Nel testo Il corpo accusa il colpo, di Bessel Van Der Kolk, Raffaello Cortina Editore, possiamo leggere qualcosa di interessante circa la paura: “La paura distrugge la curiosità e la vivacità. Non c’è crescita senza curiosità e non c’è capacità di adattamento senza la capacità di esplorare, attraverso prove ed errori, chi sei e ciò che è importante per te.”
Pertanto, questo concetto credo sia valido sia per i bambini che iniziano a relazionarsi con il mondo ma anche valido per gli adulti che non possono nascondersi al sicuro dentro le mura domestiche e fare solo quello che sono sicuri di saper fare, è importante continuare a sperimentare sempre, a mettersi sempre in gioco, ad apprendere attraverso prove ed errori senza temere il giudizio senza aver paura di sbagliare, andare incontro al nuovo, all’ignoto per mettersi alla prova.
Anche la paura di non farcela,
dell’ignoto della gara estrema, delle condizioni atmosferica, queste paure si
possono addomesticare pensando che tutto ciò che può succedere in allenamento o
in gara fa parte della vita e, quindi ad ogni problema c’è almeno una soluzione
da poter trovare, il fisico e la mente si adattano alle paure e si scopre che
anche nel passato in certe situazioni si è avuto paura ma poi si è riusciti a
continuare, ad andare avanti, ed anche aiuta il fatto che altri simili a noi ci
sono riusciti ed anche all’inizio era dura per loro oppure anche loro avevano
paura ma poi ce l’hanno fatta e così se vogliamo anche noi possiamo riuscire
nel raggiungere i nostri obiettivi nello sport e nella vita. Riuscendo in ciò
diventano più addomesticabili e gestibili la fatica e la paura ed allo stesso
tempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la
resilienza.
E’ quello che emerge da interviste ad
atleti che partecipano a competizioni estreme che comportano tante ore di gara
e di allenamento ed in percorsi e condizioni atmosferiche impervie.
La paura di
non farcela può portare a pensieri negativi e alla successiva ansia. In questi
casi è importante focalizzarsi sul respiro, fermarsi ed osservare quello che
succede ascoltando il respiro, pian piano il respiro rallenta, si può osservare
la diminuzione delle palpitazioni e del tremore delle mani.
La paura di
sbagliare e di non essere all’altezza può causare ansia, stress e aggressività verso
tutti. Importante è esprimere in diversi modi e con diverse modalità quello che
si sente, la propria sofferenza, il proprio dolore, disagio. Mezzi di
espressione possono essere, la scrittura, il disegno, la drammatizzazione,
parlarne con persone di riferimento o professionisti dell’aiuto.
Aneddoto
di Jodorowsky : “Preoccupato, Isan chiese a suo
maestro Gyosan:
‘Maestro, la vita mi preoccupa. Mi sento
inondato dalla sua molteplicità. Milioni di cose mi vengono addosso e mi
attraggono. Ne sono invaso. Questo mi fa disperare.’
‘Non ti preoccupare. La tua percezione
non può captare più di una cosa per volta. Perciò è inutile che ti preoccupi in
anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta, esso è unico. Non è
tutti gli oggetti. Accettalo per quello che è e vivilo. Non esistono milioni di
istanti da vivere. Non esiste altro che l’istante presente. Gli altri verranno
dopo. Sono in cammino per trasformarsi nell’istante presente, ma se rimani
calmo e tranquillo, senza metterti a fare troppe elucubrazioni o farti prendere
dall’ansia, verranno uno dietro l’altro e la tua vita scorrerà serena?."
Ci
sono attività che aiutano in questa presa di coscienza
emotiva, fisica, corporea e mentale, quali le passeggiate, le camminate, la
corsa lenta e la meditazione, sono attività che sembrano una perdita di tempo
ma aiuta a rinforzare la mente ed anche a preparare il fisico.
Sarebbe opportuno avvicinarsi,
frequentare persone, maestri che ti possono indicare una strada, un percorso da
seguire, che include autoconsapevolezza, calma, meditazione, attesa,
preparazione, senza richiedere tutto e subito. Il percorso è duro ma come tutte
le cose che si vogliono ci vuole impegno, determinazione, costanza e resilienza.
La
partecipazione a gare estreme è una scoperta, un contattare il proprio limite,
sfidare se stessi, conoscere nuovi percorsi, sentire nuove emozioni.
