L’atmosfera che si respira aBigRock e Jurassic è speciale
Dott. Matteo Simone
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| Credit foto: Aba_zu - Alberto Zuani |
L’11 ottobre 2025 si è svolta la “Big Rock Morenic 100 miglia” e il vincitore è stato Daniele Calandri 16h22’35”, precedendo Andrea Dameno 17h45’40” e Francesco Sgarlata 18h03’59”.
Tra le donne ha vinto Anna Padovan 23h08’02” precedendo Vittoria Maria Teresa Data 27h00’45” ed Elena Simona Balzarini 27h02’04”.
Da menzionare Giovanni Checchin che l’ha conclusa in 23h16’20” e che circa 20 giorni prima, il 19 settembre 2025 aveva corso la “2^ Jurassic 100mi trail” in 22h34’13”, classificandosi 6° assoluto, mentre il vincitore è stato Francesco Claudio Gallo 15h49’28” precedendo Davide Grazielli 18h38’14” e Dario Righi 19h11’37”.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Giovanni Checchin attraverso risposte ad alcune mie domande.
Come mai hai scelto di partecipare a 2 gare di 100 miglia in 20 giorni? La 100 miglia è una distanza iconica del mondo delle ultra, derivante dalla tradizione americana. Quindici anni fa, durante un viaggio in America, rimasi colpito dalle fibbie personalizzate di alcuni cowboy.
Mi sarebbe piaciuto avere una fibbia che parlasse di me. Anni dopo, ascoltando il podcast Buckled, ho saputo che i finisher della 100 miglia hanno diritto proprio a una fibbia e ho pensato che un ottimo modo per averne una, che parlasse di me ma senza acquistarla, sarebbe stato conquistarla tramite lo sport. Così, ho unito la curiosità di scoprire il mondo della corsa, a quel desiderio di avere una fibbia diversa da quelle che hanno tutti. Poi il destino ha fatto sì che questi anni di corsa siano stati anche un percorso di rinascita personale. Quest’anno era l’anno buono per aumentare il chilometraggio e provare la distanza. ‘Jurassic’, la prima delle due, si corre solo gli anni dispari, quindi non potevo aspettare il 2027.
Poi, con Big Rock, hanno comunicato questa collaborazione e ideato lo Slam: chi finiva due gare di distanza differente riceveva un poster, chi invece finiva le due 100 miglia, oltre alla fibbia, aveva in omaggio una camicia sportiva. L’idea di fondo che mi ha messo in moto è stata credere nel sogno degli organizzatori, ossia che si possono creare eventi diversi da quello che il panorama offre, in un mondo sempre più standardizzato e che io non sento vicino a me.
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| Credit foto: staff Jurassic Miles |
I treni passano e bisogna essere consapevoli dei propri obiettivi, sogni, esigenze e così succede in ambito sportivo dove certe gare offrono opportunità per mettersi in gioco, per aderire a sfide personali, per cercare di alzare l’asticella delle difficoltà.
Soddisfatto per le due prestazioni? Sono davvero soddisfatto del percorso fatto fin qui e anche di come sono andate le gare. Sono stato calciatore per circa 20 anni, credevo di poter mettere in fila massimo 10km, 21 se mi fossi allenato molto… ma pian piano ho scoperto di poter coprire distanze più lunghe. In questi anni ho provato ad allungare le distanze progressivamente, senza cercare scorciatoie pericolose e fare il passo più lungo della gamba.
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| Credit foto: Marco Volcan |
A Jurassic non avevo paragoni, quindi attorno a metà gara ho capito che stavo bene e potevo provarci; a BigRock ho gestito perché la stanchezza si faceva sentire, ma attorno al km 110 avevo capito che, anche senza tirare alcuni tratti di salita, ci stavo dentro e ho gestito il margine di vantaggio che avevo accumulato nella prima parte di gara.
