Difendere il titolo dopo 6 mesi e non 12 è un po' una scocciatura!
La 2^ edizione BiUltra 6.24 si svolgerà sabato 27 e domenica 28 marzo 2021 nella zona adiacente all’Accademia dello Sport Pietro Micca in zona Città Studi a Biella.
Il percorso è certificato dalla Fidal: un quadrilatero di 1000 metri. L’evento sarà Campionato Italiano Assoluto e Master sulle 24 ore e anche Campionato Regionale 6 e 24 ore.
Di seguito, approfondiamo la conoscenza di Stefano Romano, Associazione culturale Archimente, attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ci sarai ai prossimi Campionati Italiani 24 ore? “Sì, ho atteso con ansia la gara di Biella, anche se a dire la verità difendere il titolo dopo 6 mesi e non 12 è un po' una scocciatura! A parte le battute, a fine dicembre non pensavo nemmeno di partecipare: non riuscivo ad appoggiare il piede sinistro a terra, avevo spinto troppo soprattutto in salita per un progetto di Everesting, un errore da principiante, che però mi ha fatto crescere. A volte ci sentiamo come Superman o Wonderwoman, ma alla fine della fiera io sono un'ultramaratoneta e non un ultratrailer. Anche Kilian Jornet ha commesso recentemente lo stesso errore, in fondo”.
Stefano (Torino road Runners ASD) è il campione in carica dagli ultimi mesi del 2020 vincendo il Campionato Italiano Individuale Assoluto e Master di Ultramaratona 24h su strada, organizzato a Bussolengo dal GS Mombocar, totalizzando 200,565km e precedendo Thomas Capponi (Runners Bergamo) 193,724km e Pietro De Marchi (Team Mud & Snow ASD) 192,575. Come procede la preparazione? “Ormai sono alle battute finali, oggi ho terminato le mie ultime ripetute da 2000 metri in 3.40/km con recuperi di 1000 metri appena sopra i 4'. A gennaio ho fatto fatica, mentre a febbraio ho ripreso un buono stato di forma, aggiungendo km al motore. Adesso comincia la classica fase di scarico, sono soddisfatto della mia preparazione e ringrazio molto il mio coach Andrea De Giuseppe che mi ha seguito, stimolato, a volte coccolato e a volte spronato, con la dovuta sensibilità. Terminerò le classiche 12 settimane di preparazione con circa 2000 km corsi, si può sempre fare di più, ma come sempre penso di avere fatto del mio meglio. In fin dei conti, la filosofia è quella del kaizen, del miglioramento costante, non a caso i giapponesi sono fra i migliori interpreti delle ultra, è nel loro Dna”.
Cosa c’è dietro una gara? Tanta preparazione soprattutto dietro una gara di ultramaratona della durata di 24 ore dove bisogna essere integri alla partenza e prepararsi durante un periodo adeguato facendo tanti chilometri e abituando il corpo e la mente alla fatica prolungata per ore e ore di allenamento per presentarsi alla gara con la consapevolezza di essere pronti fisicamente e mentalmente aiutati possibilmente da un tecnico che sa tirare fuori le risorse dell’atleta senza farlo troppo sovraccaricare per tutelare il fisico, le articolazioni, la muscolatura, la fiducia. Ringrazio Stefano per avermi fatto conoscere una nuova parola che non conoscevo, Kaizen (改善) è la composizione di due termini giapponesi, KAI (cambiamento, miglioramento) e ZEN (buono, migliore), e significa cambiare in meglio, miglioramento continuo. Cosa devi evitare questo periodo? “Adesso solo di stancarmi, manca una settimana alla Bi.Ultra e ormai il carico è stato fatto. L'errore da evitare è di ricercare ulteriori conferme pochi giorni prima della gara, spingendo fino a poche ore prima del suo inizio”.
