Matteo SIMONE
A volte lo sport può sembrare faticoso ma chi lo pratica sa cosa sperimenta e che effetto ha sul fisico e sulla mente, tanti parlano di benessere psicofisico e relazionale, un bisogno di evadere, un senso di libertà, un’opportunità per mettersi in gioco e per sperimentarsi.
Di seguito
Mena racconta la sua esperienza attraverso risposte a un questionario di
qualche anno fa.
Ti
puoi definire ultramaratoneta? “Se per aver
portato a termine un Ultratrail di 66km allora sì.”
Anni fa ci volevano anni e anni di allenamento per arrivare gradualmente
a provare a fare una maratona che era una gara lunghissima e impegnativa che
prevedeva la crisi del 30-45° km, ora si fa presto a provare una ultramaratona,
gli atleti ne parlano così bene che tutti vogliono provare sentendosi sicuri ma
comunque non bisogna sottovalutare il grande impegno e la grande fatica che può
lasciare segni irreversibili.
Qual è stato il tuo percorso per diventare
un’ultramaratoneta? “Il solito iter,
ho iniziato con le gare da 21Km, poi mano mano sono passata alle maratone, il
passaggio alla Ultra è stato per curiosità, volevo mettermi alla prova per
vedere se fossi in grado di poter fare una distanza del genere.”
Si inizia a correre e poi si scopre un grande piacere nell’avventurarsi in gare impegnative e a volte si vuol fare il grande salto dell’ultratrail dove bisogna allenare non solo muscoli e gambe ma anche l’attenzione verso il percorso, verso se stessi per capire cosa si può aver bisogno, ed è importante sviluppare una grande osservazioni del territorio e dell’ambiente per apprezzare quello che c’è ma anche per non perdere la strada che porta all’arrivo.
Foto di Luca Bonanni |
Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta? “Mi piace correre, mi dà un sensazione di libertà, e mi diverto anche.”
Le gare mettono davvero alla prova e sotto stress
l’atleta, si arriva a consumare tutte le energie in gare lunghissime e
impegnative, ma a volte lo spirito competitivo sveglia la mente dell’atleta e
gli permette di andare oltre, di individuare risorse ed energie nascoste che
escono fuori al momento opportuno che danno una marcia in più all’atleta per
permettergli di portare a termine la gara o di fare uno sprint che a volte è
determinante per una posizione o per il podio.
Hai sperimentato l’esperienza del limite
nelle tue gare? “Sì un paio
di volte una alla mia prima maratona ero arrivata proprio al limite, ma sono
riuscita a finirla solo per forza di volontà. E un’altra gara dove non ero al 100% ma ugualmente l’ho
portata a termine. Ma devo ringraziare un’atleta che era entrata in competizione
con me ancora la ringrazio perché mi ha permesso di finirla.”
L’atleta ha bisogno di essere motivato nelle sue
gare e quindi non solo la prestazione in sé che prevede minuti o ore di corsa
ma anche quello che si incontra, le immagini, i suoni, gli odori di lunghi
percorsi soprattutto in natura che abbelliscono il lungo viaggio fino al
traguardo.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Di solito mi attrae il
percorso e il paesaggio…quando il percorso è bello non mi pesano fare tanti km.”
La tua
gara più estrema o più difficile? “Ultratrail del Mandriano.”
Nello sport di endurance è importante sviluppare
elevata consapevolezza delle proprie capacità e caratteristiche ma anche dei
propri limiti, sapere cosa si può fare e come, decidere propri obiettivi, mete
e sogni da trasformare in realtà.
Una gara estrema che ritieni non
poter mai riuscire a portare a termine? “Il Trail degli eroi.”
Una gara estrema che non faresti
mai? “Gare nei deserti.”
Un sogno nel
cassetto? “The Western
States.”
Il mondo delle ultramaratone diventa un’opportunità
per conoscere anche nuove località, soprattutto naturali quando si tratta di
ultratrail, si fanno gare ritenute impossibili al solo pensiero ma con passione
e determinazione si può fare tutto, tante donne si mettono in gioco in gare a
volte considerate solo per uomini.
Che significa per te partecipare a una
gara estrema? “Divertimento
e scoperta di posti nuovi posti.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Quando sono andata a ritirare il mio pettorale
l’organizzatrice mi dice: 'brava sei venuta ritirare il pettorale per il tuo
compagno?' Io le rispondo di no. Lei: 'Allora per un tuo amico?' E io: 'No, veramente
è il mio' e lei è rimasta a bocca aperta.”
Se c’è passione e motivazione si può fare tutto, si
riesce a trovare il tempo per allenarsi, si riescono a incastrare impegni per
coltivare una forte passione che procura levato benessere.
Come è cambiata la tua vita familiare,
lavorativa? “Non è
cambiata né per la famiglia e né il lavoro, cerco di incastrare i miei
allenamenti in base al lavoro e alla famiglia, certe volte mi alzo anche la
mattina presto anzi prestissimo.” Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Mio marito e
mia figlia dicono che sono matta, alcuni amici la stessa cosa, altri mi
chiedono come faccio a farlo e alcuni mi ammirano.”
Il mondo delle ultramaratone diventa anche
un’opportunità per approfondire la conoscenza di se stessi.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Che sono
tenace, e che non mi fermo tanto facilmente, e che mi diverto, e sopporto bene
la fatica.”
Usi
farmaci, integratori? “No, non uso
farmaci, come integratori uso Omega 3 e magnesio e potassio.”
Nello sport di endurance è necessario avere tanta
accortezza nei confronti di se stessi, oltre al duro allenamento sono necessari
anche adeguati riposi e recuperi per ripristinare energie e fare in modo che
non si arrivi a saturazione e demotivazione.
Se potessi tornare indietro cosa
faresti o non faresti? “Non
cambierei nulla, ogni cosa che ho fatto anche sbagliato mi ha fatto crescere.”
Ai fini del certificato
per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Analisi del sangue, ecografia al cuore e poi mi fido
del mio medico sportivo.”
E’ successo che ti abbiano consigliato
di ridurre la tua attività sportiva? “Sì, quando ho avuto problema al tendine.”
Un’intervista a Mena è riportata nel mio libro Correre Con La Mente Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni.
Perché correre? Matteo se lo domanda subito al principio e, con lui, tutte le persone per così dire “normali”, che vedono i podisti come gente strana ed esaltata e gli ultramaratoneti addirittura come folli. Questo libro raccoglie tante testimonianze di praticanti concordi nel raccontare che lo sport, quando una persona trova per sé quello giusto e lo vive in modo sano, porta un nuovo stile di vita, un profondo mutamento esistenziale, una nuova serenità interiore.
Matteo SIMONE - 21163@tiscali.it +393804337230
Psicologo, Psicoterapeuta
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