martedì 2 gennaio 2018

Giovanni Capasso, runner: Alla fine di una gara pensi ammazza cosa ho fatto


Piano piano l’ultramaratona ti porta ad adattarti a condizioni sempre più dure, a superare gradualmente difficoltà man mano sempre crescenti, a fare cose considerate fuori dalla normalità, e anche gli atleti stessi si meravigliano di essere riusciti in tutto ciò, stanchi ma soddisfatti e man mano aumenta la consapevolezza delle proprie capacità e risorse così come dei propri limiti, e man mano incrementa autoefficacia, fiducia in sé nel provar e riuscire, e resilienza superando sempre muri e barriere soprattutto mentali.
Di seguito, Giovanni Capasso racconta la sua esperienza di atleta rispondendo ad alcune mie domande.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Sì con piccole esperienze.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Sfide e sfidarsi se stessi.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Dalla strada con piccoli passi.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “E’ una sfida, dislivello, discese tecniche, salite dure, alla fine di una gara pensi ammazza cosa ho fatto.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “No e per adesso non mi sfiora nemmeno il pensiero.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “No, non ho avuto mai infortuni, altri problemi li sfogo sulle gare.”
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “Mi piace.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “No, non l’ho mai sperimentato.”
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Avere fiducia di me stesso, auto convincermi, tutto si può fare con le giuste motivazioni.”

Vero, se vi è passione, se vi è intenzione, tutto diventa fattibile, basta organizzarsi, pianificare, dedicarsi costantemente per raggiungere l’obiettivo ambito e sfidante senza blocchi e muri mentali.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Il malandrino, ecco però non l’ho affrontata con le motivazioni giuste e l’ho sofferta ma porata al termine.”
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Tour de Geants però mai dire mai con le motivazione giusta posso farcela.”

Vero, ogni momento bisogna valutare cosa si vuol fare e come si può fare, a volte i tempi non sono pronti per certe cose, ma se si decide di voler fare qualcosa, allora ci si mette di intenzione e si prepara per qualsiasi cosa adeguatamente. Il Tor è una gara lunghissima e faticosa di 330km ad alte quote e sono stanti i fattori da allenare, fisici, mentali, nutrizionali, abbigliamento.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Io le farei tutte ma sono un operaio e devo conciliare lavoro moglie e due bambini, ci vuole tanto tempo e tanti sacrifici, devo adattarmi ai miei tempi.”

Ci vuole una grande forza e un grande equilibrio per portare avanti passioni che comportano dispendio di energie e di tempo per dedicarsi il tempo bastante per preparare gare lunghe e difficili.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Non c’è niente che mi spinge è solo il fatto che sto bene fisicamente e mentalmente.”

L’ultramaratona può sembrare uno sport solo per masochisti che ti fa faticare inutilmente, ma il benessere che si sperimenta diventa a volte immenso sia a livello di sensazioni corporee e di percezioni interne ed esterne sia a livello mentale che ti permette di spaziare nei lunghi percorsi con lunghi periodi a contatto conte stesso, con il proprio profondo per sistemare delle cose cha abbiamo in sospeso per organizzarsi la vita per esercitare progettualità con il movimento che aiuta.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Eeeee, so matto, qualcuno non sa nemmeno di cosa si sta parlando quando dico ho fatto 50 km con ds+ 4400 in 9 ore mi guardano come se fossi un alieno.”

Vero, soprattutto per chi è pigro, per chi ama sostare in zone comode di confort per tempi lunghi in poltrona vedendo film e mangiano patatine.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “Farmi dire che sono matto.”

Si mette in conto il giudizio da parte di altri, ma l’importante è essere sereni e star bene con se stessi, divertendosi per quello che si fa e si riesce a raggiungere. Diventa qualcosa di privilegiato solo per pochi che vogliono osare ma sempre con attenzione e rispetto per se stessi.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Mai fermarsi ed arrivare al traguardo.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Non mi conoscevo cosi tenace.”
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? “Ecco qua si tocca un punto molto delicato, mia moglie dice che tolgo tempo alla famiglia e non solo però alla fine mi dice: ti piace va bene ma cerca di no farti male, nel lavoro no facendo turni mi organizzo non ho problemi.”

Tutto sta nel sapersi organizzare, nello spiegare la propria passione, nel metterci del proprio meglio nel fare bene con attenzione.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Non ci penso a questo, con i sé e con i ma non si fa storia, il mio cammino è questo, e poi non ho niente da cambiare del mio passato, anzi una cosa sola: abbraciare mio fratello che se n’è andato nel 2011, per tempo non sono riuscito a salutarlo, lo penso sempre lo porto nel mio cuore.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Farmaci: tachipirina se ho la febbre, integratori non so nemmeno dell’esistenza, il mio integratore è acqua limone e zucchero.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “Aaaa basta che si va dal medico curante, però ci ha fatto l’abitudine e non me lo dice più.”
Hai un sogno nel cassetto? “La mia passione trasmetterla ai miei figli.”


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