Le gare di ultramaratona possono mettere a dura prova ma è importante saperle gestire, capire come affrontarle, quanto si vale e come uscirne nel miglior modo possibile. Il percorso per arrivare alle ultramaratone è una sfida ma anche una crescita personale stando tanto tempo soli con se stessi faticando e avanzando verso il finale di ogni gara.
Come ne sei uscito? Fisicamente la prima è passata presto, complice anche l’entusiasmo. Diciamo che le gambe in un paio di giorni mi hanno permesso di camminare senza grossi dolori. Qualche contrattura da sistemare dopo la prima, ora invece ho un piede dolorante perché sono inciampato sui ciottoli. A livello emotivo è stato qualcosa di davvero coinvolgente.
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| Credit foto: Marco Volcan |
Gare davvero durissime che mettono a dura prova l’atleta ma con tantissime esperienze on solo di fatica ma anche di relazioni e crescita personale per aver saputo gestire ogni momento, criticità, difficoltà, uscendone sempre più rafforzati.
Che significato hanno per te? La prima è stata la conclusione di un percorso, da zero a centosessanta chilometri, nel mezzo un burnout lavorativo, non riconoscermi allo specchio e avere il morale a pezzi. Non credevo più in me stesso e nelle mie capacità, non solo lavorative, ma anche in quelle da mettere in atto nella vita quotidiana… Montare un mobile Ikea, mi sembrava un’impresa.
La corsa mi ha aiutato a uscirne, insieme a mia moglie, la mia famiglia, un percorso psicologico e il mio allenatore Francesco, che con pazienza ha saputo guidarmi.
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| Credit foto: Marco Volcan |
Io e lei ci siamo conosciuti dopo la mia prima 6h nel 2023, dove ero il più giovane, ricorda? Poco importa che sono arrivato dopo il più anziano, ho fatto ciò che mi piaceva senza seguire quello che fan tutti o ciò che brand e circuiti caldeggiano. Ho provato a crearmi un mio percorso, costruito su di me e su ciò che amo, anche se può risultare strano o ‘folle’.
Davvero un grande percorso di crescita post traumatica, quando tutto può andare storto, non come si vuole, si può investire in altro e accorgersi di essere portati e appassionati in qualcosa che da piacere anche se faticoso, soprattutto permettendo di arrivare a traguardi impensabili e sfidanti, seppur con duro lavoro e impegno costante.
Il 16 aprile 2023 Giovanni Checchin ha corso la sua prima 6 ore, l’Ultramarathon Festival Venice, era l’atleta più giovane e ha vinto la categoria M23, totalizzato 61,280 km, classificandosi al 20° posto, preceduto dall’atleta meno giovane, il francese Paul Henri Michel Aillery 62,144 km.
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| Credit foto: Marco Volcan |
Sapevi a cosa andavi incontro, soprattutto alla 2^? Sapevo che avrei fatto fatica e per questo dovevo cercare di fare in modo di tenere sotto controllo alcune variabili. Ricordarsi di bere e mangiare per avere sempre carburante e non disidratarmi.
Per quanto riguarda l’aspetto mentale, invece, sapevo che per far venir meno i ‘cattivi pensieri’ dovevo affrontare i chilometri con il sorriso, facendo qualche chiacchiera, canticchiando o ascoltando canzoni felici quando mi mettevo la musica.
Ai ristori non dovevo mai avere fretta, sapendo di dedicare un minuto in più, ma uscendo con sicurezze e non con dubbi, o la certezza di aver dimenticato qualcosa. Il ristoro serve per aiutare l’atleta, non deve destabilizzarlo o danneggiarlo.
Ero a conoscenza di cosa vuol dire correre out&back (andata e ritorno), come Jurassic, o in loop, con BigRock, perché mi alleno molto spesso in questo modo, per questioni logistiche.
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| Credit foto: Il chiodo e martello, Davide Ambrosini |
In gare di ultramaratona sono tanti gli aspetti da gestire e la fatica è tantissima; pertanto, importante è non affaticarsi troppo dall’inizio e cercare sempre di trovare tempi e spazi per recuperare approfittando per esempio dei ristori.
