Matteo SIMONE
Enrico si
diverte correndo, più corre e più si diverte, più passano gli anni e più
diventa un gioco correre per Enrico e giocando e divertendosi mette in tasca
gare lunghissime ed impegnative come la mitica Passatore della lunghezza di
100km, ma come dico io “togheter is better”, in compagnia è meglio ed Enrico sa
stare e sa correre in compagnia.
Ecco come
racconta la sua ultima lunghissima gara: “Anche il decimo Passatore è in saccoccia. Avevo dichiarato che lo avrei
corso/camminato con mia moglie e Alberto Naldoni (amico e sponsor
dell'Ultramaratona della pace sul Lamone) e cosi è stato. Tra una battuta e
l'altra, tra una birra e l'altra, il tempo è volato senza accorgercene e come
diceva l'amico e ottimo ultramaratoneta Antonio Mazzeo, anche Domenica è sorto
il sole e noi da Brisighella a Faenza c'è lo siamo gustati per benino. 16 ore e
28 minuti di ‘spasso’, decimo finisher per me, 11 per Alberto e 17 per Maria
Luisa, totale 38. Fra 363 giorni speriamo di sfondare i 40 finisher perchè
squadra vincente non si cambia mai, anzi speriamo che per festeggiare il suo
20° finisher, a noi si possa unire anche mio cognato (cugino di Alberto, giusto
per rimanere in famiglia) Ivano Folli. Voglio solo fare i complimenti a Re Giorgio Calcaterra che ha trionfato
per l'11° volta consecutivamente e alla croata Nikolina Šustić che oltre ad
aver vinto la gara femminile (bissando il successo del 2015), per la prima
volta ha portato una donna sul terzo gradino del podio in assoluto”.
Bella squadra, bella coppia di ultrarunner, le passioni e soprattutto la
passione per lo sport, uniscono persone, culture e mondi. E tutto passa con il
sorriso e con un passo alla volta, quando non si è più competitivi si può
continuare a fare sport divertendosi ed in allegria. Enrico è stato un Campione come atleta e come coordinatore della Nazionale Ultratrail.
Di seguito racconta un po' della sua vita dedita allo sport con passione e
tanta emozione.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Avendo corso più
di 100 gare superiori alla distanza della maratona, credo proprio di si.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Niente
di particolare perché tutto naturale in quando già da bambino volevo scoprire i
miei limiti e………credo di esserci in parte riuscito.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta? “La mia prima
gara, a 12 anni, fù di 21km perché in quei tempi (1976) non sapevo che
bisognava farne di meno per essere competitivi. Poi l’ho capito e ho cominciato
a correre le gare corte e idonee per la mia età. Dopo aver raggiunto i limiti d’età,
ho voluto provare a correre la maratona e dopo 5 anni mi sono spinto più in là
con l’ultramaratona.”
Da piccolo Enrico voleva osare, non gli bastavo le
distanze corte, voleva esagerare, ed ha dovuto aspettare la maggior età per
esordire in maratona e fare successivamente l’ingresso nel mondo delle ultra.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La voglia di scoprire e scoprirmi.”
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Fin ora no, di sicuro non mi alleno più come una volta ma la
voglia di far fatica è ancora dentro il mio corpo.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Ho avuto dei problemi fisici una decina di
anni fa che non mi hanno più permesso di allenarmi come una volta, ora corro di
meno ma corro lo stesso perché mi diverto e mi piace l’ambiente.”
E’ vero Enrico si trova dove c’è una gara
lunghissima o durissima, è presente come coordinatore di atleti nazionali, come
organizzatore di gara, come sponsor, come assistenza, è una presenza.
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “Mi piace l’ambiente e non c’è lo stress delle gare corte dove
si deve correre sempre con il fiato corto e guardare il cronometro.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
“Non so se posso dire di aver trovato il mio limite ma una volta durante la
Spartathlon (246km da Atene a Sparta), al 156°km ero transitato in 18 ore e me
ne mancavano 18 per finire la gara ho pensato di avercela fatta perché mio
suocero che correva solo la Domenica, la 100km del Passatore la chiudeva in
meno di 18 ore. Purtroppo da li a poco ho avuto una crisi di sonno e non
riuscivo ad andare avanti, ritirandomi. Forse era il mio limite?”.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “La consapevolezza che se non è giornata o non vado, rallento o mi
ritiro senza nessun problema o giustificazioni. Credo che sia stata una saggia
legge che mi ha portato a correre per 40 anni.”
La tua gara più estrema o più
difficile? “La mia gara più estrema credo sia stata la 50km dentro le grotte di
Stiffe (AQ) dove l’umidità era al 100% e ho dovuto affrontare 17.000 scalini.
