La prima cosa da fare è partire dalle proprie sensazioni fisiche, corporee, sentirsi, fare una scansione corporea dalla sommità della testa e scendendo fino alle punte dei piedi. L’atleta può individuare le parti fragili, deboli, da potenziare.
L’atleta può individuare eventuali criticità che lo abbiano portato all’infortunio, può valutare, studiare cosa migliorare e potenziare, può focalizzare la sua attenzione per evitare successivi infortuni, ridefinire le priorità che si era prefissato prima dell’incidente, allargare i suoi interessi anche ad ambiti non sportivi, continuando, contestualmente a mantenere i contatti con il suo mondo sportivo, l’allenatore e la squadra, accettare le emozioni negative legate all’infortunio, in attesa di riprendersi la sua identità di sportivo.
L’atleta può sentirsi soggetto attivo nel processo di riabilitazione, definire un piano di ripresa, di ripartenza, sviluppare un piano per un’azione futura efficace può individuare le risorse occorrenti da potenziare, sia personali che esterne: allenatore, fisioterapista, psicologo, medico.
Sviluppare risorse interne allo scopo di aiutare a stabilire un senso di efficacia e di possibilità per il Futuro, creare un suo Consigliere Interiore o un “Allenatore Interiore”, creare una “Squadra Interiore” di aiutanti o di sostenitori, ognuno in grado di apportare un’influenza positiva.
L’atleta può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare a qualcuno. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Persuasione verbale da parte di altri, dei quali si hanno fiducia e stima attraverso gli incoraggiamenti verbali che tendono a sottolineare gli elementi positivi di un gesto o una azione.
L’atleta “vincente” riesce a trovare la determinazione, la calma, lo spirito di sacrificio per ricominciare dopo ogni stop prolungato, dopo ogni sconfitta.
Per aiutare un atleta infortunato sono importanti la meditazione, la visualizzazione e il lavoro sull’autoefficacia. Attraverso la meditazione la persona riesce a percepire e rispettare i suoi tempi, i tempi che gli occorrono per il recupero, riesce a comprendere che tutto arriva e passa, tutto sorge e tutto muore, riesce a reagire agli eventi spiacevoli, riesce a partire dal qui e ora e a programmare una formulazione del goal setting, ossia un piano di obiettivi graduali, regolato da una giusta scansione temporale.
Affinché la ripresa, dopo un evento traumatico come una sconfitta o un infortunio, sia più veloce l’atleta deve possedere una buona resilienza. Si definisce resilienza la capacità di resistere alle frustrazioni, agli stress, in generale alle difficoltà della vita.
L’atleta può sentirsi soggetto attivo nel processo di riabilitazione, definire un piano di ripresa e di ripartenza, sviluppare un piano per un’azione futura efficace, può individuare le risorse occorrenti da potenziare, sia interne (personali) che esterne (allenatore, fisioterapista, psicologo, medico).
L’atleta può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare qualcosa a qualcuno: fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
È importante considerare che se ci sono impedimenti nel raggiungimento degli obiettivi si può fare qualcosa per migliorare le prestazioni senza demotivarsi o arrabbiarsi.
Nello sport gli infortuni si mettono in conto e diventa importante essere disposti a fermarsi un po’ o a rallentare i ritmi. Per aiutare un atleta infortunato sono importanti la meditazione, la visualizzazione e il lavoro sull’autoefficacia.
Attraverso la meditazione la persona riesce a percepire e rispettare i suoi tempi, i tempi che gli occorrono per il recupero, riesce a comprendere che tutto arriva e passa, tutto sorge e muore, riesce a partire dal qui e ora e a programmare un piano di obiettivi graduali.
Affinché la ripresa, dopo una sconfitta o un infortunio, sia veloce l’atleta deve possedere una buona dose di resilienza. Si definisce resilienza la capacità di resistere alle frustrazioni, agli stress, in generale alle difficoltà della vita.
L’atleta può individuare eventuali criticità che lo abbiano portato all’infortunio, può valutare e studiare su cosa focalizzare la sua attenzione per evitare successivi infortuni, ridefinire le priorità prefissate prima dell’incidente.