Cosa cambia ora? Niente, o forse tutto. So di avere un po’ di esperienza in più, ma questo non deve portarmi a sottovalutare gare o allenamenti più corti o sentirmi ‘invincibile’. Al momento non ho un forte desiderio di aumentare i chilometri, per quanto Spartathlon sia una gara che mi affascina molto da anni, so che richiede un percorso di avvicinamento importante.
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| Credit foto: staff Jurassic e Big Rock |
Tante idee, vedremo che occasioni ci saranno. Per ora ho raccontato la mia storia e spiegato cosa vuol dire ‘avere un sogno’ nella mia ex scuola, facendo un breve intervento all’istituto tecnico e al professionale; chissà, magari anche questa cosa potrà avere degli sviluppi.
È importante avere tanti obiettivi e tanti stimoli per scegliere il meglio per sé le gare più stimolanti e sfidanti e anche mettersi a disposizione degli altri, per esempio facendo il pacer o correndo per raccogliere fondi per associazioni di beneficenza.
Come ti sei allenato, alimentato, organizzato? Francesco De Riz, il mio allenatore, mi ha fatto lavorare molto in zona 2, per lavorare sulle frequenze cardiache medie. Per allenare il dislivello, invece, vivendo in pianura, abbiamo compensato con dei blocchi di lavoro di qualità sul piano.
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| Credit foto: Aba_zu - Alberto Zuani |
Essendo Jurassic una gara corribile, ho lavorato sulla continuità del gesto, visto che le salite non erano tecniche e permettevano un ritmo abbastanza costante. Nell’ultimo anno ho aumentato la media di km percorsi al mese, da 160/180 a 200/220. Ho cercato di variare tipologia di percorso per stimolare in modo diverso la forza mentale, tra out&back ripetuti 5/6 volte, giri ad anello in cui essere autosufficiente 30/40km, loop brevi da ripetere per 3/4h potendo fare piccoli rifornimenti veloci.
Il mio allenamento preferito, comunque, rimane sempre quello di essere ‘lasciato’ da qualche parte di ritorno da una gita con la famiglia e dovermi presentare a casa entro l’ora di cena.
Alimentazione e organizzazione: sono solito mangiare un po’ di tutto. Amo le patate lesse. A Jurassic mi sono accorto subito che i gel non riuscivo a digerirli e ho dovuto lasciarli nella drop bag.
A BigRock
, invece, ho usato anche i gel messi a disposizione dall’organizzazione e quindi mangiavo ai ristori e ogni tanto mi prendevo qualche gel, ma seguivo più che altro le mie sensazioni.
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| Credit foto: Aba_zu - Alberto Zuani |
Jurassic: era stato allestito un ristoro veloce vicino all’arrivo e un ristoro lento con molta scelta all’interno della zona cambio. Alternavo un giro in zona veloce e un giro in zona lenta.
Quando passavo in zona lenta mangiavo patate lesse con sale e altri alimenti più sostanziosi. In zona veloce banane, frutta secca e carico di acqua e si ripartiva. Nella mia borsa avevo qualche gelatina, barrette e il mio sacchettino con albicocche disidratate e ciucci zuccherati che mangiavo lontano dal campo base. Ovviamente il cambio per rinfrescare l’abbigliamento completo più volte, se necessario.
BigRock: al campo base c’è un ristoro ben fornito stile Jurassic e lo spazio per le dropbag, mentre a metà percorso (8km) c’è un ristoro più veloce con liquidi, fette di torta/taralli e gel.
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| Credit foto: Il chiodo e martello, Davide Ambrosini |
Le dedichi a qualcuno? A chi ha creduto in me: mia moglie, la mia famiglia e il mio allenatore. Loro sono le figure che sanno praticamente tutto di me: da quando sono in forma, a quando vivo periodi pieni di impegni; i sacrifici; i compromessi; le rinunce; di come incastro gli allenamenti la mattina prima di lavoro o la sera prima di andare a qualche riunione scout; di quando uscivo a correre per scappare da un malessere che non credevo mi appartenesse, a quando tornavo a casa dopo nemmeno un chilometro perché la nausea era troppo forte o non sentivo le gambe, fino a quando sono riuscito ad allenarmi 2 ore in autonomia, finalmente ero tornato a stare bene.