È importante sapersi gestire nel tempo capire quando si può caricare e quando bisogna recuperare per presentarsi attivati ma non stanchi e soprattutto integri.
Cosa ti aspetti in termini di prestazione e di avversari? “Partirò come sempre puntando al cielo per beccare l'aquila, il mio obiettivo è e rimane correre 250 km. Non mi sono mai nemmeno avvicinato, ma penso di averlo nelle corde. Il tracciato lo conosco, è duro e non favorisce la prestazione, la salita è impegnativa, c'è una curva a 360 gradi e molti cambi di direzione che affaticano le articolazioni. Credo verosimilmente che si possa vincere con circa 230-235 km, e sono certo che siamo almeno in cinque a partire con quell'idea prestazionale. Non faccio nomi, perché credo li conosciamo tutti”.
Molto ambizioso e sicuro di sé sembra essere Stefano, dietro una gara c’è uno studio accurato del percorso, di se stessi, degli avversari, ogni dettaglio può essere fondamentale per un’ottima performance, soprattutto ad alti livelli dove si tratta di difendere il titolo italiano e continuare a essere notato per ulteriori convocazioni in nazionale per indossare la maglia azzurra e rappresentare l’Italia in competizioni internazionali.
Cosa stai scoprendo questo periodo di te stesso e di chi ti circonda? “Non mi piace, lo sai, il termine ‘resilienza’, preferisco usare il concetto di ‘determinazione’. Continuo a scoprire di me stesso questa mia capacità, che mi stupisce positivamente. Allenamenti duri, ma anche incastrati nella vita quotidiana di innovatore sociale, di genitore e di persona, prima che di sportivo. Vedo invece intorno a me sempre più spesso la tendenza ad abbandonarsi alle difficoltà. Mi piace molto il pensiero di A. Einstein, secondo il quale i momenti di crisi sono anche e soprattutto finestre di possibilità e di creatività, piuttosto che epoche storiche buie. Sappiamo tutti come il covid abbia cambiato le nostre vite, penso che l'approccio personale e collettivo che ne è derivato sia limitante. Si è scatenata una guerra fra poveri, le persone tendono ad additare gli altri prima che se stessi. Partiamo invece da noi stessi, per migliorarci, attraverso l'attività fisica all'aria aperta, l'educazione, la creazione di comunità. E da questo punto cardine che possiamo ricavare qualcosa di buono anche da questa situazione”.
Oramai il termine ‘Resilienza’ è inflazionato, tutti ne parlano, tutti lo usano in qualsiasi contesto, io l’ho scoperto durante il sisma in Abruzzo e poi ci scrissi anche un libro dal titolo “Sviluppare la resilienza”. Comunque Stefano sembra essere davvero determinato a raggiungere obiettivi sfidanti con lavori duri ma con la mente leggera e come dice lui bisogna partire da se stesi, propri bisogni, esigenze, consapevolezze e poi guardarsi intorno e capire cosa si può fare da solo e in compagnia con il supporto di qualcuno per superare momenti, periodi e situazioni critiche e difficili ma che non devono bloccare ma solo un po’ congelare obiettivi per poco tempo riorganizzandosi e rimodulando piani e programmi.
Come stai gestendo eventuali difficoltà legate a questo periodo? “Ne ho molte, il lavoro in pratica me lo sono inventato. I teppisti che sono gli amori della mia vita, attualmente sono in quarantena e non posso vederli. Tralascio i problemi fisici di cui accennavo, che alla fine sono il meno. La risposta che mi do è sempre la stessa: credi in te stesso, fortificati attraverso gesti concreti e quotidiani. Allenati. La metafora dell'allenamento sportivo è calzante, ultimamente sto guardando con grande piacere i video di Pietro Mennea, un grande dello sport italiano, con un fisico normale, cresciuto a Barletta nella deprivazione e nella povertà. Eppure, la voglia, il lavoro e la determinazione l'hanno reso il più grande velocista italiano, europeo e bianco di tutti tempi. I suoi allenamenti massacranti (5-6 ore al giorno per 350 giorni all'anno) sono la migliore risposta non solo a queste difficoltà contingenti, ma a qualsivoglia problema, guerra o pandemia”.