Per gli
ultramaratoneti non si tratta di fare gare estreme ma occasioni per divertirsi,
infatti affrontano tale imprese con opportuna preparazione e accorgimenti in
modo da non trovarsi in condizioni di estrema difficoltà. Come nei lunghi viaggi
che capitano imprevisti, anche nelle ultramaratone possono accadere degli
imprevisti lungo il percorso, ma ciò non impedisce di fare esperienze che danno
un senso alla propria vita.
Se l’atleta o la squadra non possiede la
preparazione volta ad un approccio meditativo che ti fa centrare sul presente,
sul momento presente, sul qui e ora, è possibile sperimentare una scarsa
motivazione a continuare la preparazione e alle successive competizioni. Pertanto
è importante che sia gli atleti che gli allenatori siano formati dal punto di
vista degli aspetti mentali.
Si può fare un lavoro di autoconsapevolezza con l’atleta
volto a riconoscere i sintomi dell’ansia e a interpretarli correttamente.
Successivamente si possono insegnare metodi e tecniche di rilassamento volte a
ridurre il livello di ansia.
Inoltre si può fare un lavoro attraverso le visualizzazioni
o l’ipnosi per accompagna l’atleta, in situazione protetta, ad affrontare
gradualmente la situazione temuta per aiutarlo a ridurre e padroneggiare
l’ansia in quella specifica situazione. Inoltre si può cercare insieme
all’atleta o alla squadra di elaborare e far in modo di desensibilizzare alcuni
pensieri disturbanti.
Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work di Cagliari, a cui devo parte della mia formazione di psicoterapeuta della
gestalt, afferma nel mio testo "Sviluppare la resilienza", che: “Evidentemente
il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio,
all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla
propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria
verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se
le circostanze sembrano insostenibili.”
E’
importante anche far leva sull’allenatore che dovrebbe conoscere le potenzialità
dei propri atleti o squadra, i punti di forza e di debolezza, dovrebbe
costruire con loro progetti di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare
all’occasione, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento,
l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte
della storia sportiva degli atleti o della squadra, condividere momenti di
gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di
aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver
considerato.
L’allenatore può intervenire sull’autoefficacia attraverso la programmazione di
sedute di allenamento che favoriscano esperienze di superamento graduale e
progressivo degli ostacoli e delle difficoltà. Deve conoscere le abilità dei
propri atleti e con questa conoscenza costruire un programma di preparazione
che si basi su obiettivi concreti e reali. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili
e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare
l’autoefficacia dell’atleta.
L’allenatore
ha una grande importanza nello sviluppare le motivazioni giuste: graduando le prove con le quali
l’atleta deve cimentarsi, trovare le ragioni convincenti per mettere l’atleta
ogni volta alla prova, negoziando il raggiungimento di mete sufficientemente
(ma non esageratamente) difficili, monitorando i progressi dell’atleta,
insegnando a trarre lezioni dagli insuccessi.
Gli ultramaratoneti, in genere non sperimentano
l’ansia della competizione, del pregara, ma quello che in genere avviene è una certa
aspettativa positiva, non si vede l’ora di affrontare il lungo viaggio che,
come i lunghi viaggi, è fatto di conoscenza, di scoperte, di imprevisti. Gli
ultramaratoneti come si fa per i lunghi viaggi, si preparano in anticipo, si
informano sulle condizioni climatiche sul percorso, su quello che è opportuno o
indispensabile portare a seguito, si documentano. Come i lunghi viaggi diventa
importante la preparazione, l’attesa, c’è una voglia di divertirsi, di
conoscere, di scoprire se stessi e quello che succede.
L’esperienza sia in modo diretto,
partecipando ad alcune gare, sia attraverso interviste, racconti e testimonianze
di atleti di sport di endurance, mi ha permesso di scrivere diversi libri.
Andrà tutto bene se coltiviamo l’arte del
rallentare, fermaci, della creatività, fiducia apprendendo dall'esperienza,
qualsiasi esperienza. Se riusciamo a essere pazienti e responsabili possiamo
sviluppare resilienza e potremmo uscirne fuori anche più rafforzati.
Segnalo alcuni libri pubblicati
da Prospettiva Editrice: Da 10 a 100 Dai primi 10 km corsi alla 100 km per
Milano (Alberto Merex Mereghetti e Matteo Simone); Triathlon e Ironman. La
psicologia del triatleta; Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate,
competitive e resilienti; Sport, Benessere e Performance. Aspetti psicologici
che influiscono sul benessere e performance dell’atleta; Ultramaratoneti e gare
estreme.
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Nessun commento:
Posta un commento