Dott. Matteo Simone
Tra il 13 e il 15 settembre 2025 ha avuto luogo la "Backyard Ultra The Last Lap - Jegenstorf (SUI)” e l’ultimo atleta a restare in gara è stato lo svizzero Daniele Candita 33h - 221,298 km.
Altri atleti in gara sono stati i connazionali Julian Schneckenburger 32h - 214.592 km, Florian Rochat 28h - 187,768 km, Barbara Conrad 25h – 167,650 km.
Altre donne rimaste in gara prima del ritiro di Barbara sono state le connazionali Petra Guggisberg 24h – 160,944 km, Pascale Adam 18h - 120,708 km.
Di seguito approfondiamo l’esperienza di Barbara attraverso risposte ad alcune mie domande.
Come mai hai scelto di partecipare alla Backyard?
È un formato di gara che mi piace molto, nonostante io sia più un animale da sentieri di montagna percorsi in solitaria.
La Backyard Ultra The Last Lap Jegenstorf è stata la mia quarta gara di questo tipo. La prima è stata 'l’Ultimo Sopravvissuto' a Milano a novembre 2023. Lì il mio errore è stato di portarmi solo scarpe da trail, dato che il percorso era in gran parte sterrato. Dopo 22 ore stavo bene di gambe ma ho dovuto mollare a causa del dolore alle dita dei piedi per via delle scarpe troppo rigide sulle punte.
La mia seconda esperienza è stata la 'Witiker Backyard Ultra' vicino a Zurigo, a maggio 2024. Backyard con dislivello non trascurabile di 125m a giro. Percorso molto bello e variato, purtroppo ho abbandonato dopo solo 16 giri a causa di problemi allo stomaco.
La mia terza Backyard invece è stata 'l’Immortale' a Monselice a ottobre 2024, percorso piattissimo e piuttosto noioso ma atmosfera fantastica. Anche lì dopo 22 ore ho abbandonato perché stavo diventando sempre più lenta, facevo fatica ad alimentarmi abbastanza e ho dato retta al mio cervello che mi diceva basta.
Quindi avevo un conto in sospeso con le Backyard perché ogni volta mi ero fermata per vari motivi validi sul momento ma che mi avevano lasciato rimpianti e un senso di incompiuto.
La Backyard è nata da un'idea di Laz Lake, creatore della Barkley Marathon; trattasi di una gara a eliminazione su un circuito di 6,706 km, il tempo limite per completare il giro è di 60 minuti, vince l’ultimo atleta rimasto in gara.
Si può dire che Barbara non molla e piace sperimentarsi, mettersi in gioco, apprendere dall’esperienza e persistere nei suoi obiettivi di migliorare le prestazioni in gara.
Soddisfatta?
Molto soddisfatta, sono arrivata a 25 giri completati e soprattutto ho superato una lunga crisi notturna senza mollare. Il mio obiettivo era di non fermarmi anche se avessi rallentato e avuto poco tempo per recuperare. Infatti, al 17° giro sono arrivata con soli 17 secondi di margine (avevo mal di pancia e correre mi faceva male), praticamente ho fatto il giro del gonfiabile del traguardo e sono ripartita.
Poi mi sono ripresa. Il 25° e ultimo giro l’ho corso sotto i 45 minuti: nonostante fossimo ripartiti in 8 o 9 concorrenti, eravamo ancora due donne e pochi metri dopo la partenza in diversi si sono ritirati tra i quali l’altra donna, questa cosa mi ha caricata a mille e sono partita a bomba correndo tutto il giro più velocemente rispetto alle 13 ore precedenti!
Sarebbe stato bello andare oltre, infatti sono ripartita sul 26° giro ma alcuni tendini e muscoli davano segnali (ben noti) poco rassicuranti e non ho voluto forzare col rischio di infortunarmi.
Interessante e utilissima la testimonianza di Barbara e le sue parole: “Sarebbe stato bello andare oltre”, in effetti è bello, sarebbe bello andare oltre ma bisogna fare i conti con il proprio corpo, capire i messaggi che ci manda se sono falsi e sabotatori o veritieri e quindi possiamo osare quanto vogliamo, possiamo andare oltre quanto vogliamo ma mai strafare troppo.
Sapevi a cosa andavi incontro?
Sì, nel bene e nel male! Avevo scelto apposta un percorso pianeggiante e un periodo dell’anno/zona geografica che mi permettevano di ipotizzare temperature miti. Poi però di sera e di notte sono arrivati vari e copiosi rovesci piovosi che hanno scombussolato un po’ i piani, considerando che un bel pezzo del percorso era diventato fangoso e scivoloso e ci siamo tutti ritrovati con scarpe e calze inzuppate.
Purtroppo, gli ultramaratoneti mettono sempre in conto imprevisti e criticità dovuti sia a se stessi che ad altri aspetti quali il clima atmosferico che a volte fa brutti scherzi rendendo le condizioni di gara più difficili e alla lunga gli atleti ne risentono e può essere compromessa la loro condotta di gara, fino a decidere di ritirarsi.
Cosa cambia ora?
Ora cambia che vorrei riuscire a correre per più di 25 giri…
Con l’esperienza acquisita sto gestendo sempre meglio l’alimentazione, anche se rimane comunque il punto più delicato di tutta la performance.