L’atleta può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare qualcosa a qualcuno: fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Di seguito Simona Morbelli racconta la sua esperienza: “Gli infortuni capitano, a volte si sta fermi solo qualche giorno, a volte qualche mese. Esistono però lavori alternativi molto efficaci come la bici o il nuoto. Ti aiutano a rimanere in forma con il fiato ed a fare un ottimo lavoro di forza. In questo modo si può ritornare più forti di prima essendoti anche ‘depurato’ dai carichi di lavoro quotidiani della corsa.”
Con l’esperienza si impara a mettere in conto gli infortuni e a saperli gestire con attività alternative e con un’adatta riabilitazione per ritornare più motivati e con voglia di fare meglio.
Alcuni fanno tesoro delle proprie esperienze di infortunio come Michele Graglia: “Dopo la brutta esperienza della mia prima gara imparai molto e mi portarono a studiare e imparare molto. Decisi quindi di prendere la qualifica di Running Coach e Nutrizionista Sportivo presso la USA Track&Field per meglio gestire la mia preparazione atletica e nutrizionale. Fino a questo momento non ho avuto infortuni che mi abbiano messo in pausa, ovviamente qualche infiammazione o problemino qua e la sono normali, ma questo intro e solo per evidenziare che, con i giusti recuperi e la giusta cura per il proprio corpo, gli infortuni possano sempre essere evitati.”
Laura Ravani ne ha tratto una lezione di vita imparando a essere più attenta: “Si, ho avuto problemi, causati principalmente dall'inesperienza e dalla voracità che caratterizzano i primi periodi. Poi si impara a essere più attenti, e a prestare attenzione a ciò che dice il nostro organismo (anche se il problema può capitare lo stesso).”
Ha temuto il peggio Daniele Baranzini: “Sì, 2 anni fa stavo per morire per il comportamento mio ad una gara, scongiurato il pericolo morte ho rischiato la dialisi a vita per 10 giorni circa ma non è successo. Anzi scavalcare una tomba mi ha fatto prima pensare poi agire diversamente, meglio.”
Ha corso il pericolo di fermarsi Satta Marinella: “Si, febbraio del 2014. Dopo aver fatto delle visite di controllo, facendo l’ecocardiogramma privatamente da un medico non sportivo mi indirizza direttamente all’ospedale per fare accertamenti più accurati, in quanto pensava che avessi un infarto in atto. Andai subito all’ospedale (premetto che non stavo per niente male), quando arrivai in ospedale, mi ricoverarono con codice rosso (al che mi spaventai abbastanza) e mi ricoverarono in terapia intensiva per 3 giorni, facendo tutti gli esami del caso, compreso la coronarografia. Meno male che tutti gli esiti erano a posto. Ho dovuto recuperare tutti gli elettrocardiogrammi degli anni precedenti, praticamente ho il cuore d’atleta. Da allora, però, quando mi sento più stanca e stressata del solito, faccio la gara con molta più tranquillità prendendomi tutte le pause necessarie.”
Il rischio lo ha corso anche Franco Magliano: “Si, ho rischiato addirittura di smettere con la corsa, per un'aritmia cardiaca che mi ha fatto perdere conoscenza (stranamente in una 10 km.), ma è stata risolta.”
Il rischio di non poter più correre l’ha corso anche Pietro Salcuni: “Si ad un trail sono caduto, ed ho pensato di aver finito di correre, sono stato fermo un mese e poi di nuovo sulla strada.”
Maria Chiara Parigi è consapevole del rischio che si può incorrere: “Purtroppo i rischi ci sono stati e mi sono fatta male più volte. Da allora cerco di stare più attenta anche se vuol dire andare più piano!”
Gli infortuni son considerati amici da Alina Losurdo: “No, mi conosco molto bene e mi fermo prima del disastro. Gli infortuni sono normali e Amici, per quanto si cerca di prevenirli arrivano sempre. Bisogna curarli per poi ripartire più forti di prima.”
Marta Miglioli alterna con altri sport per non sovraccaricare parti affaticate: “Certo, gli infortuni fanno parte dell'essere sportivo. L'importante è accorgersi dell'infortunio ed intervenire in tempo, anche fermando gli allenamenti se occorre e non rischiare di peggiorare la situazione pur di continuare a correre. Meglio continuare a fare attività che non sforzino la parte lesionata come il nuoto o la bicicletta.”