Loro sono sempre stati al mio fianco e lo erano con il pensiero anche durante quest’ultimo pezzetto di strada.
Le dedico a Giovanni di qualche anno fa, che è stato male, ha messo da parte l’orgoglio e si è fatto aiutare, per tornare a sorridere.
E poi a una ristretta cerchia di amici e colleghi che supporta e sopporta questo aspetto della mia vita che mi porta a parlare spesso di corsa.
Ultimo, ma non per importanza, a Darta (Andrea Zambon), che avrebbe voluto consegnarmi la mia prima fibbia ad aprile, ma non sono riuscito a superare la distanza minima. Lui con me è sempre stato generoso di consigli preziosi per migliorare e conoscere meglio le lunghe distanze.
Davvero una grande scoperta, l’amica corsa per Giovanni che gli ha permesso di trovare se stesso, aver fiducia in sé, apprezzare la vita ogni giorno, nonostante la fatica e le crisi, ma con la voglia di uscirne sempre rafforzato per andare avanti e non da solo.
Cosa hai scoperto di te correndo 2 gare da 100 miglia in 20 giorni? Più che scoperto ho realizzato la crescita avuta in questi anni e la maturità acquisita con l’esperienza. Mi sono approcciato alla gara facendo in modo di potermi godere il viaggio, senza ansia da prestazione o l’affanno del risultato.
Ho pensato alle prime gare, a come sono andate, agli errori, agli imprevisti mal gestiti, agli acquisti sbagliati…A quanto, anni fa, fossi concentrato su tempo e posizione in classifica, pur non essendo un fenomeno, senza guardare se stessi veramente bene e fossi felice. Ora me la godo e mi diverto un mondo, molto più di un tempo.
Partire per una 100 miglia a distanza di venti giorni dalla tua prima 100 miglia è principalmente fatica mentale di doversi preparare tutto il materiale e iniziare nuovamente da zero. Per come era andata la prima e per come avevo recuperato, c’erano le basi per poter sognare, dovevo solo capire perché volevo farla, perché senza le giuste motivazioni è dura affrontare i momenti difficili. Ho fatto un quadro della situazione e mi son detto proviamoci, iniziamo e finiamo questo Slam. Cambiato iscrizione e via!
Davvero una grande sfida ma senza stress, con la voglia di mettersi in gioco, fare esperienza, capire fino a quanto ci si può spingere, osando ma senza strafare, correndo il giusto ritmo con recuperi opportuni soprattutto ai ristori.
Cosa e chi sono stati determinanti? Il sorriso. Correre felice di quanto sto vivendo, di essere a una gara che aspettavo da anni, inseguendo un sogno che vedevo ormai avvicinarsi ed essere grato per quanto la vita mi sta donando, ha reso tutto più semplice. Avere la mente che allontana i pensieri negativi aiuta a godersi il momento e viversi le lunghe distanze senza farsi condizionare troppo dagli imprevisti che ci sono, sempre.
Di certo coach Francesco ha messo del suo per farmi arrivare pronto e ha avuto ragione. Non penso sia facile allenarmi: ho tanti impegni oltre alla corsa e una casa da restaurare, ma a lui a quanto pare piacciono le sfide. Mi aveva consigliato di non fare due 100 miglia, perché il recupero è difficile (ha ragione, in gara avevo la sensazione di aver corso 30km in più ogni volta che guardavo l’orologio) ma poi si è fidato di me e ha supportato questo sogno. Sa quando mandarmi un messaggino in gara e farmi sentire il suo supporto. Per me è stato, ed è, più di un allenatore.
