo.
Il fatto di essere insieme e
incoraggiarsi a vicenda è sicuramente un
grande punto di forza di una squadra rispetto ad una attività individuale come
un’ultramaratona. E penso che proprio grazie allo spirito di gruppo e alla
determinazione di ognuno di noi, siamo riusciti a superare con agilità i
momenti più ardui.”
Riporto l’esperienza raccontata dalla coppia Palas Policroniades e Vito Rubino, dal Canada al Messico in mountain bike tandem per 30 giorni, nel libro “Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti” – 8 ottobre 2018, di Matteo Simone (Autore), Formato Kindle 3,49 €, Copertina flessibile 11,90 €.
Questo articolo è acquistabile con il Bonus Cultura e/o Carta del Docente quando venduto e spedito da Amazon.
Vito è menzionato nei libri:
“Cosa spinge le persone a fare sport?”, edito da Aracne Editrice.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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