Interessante e utile sembra essere la testimonianza di Stefano per trasmette il messaggio che si può fare tutto se c’è passione, convinzione, fiducia e duro e costante lavoro e impegno senza farsi limiti e blocchi mentali.
Cosa e chi ti sta aiutando oppure ostacolando? “Ho un grandissimo supporto da parte di molte persone, del coach ma penso anche a Claudia, che mi accompagna quotidianamente nelle mie altalene fisiche (e mi ha appena preparato la cena e mi sta chiamando per mangiarla, sarà buonissima…), a Marco che corre spesso insieme a me e continua a chiamarmi Campeon, a tutta la squadra dei Torino Road Runners che mi supporta e continua a vedermi come ‘il mostro’. E poi le decine di persone che mi fermano per strada e mi applaudono, riconoscendomi come il Forrest Gump torinese, Fabrizio di Sportface, Diego di Piossasco, Valter di Druento, Gianma che corre con me al Parco Dora e mi supporta nei miei progetti, Enzo che ogni tanto continuo a vedere al parco Ruffini.
Ostacoli, non ne vedo, o meglio, a volte mi si parano davanti. A gennaio ho percepito molta sfiducia nei miei confronti, l'ho trasformata in energia positiva per alzare l'asticella e riprendere la forma. Ecco, forse l'ostacolo più grande è stato perdere 7 kg in tre mesi, dopo le vacanze natalizie, messi su grazie alle pazienti cure culinarie di Claudia che ha cercato di trasformarmi in un animale da salotto. Ma lei lo sa, questa è davvero un'impresa impossibile”.
Il mondo di un ultrarunner è fatto di fatica ma anche di relazioni con il coach, con la famiglia, con gli amici per condividere assenze e presenze, coccole e sostegno, scherzi e gioie. Un mondo dove bisogna saper gestire alimentazione, peso, allenamenti, gare.
Progetti in corso? “Moltissimi, sto cercando sempre più di lavorare seguendo la mia passione. Il progetto Multiabili sta avviando all'attività sportiva alcune persone in difficoltà segnalate dai servizi sociali, nella convinzione che la disabilità sia una condizione umana, ma superabile. E anche il progetto La zattera cerca di perseguire la stessa filosofia, creando situazioni educative di qualità all'aria aperta per ragazzi e ragazze della Scuole Medie. Anche questo secondo progetto, come Lo sbarco di questa estate, si basa su una campagna di raccolta fondi al quale tutti possono contribuire, e molti runners lo hanno già fatto (https://www.gofundme.com/f/20lazattera) E poi, sullo sfondo, una gara da Atene a Sparta, da completare entro le 26 ore, che sto aspettando di completare da molto tempo”.
Sempre in gioco, sempre in campo con progetti e attività individuali, ma anche a favore di altri, di chi ha più bisogno di fondi, di visibilità, di attenzione, di comprensione, di essere riconosciuti, di essere considerati.
Interessante il progetto: “La Zattera nasce dall'esigenza di dare una risposta sociale ai giovani delle Scuole Medie penalizzati dalla didattica a distanza, dall'assenza di attività sportive di gruppo e dalla generale difficoltà a stare con i propri pari. Il progetto è gestito, organizzato e ideato dall'Associazione culturale Archimente, nata nel 2008 da un gruppo di operatori ed innovatori sociali con il fine di promuovere le pari opportunità con azioni concrete sul territorio”.
Molto sfidante e interessante il anche il progetto di partecipare alla Spartathlon, 246 km dall'Acropoli alla statua di Re Leonida per concorrenti in possesso di requisiti ottenuti in gare di ultramaratona.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
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