Credo sia stato determinante anche non aver raggiunto le 100 miglia ad aprile, in una 24h in piano. Mi sono fermato alla 18esima ora, causa freddo, ero disidratato e non riuscivo a tenermi caldo, nemmeno in movimento. Ero poco attorno ai 130km e avevo tutto il tempo per gestire gli ultimi 30 in 6 ore. Ho dormito 4 ore e poi sono ripartito. Non l’ho vista come una sconfitta, è stata piuttosto una lezione da cui imparare e l’ho considerata una tappa intermedia che mi ha lasciato ‘un po’ di fame’.
Altro aspetto fondamentale: il clima alla gara. I volontari e i ‘Race Director’ sempre presenti ti aiutano e tengono alto il morale e io mi diverto un mondo se posso fare battute o creare qualche siparietto per ridere.
A BigRock ho fatto un giro con Liba, il ‘Race Director’ di Jurassic, che si è offerto al momento per farmi da Pacer e fare un loop in compagnia, e così ce la siamo raccontata un po’.
Correre insieme è un ottimo modo per conoscersi meglio. Il senso di Community aiuta tanto perché hai un sacco di persone pronte a darti una mano gratuitamente. Delle volte ero quasi a disagio perché sentivo di essere trattato come un ‘Top Runner’. I volontari erano fantastici, ti aiutavano il giusto e poi ti spedivano fuori dal ristoro per farti mangiare ancora un po’ di miglia.
È importante vivere periodi sereni dedicandosi a passioni che possono sembrare faticose ma si tratta di opportunità per testarsi e per condividere intense esperienze con altri. Importante è anche essere guidati da persone competenti ed esperte che, anche se non condividono degli obiettivi, restano comunque accanto per supportare e permettere di portare a termine i propositi con una preparazione adeguata e mirata.
Progetti, obiettivi, sogni per il 2026? LUT 120. Ultimo weekend di giugno 2026. Per ora un unico e grande obiettivo. È la gara che mi ha fatto dire ‘Wow, forti queste distanze lunghe’ trovandomi per sbaglio in centro a Cortina durante l’arrivo di centinaia di partecipanti.
Cortina quel weekend ha un’atmosfera speciale. Per il resto si vedrà, visto che a fine marzo divento papà e inizierà una bella ultramaratona. Vediamo se fare un piccolo progetto personale o aiutare qualcuno a spostare il limite del realizzabile un po’ più in là.
Credo sia una bellissima gara la Lavaredo 120 km 5800 m+ con partenza alle ore 23:00 del 26 giugno 2026 ore 23:00. Tempo massimo: 30 ore. Partenza e arrivo: Cortina d'Ampezzo.
Faccio tanti auguri a Giovanni per i suoi progetti sportivi e di vita quotidiana e familiare.
Cosa dicono di te familiari, amici, colleghi? Chi mi è più vicino ammira costanza, dedizione e riconosce quel pizzico di follia nel pensare che una cosa sia fattibile, anche quando non si hanno ancora i mezzi per farla. Lavorarci e migliorare per arrivare un po’ più lontano. Sono felici nel vedermi contento, nel sapere che mi sto rimettendo in gioco in un altro sport rispetto a quello che ho praticato per vent’anni e fanno sempre il tifo per me.
Chi invece mi vede da prospettive un po’ più lontane, vede l’eroe che non sono e non voglio essere. Faccio una cosa semplice: correre, solamente per tanto tempo. Oppure capita che si banalizzi perché ho giocato a calcio molti anni e quindi sono ‘avvantaggiato’ o perché mi alleno molto, cosa opinabile perché molte settimane mi alleno 3 volte.
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| Credit foto: Marco Volcan |
Io metterò sempre in primo piano il movimento all’aria aperta, ma ammiro chi dedica molto tempo, spesso più del mio, per altre passioni come la musica, il volontariato e altre realtà che aumentano le relazioni e portano alla realizzazione di piccoli o grandi sogni, che stimolano le persone a dare il meglio di sé, senza appiattirsi nella monotonia.
Dott. Matteo Simone


















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