Mentre la gara più dura è stata il Cammino Inca in Perù dove abbiamo superato 2
passi sopra i 4000mt slm e non avevo fiato per respirare.”
Una gara estrema che ritieni non poter mai
riuscire a portare a termine? “Conoscendo i miei limiti, tutte quelle gare
superiori ai 200km con cancelli orari stretti.”
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Mai dire
mai, ma mi spaventano le gare estreme dove si rischia la vita, come potrebbe
essere la Iditaroid in Alaska dove devi percorrere centinaia di km in mezzo
alla neve, con temperature gelide e ristori lontani fra di loro. No, credo
proprio che non sono le mie gare.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Oramai
non sposto più i miei limiti ma un tempo, quando lo facevo, mi spingeva la
voglia di conoscere appunto i miei limiti fisici.”
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Senza i miei genitori non starei qui a
raccontare la mia storia, mi hanno sempre aiutato. Poi ho trovato una moglie
con una famiglia di ultramaratoneti e quindi il gioco è fatto e per noi è tutto
naturale.”
Che significa per te partecipare a una gara
estrema? “Prepararmi psicologicamente e fisicamente, documentarmi sul
tracciato, sulle condizioni ambientali e sul paesaggio che dovrò affrontare di
li a poco. Anche questo è cultura generale che i libri di scuola non potranno
mai insegnarti.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Se non correvo non
potevo conoscere il Mondo e non potevo conoscere questi personaggi. Ammetto che
mi ha dato molto, ma molto di più, la corsa che i libri di storia perché un conto
è studiare controvoglia (come la maggior parte degli studenti) e un discorso è
vedere con i propri occhi alcuni posti del mondo. Sono stato dentro le piramidi
egizie, sono stato a visitare Machu Picchu, ho visitato le più grandi capitali
Europee e alcune del Nord America, ho attraversato il Salar de Uyuni in
Bolivia. Tutte queste cose le avevo studiate a scuola ma vederle dal vivo è
tutta un’altra storia.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Sembrerà strano ma ho scoperto di essere molto socievole e
stare bene in mezzo alla gente, cosa che da piccolo non mi riusciva bene.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Vivo
in una famiglia di ultramaratoneti, anzi mia moglie (più mio suocero e mio
cognato) l’ho conosciuta in occasione di un’ultramaratona in Francia. Poi anche
il lavoro è collegato al mondo dell’ultramaratona in quanto lavoro con
un’azienda francese (Raidlight) specializzata in produzione di abbigliamento e
accessori per i podisti, specialmente ultramaratoneti.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Non uso
farmaci ma integratori salini o gel durante la gara per avere un po’ più di
energia sotto sforzo.”
Ai fini del certificato per idoneità attività agonistica, fai
indagini più accurate? “Sinceramente no anche se con l’avanzare
dell’età, sarebbe il caso di farsi qualche controllo più mirato.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la
tua attività sportiva? “Certo che si, nel 2004 il mio medico mi ha detto che
avevo le ginocchia logorate e che dovevo smettere di fare gare lunghe. Ho
risolto il problema non andando più da quel medico hihihihi. A parte la
battuta, con delle scarpe protettive e con alcuni km in meno d’allenamento, ho
continuato a correre lo stesso gare lunghe, anche se pian pianino faccio sempre
più fatica perché gli allenamenti non sono più come quelli di una volta. Ma non
avevo alternativa se volevo continuare a correre ultramaratone.”
Hai un sogno nel cassetto? “I sogni sportivi nel
cassetto credo di averli raggiunti in quanto ho vestito 8 volte la Maglia della
Nazionale nella specialità della 100km su strada mentre dal 2008 sono il
Coordinatore Nazionale del settore Ultratrail e con presenze in Nazionale
abbiamo sempre portato a casa qualche medaglia, per la precisione 6 di cui 3
individuali e 3 a squadre. Il sogno nel cassetto attuale sarebbe quello di
poter scrivere un libro sulle gare fatte intorno al mondo ma………..bisogna avere
del tempo e anche se avevo cominciato, non riesco mai a concentrarmi per
finirlo.”
Nel frattempo Enrico ha vinto almeno un altro bronzo a squadra femminile nel campionato mondale Ultratrail di Annecy, dal 2008 al 2015 è stato Coordinatore Nazionale del settore Ultratrail e dal 2016 collabora con la IUTA nel settore 24 ore di corsa su strada.
Un’intervista a Enrico è riportata nel mio libro “Ultramaratoneti e gare estreme”, edito da Prospettiva Editrice.
Enrico è menzionato nel mio libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
Psicologo, Psicoterapeuta
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