Si vuole sempre andare un po’ più oltre, alzare l’asticella, incrementare gradualmente chilometri e difficoltà e tutto ciò si ripercuote positivamente sull’atleta per una maggior consapevolezza di ciò che si può valere, conoscenza di se stessi, incremento di autoefficacia e resilienza.
Come ti sei organizzata?
Sembra di partire per il campeggio, con tavolo, scatole di cibo e bevande, thermos gigante, sdraio per poter alzare un po’ le gambe a ogni pausa, coperte, cambio di indumenti per il caldo, il freddo, la pioggia, il vento, ecc.
A Jegenstorf c’era la possibilità di sistemarsi all’interno di una palestra, costava qualche decina di metri in più a ogni giro ma l’ho fatto su consiglio del ‘maestro Roldano Marzorati che aveva partecipato a una precedente edizione, evitandomi così il freddino notturno e l’umidità delle postazioni all’esterno.
Non sono una a cui piace chiacchierare in gara, qualche scambio ogni tanto va bene ma per il resto preferisco stare nella mia bolla, con le mie sensazioni. Per non annoiarmi mi porto le cuffie e ascolto audiolibri. Questa volta ho ascoltato ‘A retardement’ di ‘Franck Thilliez’ e ‘Not a Happy Family’ di ‘Shari Lapena’.
Davvero interessanti queste esperienze di gara considerata buffa e bizzarra, dove bisogna attrezzarsi con sdraio, alimenti, e cercare di gestire bene il tempo di fatica in gara ma anche il poco tempo di riposo e recupero tra una partenza e l’altra.
Sei riuscita a dormire qualche minuto?
No, non ci ho nemmeno provato. Come dicevo prima la notte è stata travagliata. La gara è cominciata alle 14:00 e dopo 14-15 ore di gara avevo tantissimo sonno. Il percorso era quasi completamente su strade e sentieri senza nessuna illuminazione, e con solo la lucina della frontale al corpo viene una fortissima voglia di dormire. Infatti, ho rallentato parecchio e non credevo di poter arrivare nemmeno all’alba.
Trattasi di gare dove bisogna resistere non solo alla fatica ma anche alla voglia di chiudere gli occhi oppure cercare di chiudere gli occhi per qualche minuto ma poi riaprirli ed essere prontamente attivati per il prossimo giro da completare sempre entro l’ora a disposizione, una vera scommessa, una versa sfida contro se stessi e altri atleti in gioco.
Come ti sei allenata per questa gara?
Da diversi anni affido il mio programma di allenamento a Stefano Ruzza. La corsa è il mio momento di libertà, e mentalmente mi aiuta molto non dover stare a pensare e decidere cosa fare quando. Indico a Stefano le gare a cui intendo partecipare (che spesso e volentieri richiedono allenamenti completamenti diversi), le mie disponibilità di tempo (non di rado poche e incasinate), e sta a lui fare il tetris per incastrare tutto. Io eseguo e mi diverto. Nelle ultime settimane prima della gara c’è stata molta corsa lenta in pianura, con pause per simulare lo ‘stop and go’ tipico delle Backyard.
Affidarsi a un esperto aiuta a stare tranquilli e bisogna solamente allenarsi e a volte l’allenatore deve essere bravo non solo a stilare un programma di sedute per una determinata gara ma a rimodulare sempre il programma in base agli imprevisti dell’atleta.
La dedico a tutte le persone che hanno il timore di lanciarsi in un’avventura, particolarmente sportiva, che gli sembra troppo grande per loro. Provateci comunque. Vi porterà di sicuro in un posto interessante, che sia fuori o dentro di voi.
Cosa hai scoperto di te in questa gara?
Come sempre che il mio limite non era quello che pensavo, e che oltre c’è ancora da esplorare.
Cosa e chi sono stati determinanti?
A livello energetico, i fichi freschi comprati per caso un paio di ore prima della gara. Quando non avevo voglia di mangiare nulla durante la pausa, me li portavo da consumare nel giro successivo.
A livello mentale, i messaggi vocali motivazionali in romanesco dell’amica Cinzia, conosciuta proprio in gara a Monselice.
A livello tecnico, le mie adorate Mizuno Wave Skyrise (modello comprato a casaccio la prima volta principalmente perché mi piaceva il colore). Era destino.
Bellissima testimonianza di uno sport di fatica ma compensato da esperienza in campo con alimentazione da gustare e motivati da persone conosciute forse per caso in altre precedenti esperienze, bello sperimentare, mettersi in gioco, apprendere da qualsiasi esperienza.
Progetti, obiettivi, sogni per il 2026?
Ho in programma la TransGranCanaria Advanced 82km, e vorrei partecipare alla mitica 100km di Bienne e a varie altre ultra ancora da programmare. È una lotta tra la voglia di scoprire luoghi e percorsi nuovi e la gioia di tornare a partecipare a eventi dove mi sono trovata bene.
Cosa dicono di te familiari, amici, colleghi?
Volenti o nolenti credo che col passare degli anni tutte le persone che frequento abbiano sviluppato un certo rispetto nei confronti della mia costanza ad allenarmi e a gareggiare.
I numerosi amici ultramaratoneti… sanno.
Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR









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