Al nuoto e alla bici ricorre anche Simona Morbelli: “Gli infortuni capitano, a volte si sta fermi solo qualche giorno, a volte qualche mese. Esistono però lavori alternativi molto efficaci come la bici o il nuoto. Ti aiutano a rimanere in forma con il fiato ed a fare un ottimo lavoro di forza. In questo modo si può ritornare più forti di prima essendoti anche "depurato" dai carichi di lavoro quotidiani della corsa.”
Massimialinao Clemot è previdente e saggio: “No, ho sempre avuto solo piccoli infortuni che non mi hanno mai limitato, c’è da dire che ho sempre abbinato alla corsa anche un buon allenamento in palestra che mi ha consentito di rinforzare le parti a rischio infortunio.”
Prevenire l’incorrere dell’infortunio con respirazione e rilassamento (O.R.A)
La velocità di respirazione influenza la mente: gli effetti di una riduzione della velocità di respirazione non si limitano solo al corpo, ma si estendono alla mente e alle emozioni. Una respirazione lenta, tranquilla, porta compostezza e un naturale sollievo dalle alterazioni emotive. Controllando e regolando la respirazione, si ottiene un controllo completo su se stessi, riuscendo a rimanere mentalmente tranquilli anche di fronte alle emozioni.
Per questo in Giappone si crede tradizionalmente che lo Zen, in cui il controllo della respirazione occupa un posto importante, sia una via all’autocontrollo. La mancanza di autocontrollo fa si che persone, altrimenti capaci, sotto stress non siano in grado di fare quello che in condizioni normali sanno fare benissimo.
Quando c’è in gioco qualche cosa di importante, chi ha problemi emozionali di questo tipo si sente i muscoli e la mente tesi, il che impedisce di agire in modo appropriato. Nessun accorgimento cosciente può fare nulla per risolvere questo problema, fuorché il controllo della respirazione.
Rilassamento progressivo neuromuscolare: consiste in un esercizio di contrazione e decontrazione muscolare. Si ottiene una consapevolezza delle proprie sensazioni della tensione psicologica e della sua scomparsa quando i muscoli si rilassano. L’intento è di educare l’atleta alla riduzione volontaria del tono muscolare. Gli esercizi devono essere svolti giornalmente e progressivamente devono essere coinvolti la maggior parte dei muscoli del corpo.
Aiutare l’atleta infortunato a ritrovare la motivazione attraverso modelli di riferimento, individuare altri atleti che hanno ripreso dopo un infortunio, dopo periodi di stop prolungati a causa di squalifiche doping, dopo gravi incidenti. L’atleta vincente riesce a trovare la determinazione, la calma, lo spirito di sacrificio per ricominciare dopo ogni stop prolungato, dopo ogni sconfitta.
Importanti sono la meditazione, la visualizzazione, il lavorare sull’autoefficacia.
Attraverso la meditazione la persona riesce ad aspettare i suoi tempi, i tempi occorrenti per il recupero, riesce a comprendere che tutto passa, tutto sorge e tutto muore, riesce a non reagire agli eventi spiacevoli, riesce a partire dal qui e ora e a programmare una formulazione del goal setting, un piano degli obiettivi graduali con una giusta scansione temporale.
Con la visualizzazione l’atleta infortunato può continuare ad eseguire un minimo di allenamento, ripetere mentalmente il gesto motorio dato che l’imagery consentirebbe di rimanere tecnicamente e muscolarmente allenati anche in stato fisico di effettivo riposo, può ricercare precedenti gesti atletici che gli hanno permesso di emergere, di ben figurare, di fare ottime prestazioni, può continuare a sperimentare le sensazioni occorrenti per continuare la carriera sportiva, può provare a visualizzare come sarà la sua ripresa dell’attività sportiva e gradualmente può sperimentare come sarà in futuro la sua prestazione atletica, la sua performance.
La persona che avrà sviluppato un forte senso d’autoefficacia sceglie obiettivi più elevati, è più motivata, usa le proprie capacità con maggiore efficienza, è meno ansiosa, gestisce meglio i fallimenti, è più tenace e ottiene risultati più soddisfacenti di chi invece ha una percezione negativa delle proprie possibilità.
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http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
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