Un libro di MATTEO SIMONE
con l’Introduzione di Riccardo Zerbetto e Sonia De
Leonardis
Chi sono gli ultramaratoneti? Cosa motiva questi atleti? Quali meccanismi psicologici consentono loro di affrontare gare estreme? Cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Questi
i quesiti che si è posto l’autore Matteo Simone (Psicologo Militare,
Psicoterapeuta della Gestalt e Atleta) per stendere questo libro in
pubblicazione a luglio 2016 con Prospettiva Editrice.
Lo
sport è da sempre considerato una modalità educativa e di formazione, oltre che
di mantenimento della propria salute e del proprio benessere, ma in questo libro
si và oltre, si parla di ultramaratone e di gare estreme, estreme per lunghezza
kilometrica, per condizioni fisiche-naturalistiche e metereologiche nelle quali
si affrontano i percorsi, per le richieste fisiche e mentali poste al corpo da
questi atleti.
Il testo
consente di calarsi nella realtà di queste persone, gli ultramaratoneti, grazie all’esperienza diretta dell’autore - è
un libro scritto da un atleta - e grazie al contributo di centinaia di atleti intervistati
che hanno condiviso le loro esperienze di gara ed i loro vissuti pre - durante –
e post - gara.
All’inizio
del libro si parla della corsa e della
corsa di lunga distanza, attraverso
il racconto di persone comuni e di atleti professionisti si arriva alla maratona e poi all’ultramaratona. Seguono l’ultratrail
e le gare estreme, dove i
professionisti la fanno da padroni. Infine alcuni capitoli in cui l’autore
tratteggia le competenze, le abilità e i talenti che emergono dal racconto
degli atleti per concludere con un capitolo sugli aspetti psicologici nel mondo
dello sport.
Il
testo è come una miniera in cui nei racconti si trovano gemme preziose sparse
lungo le pagine scritte in uno suo stile narrativo, punteggiate dalle domande e
dalle risposte alle interviste. In primo piano è il vissuto esperienziale di
questi atleti, le loro problematiche, le
loro convinzioni, le loro paure, le loro caratteristiche, le loro esperienze di
vita e i loro successi. Vi sono i racconti di amanti della corsa e di atleti
professionisti. Vi sono i racconti di atleti che ‘migrano’ da altre discipline,
per i più svariati motivi, scoprendo che l’ultramaratona è ciò che fa per
loro.
Queste persone iniziano a correre, e,
poi, proseguono, nel loro costante tentativo di approssimare l’archetipo dei
miti che in loro rivive manifestandosi attraverso la loro attualizzazione. In
una ricerca continua che segue ancora la famosa ingiunzione ‘conosci te stesso’, che tutt’ora, dopo
tanti secoli, attraversa ancora le menti ed i corpi degli uomini.
E il
corpo di questi atleti è in figura, costantemente: lo sono le sensazioni, l’alimentazione,
il ciclo sonno-veglia, gli allenamenti, le emozioni e i pensieri. L’esperienza
è sempre intensa e sempre nuova, mai identica a se stessa, in ognuna di queste
gare, di queste sfide, lette nella prospettiva della vita quotidiana ‘normale’
come ‘impossibili’, dove queste persone sfidano i propri limiti, li toccano, e
li superano. Poiché spostare i propri limiti ha a che fare non con la
sofferenza ma con la liberazione del sé, come sostiene la terapia della Gestalt
(Perls, Hefferline, Goodman, 1951).
Nella
corsa e nelle ultramaratone il viaggio oltre che esterno è soprattutto interno,
nel piacere di sentirsi, di sentire il proprio corpo e le proprie sensazioni,
emozioni, i propri pensieri, il viaggio è dentro se stessi, e consente di
incontrarsi in eventi passati antichi che tornano presenti, attraverso il
movimento, e tornano per essere accolti nel qui e ora, per tornare a far parte
a pieno titolo della vita e dell’essenza della persona.
Scrive Matteo
Simone: “Più cerchi di scoprire se riesci,
e più ti conosci, e più sei te stesso, questa è la bellezza di avvicinarsi al
limite, con attenzione e gradualità”.
Questi atleti imparano ad ascoltare e a riconoscere tutti i
messaggi del proprio corpo, divenendo consapevoli dei limiti e di quanto ancora
si possono spingere oltre o, al contrario, quanto è importante fermarsi per un po’, pena infortuni rovinosi. Spesso
chi sceglie di essere ultramaratoneta e di partecipare a gare estreme sembra
non abbia limiti, vuole andare avanti, vuole cercare competizioni sempre più
dure, difficili, e solo l’infortunio, l’incidente, un malessere grave può
fermarli.
Quindi
smette per motivi di salute, per logorio, per l’impossibilità a continuare. Ma
si smette a malincuore, si vorrebbe continuare a sentirsi invincibili,
imbattibili, supereroi, infiniti, quasi immortali, moderni eroi eco di antichi miti.
Dalle rispose alle interviste emerge che gli infortuni si
mettono in conto e che si è disposti a fermarsi un po’, oppure a rallentare i
ritmi. Spesso, tuttavia, la passione si ripresenta prepotente, l’ultramaratona
più che uno sport estremo, è un lungo viaggio, come quello di Ulisse: finché
non si giunge a Itaca, non ci si può fermare anche se si è incontrato Polifemo
o la bella Circe. Mossi ormai da quello che per loro diviene ‘IL bisogno
emergente’, da un qualcosa che, iniziato stando sullo sfondo balza in figura,
costantemente, nella loro vita quotidiana, mettendo in discussione anche le
relazioni interpersonali, familiari e amicali.
L’organismo
umano è un micro cosmo che tende all’ ‘autoregolazione organismica’ (Perls,
1973), per approfondirne la conoscenza e per conoscersi oltre a psicologi,
medici e psicoterapeuti è fondamentale il contributo del diretto interessato, la
responsabilità dello sportivo e dell’atleta: mettersi in gioco è la condizione
per conoscere se stessi.
E
allora mantenere la propria curiosità, provare, sperimentare, cadere, rialzarsi,
imparare, non essere limitati nelle cose che si fanno, stare a vedere che
succede, sono le forze in campo.
A chi
non corre e chiede perché lo si fa, Matteo Simone risponde sempre nello stesso
modo: “…e perché tu non lo fai?”. Come
scrive l’autore qualcuno considera queste persone ‘matte da legare’, ‘suicide’
o ‘masochiste’; ma per loro l’essenza della vita è sperimentare le proprie
capacità personali, misurarsi con l’impossibile, l’incerto, sfide continue per
conoscere se stessi, per entrare dentro se stessi e fare un viaggio interiore
alla ricerca di se stessi e delle proprie possibilità, capacità di affrontare e
ritornare sempre, quando si casca, a rialzarsi.
Un
libro affascinante che avvicina alle motivazioni di queste persone, che
tratteggia le loro strutture caratteriali e i loro enneatipi, un testo che
permette di avvicinarsi a questo tipo di discipline considerate estreme e
impossibili, attraverso una sorta di curriculum vitae esperienziale di chi
pratica questo Sport. Poiché come ci
ricorda la psicoterapia della Gestalt è nell’esperienza che risiede la
conoscenza.
Sonia De Leonardis
Coach, Psicologa del Lavoro e
delle Organizzazioni, terapeuta EMDR
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